Versione 1.0
(da rivedere)
Sto proseguendo nella lettura del libro di Ilan Pappe Le nettoyage ethnique de la Palestine. Gli spunti che ne posso trarre sono più adatti ad altri miei blogs, come quello sulla “Geopolitica” o “Spigolature storiche” o altri ancora, rigorosamente divisi per ambito tematico. L'oggetto di questo blog è invece focalizzato sui diritti di libertà dei cittadini, e principalmente il diritto di libertà di pensiero e di sua manifestazione. Su essi mi trovo disponibile a convergenze con altre persone o iniziative, che però possono avere una loro specificità con le quali non è infrequente dover dissentire in tutto o in parte. Non basta dichiararsi a favore della libertà per trovarsi tutti d’accordo. Bisogna vedere di cosa concretamente si tratti di volta in volta.
Per Pappe ed il suo libro voglio qui tentare di mettere insieme nel più breve spazio possibile una serie di riflessioni, di cui rischio di perdere l’ispirazione se non li registro per tempo. La prima riguarda lo stesso Pappe. Perché mai uno storico residente in Israele, anzi cittadino israeliano, scrive un libro simile e rivela verità che certamente non mettono in buona luce lo stato di cui è cittadino. Dobbiamo pensare che Ilan Pappe sia una sorta di “traditore” del suo paese, delle sua “patria”. Non credo. Anche perché parlare di israele come di “patria” degli ebrei è cosa quanto mai impropria e falsa: un'autentica menzogna. Non è il decorso del tempo di occupazione che può bastare ai “coloni” per trasformare in loro “patria” la terra che hanno tolto ai loro legittimi abitanti, cioè i palestinesi.
Che quello degli ebrei in Israele non sia un “ritorno” dopo... 2000 anni lo rivela un altro ebreo di nome Shlomo Sand, che ha divulgato ad un più vasto pubblico una verità già nota. La Diaspora non vi è mai stata. Gli ebrei russi, polacchi, europei ecc. non sono i discendenti razziali degli ebrei che abitavano la Palestina ai tempi dell’Impero romano. Al pari dei cristiani sono dei “convertiti” ad una religione, ossia all’ebraismo che non ha avuto la stessa diffusione quantitativa del cristianesimo o dell’Islam, ma che aveva pure un suo proselitismo, tipico delle religioni monoteiste. L'ovvia conclusione è che i soli semiti di cui possa correttamente parlarsi sono gli attuali palestinesi. Paradossalmente il solo antisemitismo che esiste ed è largamente e massicciamente praticato è quello che vede ogni giorno la prosecuzione del genocidio palestinese.
Dalla lettura di Pappe si apprendono le vicende storiche che nell'arco di un centinaio di anni hanno condotto alla situazione odierna. I palestinesi vengono spossessati ed estromessi da coloni sionisti. Il sionismo non è l’ebraismo. O per meglio dire: se proprio si vuol parlare di fondamentalismo islamico, a maggior ragione si deve parlare di fondamentalismo ebraico, che è il sionismo, con buona pace del presidente Napolitano. Tornando a Pappe, Shlomo, Burg, ed in particolare quest’ultimo, si tratta di ebrei che non negano la loro identità ebraica. Del tutto comprensibilmente e saggiamente intendono separe il loro ebraismo dal sionismo e dall'identità ebraica costruita su un vero e proprio mito: l’«Olocausto». Il problema da loro posto è se si possa essere ebrei senza avere nulla a che fare con Auschwitz e tutto ciò che su Auschwitz è stato costruito.
Nella nostra storia un ruolo infausto riveste la perfida Albione. Se penso all’impero romano e all’impero inglese, ciò che i loro nomi evocano suscitano in me pensieri ed emozioni profondamente diversi. Non mi appare positivo il ruolo dell'Inghilterra nel processo di smembramento dell'Impero ottomano, iniziato in contemporanea con un tentativo di smembramento anche dell'impero cinese. Il primo tentativo è riuscito, il secondo è fallito ed oggi i cinesi difendono giustamente la loro autonomia e identità di fronte alla trovata dei diritti umani, vero e proprio succedaneo dell'oppio con cui nel 1840 l’Inghilterra presentò il suo biglietto da visita nel lontano Oriente.
Se i palestinesi devono lottare ogni giorno per la loro sopravvivenza e la loro identità, noi europei non navighiamo in migliori acque. Le grandi potenze del 1945 ragionavano ancora come le potenze coloniali del XIX secolo, pensando di poter disporre a piacimento di popoli e territori, ridisegnando con il gesso le carte geografiche e creando e disfacendo popoli. Hanno così ritenuto di poter risarcire a spese di un terzo i torti che gli ebrei avrebbero subito in Europa per colpa dei tedeschi. Se il «cosiddetto Olocausto» potesse venire studiato con gli ordinari strumenti della ricerca e della critica storica, non si spiegherebbe le centinaia di migliaia di persone incriminate per il solo fatto di non voler accettare una verità “ufficiale” di stato. Il fenomeno delle verità tanto false quanto ufficiali si ripete sotto i nostri occhi: i falsi armamenti dell'Iraq presi a pretesto per la sanguinossima guerra irachena, gli altrettanti falsi armamenti nucleari dell’Iran che stavano per scatenare una nuova guerra se ben 16 servizi segreti americani non avessero smascherato la menzogna. Probabilmente negli Usa le alte gerarchie militari hanno voluto fermare un presidente pazzo e criminale. Proprio ieri alle presentazione del documentario Zero, si è detto da registi e produttori che se non si è in grado di fornire risposte, si può però essere certi delle numerose menzogne della versione ufficiali dell’11 settembre.
Che la “menzogna” sia l'ordinario strumento di governo delle nostre democrazie è un fatto acclarato per ogni mente non ottenebrata. Ma quando incominciano le menzogne? Io credo che occorra partire almeno dal 1945. Concludo qui rapidamente e bruscamente ponendo la tesi, certamente non originale, per la quale è essenziale alla sopravvivenza e legittimazione dello stato di Israele la demonizzazione e criminalizzazione di tutta la storia europea del XX secolo. Si spiegano così perché degli storici vengano messi in carcere per la sola colpa di aver scritto dei libri. Stessa sorte tocca anche ad innumerevoli semplici cittadini colpevoli di non voler credere alle verità ufficiali. E ciò accade in paesi che rivendicano la libertà di pensiero in cima alla lista dei diritti umani, di cui si servono per invadere altri stati che quei diritti non garantirebbero ai loro cittadini.
Noi europei siamo destinati a combattere a fianco dei palestinesi una nostra propria guerra per la libertà di pensiero e per recuperare la nostra dignità e la nostra identità. L’avversario è lo stesso, non l'ebraismo, ma il sionismo. Avraham Burg ha ben compreso e spiegato come la parabola del sionismo non possa che approdare all'apartheid. Non è una metafora la sua equiparazione dell'odierno stato di Israele con la Germania degli anni Trenta. Se allora vi fu discriminazione e persecuzione di ebrei ed altri gruppi di popolazione, egualmente oggi Israele non può fare a meno di discriminare, perseguitare e sterminare non solo la popolazione palestinese, ma mantenere un focolaio perpetuo di guerra in tutto il Medio oriente e verso tutta una popolazione musulmana di oltre un miliardo di persone. Appunto: un “Olocausto” di proporzioni inaudite.
(segue)
(da rivedere)
Sto proseguendo nella lettura del libro di Ilan Pappe Le nettoyage ethnique de la Palestine. Gli spunti che ne posso trarre sono più adatti ad altri miei blogs, come quello sulla “Geopolitica” o “Spigolature storiche” o altri ancora, rigorosamente divisi per ambito tematico. L'oggetto di questo blog è invece focalizzato sui diritti di libertà dei cittadini, e principalmente il diritto di libertà di pensiero e di sua manifestazione. Su essi mi trovo disponibile a convergenze con altre persone o iniziative, che però possono avere una loro specificità con le quali non è infrequente dover dissentire in tutto o in parte. Non basta dichiararsi a favore della libertà per trovarsi tutti d’accordo. Bisogna vedere di cosa concretamente si tratti di volta in volta.
Per Pappe ed il suo libro voglio qui tentare di mettere insieme nel più breve spazio possibile una serie di riflessioni, di cui rischio di perdere l’ispirazione se non li registro per tempo. La prima riguarda lo stesso Pappe. Perché mai uno storico residente in Israele, anzi cittadino israeliano, scrive un libro simile e rivela verità che certamente non mettono in buona luce lo stato di cui è cittadino. Dobbiamo pensare che Ilan Pappe sia una sorta di “traditore” del suo paese, delle sua “patria”. Non credo. Anche perché parlare di israele come di “patria” degli ebrei è cosa quanto mai impropria e falsa: un'autentica menzogna. Non è il decorso del tempo di occupazione che può bastare ai “coloni” per trasformare in loro “patria” la terra che hanno tolto ai loro legittimi abitanti, cioè i palestinesi.
Che quello degli ebrei in Israele non sia un “ritorno” dopo... 2000 anni lo rivela un altro ebreo di nome Shlomo Sand, che ha divulgato ad un più vasto pubblico una verità già nota. La Diaspora non vi è mai stata. Gli ebrei russi, polacchi, europei ecc. non sono i discendenti razziali degli ebrei che abitavano la Palestina ai tempi dell’Impero romano. Al pari dei cristiani sono dei “convertiti” ad una religione, ossia all’ebraismo che non ha avuto la stessa diffusione quantitativa del cristianesimo o dell’Islam, ma che aveva pure un suo proselitismo, tipico delle religioni monoteiste. L'ovvia conclusione è che i soli semiti di cui possa correttamente parlarsi sono gli attuali palestinesi. Paradossalmente il solo antisemitismo che esiste ed è largamente e massicciamente praticato è quello che vede ogni giorno la prosecuzione del genocidio palestinese.
Dalla lettura di Pappe si apprendono le vicende storiche che nell'arco di un centinaio di anni hanno condotto alla situazione odierna. I palestinesi vengono spossessati ed estromessi da coloni sionisti. Il sionismo non è l’ebraismo. O per meglio dire: se proprio si vuol parlare di fondamentalismo islamico, a maggior ragione si deve parlare di fondamentalismo ebraico, che è il sionismo, con buona pace del presidente Napolitano. Tornando a Pappe, Shlomo, Burg, ed in particolare quest’ultimo, si tratta di ebrei che non negano la loro identità ebraica. Del tutto comprensibilmente e saggiamente intendono separe il loro ebraismo dal sionismo e dall'identità ebraica costruita su un vero e proprio mito: l’«Olocausto». Il problema da loro posto è se si possa essere ebrei senza avere nulla a che fare con Auschwitz e tutto ciò che su Auschwitz è stato costruito.
Nella nostra storia un ruolo infausto riveste la perfida Albione. Se penso all’impero romano e all’impero inglese, ciò che i loro nomi evocano suscitano in me pensieri ed emozioni profondamente diversi. Non mi appare positivo il ruolo dell'Inghilterra nel processo di smembramento dell'Impero ottomano, iniziato in contemporanea con un tentativo di smembramento anche dell'impero cinese. Il primo tentativo è riuscito, il secondo è fallito ed oggi i cinesi difendono giustamente la loro autonomia e identità di fronte alla trovata dei diritti umani, vero e proprio succedaneo dell'oppio con cui nel 1840 l’Inghilterra presentò il suo biglietto da visita nel lontano Oriente.
Se i palestinesi devono lottare ogni giorno per la loro sopravvivenza e la loro identità, noi europei non navighiamo in migliori acque. Le grandi potenze del 1945 ragionavano ancora come le potenze coloniali del XIX secolo, pensando di poter disporre a piacimento di popoli e territori, ridisegnando con il gesso le carte geografiche e creando e disfacendo popoli. Hanno così ritenuto di poter risarcire a spese di un terzo i torti che gli ebrei avrebbero subito in Europa per colpa dei tedeschi. Se il «cosiddetto Olocausto» potesse venire studiato con gli ordinari strumenti della ricerca e della critica storica, non si spiegherebbe le centinaia di migliaia di persone incriminate per il solo fatto di non voler accettare una verità “ufficiale” di stato. Il fenomeno delle verità tanto false quanto ufficiali si ripete sotto i nostri occhi: i falsi armamenti dell'Iraq presi a pretesto per la sanguinossima guerra irachena, gli altrettanti falsi armamenti nucleari dell’Iran che stavano per scatenare una nuova guerra se ben 16 servizi segreti americani non avessero smascherato la menzogna. Probabilmente negli Usa le alte gerarchie militari hanno voluto fermare un presidente pazzo e criminale. Proprio ieri alle presentazione del documentario Zero, si è detto da registi e produttori che se non si è in grado di fornire risposte, si può però essere certi delle numerose menzogne della versione ufficiali dell’11 settembre.
Che la “menzogna” sia l'ordinario strumento di governo delle nostre democrazie è un fatto acclarato per ogni mente non ottenebrata. Ma quando incominciano le menzogne? Io credo che occorra partire almeno dal 1945. Concludo qui rapidamente e bruscamente ponendo la tesi, certamente non originale, per la quale è essenziale alla sopravvivenza e legittimazione dello stato di Israele la demonizzazione e criminalizzazione di tutta la storia europea del XX secolo. Si spiegano così perché degli storici vengano messi in carcere per la sola colpa di aver scritto dei libri. Stessa sorte tocca anche ad innumerevoli semplici cittadini colpevoli di non voler credere alle verità ufficiali. E ciò accade in paesi che rivendicano la libertà di pensiero in cima alla lista dei diritti umani, di cui si servono per invadere altri stati che quei diritti non garantirebbero ai loro cittadini.
Noi europei siamo destinati a combattere a fianco dei palestinesi una nostra propria guerra per la libertà di pensiero e per recuperare la nostra dignità e la nostra identità. L’avversario è lo stesso, non l'ebraismo, ma il sionismo. Avraham Burg ha ben compreso e spiegato come la parabola del sionismo non possa che approdare all'apartheid. Non è una metafora la sua equiparazione dell'odierno stato di Israele con la Germania degli anni Trenta. Se allora vi fu discriminazione e persecuzione di ebrei ed altri gruppi di popolazione, egualmente oggi Israele non può fare a meno di discriminare, perseguitare e sterminare non solo la popolazione palestinese, ma mantenere un focolaio perpetuo di guerra in tutto il Medio oriente e verso tutta una popolazione musulmana di oltre un miliardo di persone. Appunto: un “Olocausto” di proporzioni inaudite.
(segue)
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