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Testo in elaborazione.
Diversa la musica. Intendo quella che si è sentita ieri sera, all’Hotel Massimo D’Azeglio, al Seminario sulla rivoluzione araba o primavera araba che in questi ultimi mesi accende di speranza tutto il mondo arabo, che se fosse unito sarebbe davvero una superpotenza, con 350 milioni di abitanti, una sola lingua, una sola religione, una sola nazionalità, quella araba appunto. Ma questo mondo lo si è voluto disunito da quando Sycos e Picot si spartirono le spoglie dell’impero ottomano, di cui una fettina era destinata ai sionisti a ricompensa dei loro servigi in favore dell’Impero britannico nella guerra soprattutto contro la Germania. Da allora la storia non solo ce la raccontano come vogliono loro, i Signori Vincitori, ma comminano il carcere duro a chiunque osasse contrastare le loro narrazioni ed avere una diversa visione e consapevolezza del passato, del nostro passato, della nostra memoria storica, quella che forma la nostra identità culturale e politica.
Diversa la musica da quella che è stata suonata nei locali della Camera, occupati da un drappello sionista, con a capo l’esponente dell’Agenzia ebraica, che chiudeva i lavori impartendo le direttive a parlamentari italiani ed europei, dicendo loro quello che dovevano fare non nell’interesse dell’Italia e dell’Europa, giacché come ha sottolineato un deputato di spirito “macchiettistico”, «Israele siamo noi». Proprio così: non siamo l’Italia o l’Europa, ma siamo soprattutto Israele ed i suoi interessi, ovvero i suoi misfatti devono starci innanzitutto a cuore.
Naturalmente ce la raccontano, facendo strage della nostra comune comprensione e percezioni dei fatti, che a una mente non indottrinata appaiono per quello che sono: una vera e propria occupazione, contro ogni diritto, accompagnata da pulizia etnica e genocidio. Ci vogliono far credere che le cose non stiano così e che Israele non è quello che vediamo, ma quello che è diventato con gli autentici fiumi di danaro che dalle nostre tasche si riversano in quello spicchio di terra occupata in mezzo ad un oceano tutto arabo. Infatti, comprensibilmente, quella israeliana è l’economia più florida: non produce nulla, ma riscuote soltanto le nostre elargizioni a fondo perduto. Veri e propri fiumi di denaro, anche il più sporco – come scrive Gilad Atzmon –, che in Israele trovano il loro paradiso.
E per farci vedere le meraviglie di questo paese, dove regna l’economia più sporca della terra, i nostri politici hanno ben pensato di concedere la piazza del Duomo: per ammirare «L’Israele che non ti aspetti». Caspita! Scrittori, fior di scrittori, progressi tecnologici, chissà forse ci faranno vedere anche le bombe al fosforo che hanno usato a Gaza durante “Piombo Fuso”, o le bombe a grappolo con le quali hanno disseminato il Libano, nell’ultima loro aggressione, come ci racconta Robert Fisk, ne “Il martirio di una nazione”, cioè il Libano, ossia una di quelle nazioni create da Sicos-Picot, per mantenere diviso il mondo arabo, che per lo meno con l’Impero ottomano conservava la sua unità. O forse ci faranno vedere il loro arsenale atomico, quello che loro hanno non si sa bene con quale diritto e per minacciare chi, mentre si dimenano fino all’isteria per impedire all’Iran, che non ha la bomba atomica, di dotarsi della bomba atomica. Strana logica tutta talmudica, una logica “eletta”, una logica superiore, che noi poveri “goym” non possiamo comprendere.
In un certo senso, questa idea di unità del mondo arabo è condivisa dai politici sionisti di Israele, ma solo nel senso che questo mondo deve assorbirsi quei cinque milioni di profughi palestinesi. Ma è questo il punto nodale di un processo di pace infinito che è in realtà solo un processo continuo di pulizia etnica e di esproprio, giacché il mero scorrere del tempo produce effetti, che secondo l’Eletto modo di pensare sono irreversibili. Mai e poi mai i coloni lasceranno i loro insediamente illegali, abusivi, illegittimi. E dunque quale pace possibile? La Beffa a cui si vuol dare il nome di pace.
Testo in elaborazione.
Diversa la musica. Intendo quella che si è sentita ieri sera, all’Hotel Massimo D’Azeglio, al Seminario sulla rivoluzione araba o primavera araba che in questi ultimi mesi accende di speranza tutto il mondo arabo, che se fosse unito sarebbe davvero una superpotenza, con 350 milioni di abitanti, una sola lingua, una sola religione, una sola nazionalità, quella araba appunto. Ma questo mondo lo si è voluto disunito da quando Sycos e Picot si spartirono le spoglie dell’impero ottomano, di cui una fettina era destinata ai sionisti a ricompensa dei loro servigi in favore dell’Impero britannico nella guerra soprattutto contro la Germania. Da allora la storia non solo ce la raccontano come vogliono loro, i Signori Vincitori, ma comminano il carcere duro a chiunque osasse contrastare le loro narrazioni ed avere una diversa visione e consapevolezza del passato, del nostro passato, della nostra memoria storica, quella che forma la nostra identità culturale e politica.
Diversa la musica da quella che è stata suonata nei locali della Camera, occupati da un drappello sionista, con a capo l’esponente dell’Agenzia ebraica, che chiudeva i lavori impartendo le direttive a parlamentari italiani ed europei, dicendo loro quello che dovevano fare non nell’interesse dell’Italia e dell’Europa, giacché come ha sottolineato un deputato di spirito “macchiettistico”, «Israele siamo noi». Proprio così: non siamo l’Italia o l’Europa, ma siamo soprattutto Israele ed i suoi interessi, ovvero i suoi misfatti devono starci innanzitutto a cuore.
Naturalmente ce la raccontano, facendo strage della nostra comune comprensione e percezioni dei fatti, che a una mente non indottrinata appaiono per quello che sono: una vera e propria occupazione, contro ogni diritto, accompagnata da pulizia etnica e genocidio. Ci vogliono far credere che le cose non stiano così e che Israele non è quello che vediamo, ma quello che è diventato con gli autentici fiumi di danaro che dalle nostre tasche si riversano in quello spicchio di terra occupata in mezzo ad un oceano tutto arabo. Infatti, comprensibilmente, quella israeliana è l’economia più florida: non produce nulla, ma riscuote soltanto le nostre elargizioni a fondo perduto. Veri e propri fiumi di denaro, anche il più sporco – come scrive Gilad Atzmon –, che in Israele trovano il loro paradiso.
E per farci vedere le meraviglie di questo paese, dove regna l’economia più sporca della terra, i nostri politici hanno ben pensato di concedere la piazza del Duomo: per ammirare «L’Israele che non ti aspetti». Caspita! Scrittori, fior di scrittori, progressi tecnologici, chissà forse ci faranno vedere anche le bombe al fosforo che hanno usato a Gaza durante “Piombo Fuso”, o le bombe a grappolo con le quali hanno disseminato il Libano, nell’ultima loro aggressione, come ci racconta Robert Fisk, ne “Il martirio di una nazione”, cioè il Libano, ossia una di quelle nazioni create da Sicos-Picot, per mantenere diviso il mondo arabo, che per lo meno con l’Impero ottomano conservava la sua unità. O forse ci faranno vedere il loro arsenale atomico, quello che loro hanno non si sa bene con quale diritto e per minacciare chi, mentre si dimenano fino all’isteria per impedire all’Iran, che non ha la bomba atomica, di dotarsi della bomba atomica. Strana logica tutta talmudica, una logica “eletta”, una logica superiore, che noi poveri “goym” non possiamo comprendere.
In un certo senso, questa idea di unità del mondo arabo è condivisa dai politici sionisti di Israele, ma solo nel senso che questo mondo deve assorbirsi quei cinque milioni di profughi palestinesi. Ma è questo il punto nodale di un processo di pace infinito che è in realtà solo un processo continuo di pulizia etnica e di esproprio, giacché il mero scorrere del tempo produce effetti, che secondo l’Eletto modo di pensare sono irreversibili. Mai e poi mai i coloni lasceranno i loro insediamente illegali, abusivi, illegittimi. E dunque quale pace possibile? La Beffa a cui si vuol dare il nome di pace.
1 commento:
Lascio una citazione dall' Evangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta, cap. 513: nella conclusione del discorso di Gesù tenuto a Emmaus Montana, dopo aver raccontato una splendida parabola, Egli dice:
“...lo Sposo se ne va. Passerà. Sta per passare. E dopo Israele lo cercherà invano, e troverà non
la misericordiosa carità del suo Salvatore ma i carri di guerra dei dominatori, e sarà schiacciato
spremendo superbia e vita dopo aver voluto schiacciare anche il misericordioso volere di Dio.
Oh! Israele, Israele che perdi la vera Vita per conservare una menzognera illusione di potere!
Oh! Israele che credi salvarti e vuoi salvarti per vie non di Sapienza, e ti perdi vendendoti alla
Menzogna e al Delitto, naufrago Israele che non ti afferri alla salda gomena gettata a tuo salvamento, ma ai relitti del tuo infranto passato, e la tempesta ti porta altrove, al largo, in un
mare pauroso e senza luce; o Israele, che ti vale salvare la tua vita, o presumere di salvarla
per un'ora, un anno, un decennio, due, tre decenni, a costo di un delitto, e poi perire in eterno?
La vita, la gloria, il potere che sono? Bolla di acqua sudicia sulla superficie di una gora usata
dai lavandai, iridescente non perché fatta di gemme, ma del grassoso sudiciume che col nitro
si gonfia in palle vuote destinate a scoppiare senza che nulla resti, fuorché un cerchio sull'acqua motosa dei sudori umani. Una sol cosa è necessaria, o Israele. Possedere la Sapienza. A
costo anche della vita. Perché la vita non è la cosa più preziosa. E meglio vale perdere cento
vite a perdere la propria anima”.
Gesù ha finito in un silenzio ammirato. E cerca di farsi largo e
andare... Ma reclamano il suo bacio i bambini. E la sua benedizione gli adulti. E soltanto dopo
queste, accomiatandosi da Cleofa e Erma di Emmaus, può andare.
Se quella bolla scoppiò nel 70, ora è in piena espansione ed enorme, ma più cresce e più si fa sottile e facile a scoppiare e già perde la sua iridescenza...
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