mercoledì 28 ottobre 2009

Lettera dal Rettore Frati e mia risposta a Gigi Rettore: «Andiamo insieme non ad Auschwitz, ma a Gaza».

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Vers. 1.7 del 2.11.09

Più passano o giorni e più mi diventa chiara la situazione, la sua genesi, la regia occulta, mandanti, esecutori, ispiratori, tecniche, astuzie, e quanto altro. La difficoltà che avverto è quella di descrivere tutto ciò avvalendomi dell’unico strumento mediatico che ho per esprimermi, cioè questo blog e la rete, che non a caso si vuole controllare, si vuole chiudere. Il direttore di Repubblica, da dove il 22 ottobre è partito l’attacco, è persona troppa importante – dice la sua segretaria – perché chiunque lo possa chiamare al telefono e lui doversi degnare di rispondere. Delle tre lettere di smentita all’articolo di Pasqua nulla ho saputo in merito alla pubblicazione che dovrebbe essere obbligatorio. Avrebbe avuto senso una smentita se fosse avvenuta immediatamente il giorno dopo. Più passa il tempo, meno ha senso l’avvenuta pubblicazione. Si voleva fare un colpo. Qualcuno mi ha risposto, non importa se abbia o non abbia detto una “sciocchezza”, che la prassi seguita da Repubblica per le lettere consiste nel girare la smentita allo stesso giornalista che si vuole smentire, il quale decide se pubblicare o meno la lettera. Chiunque può capire con quale garanzia per diffamati e malcapitati. Nessuno può rimproverarmi in questo blog di non aver avuto diritto di replica su ciò che poteva personalmente riguardarlo, trollismo a parte.

È davvero una difficoltà notevole per me rispondere ad una potenza di fuoco esorbitante tutta su di me concentrata. Si noti che in senso non metaforico la voce del Signor Pacifici chiedeva la mia testa mentre era fisicamente in Gerusalemme, cioè nello stato di Israele. Questo signore che dovrebbe essere un privato cittadino si rivolge alle massime cariche dello stato italiano dando loro del tu e dicendo cosa devono fare o non devono fare. Chiedono la testa di docenti, presi di mira e di cui poco ci si preoccupa di sapere cosa effettivamente abbiano detto. Se vogliono replicare, non ne hanno il diritto. È sufficiente che si sappia che non hanno fede sionista, che non sono incondizionatamente fedeli allo stato di Israele e siano riluttanti, anzi espressamenti contraria a quella identità da costruire tutta su Auschwitz, come si descrive nelle pagine finali del limpido Manuale di oltre 1000 pagine di Tony Judt, Dopoguerra. Come è cambiata l’Europa dal 1945 a oggi. Mentre facevano riprese negli scaffali della mia biblioteca alla ricerca di testi “negazionisti” (senza trovarne) non hanno segnato questo volume ben visibile su un tavolino.

Tante le cose che mi passano per la mente, tante le cose da dire. È un romanzo come quelle di Augias, di cui mi dicono sia sceso in campo per imbavagliare la rete, cioè la possibilità che ho io adesso di scrivere, avendo qualche lettore disposto a leggermi. Ho sperimentato che a Repubblica non ne vogliono neppure sapere di pubblicare le mie repliche all’infame campagna di linciaggio da loro programmata e concertata sulla mia testa, che evidentemente non deve essere libera di pensare se non dopo autorizzazione rettorale e ministeriale... Riprendo su un concetto che intendevo sviluppare: l’identità europea costruita su Auschwitz. Mi oppongo decisamente. Ma osservo che un autore come Avraham Burg dal canto suo , in quanto ebreo, respinge questa identità che considera patologica. Noi siamo arrivati all’assurdo nel quale in Francia si pretendeva di far adottare a 60 anni di distanza ad ogni bambino francese un bambino ebreo, morto in Auschwitz.

E veniamo ad Auschwitz che tanto infiamma i cuori e le menti in molti che guardano al passato, un passato sempre più remoto e sottratto al vaglio storico-critico, mentre ignorano il presente che ci è sotto gli occhi. Auschwitz, dunque. Ho fatto un giro per la rete dove ormai il mio nome circola così tanto che mi è impossibile visitare tutte le pagine, abbastanza ripetitive secondo lo stesso cliché: il professore negazionista che non ha mai visitato Auschwitz. Smentire una visione comoda e demonizzante della mia persona sarebbe un gratuito difendersi. Ma perché ci si deve difendere da colpe fantastiche che ti vogliono attribuire a tutti i costi? Caro Gigi, perché non andiamo insieme in folta delegazione, sul bilancio dell’università, a quella marcia della pace che ogni anno si teneva ad Assisi e quest’anno invece a Gaza. Ti dice niente questo nome: Gaza? Ti ricordo che nello scorso gennaio negasti l’aula per un seminario nella nostra università sulla guerra israelo-palestinese che nella sua operazione “Piombo Fuso” si concluse il 18 gennaio. Successivamente il “rapporto Goldstone” accertò che da parte di Israele vi sono stati “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”. Infine, il Consiglio ginevrino sui diritti umani ha approvato a maggioranza assoluta questo rapporto. Hanno votato contro deplorevolmente pochi paesi, fra cui l’Italia. È da chiedersi perché. Di questo rapporto ho pubblicato il testo integrale in inglese. Ne ho iniziato la traduzione e il commento.

Fermo restando la parte di lettera formale che ho già redatto, dove ribadisco la totale estraneità dei temi addebitati come oggetto delle mie lezioni, stante la mia incompetenza in una siffatta materia storica nonchè la totale ignoranza degli archivi e delle fonti e la mia mancanza di interesse per la materia, non intendo tuttavia eludere una mia esternazione sui temi che da soggetti politici esterni ti sono stati imposti, ritengo con grave sacrificio delle prerogative universitarie. Devo però rifarmi a miei studi precedenti dove mi sono occupato di un filosofo mio conterraneo, Francesco Antonio Grimaldi, che negli 1779-80 pubblicò a Napoli in tre volumi le sue Riflessioni sopra l’ineguaglianza fra gli uomini. Anche qui, se dovessimo giudicare solo dal titolo senza leggere il libro ed il contesto in cui il libro è sorto, così come si è voluto fraintendere in malafede il titolo di alcuni miei vecchi post, se ne dovrebbe concludere che il filosofo calabrese sia stato un teorico del razzismo ed un anticipatore di Gobinau. Ed invece non è così! È stato semmai un anticipatore della teoria della differenza, che non è né ineguaglianza né discriminazione razziale o di altro genere. La realtà apparente del titolo è totalmente diversa dal. contenuto dei tre tomi. Non posso riassumere in poche parole le 800 pagine dell’opera, ma l’autore dichiara espressamente con grande senso di umanità che se fosse dipeso da lui abolire tutte le ingiustizie che urtano con il nostro senso morale lui lo avrebbe fatto. Tuttavia, con grande rincrescimento egli deve constatare che l’ineguaglianza risorge continuamente. Ho parlato finora degli articoli 21 e 33 della nostra costituzione, ma consideravo implicito il nome fondamentale articolo 3 che dice essere di voler rimuovere ogni ostacolo, ogni discriminazione. Non ho mai negato che nel corso della storia del Novecento, ma anche ai giorni nostri, vi siano stati e vi siano forme gravi e gravissime di discriminazione. Chi durante la seconda guerra mondiale finì nei campi di concentramento era chiaramente oggetto di una discriminazione. Sulla discriminazione, di ieri e di oggi, la condanna morale è generale e che io sappia non vi è controversia storica per il passato. Da un punto di vista morale ed etico non ho mai avuti dubbi sulla inconciliabiltà di ogni forma di discriminazione con l’idea stessa della democrazia.

Se mi si chiede se io abbia mai plaudito a qualsiasi forma di genocidio, pulizia etnica, discriminazione o se io stesso addirittura abbia commesso genocidi, pulizie etniche o attuato forme di discriminazione in contrasto con l’art. 3 della costituzione italiana o in contrasto con la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è cosa assolutamente assurda solo il pensarlo. Trovo offensivo che mi venga rivolta una simile domanda. Tuttavia, altro è il proprio sentimento morale di condanna e di repulsione per ogni forma di violenza e discriminazione, altro è il lavoro dello studioso che deve indagare i fatti, ove egli sia uno storico, ovvero indagarne le matrici ideologiche, ove sia un filosofo. In questi casi, per poter accertare la verità o le verità, gli storici e i filosofi nel rispettivo ambito devo avere la garanzia della piena libertà per poter operare. A mio modo di vedere, in nessun campo esistono verità acquisite che non abbiano bisogno di continue verifiche. Ed anche la trasmissione delle conoscenze da una generazione all’altra non può avvenire per mera trasmissione dogmatica o peggio ancora una verità storica venir trasformata in una nuova religione verso la quale si pretende una fede cieca e assoluta. Si esce in tal caso dal campo della storia e della filosofia.

Uno dei libri presenti nella mia biblioteca, scrutata dalla telecamera della tv di stato alla ricerca di corpi di reato, ha per titolo Il Novecento come secolo di genocidi. Non uno ve ne sarebbero stati, ma molti. La nozione di “genocidio” è stata elaborata in epoca relativamente recente e non sempre i governi accettano che gli studiosi qualifichino come “genocidio” epoche o momenti nella storia di un determinato paese. Purtroppo la storia, che è si basa su documenti, non può mai prescindere dall’interpretazione che il singolo storico dà di volta in volta. Non è sempre facile portare alla luce eventi passati o perfino conoscere eventi a noi contemporanei che i governi hanno interesse a tenere celati. Ma l’imposizione per legge di una qualsiasi verità storica, non più lasciata al libero convincento di chi ne va alla ricerca, getta necessariamente su di essa un’aura di sospetto e non credibilità per il solo fatto di essere imposta e sanzionata penalmente, come ahime succede in taluni paesi e come si chieda avvenga anche in Italia. In tali casi per poter ristabilire la verità nella sua forma autentica e incontaminata è necessario ripristinare condizioni di libertà di pensiero e di ricerca dove non esistano più. Ciò che vado dicendo e che mi ha procurato qualche problema è che non l’Italia si deve adeguare alla Germania, ma la Germania all’Italia fintantoché esistono da noi condizioni di maggiore libertà.

Tornando a “Repubblica” e ai media in genere ho maturato ormai una solida convinzione, ed è forse il vero motivo per il quale non vogliono pubblicare la mia replica. Dicevo infatti che esiste una contrapposizione fra libertà di stampa e libertà di pensiero. Lo avevamo già detto a proposito della guerra di Gaza. In questa occasione la stampa, nel sua quasi totalità, è divenuta essa stessa parte della guerra. Niente a che fare con un’onesta informazione. Quella stampa che era complice durante il massacro di Gaza è la stessa stampa che mi ha fatto il servizio. Poco mi risolve la pubblicazione della mia replica in Repubblica ad oltre una settimana dal fatto. Più importante per me avere scritto tempestivamente la replica, la smentita, la totale sconfessione di Pasqua, e poterla allegare ai miei atti. Sarà un documento perpetuo che potrà esibire riguardo a giornali come Repubblica, che nulla hanno a che fare con l’informazione e molto con la disinformazione, la diffamazione, il killeraggio. Mi auguro che la previsione sul declino della carta stampa come forma di comunicazione verticale (da uno a molti che non possono replicare) si attui il più presto possibile. Comprare del resto qualche etto di carta stampata che non si può neppure leggere è gravoso per la tasca (un euro) e controproducente come acquisizione di informazioni false e manipolate: non dobbiamo comprare i quotidiani. O meglio: salvo giustificato motivo, ma non pensando che siano la Verità per antonomasia e sempre riuscendo a comprendere la specificità della loro natura.

(segue: testo in elaborazione che richiede pause di riposo e di revisione di quanto già scritto e per quanto ancora da scrivere. Devo ancora svolgere delle riflessioni importanti sul tema di questo post. Non ne ho però ora nè il tempo nè la voglia. Prego i miei abituali lettori di restare in attesa.)

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Cio' che lei descrive e' un pratico esempio della fittizia liberta' di stampa di cui "godiamo " qui in Italia .
Si puo' stampare tutto se cio' e' politicamente corretto .
Professore lei ha notato che quando qualche satirista o comico diventa molto popolare improvvisamente sparisce dalla TV o i giornali .Questo fenomeno e' prevalente in Italia e si chiama in inglese " blackballing e boycotting " .
In questo paese dove le leggi si passano in Parlamento ma non si osservano , dove la costituzione e' praticamente carta straccia e i policanti e i criminali di stato in divisa fanno il bello e il cattivo tempo le leggi ? sono le stesse che erano in vigore ai tempi del Fascio . Viviamo in una finta demorazia in cui il signifcato della parola non ha mai preso radici . Si vede anche in misura minore quando si va all'Internet cafe' per leggere la email . Ci si deve registrare con un docmento d'identita' . Cosa inaudita anche nei paesi del terzo mondo , ma qui ci assicurano che siamo in un paese civilizzato . E' cosi' civilizzato che non si puo' dire che lo Shoah e' la frode del ventesimo secolo e ci sono le prove .

Anonimo ha detto...

Caro prof,
tutta la mia solidarietà e simpatia, per quello che possono valere.
Speriamo che il Vs\ caso sollevi anche nell'ambiente accademico la questione della libertà di espressione e rafforzi, insieme al dibattito, anche delle reazioni all'abominio sionista, inclusi i suoi nostrani lacchè...

Anonimo ha detto...

Caro Professore, sono stato il primo a scriverle quando è successo il fattaccio.
E pensare che sono stato per due anni un suo quasi vicino d'ufficio, prima che capissi che la sapienza non faceva per me (o che io non facevo per la sapienza), e ora mi dispiace davvero tanto non avere avuto l'occasione di venire a presentarmi, a conoscerla e a stringerle la mano.
So quanto sono difficili questi momenti per lei, anche se, lo ribadisco, la campagna ordita contro di lei, purtroppo, non mi sorprende. Oggi, distante centinaia di chilometri da casa sua, posso solo dirle, per quel poco che vale, forza e coraggio. Forza e coraggio professore! Cerchi di resistere, andando avanti per la sua strada con il peso della sua onestà e del suo coraggio.

A.

Anonimo ha detto...

Salve, riguardo alla trasmissione uno mattina, con michele cucuzza (figlio di un professore universitario, tra l'altro), Frati l'ha apostrofata come matto, gli estremi per un procedimento legale ci sono. Tra l'altro il rettore ha dato l'impressione di una certa greve ignoranza; ha citato Wannsee per smentirla, sputtanandosi da solo, visto ciò che afferma, al riguardo, lo storico 'ortodosso' Yehuda Bauer (probabilmente un altro 'ebreo sionista che odia se stesso'...)
Doppiamente barbina la figura rimediata da Del Boca, purtroppo.
Ha invocato le leggi dello stato sulla storiografia, e questo dopo essersi lamentato che in Libia le sue opere vengono ostracizzate...
Ed ha citato Pansa come esempio negazionista, accusandolo giustamente di stravolgere la storia della Resistenza, ma il buon cuccuzza l'ha bloccato dicendo che Pansa non poteva replicare, poichè non presente nell'aula mediatica di unomattina...
E questo dove Lei veniva massacrato in 'contumacia' da Meghnagi, che non potendo replicare alle sue accuse di mescolare memoria storica e tecniche da psicologo, perchè le avrebbe potute solo confermare, ha risposto con la tipica frase di chi batte in ritirata: 'Non meritano commenti'...
Se la gente ha visto il triste spettacolino completamente sveglia, data l'orario, avrà capito che qualcosa non quadrava in tutta la faccenda.
Un processo raffazzonatao, niente Kafka, solo farsa.

alessandro

Anonimo ha detto...

Ricordi a frati le parole del Prof Sebastiano Maffettone che aveva proposto l'istituzione di una cattedra che affrontasse la questione israelo palestine.
p.s
Maffettone non era nella lista!

http://www.radioradicale.it/scheda/247066/contro-ogni-integralismo-per-la-liberta-di-espressione

Waa359 ha detto...

Il piano di attacco verso chiunque tratti l'argomento "revisione" della storia del cosidetto olocau$to ebraico è ormai chiarissimo:

Ad Ottobre 2008 si dichiarò ufficialmente guerra al Revisionismo in Italia.
Fini riceve un "dossier" sull'attività dei "nagazionisti" italiani.

1) In Aprile si è chiuso e sequestrato il sito www.thule-toscana.com. Un sito areligioso dedicato quasi esclusivamente al revisionismo olocaustico.

2) In Ottobre si è colpito Il Caracciolo che ospita nel suo blog testi di Carlo Mattogno (e Juergen Graf),il maggior ricercatore mondiale su Auschwitz e dintorni.Il Caracciolo ha pure la "pessima abitudine" di attaccare l'operato della colonia sionista in Palestina, mettendo in evidenza i suoi crimini e sostenere la causa palestinese.

3) Il prossimo bersaglio sarà ,sicuramente, un sito revisionista di matrice CATTOLICA!

Si chiuderà così il cerchio (il cappio) intorno al Revisionismo in Italia.

Tutti ,così,avranno sogni PACIFICI !

Anonimo ha detto...

ooops...Sebastiano Maffettone non era nella lista!In ogni caso tra tutte le cazzate che ha sparato nel suo intervento, quella di istituire una cattedra che affronti il probelma israelo palestinese era la meno stupida;forse per questo non la ha portata avanti.
http://www.radioradicale.it/scheda/247066/contro-ogni-integralismo-per-la-liberta-di-espressione

Alberto Cenci ha detto...

Caro professore,

il preteso negazionismo di cui la si accusa è solo un pretesto...

Il motivo reale dell'aggressione mediatica nei suoi confronti è il suo impegno contro la politica razzista e colonialista di Israele. Vogliono far passare l'equazione anti-sionista = anti-semita, meglio se sulla pelle di qualcuno che si impegna politicamente nel centro-destra (per un giornale (fintamente) di sinistra è anzi indispensabile per rassicurare i suoi lettori).

La verità è che "La Repubblica" è un quotidiano filo-sionista.
Per questo non ha pubblicato un articolo sulle penose condizioni di vita dei reclusi a Gaza, non una linea sulle critiche che l'AIEA ha mosso ad Israele per non aver sottoscritto il trattato di non proliferazione delle armi nucleari...
I lettori de "La Repubblica" non sono stati neppure informati quando il consiglio per i diritti umani dell'ONU ha approvato il rappoerto Goldstone, né del rapporto di Amnesty International sulla ineguale distribzione delle risorse idriche nella Palestina occupata.
Nascondendo la realtà nella Palestina occupata, "La repubblica" puo' essere definito un quotidiano negaSionista.

Cordiai saluti,

Martin V.

Antonio Caracciolo ha detto...

Vorrei venisse data massima divulgazione sulla rete alla mia smentita. Mi dicono che potrei fare causa a Repubblica per non aver questo quotidiano pubblicato la mia replica entro le 48 ore.

Allegato: Smentita inviata al Direttore del quotidiano “La Repubblica” il 23, 26 e 29 ottobre per email.

Al Direttore della “Repubblica”,
e p.c. Al Rettore Luigi Frati

Ho trovato nella vostra edizione di ieri 22 ottobre un articolo di tal Pasqua interamente a me dedicato. Trattasi di una totale alterazione e falsificazione del mio pensiero non perché le frasi riportate non possano essere a me riconducibili, ma perché trattasi di una collazione di frasi staccate dal loro contesto organico di migliaia e migliaia di pagine in continua elaborazione e modificazione. Il tutto deve essere inteso unitariamente se si vuole conoscere il mio pensiero. Stante la continua elaborazione e l’ingente mole di testi e di argomenti trattati, è però sempre necessaria la mia interpretazione autentica per chi ne voglia fare un uso esterno ai miei blogs: non ho autorizzato né estratti né manipolazioni. Simili metodi venivano usati dal Tribunale dell’Inquisizione per mandare sul rogo moltissime persone. In un certo senso vi ringrazio per avermi fatto intendere come mai prima d’ora la differenza abissale fra la libertà di stampa che è solo vostra (a mio danno) e la libertà di pensiero che è mia e di ogni comune cittadino, anche analfabeta. Non ho dunque che da sconfessare interamente il contenuto dell’articolo di Pasqua in quanto manipolato nel senso sopra detto.

Peraltro il Pasqua, che mi aveva inizialmente raggiunto sul cellulare, nel quale ho fornito spiegazioni essenziali da lui comunque non riportate nell’articolo, ha poi omesso di chiamarmi il giorno successivo sul mio telefono fisso, avendo io consentito di chiarirgli meglio quanto necessario e di seguito sinteticamente riportato.

Non mi occupo professionalmente e scientificamente di temi riguardanti i campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale. Come filosofo del diritto mi occupo invece dei temi attinenti la libertà di pensiero e di ricerca. Essendo a me noto che sui temi suddetti in paesi come Germania, Francia, Svizzera e spero non anche in Italia esiste una lunga detenzione penale per quelle che io ritengo mere opinioni o tesi o ipotesi di lavoro in quanto tali lecite e garantite non solo dalla nostra costituzione ma anche dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, io ho inteso scendere pubblicamente in campo per la strenua difesa di questi valori costituzionali che sento minacciati: libertà di pensiero e libertà di ricerca, che chiaramente suppongono un loro oggetto, che potrà essere mutevole nel tempo e che nel caso specifico riguarda i campi di concentramento, non oggetto di mia occupazione scientifica e professionale.

Questo è quanto: nulla di più e nulla di meno. Il resto è dettaglio e strumentalizzazione, alla quale credo il vostro giornale sia uso.

Antonio Caracciolo

Alberto Cenci ha detto...

Caro professore,

sperando di farle cosa gradita ho inserito mediante "Sidewiki" la sua lettera di smentita sulle due pagine che "La Repubblica.it" ha pubblicato per infangarla.
Lo stesso ho fatto sul sito dell'autore dell'articolo (http://marcopasqua.eu/category/repubblicait/) dove tra l'altro compare un altro articolo che pero' pare che "La Repubblica.it" non abbia pubblicato.

La sua lettera è ora visibile a coloro che accedono sulle pagine in questione ed utilizzano la barra sidewiki di Google.
I gestori delle pagine nulla possono su questa nota, possono al massimo inserirne una loro.

Resta possibile, a chi scrive queste "note in margine", cancellare i propri interventi, per cui se vuole inserire lei stesso una nota o semplicemente non desidera che la sua lettera di smentita vi compaia, me lo comunichi che provvedo a cancellarla.

Con la massima solidarietà,

Martin V.