giovedì 17 aprile 2008

Israel lobby: 4. Fiamma Nirenstein e la lobby parlamentare

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Di Fiamma Nirenstein dicono che aspiri al ruolo che fu di Oriana Fallaci. Non mi sono finora proposto di fare una comparazione fra la qualità della scrittura dell’una e dell’altra e non mi interessa una simile indagine. A prima vista Fiamma mi sembra di rango inferiore. Ma sono affari suoi. Quel che è certo è che la persona si caratterizza per il suo sionismo assai poco illuminato, ammesso e non concesso che esista un sionismo rispettabile. La faziosità è in costei una qualità tanto evidente quanto irritante. Il personaggio è pericoloso proprio per l’irritazione che suscita, non certo per la profondità di un pensiero avverso contro il quale occorra misurarsi. Evidentemente il fronte bellico richiede simili personaggi, che sono assurti addirittura al rango di rappresentanti del popolo italiano, dico italiano, non israeliano! Riteniamo di avere il diritto di difenderci, beninteso civilmente e dentro i limiti della legalità che tanto più ci sforzeremo di rispettare quanto più forte sentiamo repulsione verso un personaggio cui è concessa una non piccola visibilità pubblica. Aggiungo che costei è stata messa in lista, in pratica nominata ad un seggio parlamentare, nello stesso mio partito di militanza. Vi è di che rodersi il fegato e di che recriminare “papy” Silvio che de minimis non curat. Rida pure e si compiaccia chi vuole. Ne ha ben donde.

Versione 1.7/6.10.09
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Sommario: 1. Corrispondenza radicale di amorosi sensi. – 2. Primo giorno alla succursale italiana del Knesset. – 3. L’eterna faziosità di donna Fiammetta. – 4. Fiamma Nirenstein e Martin Luther King. – 5. Le perle mediorientali di Fiamma Nirenstein a radio radicale. – Segue: 5.1 «Quello che Obama non capisce». – 6. Gli appelli di Fiamma. – 7. Il demenziale in parlamento. – 8. I topi di Fiamma. – 9. Analisi da lana caprina. – 10. Madonna Fiammetta si dichiara razzista: e noi gli crediamo! – 11. Notizie dai servizi israeliani. – 12. Terrorismo o Resistenza? – 13. I successi di Fiamma. – 14. Haaretz/ECO: «Una ‘colona’ nel Parlamento italiano». – 15. Nirenstein e compagni. – 16. Il Blog di madonna Fiammetta. – 17. Forte repulsione morale. – 18. «La incapacità a divenire padroni del discorso pubblico». – 19. Fiamma su Obana. – 20. La “autostrade” di madonna Fiammetta. – 21. In parlamento contro l’ONU. – 22. Benedetto XVI “stropicchiato” sul “Giornale”. –

1. Corrispondenza radicale di amorosi sensi. – Nel consueto e sollazzevole ultimo incontro settimanale fra Massimo Bordin e Fiamma Nirenstein ho notato fra le tante castronerie un’importante ammissione di cui mi servirò contro quelli che ritengono vietata per legge l’espressione “lobby ebraica”. Nel sistema repressivo italiano ed europeo, molto più pesante di quello americano-canadese, l’uso di questa espressione, in sé neutra e valida per il solo suo contenuto o meno di verità, può far scattare la solita accusa di antisemitismo e di odio razziale. Viviamo in un regime di terrorismo ideologico che quasi ci costringe ad un uso cifrato del linguaggio e del vocabolario per esprimere semplici concetti, che possono anche essere erronei, ma non sono certo dei reati. È ben vero che una certa idea del “peccato” ha posto sotto censura non solo il mero desiderio sessuale della moglie altrui, ma di una qualsiasi donna (o uomo), in quanto peccaminoso in sé. Ma questo è un altro discorso dal quale non vogliamo farci distogliere se non per cogliere l'analogia accennata fra pensiero e reato, che in Germania pare porti ogni anni a circa 17.000 incriminazioni penali.

Non ho molto tempo questa mattina. Registro semplicente l'elemento probatorio sopra accennato ed immortalato nei registri di radio radicale. La nostra Fiammetta sta parlando degli Ezbollah. Degli armamenti che arriverebbero loro dall’Iran. Naturalmente, di quegli armamenti che Israele riceve dagli Usa e dall’Europa non si fa parola: sono armamenti santi, leciti e benedetti. Prosegue sull’azione di interposizione dell’Onu in Libano, di quell’Onu che ha ripetutamente condannato Israele per violazione dei diritti umani. Ecco a questo punto la prova dal sen sfuggita. Donna Fiammetta dice che da parte di Israele è in atto una azione di lobbying per far modificare una risoluzione Onu già deliberata. Dunque: Israel lobby ovvero lobby ebraica per ammissione della bocca di donna Fiammetta Nirenstein. La Signora è risultata eletta al parlamento italiano perché nominata ed inclusa da Fini in liste che poco hanno da invidiare alle liste di epoca fascista contro cui nello stesso giorno si scaglia un altro lobbista, l’ineffabile Pacifici, che fa sapere che il voto della comunità ebraica non andrà ad Alemanno al prossimo ballottaggio. Ben gli sta ad Alemanno, anche se Bordin fa sapere che fortunatamente in Roma i numeri della comunità ebraica non sono “altissimi”, bensì sono voti “di prestigio”, a giudizio dello stesso Bordin, che evidentemente si sente erogatore di prestigio.

È da chiedersi cosa farà mai donna Fiammetta in Parlamento, cosa Fini e Berlusconi gli lasceranno fare, malgrado i numeri “non altissimi” delle comunità ebraica in Italia e non essendo del tutto scontato che tutti gli ebrei abbiano un’identità “olocaustica” o sionista, come ha fatto riconoscere un manifesto di ebrei italiani (“Il campo della pace”) dove si chiedeva la fine dell'assedio di Gaza e del genocidio del popolo palestinese. Il livore e la volgarità della solita Deborah Fait contro questi suoi “correligionari” ha poco da invidiare agli strali di improperi rivolti ai goym, ai non ebrei. Su Fiamma Nirenstein circolano voci che non mi interessano in alcun modo in quanto possano riguardare la sua privacy, ma che possono preoccuparmi se toccano la sua figura pubblica nel momento in cui assurge al rango di parlamentare, cioè di rappresentante della nazione, e quindi perfino di me stesso che mai mi sarei augurato una simile rappresentanza.

Intanto sappiamo, per ammissione della neonominata, che certamente farà ogni azione di lobbying a lei possibile contro il popolo palestinese ed a favore di Israele. Per la politica interna possiamo e dobbiamo aspettarci un avallo verso tutte quelle leggi che saranno volte a chiudere la bocca a critici, oppositori e dissidenti. Possiamo ben stare ben certi che donna Fiammetta ed il suo amico Massimo faranno altri convegni e “campi di fiori” per fomentare non solo il dissenso in Cina, ma tutto quello che potranno per reprimerlo in Italia ed in Europa, dove le carceri pullulano di dissenzienti: buono il dissenziente in casa altrui, non buono se in casa propria. In questa nostra epoca di guerra ideologica, mai cessata dal 1945, le parole non valgono più per il loro contenuto di verità, ma sono un sostituto dei proiettili: più se ne sparano, meglio è. Ed è esattamente ciò che fa la nostrana Israel lobby: spara parole sperando che non trovino forze di contrasto.

Più che mai si rivela qui la fondatezza della dottrina scientifica dell’amico nemico, che non ha nulla a che fare con le volgarizzazioni alla Bertinotti che distingue fra la parolaccia maleducata di “nemico” ed il termine salottiero di “avversario”. Non sono le armi fisiche che faranno vincere a palestinesi ed Hezbollah la loro guerra di resistenza, ma la loro consapevolezza politica di irriducibile ostilità verso quel nemico che li ha genocidati per il 5o per cento e per l’altro 50 per cento li ha cacciati dai loro villaggi e ridotti in lager, dove non vi è nulla da invidiare al mito di Auschwitz. Contro una simile consapevolezza sono possibili e vengono praticati in atto due strategie complementari: la prosecuzione dello sterminio del restante 50 per cento, in modo che nessun rimanga vivo in senso fisico-biologico; il lavaggio del cervello per scardinare i meccanismi psicologici mentali della consapevolezza critica e della propria identità politica. In quest’ultima guerra siamo coinvolti anche noi intellettuali d’Occidente. Anche noi conduciamo una nostra guerra che è guerra per la verità e la consapevolezza critica di fronte ad una menzogna di regime sempre più invasiva.

Vale qui la pena di ricordare ciò che Mearsheimer e Walt hanno scritto nel loro libro a proposito del successo della Israel lobby negli Usa. Un politico ha il suo principale interesse nell’essere eletto e nel “salire” al potere. Vanno perciò in cerca di tutti i consensi possibili. Nel caso delle richieste e delle pressioni provenienti dalla Israel lobby non hanno motivo per dire di no fintantoché ai vantaggi che possono da loro ottenere non si contrappongono degli svantaggi. Essendo la maggioranza degli altri cittadini disattenti e distratti, tutto va liscio per la Israel lobby, non forte per i numeri di cui gode, ma per altri mezzi. Se però si fa capire ai signori deputati che esiste una larga maggioranza che deve pur saper distinguere un vero e proprio genocidio in Gaza, un’autentica oppressione coloniale che da oltre 60 affligge quelle terre. L’ignoranza, l’inganno e la disinformazione non possono venire usati come strumenti di governo ed alla fine giunge il momento dell’assunzione di responsabilità, individuale e collettiva. La rappresentanza politica non può essere una rappresentanza per il crimine. Dapprima sarà la coscienza individuale, forse di pochi, a gridare e opporsi. Non mi illudo che le giuste cause siano sempre arrise dal successo, ma di certo una coscienza criticamente avvertita è una frattura nel tessuto sociale destinata ad allargarsi finchè la stessa coscienza resta vigile e indomita.

2. Primo giorno alla succursale italiana del Knesset. – A leggere il primo giorno di Fiamma Nirenstein al parlamento italiano sembra che costei creda di essere stata eletto al parlamento israeliano, non in quello israeliano. Mi sono fermato alla lettura delle prime righe, al nome Giorgio La Malfa, di cui ricordo un'indecente sfuriata a proposito di Ernst Nolte. L’accostamento iniziale dei due nome ricorda il vecchio adagio: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Mi riservo la lettura ulteriore del testo di cui al link.

3. L’eterna faziosità di donna Fiammetta. – Ho appena seguito per radio radicale la registrazione video sonora della presentazione del libro del demografo Della Pergola alla Fiera del Libro di Torino con Gad Lerner e madonna Fiammetta Nirenstein che dopo la sceneggiata infantile del “non ci vengo” ha infine deciso di andarci. Molto ne avrebbe guadagnato la serietà scientifica della manifestazione se non ci fosse andata. Non ho voglia di fare una lunga analisi della manifestazione, nella quale l’autore Della Pergola ha ammesso che la maggior pecca era l'assenza di una voce di parte palestinese. Donna Fiammetta ha blaterato i suoi slogans fra cui ha primeggiato l'antiscientifco concetto della “cultura dell’odio”. Esilarante la sua tesi che in Israele gli arabi israeliani, cioè quegli arabi che sono rimasti nel 48, conducendo vita da spioni per forza, sarebbero aumentati di numero grazie al buon trattamento ricevuto dai loro coloni occupanti. Sono stati trattati bene dal padrone e per questo hanno fatto più figli. Questo il livello scientifico di donna Fiammetta, che ad ogni occasione non cessa mai di far conoscere la sua vecchia amicizia con i presenti, autore compreso, che però avrebbe fatto meglio a scegliersi un altro presentatore del suo libro.

4. Fiamma Nirensten e Martin Luther King. – È un link ad un precedente articolo dove commentando un libro di Fiamma Nirenstein mi sono imbattuto in un clamoroso falso consistente in una citazione totalmente falsa di Martin Luther king. Il falso è stato smascherato per tale, ma Fiamma Nirenstein ne aveva fatto il frontespizio di apertura di uno dei suoi libri.

5. Le perle mediorientali di Fiamma Nirentstein a Radio radicale. – Distaccandomi da «Informazione Corretta» analizzo con maggiore sistematicità le onde sioniste di Radio Radicale, dove spicca una rubrica settimanale della “analista” Fiamma Nirenstein, alla quale di ricente un Facci ha potuto dire con fondamento che ella non raprresenta in Parlamento l’Italia, ma Israele. In questi stessi giorni è stata pure diffusa la notizia di ingentissime risorse finanziare da parte della CIA o delle istituzioni americano destinate a media e giornalisti. Il dettaglio della notizia non è dato e quindi non è possibile individuare nessuna testata in particolare e nessun giornalista in particolare. Quello che è certa la notizia e ciò che è saggio è un atteggiamento di generale prevenzione e circospezione su tutto il sistema informativo. Passerò qui in rassegna tutte le registrazioni di Mediorientale soffermandomi soltanto sulle perle più vistose di donna Fiammetta, le cui “esagerazioni” qualche volta nota perfino Bordin.

5.1 - «Quello che Obama non capisce» (9.6.08). – In questa registrazione la frase che mi ha subito colpito in donna Fiammetta è un “Obama che non capisce” che ben rende ancora una volta l’idea della presunzione e dell’insulsaggine di un personaggio che i media e la politica impongono alla nostra attenzione. E cosa non capisce Obama che invece donna Fiammetta capisce bene? Non capirebbe che assolutamente Israele non si può derubricare a problema secondario. Israele viene prima di tutto e di ogni cosa. Il mondo può anche perire, ma Israele è la priorità assoluta. E qui ci fermiamo, per non superare i limiti consentiti del sarcasmo. Di un’altra perla che ho sentita questa mattina non trovo la registrazione. Mi sembrava di notare un certo panico di donna Fiammetta per il ritorno dell’unità politica fra Abu Mazen e Hamas. Anche ai ciechi ed ai ragazzini è chiaro come la politica costante di israele, almeno dal 1948 in poi, sia la carta della divisione dei nemici ed anche possibilmente della loro corruzione. Sembra però che una volta tanto le vittime del “divide et impera” abbiano capito anche loro il gioco destinati a fotterli tutti e si siano riuniti. Se il mondo arabo, tutto il mondo arabo, ritrova la sua unità politica in un compatto “no” ad Israele, una simile posizione non-violenta è di gran lunga superiore a qualsiasi bomba atomica più o meno fantastica: per israele è provvidenziale la bomba atomica che né Saddam aveva né Ahmadinejad ha. Anche se non c’è, bisogna inventarla! Urge l’aggressione! Il pretesto è un dettaglio trascurabile. Ciò che dice Ahmadinejad è di una semplicità assoluta: diciamo tutti compatti no ad Israele e facciamo della Nakba il nostro “Olocausto”. Totalmente isolata dal mondo mediorientale l’«unica democrazia» potrà trovare il suo riconoscimento settimanale presso Bordin a radio radicale. Chalmer Johnson, che qualcosa in più di donna Fiammetta ne capisce, fuga ogni dubbio sulla pretestuosità delle politica imperiale in Medio Oriente, di cui Israele è certamente un tassello fondamentale. Altra perla fiammesca: «ma loro vogliono distruggere Israele, mentre noi non vogliamo distruggere loro...» o simili (cita a memoria dalle trasmissione di oggi 19 giugno che non trovo in archivio). Che bella faccia tosta! Ed i quattrocento villaggi palestinesi cancellati per davvero e non in senso metaforico dalla carta geografica nel 1948, di cui dà contezza Ilàn Pappe cosa sono? A Bordin che forse qualche volta legge i miei testi che dice stranamente di non ricevere mando ancora una volta a dire: ma caro Massimo pensi proprio che chi dall’altra parte dell’apparecchio radio sta ad ascoltare sia disposto a bere ogni cosa? Andrebbe forse fatto uno studio psicologico per sapere cosa si immaginana e si propone un conduttore radiofonico quando disperde nell’etere la sua voce ed i contenuti così espressi. Io temo che si tratti in fondo di un consapevole tentativo di condizionamento dell’opinione pubblica, della cosiddetta opinione pubblica che è in realtà una formula dietro cui si nascondono molte cose, non sempre belle ed edificanti. Alla prossima. Per oggi basta!

6. Gli appelli di Fiamma. – Se occorreva una prova ulteriore che Fiamma Nirenstein non rappresenta la nazione italiana in Parlameno, le sue prime iniziative ne danno la caratterizzazione. È anche interessante leggere l’elenco delle sue firme perché si ritrovano in buona parte gli stessi nomi già visti in altre circostanze. È come se due diversi fronti si scrutassero e misurassero. Del rapito ventiduenne soldato israeliano so poco e nulla, ma trovo:
Israele, rappresentata dall’inviato Ofer Dekel, intende riavviare colloqui indiretti per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, tenuto a Gaza dall’estate del 2006.
Hamas vuole che Israele liberi centinaia di prigionieri palestinesi in cambio della liberazione di Shalit.
Non mi pare che la gravità del “rapimento” sia comparabile con ben altri rapimenti ad opera dei segreti segreti congiunti Israele-USA o con i rapimenti di routine e di ordinaria amministrazione da parte di Israele. Alcuni di questi si sono addirittura svolti in Italia con umiliazione della nostra giurisdizione sovrana. Non solo non parteciperò a quell’appello perché ho una ben altra dimensione della tragedia, ma considero con sospetto i firmatari, i quali o ignorano ben altri rapimenti o se ne infischiano, dimostrando un esclusivo interesse a dire e far sapere che loro stanno con Israele, sempre e comunque. Se è così, noi facciamo loro sapere che stiamo dall’altra parte.

Ma in fatto di rapimento e di sequestro di persone madonna Fiammetta ed i suoi cofirmatari dimostrano di avere memoria corta e poco senso del pudore. A chi ti parla di rapimento di non so quale soldatino è il caso di ricordare il ben più triste, tragico e vergognoso caso di Mordechau Vanunu qui da una scheda di Wikipedia. Esiste però, volendo, la possibilità di trarre un¿infinità di fiction televisive e holliwoodiane su una vicenda che vede coinvolto il nostro paese. In tempi di campagna antiraniana pare qui opportuno riportare alcune pagine tratte da Paolo Barnard:
L’arsenale nucleare dello Stato ebraico fu svelato con certezza al mondo intero solo nel 1986, quando il tecnico nucleare israeliano dissidente Mordechai Vanunu raccontò al «Sunday Times» di Londra dell’esistenza di circa 200 testate atomiche in Israele, fornendo prove fotografiche concernenti gli impianti di produzione. Vanunu divenne all’istante il ricercato numero uno da Tel Aviv, e in una sporca vicenda da film di spionaggio su cui grava il sospetto della complicità del nostro Paese, il tecnico fu irretito da una bella spia, attirato a Roma per poi essere sequestrato dai Servizi segreti israeliani che lo riportarono in patria. Fu condannato a diciotto anni di carcere, di cui undici passati in isolamento, che sconterà interamente per poi subire ulteriori vessazioni appena liberato. Akiva Orr, l’ex partigiano d’Israele della guerra del 1948 e oggi uno dei più sagaci e colti intellettuali israeliani viventi, ha commentato nel corso di una nostra recente conversazione l’odissea di Vanunu sottolineandone un lato grottesco: «Il suo processo fu una farsa, perché Israele non ha mai ammesso di avere armi nucleari e dunque Mordechai fu condannato per aver rivelato un segreto che coloro che lo hanno processato sostengono non esista neppure».
Dunque nel 1986 il mondo ebbe la certezza che Israele era a tutti gli effetti una potenza nucleare, e gli Stati arabi reagirono di conseguenza. Spiega Orr: «Quella data coincide con l’accelerazione fra i Paesi arabi della gara per acquisire armi di distruzione di massa, soprattutto biologiche e chimiche, da contrapporre all’arsenale israeliano. Nacque così la corsa agli armamenti non convenzionali nel Medioriente, per colpa di Israele». Ma sempre secondo l’intellettuale ebreo, la miopia di Ben Gurion finì per trasformare quello che secondo le intenzioni dello statista doveva essere un deterrente contro la minaccia di distruzione dello Stato d’Israele per mano araba, nell’esatto contrario: «L’aver portato la competizione al livello più alto, e cioè quello del confronto atomico, ha paradossalmente indebolito il nostro Paese come mai prima. Per comprenderlo basta un semplice ragionamento: poniamo che Israele attacchi per primo l’Iran. Teheran avrebbe sicuramente il tempo di reagire e di lanciare i suoi ordigni, poiché la sua superficie è talmente vasta che è impossibile neutralizzarlo in un colpo solo. Al contrario la superficie di Israele è assai piccola ed è densamente popolato, in particolare i due centri urbani di Tel Aviv e Haifa. Ciò significa che in pratica può essere distrutto da appena due bombe H, una su ciascun centro, poiché la loro devastazione significherebbe l’annientamento dei gangli nevralgici della nazione. Ammesso anche che Israele fosse poi in grado di lanciare un secondo attacco, a che servirebbe visto che sarebbe già sostanzialmente distrutto?». La conclusione di Akiva Orr è che l’unica strada affidabile sarebbe un trattato di denuclearizzazione di tutto il Medioriente iniziando proprio dal disarmo di Israele. Ma sappiamo bene che gli Stati Uniti hanno da tempo cessato di esercitare pressioni affinché Tel Aviv firmi il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, e tacciono sull’opportunità che gli ispettori internazionali visitino i suoi centri di ricerca atomica, in una palese e ipocrita contraddizione con quanto invece hanno fatto nei confronti dell’Iran o, ancor di più, dell’Iraq.
Teheran, come è ormai più che ovvio, altro non vuole se non tutelarsi dal dilagante e unilaterale espansionismo militare degli Stati Uniti e soprattutto dalla minaccia nucleare originata da Israele nell’area mediorientale, e dunque l’unica via per fermare gli Ayatollah sembra essere proprio quella suggerita da Orr.
Una sorprendente conferma di queste tesi si trova in un rapporto americano commissionato dal Pentagono nel 2005 e intitolato Getting Ready for a Nuclear-Ready Iran, i cui curatori sono gli strateghi Henry Sokolsky e Patrick Clawson, che hanno lavorato sotto la supervisione del U.S. Army War College’s Strategic Studies Institute.
Si tratta di pensatori di tendenza conservatrice, e nel caso di Clawson decisamente pro-Israele essendo vicedirettore dell’Institute for Near East Policy, una delle potenti lobby di cui ho trattato in precedenza. Eppure persino questi falchi americani sono giunti alla conclusione che «... se Israele possiede un arsenale nucleare segreto, gli arabi penseranno che sia giusto bilanciarlo con programmi di armamento atomico segreti in Iran, in Arabia Saudita o in Egitto, e altri. È per caso giusto che gli Stati Uniti e l’Europa pretendano che gli Stati musulmani mediorientali frenino le loro “pacifiche” ambizioni nucleari quando Israele stesso possiede la bomba e pubblicamente sostiene che non arriverà secondo nell’introdurre armi atomiche nella regione? Non avrebbe più senso forzare Israele ad ammettere che possiede questi armamenti nucleari e poi pretendere che vi rinunci nel contesto di un negoziato di disarmo regionale?».
La proposta concreta di Sokolsky e Clawson è che «...Israele dovrebbe annunciare che congelerà unilateralmente Dimona e che porrà l’istallazione sotto la tutela della IAEA (Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica). Allo stesso tempo dovrebbe annunciare che (in teoria) è pronto a smantellare Dimona e a riporre il materiale nucleare che ha prodotto sotto la supervisione di una potenza atomica di sua fiducia, come ad esempio gli Stati Uniti. Ma questo secondo passo avrà una condizione: che almeno due su tre nazioni mediorientali (es. Algeria, Egitto o Iran) seguano Israele nel congelamento da qui ai prossimi tre anni delle loro installazioni nucleari in grado di produrre plutonio e uranio arricchito in quantità sufficienti per una bomba».
Trovo rimarchevole che persino all’interno dell’establisbment militare statunitense vi sia chi si è arreso di fronte all’insostenibilità del nostro sistema di due pesi e due misure applicato alla questione nucleare in Medioriente, ma ancor più degno di nota è scoprire che tali posizioni erano mainstream (dominanti) fra i conservatori americani già più di quindici anni fa, quando il dibattito era ancora allo stadio larvale. Lo dimostra un articolo pubblicato nell’estate del 1989 dall’autorevole «Foreign Affairs», un periodico organo del Council On Foreign Relations di Washington, che si può definire la regina incontrastata delle fondazioni dedite agli studi di strategia internazionale in America e la cui opinione è tradizionalmente considerata «il Verbo» alla Casa Bianca. Gli autori, Gerard C. Smith e Helena Cobban, dopo aver sottolineato che fra le nuove sfide poste al blocco occidentale dal crollo dell’Impero sovietico vi era proprio l’impegno a impedire una disordinata proliferazione nucleare, si permettevano di criticare gli Stati Uniti perché «... hanno frequentemente adottato un atteggiamento permissivo soprattutto verso due jolly atomici come il Pakistan e Israele...», una doppiezza morale che avrebbe potuto giocargli un brutto scherzo in futuro, poiché «... il fatto che gli USA chiudano un occhio quando ad acquisire armi nucleari sono i suoi amici finirà per andare contro ai suoi interessi; e deve assolutamente cessare».
Nonostante il fatto che queste lucide e autorevolissime analisi abbiano da tempo smascherato l’ipocrisia del blocco occidentale che fustiga selettivamente i trasgressori nucleari mantenendo però un occhio di estremo riguardo solo per l’illegalità di Israele (e di pochissimi altri), quando i commentatori e gli esperti dell’area mediorientale vengono posti di fronte a questo stato di cose di norma reagiscono con una duplice argomentazione: e cioè che la condotta di Tel Aviv è comunque giustificata sulla base del fatto che Israele è un piccolo Stato assediato da regimi arabi che ancora oggi ne cercano l’annientamento fisico, e dunque necessita di un forte deterrente militare; in secondo luogo, Israele è in ogni caso una democrazia per cui «ci si può fidare».
La risposta che smantella la prima tesi è semplice: si è già visto che la dotazione atomica dello Stato ebraico non lo protegge per nulla dall’annientamento nucleare, date le minuscole dimensioni del suo territorio e la concentrazione dei suoi gangli vitali in soli due centri abitati facilmente devastabili; se ne deduce che essa risulta pressoché inutile. Ma soprattutto è chiaro che un attacco atomico contro Israele equivarrebbe a un attacco agli Stati Uniti d’America, con conseguenze catastrofiche per chiunque lo tentasse. Questo gli Stati arabi e islamici lo sanno perfettamente, e dunque è più che improbabile che si lanceranno mai in una simile avventura.
La conferma di questa opinione mi viene direttamente da uno dei più eminenti strateghi israeliani, il dottor Ephraim Kam, direttore del Jaffe Center for Strategic Studies di Tel Aviv. In una nostra recentissima conversazione Kam mi disse che «... se Israele riuscirà a far prendere posizione agli Stati Uniti, nel senso di una dichiarazione ufficiale che un attacco su Tel Aviv equivarrebbe a un attacco su Washington, possiamo essere certi che ciò sarebbe un forte deterrente per l’Iran. Ma sono convinto che anche in assenza di una presa di posizione americana esplicita, Teheran sappia benissimo che un attacco contro di noi scatenerebbe la più devastante rappresaglia americana, che li distruggerebbe del tutto». Credo he queste parole tolgano ancor più ragion d’essere all’esistenza di un arsenale atomico in Israele, in particolare, lo riordo, se si considera che esso sta all’origine della pericolosa corsa agli armamenti di distruzione di massa di molti altri Paesi dell’area.
La risposta all’argomento che «ci si può fidare più di Israele in quanto democrazia» piuttosto che degli Stati islamici illiberali come l’Iran, è ancora più semplice: lo Stato ebraico si è reso responsabile di aggressioni militari e di atti di terrorismo di una ferocia sicuramente pari, se non talvolta superiore, a quella mostrata dai cosiddetti Stati Canaglia mediorientali, e che non di rado neppure l’intervento degli Stati Uniti è riuscito a contenere, lungo una scia di sangue impressionante. Per cui diviene chiaro a chiunque approcci il tema con un minimo di imparzialità che la fiducia che noi ricordiamo alla presunta moderatezza d’Israele (e che chiediamo ai Paesi islamici) non ha alcuna base nei fatti reali, ed è frutto solo di un’abitudine mentale che ci caratterizza, poiché percepiamo il popolo ebraico come affine ai nostri valori e cioè come «uno di noi». La bomba atomica nelle mani di Israele è stata, e rimane, un pericolo per tutta l’umanità.


7. Il demenziale al parlamento. – Do ogni tanto un’occhiata all’articolo di Haaretz, che tratta dell’avventura elettorale di Fiamma Nirensten, ovvero della nostra disgrazia elettorale. Difficile trovare qualcosa di più demenziale.

8. I topi di Fiamma. – Mi limito qui a registrare il link. L’articolo di Fiamma Nirenstein mi sembra più demenziale del solito e a questa tarda faccia fatica a starle appresso. Non ho ben capito se i topi di cui si parla sono topi in senso proprio o topi in senso metaforico, cioè persone umane. Se si tratta della seconda ipotesi, allora Fiamma Frankestein dovrebbe andarsi a rileggere le definizioni ufficiali di ciò che si deve intendere per razzismo.

9. Analisi da lana caprina. – Per nostra disgrazia Fiamma Nirenstein è stata nominata deputato al parlamento italiano, non alla Knesset, dove sarebbe stato più logico e naturale. Come se non bastasse è stata collocata alla Commissione esteri, per giunta come vicepresidente. In ragione del suo ruolo istituzionale – ahimé mai più impropriamente ricoperto – le vengono fatte dagli organi di stampa interviste sulla politica estera. Così nel nuovo giornale di Adornato, giusto giusto uscito da Forza Italia dopo aver ricevuto l’incarica di preparare l’apparato dottrinale per il partito unico del centro destra, troviamo Renzo Foa che rivolge fantasiose domande alla deputata. È come se si volesse discettare su una malattia incurabile, sapendo che la scienza medica è al presente totalmente impotente a curarla. È il tema del cosiddetto “processo di pace” che è in realtà solo il processo con il quale si tenta di cancellare dalla faccia della terra un popolo o se si preferisce un complesso di esseri umani noti come palestinesi. Il processo è lungo ed inizio come una pulizia etnica programmata. Vi sono infiniti testi e documenti che testimoniano il fatto. È soltanto quell’ipocrisia che caratterizza il cosiddetto Occidente a far sì che periodicamente nei giornali si leggano interviste di lana caprina. Addirittura la nostra madonna Fiammetta incomincia la sua storiella dal 70 dopo Cristo! Quasi che Shlomo Sand non avesse ormai convinto anche le pietre che la Diaspora non vi è mai stata e che Israele, ovvero il popolo di Israele, è una invenzione. Una banda di avventurieri e coloni si sono impossessati di territori e sul mero possesso avanzano titoli di legittimazione. Pretendono la pace con i superstiti che hanno scacciato dai loro villaggi e dalle loro case. Supertisti che vivono o in veri e propri, campi profughi, oppure pur essendo formalmente cittadini di Israele - in quanto scampati alla pulizia etnica del 1948 - vivono in condizione di minore dignità e in regime di sospetto e libertà vigilata all’interno di quella che viene spacciata come l’«unica» democrazia del Medio Oriente, basata sull’apartheid ed il razzismo. Naturalmente è in sé problematico individuare qui un concetto di democrazia. Si parla addirittura di ontologia per nascondere l’inconsistenza concettuale e morale! Buffo come si definiscano democraticamente fisiologici gli attentati a Rabin e quello più recente a Sternhell! Incominciamo a capire qualcosa della democrazia israeliana. Solo che quando gli attentati li fanno i palestinesi in quanto legittimi resistenti, allora gli stessi attentati, per giunta suicidi, vengono chiamati “terrorismo”. Esilarante poi il “noi” di madonna Fiammetta. Viene da chiedersi: noi chi? La stessa madonna Fiammetta e lei sola oppure il “noi” dovrebbe l’intera popolazione italiana come sembra pretendere dalla sua favola uscita in forma di libro con questo nome: Israele siamo noi. Le enormità proseguono: Gaza, che è un vero e proprio lager, dove vive ammassato ad una densità altissima un milione e mezzo di persono, sarebbe un “territorio immenso” che non si può lasciare ai palestinesi. Verrebbe da pensare che l’unico territorio loro concesso è quello per la sepoltura in fosse comuni. Un territorio per giunta collegato al mare, benché bloccato dalla marina israeliana e di recente forzato da due “barchette” intenzionate a portare aiuti umanitari via mare, non essendo possibile farlo via terra. Gaza vuole uccidere gli ebrei non di più di quanto gli ebrei non abbiano ucciso e massacrato fino ad oggi i palestinesi con una differenza importante: nell’un caso vi è legittima resistenza e difesa, nell’altra pura aggressione omicida. Quanto ad armi è curioso rimproverare agli aggrediti di averne mentre Israele è sempre stata armata fino ai denti, fino alla bomba atomica, quell’atomica che si nega ad altri ma si ritiene in diritto di averla per se. Insomma, la logica conclusione che si può ricavare da follie giunte in parlamento, è che perché Israele sia sicura debba essere fatta guerra a tutto quanto il Medio Oriente, come è già stato fatto con Afghanistan, Iraq e si vorrebbe ora anche con l’Iran. È duro proseguire nella lettura di tante scempiaggini, purtroppo portate in parlamento. Piove il rimprovero ad Olmert di non aver ammazzato abbastanza nell’ultima guerra al Libano! L’uso del “noi” è in madonna Fiammetta particolarmente indisponente, il “noi” usato da chi è stata considerata una “colona”. Dunque, tutti “noi europei” saremmo “coloni”. Il senso in tanta follia è chiaro: guerra, guerra, guerra fino alla totale distruzione o riduzione in schiavitù e all’impotenza di quanti hanno il solo torto di essere nati in quella disgraziata terra molto tempo prima che vi arrivassero i coloni “occidentali” alla Nirenstein. La pace va misurata – dice madonna Fiammetta – su tempi più lunghi. La guerra noi sappiamo che dura da Cento Anni. I tempi più lunghi di cui parla madonna Fiammetta sono gli stessi tempi degli indiani d’America che una pace non l’hanno mai avuta, o meglio hanno avuto la pace dei cimiteri. La strategia è abbastanza chiara. Ma è una strategia che richiede la complicità morale e politica di noi altri che forniamo armi, danaro e copertura politica ad una delle più criminali imprese coloniali della storia.

Il fanatismo della Nirenstein è un caso psichiatrico. Parla di Olocausto quando vi è un genocidio in atto veros il popolo palestinese. L’aggressore pretende di essere lui l’aggredito. Veramente un mondo di matti. Questo sarebbe l’Occidente secondo la Nirenstein. Ahadinejad, ingiustamente diffamato, è qui il più savio di tutti, quando dice che il regime sionista non ha basi di legittimità ed è destinato a crollare da solo appena privato degli appoggi di cui gode e del suo immenso armamentario. In questo caso, possedendo l’atomico, il vero pericolo è costituto da Israele stesso, non dall’Iran che non ha mai mosso guerra a nessuno. È proprio vero ciò che scrive Norman Finkelstein: l’Olocausto è per gli israeliani una miniera inesauribile.

Il punto è: perchè il mondo dovrebbe difendere Israele piuttosto che disarmarlo e porre fine al suo regime razzista? Solo così, costringendo arabi ed ebrei a vivere in uno stato unico basato sull’eguaglianza dei diritti, si avrebbe forse qualche speranza di pace, prima che il genocidio palestinese giunga a suo compimento. A meno che, secondo madonna Fiammetta, lo stato sionista di Israele che rappresenta lo 0,2 per cento del territorio e della popolazione di tutto il Medio Oriente non si senta legittimata con il placet dell’Occidente a sterminare il 98,8 per cento in un immane Olocausto nucleare. Possendo la bomba, di certo lo può fare. Magari fosse vero che l’Europa abbia sempre lavorato contro Israele. Le colpe degli inglesi e dei francesi non verranno loro mai abbastanza rimproverate.

L’Egitto in quanto costretto al riconoscimento di Israele è un esempio negativo. La pace non può nascere da una forzatura e non si risolve in uno scambio di amasciatori. I vincoli di pace nascono sulla base della spontaneità e della sincera amicizia dei popoli. È illusorio pensare che possono venire estorti con il ricatto o la minaccia. In realtà si interiorizza la guerra che esploderà più virulenta di prima appena possibile. Non è poi mai stato vero che gli arabi abbiano avuto armamenti superiori a quelli israeliani, ma soprattutto si è sempre lavorato per mantenere la loro divisione politica. Sarà forse proprio Israele che favorirà una sempre maggiore unità politica del mondo arabo musulmano proprio in funzione antiisraeliana. La percezione di un Nemico comune è un potente fattore di unità politica. Israele, col l’aiuto del potente alleato USA, potrà estorcere tutti i trattati di pace che vuole, ma non per questo avrà ridotto l’inimicizia nei suoi confronti. In questo senso, nel lungo periodo, l’analisi di Ahamadinejad è identica a quella che condusse alla fine dei possedimenti che i Crociati avevano fondato in Terra Santa. Il leader iraniano dice una cosa molto semplice quanto saggia: basta aspettare. Non vi è nessun bisogno di fare una guerra guerreggiata come vuole far intendere madonna Fiammetta. Ed in realtà penso che lo abbiano ben capito nella stessa Israele. Ad avere interesse ad una guerra è Israele, non l’Iran. Israele sa bene che in senso politico molto che militare il tempo non lavora per Israele. La grande Idea sarebbe un Medio Oriente nelle identiche condizioni in cui si era trovata l£Europa nel 1945. Avremmo allora un monumento all’Olocausto in ogni angolo del deserto! L’«Olocausto» come ideologia e religione dell’Occidente! Questo sta nella testa di madonna Fiammetta. O Gianfranco, cosa sta sulla tua coscienza! Non sei tu che ha messo in lista questa Tizia? O è stato Berlusconi? Insomma, chi l’ha voluta? Io no! Gli Italiani neppure!

Tutto il trucco sta nell’equiparazione fra Israele e Occidente. Con Israele l’Occidente fa un pessimo affare. Ai paesi arabi l’Occidente deve il suo sviluppo ed il suo benessere. L’Occidente ha tutto l’interesse ad essere in pace con il mondo musulmano. E se il mondo musulmano appare a torto come pregiudizialmente ostile all’Occidente è solo ed unicamente in ragione di Israele. Tolto di mezzo Israele, cioè privando Israele delle coperture che ha finora avuto, ritornerà una pace che è reciprocamente vantaggiosa. In realtà, ad essere incompatibile con la pace è proprio e solo Israele. Non c’entra nulla né l’Iran né l’Iraq né l’Afghanistan e non esistono stati canaglia. Ad essere autentiche canaglie sono quanti hanno inventato questa nozione di “stato canaglia”. Attribuire “scopi” a fantomatici avversari (l’Islam) è miserabile propraganda che non ha nulla a che fare con il sano realismo politico. È molto più facile trovare nei testi biblici e nell’ideologia sionista ragioni di intolleranza che non nel mondo islamico. Ed infine, se davvero è profondo l’odio verso Israele da parte di un mondo islamico compatto, è proprio Israele che dovrebbe porsi qualche domanda piuttosto che criminalizzare un miliardo di persone.

Tocqueville è meglio lasciarlo in pace. Israele non ha nulla a che fare con una democrazia, o meglio può essere una democrazia nella misura in cui un popolo di predoni e briganti può avere forme procedurali nella formazione dei suoi organi dirigenti che seguano i moduli fissati nei manuali di diritto pubblico: sistema elettorale, separazione dei poteri, parlamento, ecc. Ma le forme politiche hanno carattere storico e sono mutevoli. Ogni popolo si sceglie le forme che più gli sono congeniali in una determinata epoca. Fiamma Nirenstein quando parla di “assassini” ignora le regole elementari del linguaggio politico e dimostra appieno la sua inattitudine a stare in parlamento. Non nel parlamento italiano doveva stare, ma tutt’al più alla Knesset, i cui interessi rappresenta all’interno del parlamento italiano. Qualcuno lo ha già detto. Mi sembra abbia pienamente ragione. Che la Nirenstein stia nel parlamento italiano per fare azione di lobbying a tutto vantaggio di Israele è cosa che mi sembra ovvia. Solo i ciechi potrebbero non vedere. È proprio il caso di dire: la persona sbagliata al posto sbagliato. Ne rispondano politicamente Fini o chi altri ha messo in lista la Tizia in una elezione dove in pratica non si è eletti, ma nominati.

10. Madonna Fiammetta si dichiara razzista: e noi gli crediamo! – Madonna Fiammetta, ora per nostra disgrazia deputata al parlamento italiano, si pronuncia su cose di cui ha scarsa comprensione. L’unica cosa sulla quale gli si può credere è la sua islamofobia. Ho dichiarato oggi 5 ottobre 2008 in un’intervista alla radio iraniana che in realtà sono pochissimi i casi di intolleranza violenta verso gli immigrati stranieri, che costituiscono un problema di polizia in quanto entrino nel nostro paese in modo illegale e fuori da ogni controllo. Ma di razzismo nel senso che tu non sei un essere umano mentre solo io lo sono non è assolutamente il caso di parlare. Per un cosa del genere ci vuole una grande sofisticazione culturale. È invece vero che esistono gruppi politici ben individuabili interessati a produrre islamofobia e su questa base a produrre atti di intolleranza su cui poi orchestrare losche campagne mediatiche. Il sionismo è la forma di razzismo della notra epoca. Il sionismo che è alla guida di uno stato e dispone di potenti lobby in ogni stato d’Occidente è il principale responsabile delle campagne di odio e di diffamazione antislamico:
…E l’Islam estremo ha creato proprio in tempo di globalizzazione, un odio razzista esploso a tutte le latitudini che passa facilmente dalla religione all’etnia e viceversa, per tutto ciò che sa di Occidente e di ebrei.…
Sono parole di madonna Fiammetta che confermano il giudizio che abbiamo già dato sul personaggio e sul quale cercheremo di non inferierità, restando massima la severità del giudizio. Più di prima dobbiamo tenerla sotto osservazione in quanto a norma di costituzione dovrebbe essere una nostra rappresentante in quanto nazione italiana. Contesto che la deputata Nirenstein ci rappresenti e possa rappresentarci. Ogni suo atto, ogni sua dichiarazione ci confermano nel giudizi negativo, che non esitiamo ad esternare fintantoché le leggi vigenti ce lo consentirano.

11. Notizie dai servizi israeliani. – L’articolo di madonna Fiammetta è più oggettivo del solito. Evidentemente ha notizie fresche da Israele. Meritano evidenza alcune frasi: da informazioni israeliane risulta che al Fatah “starebbe preparando un attacco militare risolutivo contro Hamas”. Pare contraddittorio sostenere più avanti che però Hamas è «più forte, sempre meglio armato» e “soprattutto” «ha ancora in ostaggio il soldato Gilad Shalit, ciò che impedisce ormai da due anni a Israele di sferrare un attacco contro il movimento radicale». Misteri della logica fiammesca. Più interessante la notizia che «Israele sostine Abu Mazen. Gli ha permesso di inviare 150 soldatu a Hebron, una fortezza di Hamas» e udite udite: «La forza speciale palestinese si trova in Giordania, dove viene addestrata da ufficiali americani, ed è pronta a tornare a dicembre». Abbiamo qui una ulteriore dimostrazione che Israele e gli USA progettano un governo fantoccio collaborazionista, ma già da adesso questa funzione è esercitata da Abu Mazen. Non si può non sorridere quando madonna Fiammetta parla di “legalità”.

12. Terrorismo o Resistenza? – La “documentata analisi” – secondo IC – ha ben poco di analitico e qualcosa invece di documentario, essendo la sua autrice un documento vivente della sua faziosità. Se analisi significa un’argomentazione oggettiva che faccia capire qualcosa sia pure da un determinato punto di vista, non vi è nulla qui di analitico. Una delle grandi direttrici della propaganda di guerra israeliana – di cui molti giornalisti – possono considerarsi agenti, a libro paga o meno, consistere nel delegittimare la resistenza di un popolo che si è visto scacciare dalle sue case e dai suoi villagi. La loro non è “resistenza” ma “terrorismo”. Ed il terrorismo è qqualcosa di illegale che non ha diritto a nessun riconoscimento ed a nessuna garanzia di diritti. In un certo senso i governi, i media, l’opinione pubblica che accetta il termine “terrorismo” si rende complice della Nabka. Non sarebbe male che ciò fosse chiaro a chi di dovere. Se la guerra di Spagna del 1937 ha diviso le coscienze, succede ora la stessa cosa ma in maggior misura nel conflitto israeliano-palestinese o anche arabo-palestinese. Non sarebbe di nessuna utilità impugnare le armi come fecero quanti da un fronte o sull’altro accorsero nella guerra civile spagnola. La nostra è una guerra prevalentemente ideologica e la si combatte con un semplice “no!” pronunciato all’indirizzo di una Fiamma Nirenstein e di tutti gli organi di stampa che pubblicano i suoi pezzi.

È ormai evidente come con la divisione fra Hamas e Fatah si sia tentato di dividere il popolo palestinese, facendo balenare ad una parte l’abbaglio di uno stato collaborazionista, che sarebbe stato presto eliminato nel caso in cui avesse contribuito a porre termine alla Resistenza. Il popolo palestinese ha dato prova di un eroismo di cui gli italiani non sono mai stati capaci in tutto il corso della loro storia. A conti fatti, anche se richiede molti sacrifici di sangue, la linea della Resistenza a oltranza è la più ragionevole e la più realistica: per i palestinesi e per tutti gli arabi. Ho già detto, di persona, a Gianfranco Fini e Antonio Polito che l’unico riconoscimento di Israele che possa contare è quello degli stessi arabi e palestinese, caso mai si decidessero in questo senso. Il riconoscimento da parte dei singoli stati europei o degli USA non ha altro valore che la copertura militare e politica di un atto assolutamente illegittimo stante ai criteri che si pretende stiano alla base della civiltà giuridica del nostro tempo. Non si potrà mai riconoscere l’ultima impresa coloniale della storia, l’avventura sionista, seguita per giunta da genocidio, pulizia etnica, apartheid. Hic Rhodus, hic salta. Ti voglio qui i nostri intellettuali alla Augius che se ne stanno prudentemente in disparte nello scontro fra Nirenstein e Luzzatto a Mixer, ma poi vanno ad intascare il premio "Exodus”.

Un normale cittadino italiano non può certamente competere con Fiamma Nirenstein nella possibilità di ottenere informazioni direttamente da Israele e dai più qualificati servizi, di cui con ogni evidenza rappresenta il punto di vista, pur stando per nostra disgrazia nel nostro parlamento: la sua “analisi” non serve e vale quanto possono valere le veline del ministero israeliano della guerra. È veramente pelosa preoccupazione di Israele circa la sorte di Abu Mazen, il fantoccio che rischia di cadere e di far fallire una politica che su di lui era stata fondata. Per io ne sappia gli scontri fra Hamas e Fatah sono stati alimentati dagli Usa e da Israele che avevano armato Fatah in funzione anti-Hamas. Non è però bastato ciò per incrinare la base etica della resistenza palestinese. Di “sangue ed orrori” sono da ricordare quelli che almeno dall’attentato al David King Hotel hanno costellato la storia di Israele, che ardisce anche celebrare il suo 60° anniversario di vergogna. Per non parlare delle morti infinite in Iraq, Afghanistan, Libano e di quelle che ancora si vorrebbero in Iran. È veramente ipocrita ricordare «il sangue e gli orrori» di uno scontro fra Hamas-Fatah tutto progettato dagli strateghi israeliani e statunitensi.

Su Hezbollah si investono grandi risorse mediatiche per imbrattarne l’immagine. Ma di cosa si tratta in fondo? Di forze che si contrappongono e resistono ad Israele! E dove è il male? Non hanno tutti i buoni motivi di questo mondo? La guerra si combatte con i mezzi di cui si dispone. Se Israele dispone di tutti i mezzi messi a disposizione dagli USA, compreso gli arsenali militari, si devono considerare «terroristi» quanti combattono con altri mezzi e altre strategie, essendo poveri di risorse e forti solo della loro volontà di non arrendersi e di non cedere alla pretotenza ingiusta e illegale di un nemico solo maggiore per le armi, ma non per umanità e giustizia. Noi europei, proprio perché abbiamo sofferto trenta anni di guerre civili che ci hanno dilaniato e ridotti a marche di confine dell’Impero americano, non possiamo non essere solidali con le vittime e gli espressi. A Fiamma Nirensten mando idealmente un libro da me scritto e che reca questo titolo: «Gaza siamo noi!» Un libro che oppongo come fosse un arma al suo «Israele siamo noi».

Non sono ottimista e non sono fiducioso nella vittoria della causa palestinese. Trovo quanto mai realistico che Israele conduca a termine un genocidio che è in pratica iniziato fin dai primi insediamenti del sionismo in Palestina. Un genocidio freddamente calcolato e previsto dai padri fondatori di Israele e coperto dai suoi alleati occidentali, per loro motivi più o meno nobili. Ciò che si può fare è allargare il fronte della resistenza palestinese oltre i confini di Gaza. Se questa è una guerra ideologica alla quale partecipa il mondo intero, allora ognuno di noi può fare la sua parte. Certo, «Abu Mazen è di fronte a un dilemma fatale», ma io al suo posto saprei dove è la giustizia, la dignità, la saggezza politica.

13. I successi di Fiamma. – Non avevamo dubbi su quali potevano essere gli apporti di Fiamma Nirenstein nel parlamento italiano. Dobbiamo dire in questo caso: per fortuna che l’Italia nella grande politica mondiale conta poco o nulla. È una grande sfortuna invece che in quanto cittadini italiani non contiamo nella neppure nel nostro paese: l’elezione al parlamento italiano di Fiamma Nirenstein ne è una dimostrazione. Alcuni giorni fa l’ex presidente Romano Prodi ha fatto in Iran una visita ad Ahmadinenjad, oltraggiato in Roma dalla Israel lobby italiana. Prodi ha giustamente individuato il ruolo di distensione che l’Iran può svolgere in tutta l’area. La crisi finanziaria che ha precipatato tutto il mondo in ben altre preoccupazioni che una nuova guerra contro in Medio Oriente, fortemente voluta da Israele e sostenuta dai suoi rappresentanti infiltrati nel parlamento italiano. La nostra madonna Fiammetta, di cui un ritratto neutro è possibile leggere su Ha’aretz, non sembra aver capito che il quadro internazionale è improvvisamente mutato. Ci prova lo stesso.

14. Haaretz/ECO: «Una ‘colona’ nel Parlamento italiano». – Riporto per fini di studio il testo integrale dell’articolo che è apparso su Ha’aretz il 18 aprile 2808, scritto da Meron Rapoport e tradotto in italiano da Mariano Mingarelli. Questa traduzione la si trova, credo dal 21 aprile 2008, sul sito ECO, cioè Ebrei contro l’occupazione. Ecco il testo che sarà da noi costantemente tenuto presente, per valutare sulla sua base la condotta parlamentare non solo di Fiamma Nirenstein, ma anche di altri parlamentari che possono ascriversi ad uno specifica Israel lobby all’interno del parlamento italiano:

Una 'colona' nel Parlamento italiano.
Scritto da Meron Rapoport
Lunedì 21 Aprile 2008 23:29
Ha’aretz 18.04.2008

Nel quartiere di Gilo a Gerusalemme, uno dei più ampi in Israele, vivono circa 50.000 persone. Fino ad ora non ha mai avuto un rappresentante al parlamento. A partire da questa settimana non è più vero. Fiamma Nirenstein, un’abitante del quartiere da 10 anni, è stata appena eletta al parlamento italiano. Se noi ci atteniamo alla definizione delle Nazioni Unite, che ritiene Gilo, nell’angolo meridionale della capitale, una colonia, si potrebbe dire che la Nirenstein è la prima “colona” a divenire membro di un parlamento non israeliano.

Questa settimana, in una serie di telefonate a Roma, fatte tra le prime voci di una vittoria vicina per la coalizione politica di destra alla quale appartiene la Nirenstein e le notizie della vittoria travolgente di Silvio Berlusconi, la Nirenstein ha precisato in diverse occasioni di non aver richiesto la cittadinanza israeliana, ma che questo aspetto burocratico non aveva importanza per definire la sua identità. In una discussione che alternava l’ebraico e l’italiano, la Nirenstein ha detto che: “Mi sento come se avessi fatto l’aliyah [ “salita” o viaggio di ritorno degli ebrei in Palestina. n.d.t. ]”.

Durante le elezioni, la Nirenstein non mai nascosto la sua israelianità. La sua campagna è stata incentrata sulla valutazione che Israele rappresenta l’avanguardia della democrazia occidentale nella lotta contro il mondo del terrore. “Io ho concorso per un posto al parlamento come rappresentante del distretto della Liguria. Ho tenuto comizi a Genova e in altre città della regione,” racconta, “ma alla gente non ho parlato di problemi locali. Ho detto loro che la cosa più importante per la loro identità italiana consisteva nello stare dalla parte di Israele.”
[Respingo fermamente questa pretesa e considero nulla l’elezione, o meglio l a nomina di Fiamma Nirenstein nel palrmanento italiano, dove nessun cittadino ha potuto votare singolarmente i candidati, ma solo la lista bloccata, dove l’elezione era garantita dal numero di posizione in cui i candidati erano stati collocati. Si assumono una grande responsabilità politica quanto hanno collocato in Lista la Nirenstein, che non era degna neppure dell’ultimo posto. Questa legge elettorale è stata respinta nell’ex Congo Belga in quanto giudicata antidemocratica.]
La Nirenstein ha intitolato il suo libro più recente “Israele siamo noi”. Con il “noi” essa faceva ovviamente riferimento agli italiani.

Avvertimento.

Anche se l’Italia non ha grande esperienza nel campo degli attacchi terroristici ed il numero degli immigrati musulmani è piccolo al confronto di altri paesi europei, il discorso sull’importanza della guerra al terrorismo islamico, o semplicemente come relazionarsi con l’Islam in generale è molto presente nei discorsi italiani contemporanei.

Oriana Fallaci ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a scrivere libri nei quali essa ha definito in modo diretto l’Islam come la sorgente di tutti i mali. Lo stesso Berlusconi, il leader indiscusso della destra italiana per più di una decina d’anni ha sostenuto in una delle sue comparse di pochi giorni fa: “Dobbiamo essere consci della superiorità della nostra cultura che ha portato il benessere al popolo di quei paesi che l’ hanno adottata ed assicura il rispetto per i diritti umani e religiosi. Tale rispetto certamente non esiste nei paesi islamici”.
Forse questo è il motivo per cui Berlusconi e Gianfranco Fini, socio di Berlusconi e capo del precedente partito neo-fascista, hanno proposto alla Nirenstein di associarsi alla loro lista congiunta, il “Partito della Libertà”.

Il padre della Nirenstein giunse in Italia, durante la Seconda Guerra Mondiale, come soldato della Brigata Ebraica. A Firenze incontrò la madre di lei , che combatteva come partigiana contro il governo fascista e più tardi contro il regime nazista. “Io sono nata comunista”, afferma.
Nella sua gioventù fece parte della generazione del 1968, fondò il primo giornale femminista in Italia e lavorò in giornali di sinistra.

Dopo la Guerra dei sei giorni nel 1967, cominciò a crearsi un divario tra lei e i suoi “compagni comunisti”, che ritenevano Israele un paese occupante. Lei ricorda: “Per molto tempo rimasi confusa. Nel 1982 firmai una petizione contro la prima guerra in Libano. Oggigiorno non l’avrei sottoscritta. Che cos’ ha guadagnato Israele dal suo ritiro dal Libano?”

A destra di Netanyahu:

Il suo primo viaggio in Israele fu come giornalista, e fu solo dopo questa iniziale visita che essa vi ritornò per un lungo periodo nel 1992. Per due anni gestì l’Istituto Italiano di Cultura a Tel Aviv e dopo l’assassinio di Rabin decise di dover rimanere in Israele. “Avevo la sensazione che questo fosse il luogo più interessante di tutto il mondo, come pure percepii che la mia relazione con Israele era parziale.” Essa non ottenne la cittadinanza israeliana in quanto ritenne che un passaporto israeliano l’avrebbe ostacolata nel lavoro, ma a parte questo, lei sostiene anche che “ogni ebreo nel mondo è un israeliano, anche se non ne è consapevole. Tutti coloro che non lo riconoscono fanno un grande sbaglio.”

Nella realtà della situazione delle correnti politiche israeliane, la Nirenstein è collocata a destra del Kadima e del partito Laburista, e forse perfino del presidente del Likud, Benjamin Netanyahu. Essa afferma di credere nell’idea dei due stati per due popoli, ma ritiene che il principio di “territori in cambio della pace” è uno sbaglio. Non c’è alcuna possibilità di discussione su ciò, ella spiega, fino a che l’intero mondo arabo non sarà disponibile a riconoscere Israele. I negoziati con Hamas sono assolutamente fuori discussione.

Ma ci sono sondaggi d’ opinione che affermano che una maggioranza di israeliani sono disponibili a negoziare con Hamas.

La Nirenstein: “Il pubblico sostiene un compromesso con Hamas, così che esso cesserà di lanciare missili su Sderot. Ma, moralmente parlando, non ci devono essere negoziati con Hamas, che ritiene che gli ebrei sono i figli di scimmie e di maiali. Non puoi negoziare con cannibali, che mangiano esseri umani.”


E’ molto difficile discutere con la Nirenstein. Non solo per la bassa qualità della connessione telefonica con Roma, ma anche perché lei ritiene che Israele sia il punto di riferimento che dovrebbe servire di ispirazione a tutto l’Occidente.
Essa afferma che “Israele è l’avanguardia di tutte le democrazie del mondo ed è venuto il tempo per l’Europa di riconoscerlo.”

Ma nella campagna elettorale ti sei incontrata con italiani che a mala pena sanno dov’è Israele. Come sei riuscita a convincerli che Israele è importante per le loro vite?
“Ho detto loro che l’Italia può imparare molto da Israele. Si può apprendere che cosa sia una vera democrazia, come può sopravvivere una democrazia in condizioni di conflitto, senza tradire i suoi principi fondamentali. Israele è una cultura di vita, la cultura di un popolo che ha sempre cercato la pace. I nostri problemi in Italia sono dati dal fatto che talvolta non sappiamo chi noi siamo. Tu puoi sapere chi sei se riconosci il tuo nemico ed il tuo amico. Israele è l’amico per l’Italia.”

In altre parole l’Islam è un nemico?
“Non sto dicendo che tutti i musulmani sono terroristi, o che tutti i musulmani sono criminali. Ma Hamas ha affermato di voler conquistare Roma, per trasformarla in un avamposto dal quale conquisterà tutta l’Europa.”

E tu pensi che Hamas voglia realmente conquistare Roma?

“Roma è un luogo molto simbolico agli occhi dell’Islam radicale. L’Italia, con la sua cultura cattolica, è un nemico agli occhi dell’Islam.”

Ovviamente, tutto ciò tocca una delle questioni centrali della recente campagna elettorale in Italia. Fini, che è designato a divenire il portavoce parlamentare nella nuova amministrazione di Berlusconi, parla frequentemente della necessità di mettere al bando la immigrazione illegale. Perfino il moderato partito social-democratico, guidato dal precedente sindaco di Roma, Walter Vwltroni, ha dedicato molta attenzione all’argomento.
“La gente sente che l’immigrazione sta minacciando le sue città, la sua cultura,” afferma la Nirenstein. “Potrebbe essere esagerato, ma gli abitanti di Firenze, ad esempio, pensano alla loro città come un tempio per le opere d’arte che vi furono realizzate. Quando vedono i gradini del duomo pieni di immigrati, restano shockati.”

Ho vissuto a Firenze. Ricordo l’Italia come un paese tollerante.

“E’ molto cambiato. C’è un intero quartiere nel quale non puoi entrare di notte. Ci sono stupri, ci sono aggressioni, c’è spaccio di droga. Ci sono scuole per immigrati dove non tengono appeso il crocifisso. Gli immigrati disprezzano la nostra cultura. Noi diamo loro lavoro ed essi scherniscono i nostri valori. C’è una profonda contraddizione tra l’Islam radicale ed i valori italiani.”
“Il problema è dato dal fatto che difficilmente troviamo un Islam moderato in Italia. Proprio l’opposto. A Roma hanno costruita una enorme moschea. Ci sono una gran quantità di moschee in Italia ed in esse operano delle scuole coraniche molto anti-occidentali. C’è la poligamia, le mogli vengono percosse ed è un fenomeno molto comune. C’è il padre che uccide la propria figlia per l’onore della famiglia. E’ logico che gli italiani se ne sarebbero accorti e che ci sarebbe stata una reazione.”

Il saluto a braccio teso [o fascista, n.d.t.]

Nei libri della Nirenstein non trovi il sentimento aggressivo anti-musulmano che grida da ogni pagina dei libri della Fallaci. Ma mentre lei non fa parte dell’ondata di opposizione agli immigrati e ai musulmani che sta travolgendo l’Italia, appartiene però alla nuova destra che è riuscita ad ottenere un’impressionante vittoria elettorale questa settimana. Sembra che non ci sia una cosa tale quale una “via di destra” che sia di “destra” in tutta Europa: Berlusconi, il capitalista dichiarato ed il più accanito filo-americano in Europa da un lato, la Lega Nord con il suo selvaggio incitamento dall’altro, e poi Fini e il suo precedente partito neo-fascista.

Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, in confronto a questo gruppo, sembrano quasi dei comunisti. La Nirenstein non accetta “completamente” questa definizione. Per lei Berlusconi è uno di centro che riceve voti anche dalla sinistra, perché è “per gli oppressi” e vuole ridurre il loro carico fiscale. La Nirenstein si considera come “un’amica della Lega del Nord” che vuole trasformare l’Italia in uno stato federale. Essa ritiene questa un’ambizione legittima , anche se alcuni pronunciamenti della Lega sono “sgradevoli”.

La sua vicinanza all’ex partito neo-fascista ha creato alla Nirenstein dei disappunti durante la campagna elettorale, in particolar modo dopo che uno dei candidati di Berlusconi al senato, Giuseppe Ciarrapico, ha dichiarato con orgoglio di essere stato e di rimanere fascista. Secondo la Nirenstein, la sua candidatura “non si adatta” con la sua candidatura in quanto anti-fascista dichiarata, ebrea e figlia di una partigiana, ma ciò nonostante essa è rimasta nella stessa lista.
Non esiste una lista perfetta,” dice.


Durante la campagna elettorale hai incontrato persone come Ciarrapico?“

Ad uno dei comizi elettorali al quale ero presente, a Genova, qualcuno ha fatto il saluto fascista. Andai dalle persone di Alleanza Nazionale (il nome del precedente partito neo-fascista) e chiesi chi fosse. Dissi che io protestavo , che ero sorpresa di vedere cose del genere e che desideravo non vederle mai più.”

Ma lo stesso Fini usava fare il saluto fascista ai comizi negli anni ’60, quando tutti erano a conoscenza di dove aveva portato il fascismo.
“Io non so se Fini ha fatto quel saluto, può darsi nella sua giovinezza. Ma non so che cosa avrebbe dovuto fare di più oltre che inginocchiarsi allo Yad Vashem [museo dell’olocausto a Gerusalemme, n.d.t.]. Avrebbe dovuto uccidersi?”

Non avrebbe potuto fare di più forse. Ma come ti sei sentita tu, come ebrea, come figlia di una partigiana, di fianco ad un uomo che da adulto ha sostenuto il fascismo?
“Egli è stato fascista come io sono stata comunista, quando io restavo indifferente a ciò che faceva Pol Pot, quando ammiravo Che Guevara. Lo valuto come una persona che da allora si è trasformata.”

L’Italia del dopo-elezioni, dice la Nirenstein, è un luogo divenuto migliore, un luogo più stabile, un luogo senza una sinistra radicale ed una destra radicale. Lei non sa ancora che cosa farà nel nuovo parlamento. Alla Nirenstein piacerebbe occuparsi di affari esteri, ma sa che dovrà pagare un prezzo: Per ora rimarrà a Roma e manderà un saluto ai suoi buoni amici in Israele. Però non rinuncerà alla sua casa a Gilo, che resterà in attesa del ritorno da Roma del membro del parlamento.

[trad. mariano mingarelli]
Ci riserviamo una analisi successiva del testo. Intanto abbiamo già potuto notare come Fiamma Nirenstein si sia adoperata in funzione antiraniana e filosisraeliana. Come cittadini italiani, stando almeno alla ideologia della costituzione, non siamo sudditi di Fiamma, ma invece dovrebbe provare lei di essere nostra rappresentante e quindi lei nostra “suddita”. Come cittadino italiano ed elettore del governo in carica sconfesso pubblicamente l’operato di Fiamma Nirenstein in quanto non corrisponde né agli interessi della pace né agli interessi del popolo italiano, ma esprime soltanto interessi israeliani.

15. Nirenstein e compagni. – Sono interessanti ai fini della mia analisi i nomi di Colombo e La Malfa, già incontrati ad esempio alla manifestazione capitolina organizzata da Polito e Pacifici. I conti tornano. Di La Malfa mi hanno raccontato la sfuriata contro lo storico Ernst Nolte in una conferenza tenuta in una sede parlamentare. Anche su di lui andrebbe redatta una scheda, ma al momento non ho materiale di riferimento. I firmatari, cioè Mirenstein, Colombo, Guzzanti, La Malfa, Picchi, Pianetta, Migliori, Martino, Pistelli, Boniver, Maran, pretendono di impegnare il governo «a rucercare in sede europea unità di intenti e di azione per preservare il ruolo e la credibilità del Consiglio di Sicureza dell’ONU in modo che non includa Paesi sottoposti a sanzioni». Della Nirenstein è stato detto più volte che non rappresenta nel parlamento italiano gli interessi del popolo italiano, ma dello stato di Israele. Questa sua iniziativa conferma i sospetti che erano stati espressi. L’Assemblea dell’ONU è sovrana e si spera possa decidere senza condizionamente da USA e Israele. Seguiremo comunque lo svolgimento degli eventi e le future prese di posizione dei parlamentari firmatari, secondo lo spirito dell’anagrafe degli eletti proprugnata dai Radicali italiani.

È da notare, se si va a leggere il testo adottato dalla Commissione Esteri di cui prima firmataria è stata madonna Fiammetta, che la motivazione formale è stata il non rispetto da parte dell’Iran delle risoluzioni che lo colpivano. Può sembrare una motivazione azzeccata. Ma giunge opportuna una risposta indiretta del presidente dell’assemblea generale dell’ONU Miguel D’Escoto: «D. Quella dell'Iran era dunque una candidatura sbagliata? R. Ogni membro Onu ha diritto di aspirare a quel posto: fa parte della dinamica democratica. I membri che non adempiono alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza non dovrebbero farne parte? Ma allora diciamo che nessun Paese della terra ha violato più risoluzioni Onu degli Usa, il cui complesso di superiorità e ipocrisia nell'usare metri diversi sono sconfinati». Ma è istruttiva tutta l’intervista che riporto per intero:
Parla il prete sandinista presidente dell'Assemblea generale
D'Escoto: «All'Onu chiamato da Dio
Gli Usa peggio dell'Iran»
Scomunicato da Giovanni Paolo II, negli anni Ottanta sfuggì a un tentativo di avvelenamento della Cia

NEW YORK - Ha perdonato sia gli americani, che negli anni Ottanta cercarono di assassinarlo col cianuro, sia il Vaticano, che lo scomunicò ai tempi di papa Giovanni Paolo II, col beneplacito dell'allora cardinale Ratzinger. È certo che a chiamarlo al Palazzo di Vetro sia stato Dio e non ha dubbi circa la sua missione: «Realizzare la mia vocazione sacerdotale di missionario di Dio al servizio dei poveri e diseredati; costruire la pace e la giustizia nel mondo». «La verità più importante da cui dipende la nostra stessa sopravvivenza è che siamo tutti fratelli e sorelle», racconta al Corriere Miguel D'Escoto, il prete cattolico ed ex ministro degli Esteri del governo sandinista nicaraguense di Daniel Ortega che il mese scorso è stato eletto presidente della 63esima Assemblea generale dell'Onu. La stessa che venerdì ha bocciato l'ingresso dell'Iran nel Consiglio di sicurezza come membro non permanente.

Quella dell'Iran era dunque una candidatura sbagliata?
«Ogni membro Onu ha diritto di aspirare a quel posto: fa parte della dinamica democratica. I membri che non adempiono alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza non dovrebbero farne parte? Ma allora diciamo che nessun Paese della terra ha violato più risoluzioni Onu degli Usa, il cui complesso di superiorità e ipocrisia nell'usare metri diversi sono sconfinati».

A che cosa si riferisce in particolare?
«Il peggiore crimine impunito perpetrato oggi nel mondo è la guerra in Iraq, priva di qualsiasi giustificazione legittima e in violazione dello statuto Onu».

Un mese fa l'ambasciatrice d'Israele Gabriela Shalev l'ha criticata per aver abbracciato Mahmoud Ahmadinejad dopo il suo discorso scriteriato di fronte all'Assemblea generale.
«La Shalev è l'unico ambasciatore che non ho ancora incontrato e spero di colmare presto la lacuna. Mi auguro anche che Israele inizi a rispettare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza sui territori occupati, invece di trincerarsi dietro i continui veti Usa».

Come giudica la rinascita dell'America Latina e il tentativo russo di rimpiazzare gli Usa nella regione?
«I russi non hanno mai coltivato mire espansionistiche in America Latina, che ha sofferto le conseguenze dell'imperialismo americano. Ma quella fase è finita perché le masse guidate dai leader del gruppo Alba (Alternativa bolivariana para los pueblos de nuestra América) hanno riconquistato il diritto di decidere il proprio destino. Il sueño de Bolívar di unificazione del continente sta per realizzarsi. Non avrei mai immaginato di vivere abbastanza per vedere quel giorno. È l'inizio di una nuova era, grazie a Dio, la migliore della nostra storia».

Cosa pensa della proposta di John McCain di creare una «Lega delle nazioni» di Paesi amici per bypassare l'Onu?
«È destinata a fallire perché i comportamenti imperialisti sono incompatibili con lo statuto Onu. Siamo le Nazioni Unite non le Nazioni Asservite».

Tifa per Obama?
«Tifo per il presidente che ami l'America abbastanza da capire che non è mai stata più impopolare nel mondo e si impegni a riscattare la sua reputazione di Stato farabutto e guerrafondaio. Nessuno poteva danneggiarne l'immagine più di quanto hanno fatto i suoi leader».

Ha fatto pace con il Vaticano?
«Non sono tipo che serba rancori e comunque non ho tempo per litigare con la Santa Sede. Ho buoni rapporti con l'arcivescovo Celestino Migliore, nunzio apostolico osservatore permanente all'Onu. Amo la mia chiesa e ringrazio tutti i giorni Dio per avermi guidato al sacerdozio. Ho assolto anche i sicari della Cia, perché il perdono è essenziale per la vita. Il contrario è la morte».

Che tipo di riforma del Consiglio di sicurezza vorrebbe vedere?
«Serve una redistribuzione di potere più equilibrata che includa le varie zone geografiche. Il potere di veto è andato alla testa degli Usa e sarebbe importante che nessuno si sentisse più al di sopra delle leggi umane e divine».

Come giudica il ruolo dell'Italia in seno all'Onu?
«È molto importante e mi auguro che continui a esserlo. Nessuno può sedersi sugli allori perché il mondo è in un caos inenarrabile in cui è stato cacciato dal nostro folle egoismo. L'unica via d'uscita è la fratellanza e l'amore: questo è il messaggio che voglio portare dal pulpito delle chiese all'Onu».

Alessandra Farkas
23 ottobre 2008
Corriere della Sera
Non conoscevo il personaggio Miguel D’Escoto. Mi sembra una figura decisamente interessante. Non è stato ancora preso di mira dal «Corretti Informatori» e non si trova nessuna scheda nel loro archivio.

16. Il blog di Madonna Fiammetta. – Non credo che sia possibile nessuna forma di comunicazione diretta fra me e Fiamma Nirenstein. L’incompatibilità è tale che potrebbe sfociare in qualche sgradevole diverbio. Tuttavia l’esercizio delle critica letteraria e politica non solo è legittima ma anche doverosa quando può rivestire interesse pubblico. Una critica puntuale e approfondita deve avere a sua disposizione tutti i dati fruibili. Pertanto darò ogni tanto un’occhiata al blog di madonna Fiammetta, personaggio cordialmente antipatico, riportandone qui giudizi e commenti, che qualche volta mando al blog, ma senza nessun desiderio o amizione a che vengano pubblicate certamente in ambiente ostile. Diversamente da come faccio io su questo blog, che pubblico anche i commenti critici e ostili verso di me, purché non degenerino nell’insulto gratuito da osteria e nella evidente illegalità, madonna Fiammettta pubblica solo i commenti promozionali della sua augusta persona. È raro trovare voci critiche. Del resto, è buona regola per chi dispone di suoi propri strumenti non giocare fuori casa, a meno che non trovi degni avversari.

17. Forte repulsione morale. – Ho appena scritto a Panorama dicendo che l’articolo di Fiamma Nirenstein suscita in me una forte repulsione morale. Pur prendendo atto della sua esistenza, non possono non esprimere tutto il mio rammarico ed il mio sdegno morale. Questa nuova aggressione militare in Siria è un ulteriore episodio di barbarie. A tentare di giustificare una simile barbarie ahimé ci si provano personaggi fatti piovere in parlamento per rappresentare non gli interessi del popolo italiano, ma dello stato di Israele. Questo nuovo episodio offre una ulteriore conferma, se ancora ve ne fosse stato bisogno.

18. «La incapacità a divenire padroni del discorso pubblico». – Questa bella frase è tutta di madonna Fiammetta Nirenstein che continua a friggere aria sulle imminenti elezioni presidenziali americani. Agli italiani rode ancora il modo in cui la colona israeliana è stata imbucata nel parlamento italiano per rappresentare gli interessi non dell’Italia ma di Israele e del Mossad. Ogni atto della sua rappresentanza parlamentare offre prova a ciò che era largamente risaputo e del resto corrispondente a ciò che peraltro lei stessa aveva detto in campagna elettorale, dove a far vincere non era il voto degli elettori ma il numero ordinale in lista con cui il candidato è stato messo da poteri occulti.

19. Fiamma su Obama. – Colei che si sente «padrona del discorso pubblico» da quando per nostra disgrazia è stata messa in parlamento da una dirigenza di partito antidemocratica e irresponsabile si pronuncia su Obama, ma io ero già certo delle sue antipatie, anzi delle sue ossessioni. Ecco quanto sostiene la colona: «Ahmadinejad, con Hamas e con la Siria, secondo me non funzioneranno e la parte integralista islamica userà le buone intenzioni di Obama per prendere tempo e costruire armi atomiche e missili». In effetti, bisogna aspettare per vedere se troveranno corpo le nostre speranze ed i timori di madonna Fiammetta. Ho seguito con distacco le elezioni americane, anche se Obama corrisponde a preferenze che avevo già manifestato nell’Appello per una pace vera in Medio Oriente. Sulla redazione del Manifesto avevo anche avuto una piccola discussione con un firmatario, il quale sosteneva che mai sarebbe cambiato nulla. Risposi che non ci si può precludere la speranza, anche se la fredda ragione porta a credere che gli interessi complessivi di sistema siano molto più forti di un singolo presidente, che viene eliminato quando risulta essere di intralcio. Non meno di Fiammetta l’on. Gasparri ha dato prova della sua abituale insipienza politica. E come potevo votarlo con quella faccia? Non l’ho votato, pur conservando la stessa tessera di partito. Non ho fatto mistero all’interno del partito delle ragioni per le quali non potevo votarlo e la cosa sembra ormai acquisita. Tornando a madonna Fiammetta credo di poter dire che la sua presenza in parlamento non abbia altro senso che di rappresentare il sionismo dentro il parlamento italiano. Lo dirò ad ogni riunione di partito e a lei stesso direttamente, se ne capiterà l’occasione.

20. Le “autostrade” di madonna Fiammetta. – Quale credito si possa dare a madonna Fiammetta “analista”, come lei ama definirsi, lo si può constare quando parlando dei “tunnel”, con cui nel lager di Gaza ci si ingegna a superare il kafkiano blocco imposto da Israele, dice che sono «autentiche autostrade». Cosa poi stia tramando l’esercito israeliano non possiamo saperlo e tantomeno da madonna Fiammetta. Io temo che come sempre Israele miri al fatto compiuto di una qualche ennesima strage e pulizia etnica. Poco importa sapere chi ha rotto o non ha rotto la tregua: questione di lana caprina con cui la propaganda israeliana ed i suoi agenti nella diaspora tentano di ingannare l’opinione pubblica internazionale.

21. In parlamento contro l’ONU. – L’ordine di scuderia partito da Gerusalemme alla varie Israel lobby è di sabotare la prossima conferenza di Ginevra, prevista per aprile 2009, dove probabilmente Israele otterrà quella formale condanna che aveva scongiurato a Durban nel settembre 2001, pochi giorni prima dell’attentato alle Torri Gemelle. Per evitare una equiparazione fra sionismo e razzismo che dovrebbe mettere in imabarazzo il nostro Presidente Napolitano la Israel lobby presente nel parlamento italiano tenta di indurre l’Italia nel suo governo pro tempore ad allinearsi sui voleri di Israele, che insieme a USA e Canadà hanno già annunciato che non parteciperanno ai lavori della conferenza. Ed in effetti non avrebbe senso. Sono i principali imputati e dovrebbero difendersi dalle accuse. Preferiscono essere condannati in contumacia, se la conferenza avrà luogo.

22. Benedetto XVI “stropicciato” sul “Giornale”. – Riprendiamo, dopo ampia pausa, ma con rinnovato “studio” e con dismessa ira le analisi di ragguardevoli esponenti del sionismo italiano. Riguardano l’infelice viaggio del papa in Palestina o che dir si voglia Israele. A sproposito, nel senso che il corretto pensiero sia quello presunto e scritto dall’articolista, si parla di “colpevolizzazione” di Israele e di “negazionismo”. Non abbiamo bisogno di dilungarci sulla problematica, ma basta solo rilevare il “pregiudizio” a mezzo stampa. I morti ammazzati di Gaza, massacrati con un feroce determinazione e premeditazione che non ha eguale nella storia, parlano da soli sulle “colpe” di Israele. Circa il “negazionismo” si tratta bensì di «obbrobrio» ma in un senso affatto diverso e reciprocamente inverso da quanto l’articolista lascia supporre. Anche su ciò non ripetiamo cose dette in questo blog, ma ci limitiamo solo ad osservare che paradossalmente lo stato di Israele dovrebbe dare ai cosiddetti “negazionisti” quei finanziamenti che invece sparge a profusione per i suoi storici di regime o per promuovere l’immagine di Israele. Recentemente, un’altra penna di regime ha parlato di “gratuità” di Auschwitz. Non è così. Ma anche ammesso, una simile “gratuità” resta tutta da spiegare: si apre un baratro! Perché mai un “popolo” avrebbe suscitato verso se stesso una così radicale e “gratuita” ostilità? Ma andiamo avanti nell’analisi del santo “stropicchiamento”. Se i “titoloni antisraeliani” ci siano stati, non saprei e non credo. Finchè ci saranno in giro tanti Pagliara e pagliette dubito che ci possa essere un’informazione veritiera su un genocidio che si consuma da un secolo e che trova pienamente complice il colonialismo europeo, operante ben prima che Hitler nascesse. Il “muro” è un muro e ta lì per chi lo vuol vedere: non saranno le capriole fiammesche a non farci vedere il muro che c’è! Le presunte giustificazioni di un simile muro sono in realtà un’ammissione di colpevolezza. Il frustro leit-motiv del “terrore” è un ennesimo miserabile “obbrobrioso” tentativo di delegittimare una resistenza legittima da parte di un popolo invaso, decimato e scacciato dalle sue case e dai suoi villaggi. È il colmo dell’impudenza il voler concedere e riconoscere il “ritorno” a russi ebrei che nè loro nè i loro padri hanno mai avuto a che fare con la Palestina storica, mentre un ben più concreto “diritto al ritorno” si pretende di negarlo – in nome di una superstizione religiosa (la ‘Terra Promessa’) – a chi ha ancora in tasca le chiavi di casa! Un Papa che non sia capace di comprendere ciò ha smarrito del tutto il bene dell’intelletto ed ogni barlume di Carità di senso della Giustizia divina e terrena.

«Terrorismo suicida»? E che vuol dire? Quando mai un essere umano, al pari di ogni essere munito di istinto di sopravvivenza, potrebbe rinunciare al Bene Sommo della vita se non in condizioni estreme di sacrificio di un bene più grande della vita stessa che forse potrebbe essere la propria dignità, la propria libertà, il proprio senso di giustizia, l’affetto per i propri cari barbaramente trucidati tanto da aver lasciato un vuoto tale dove forse non vale più continuare a vivere, ma è forse preferibile un “martirio”, cioè una morte in testimonianza di qualcosa a cui si crede totalmente e secondo la migliore tradizione cristiana?

I «campi profughi»? L’impudenza dell’articolista, ahimé deputato in parlamento, supera se stessa. Perché mai il papa cattolico dovrebbe interessarsi dei “campi profughi”, quando questi esistono fin dal 1948 o dal 1967 e ad abitarci sono ormai solo i nipoti e i pronipoti di quelli he furono cacciati, “ripuliti” allora? Già! Forse si potrebbe obiettare: e perché mai noi dovremmo continuare a interessarci (o non interessarci nel senso che ci è vietato porci domande e afe ricerche ovvero nutrire opinioni) di ciò che successe o non successe nei lager nazisti? Mi viene da pensare alla risposta di Vermilinguo nella saga di Tolkien, quando di fronte all’evidenza dell’invasione delle armate di Saruman se ne esce fuori con un “ma perché dobbiamo preoccuparci?” La propaganda israeliana, dentro e fuori Israele, è volta a farci accettare il fatto compiuto di un’ingiustizia così evidente da non lasciare scampo ad una coscienza non offuscata dal crimine commesso, dalla sua pertinacia, dalla prepotenza che non ammette smentita. Se qualcuno mi caccia di casa, di una casa che è incontestabilmente mia, come fu già di mio padre e di mio nonno e di tutti i miei avi, vi è poco su cui far propaganda ed imbrogliare chi ha la coscienza abbastanza libera da non poter essere irretiti con mezzi e artifizi vari. I moralisti spesso si arrampicano sugli specchi per dimostare le cose più assurde che a stento gli altri riescono a capire. Ma qui il fatto è di un’evidenza tale alla portata di ogni normale intelligenza umana.

L’«odio»? Ma quale odio! Il sistema sionista della propaganda, in modo capillare e a livello mondiale, forte del possesso e della proprietà degli stessi mezzi di comunicazione, ci vuol convincere di un «odio» che esisterebbe nei confronti di Israele e degli ebrei in generale. Attraverso il B’naï B’rith si è anche prodotto una legislazione in tal senso il cui vero scopo è di reprimere ogni forma di dissenso ed ogni posizione critica nei confronti di Israele e dell’ebraismo. In realtà, fu proprio l’ebreo scomunicato Spinoza a dismostrare l’inconsistenza metafisica di un simile sentimento nel senso che ogni essere che mira al potenziamento di se stesso si libera presto di un simile difetto. In realtà, l’«odio» sionista è un mezzo bellico di propaganda e di delegittimazione dell’avversario. La nostra legge Mancino, prodotta attraverso un’azione di lobbying del B’naï B’rith, andrebbe quanto prima abrogata in quanto mostruosità giuridica che certamente non sopprime l’«odio» nel senso spinoziano, ma se mai lo produce nel senso sionista. Del resto, se 2000 anni di cristianesimo non hanno insegnato agli uomini ad amarsi l’un l’altro, pare quanto mai dubbio che possa riuscirci la legge Mancino o chi per essa.

Si deve tuttavia a Paolo Barnard un libro con il titolo “Perché ci odiano”, dove il perché ha valore causale, non interrogativo. Fermo restando che per noi la migliore analisi dell’odio resta quella spinoziana, la quale spiega che in pratica si tratta di una malattia passeggera dell‘animo umano, all’incirca come l’influenza stagionale, sono tuttavia comprensibili i sentimenti di quanti , – superstiti e veri “sopravvissuti” – solo alcuni mesi fa si sono visti piovere addosso i più sofisticati ordigni di morte come presunta legittima reazione ad alcuni vasi rotti in Sderot. Nella Torah ebraica esiste se ben ricordo non solo la legge del taglione, ma anche quella di Lamec: sette volte. In Gaza è stata portata a 1000 volte! Per un morto israeliano almeno 1000 morti palestinesi! Questa è la civiltà ebraica dei nostri fratelli “maggiori”. Dio ce ne scampi! Ma l’articolista con l’impudenza che le è abituale parla di “odio”. In realtà, tanto «odio» esiste nella mente e nel cuore di chi versato nelle arti dell’inganno ha pensato addirittura di fare uso strumentale, liberale e omicida dello stesso concetto di «odio». L’ipocrisia e la perfidia sono i pilastri su cui è stato fondato lo Stato di Israele, che saggiamente per tanti anni la Santa Sede si è astenuta dal riconoscere. Poi, è prevalso il principio internazionalistico della effettività. Ma il sommo filosofo Hobbes insegna che nelle relazioni fra gli stati continua a vigere il “diritto naturale”, come da lui inteso, dove il criterio guida non è quello della Giustizia.

Non poteva mancare la stoccata sull’Iran. Come è stata fomentata la guerra all’Iraq, sulla base di menzogne israeliane, si tenta ancora di alimentare una campagna di «odio» verso l’Iran per abituare la cosiddetta opinione “pubbica” – meglio dire “pubblicata” – occidentale ad una nuova guerra in Medio Oriente, dove già si sommano a milioni i morti, ben oltre i fatidici “sei milioni” se si sommano i grandi benefici di civiltà che l’Occidente rappresentanto da Gran Bretagna, Francia, Usa, Israele hanno finora prodotto da quanto avevano premeditato già nel XIX secolo lo smembramento dell’Impero Ottomano. La Storia è storia ossia interpretazione e revisione storica dei fatti. Il Nuovo Illuminismo ci dice invece che la storia è quella prodotta in Gerusalemme nel famoso Museo. Non è lecito contraddirla. Davvero un “obbrobrio” che ahimé ci tocca leggere sul «Giornale»!

23. Il negazionismo di madonna Fiammetta. – L’ottusa faziosità di Fiamma Nirenstein non costituisce più un mio oggetto di interesse, anche se il personaggio è da tener d’occhio ai fini del monitoraggio. Leggo a fatica testi così stupidi, scorrendoli velocemente con gli occhi. Anche i paragrafi precedenti devono da essere rivisti ed accorciati. Qui mi sofferrmo un’istante su una nuova assurdità: la pretesa di fondare la legittimità dello stato odierno di Israele sulle risultanze archeologiche di 2000 anni, quali che siano!

(segue)

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