“I funzionari e i dipendenti dello Stato e
degli enti pubblici sono direttamente responsabili,
secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in
violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo
Stato e agli enti pubblici” (art. 28 della Costituzione italiana)
Dopo la
“bocciatura” da parte della Corte costituzionale del referendum sulla
responsabilità dei giudici, sui teleschermi si è visto un fiorire di dichiarazioni
sul fatto che non è ammissibile la responsabilità diretta del magistrato, che l’Italia è l’unico paese che l’avrebbe
prevista, ecc. ecc. In genere a sostenere tale tesi (o similari) erano coloro
che omaggiano la Costituzione come “la più bella del mondo”; pare che il
Presidente della Corte costituzionale abbia affermato che “l’introduzione della
responsabilità diretta avrebbe reso il referendum più che abrogativo, innovativo”: Ma di cosa se è già
prevista la responsabilità diretta del funzionario dall’art. 28 della “più
bella del mondo”?
Anzi occorre
ricordare - a conferma che la responsabilità diretta era quella che volevano e
si compiacevano di aver prescritto - alcuni interventi alla Costituente.
All’uopo riportiamo affermazioni del costituente prof. Codacci Pisanelli “si ha
al riguardo una notevole innovazione,
perché gli impiegati non sono soltanto responsabili nei confronti dello Stato o
dell’ente pubblico da cui dipendono, ma sono responsabili nei confronti dei terzi, ai quali siano derivati danni
dalla loro attività. È un principio dalle gravi conseguenze, senza dubbio,
ma la gravità delle conseguenze deve essere valutata in relazione al fatto che
non si tratta di una innovazione
radicale. Anche per altri impiegati esiste già qualcosa di simile. Non
dobbiamo dimenticare che per i dipendenti dello Stato, i quali esplicano la
funzione giurisdizionale, cioè per i magistrati, per i cancellieri e per gli
stessi ufficiali giudiziari, è stabilita anche oggi la responsabilità
personale… Col nuovo sistema non bisogna pensare che venga abbandonato il
principio delle responsabilità dello Stato o della pubblica Amministrazione per
atti compiuti dai suoi dipendenti; viceversa, il principio viene integrato con
l’altro della responsabilità estesa
anche alle persone fisiche preposte ai pubblici uffici”. Quanto all’asserito
“solipsismo” della responsabilità diretta , Codacci Pisanelli diceva “In
Inghilterra da secoli si applica questo principio, fin da quando, nel 1763, ci
fu il famoso contrasto tra Giorgio III ed uno dei deputati, il Wilkes, il quale
scrisse un articolo contro il re. Il re dispose, attraverso il primo ministro,
perquisizioni domiciliari e arresti; il Parlamento insorse; l’autorità
giudiziaria dichiarò la incostituzionalità della esecuzione dell’ordine
impartito di eseguire quei sequestri e condannò colui il quale aveva eseguito
l’ordine al risarcimento dei danni. Risale a questo tempo l’affermazione del
principio della responsabilità personale dei pubblici impiegati per gli atti da
essi compiuti” (v. V. Carullo, La
Costituzione della repubblica italiana, Bologna 1950, pp. 77-78). Anche in
altri ordinamenti, e da secoli, la responsabilità diretta del funzionario era tutt’altro che sconosciuta. Scrive
Tocqueville che nell’ancien régime le
azioni proposte in giudizio contro i funzionari pubblici erano sistematicamente
avocate al conseil du roi. La
rivoluzione istituì la “garanzia amministrativa” con la L. 16-24 agosto 1790; la
quale, aggiungeva Tocqueville, ebbe un grande successo, dato che passati tanti diversi
regimi politici, nessuno l’aveva cambiata. Anche in Gran Bretagna prima del Crown Proceedings Act del 1947 in linea
generale a rispondere alle azioni giudiziarie era il funzionario che aveva
preso la decisione o commesso il fatto. Quindi la responsabilità diretta, da
secoli praticata, non è una novità se non per qualche politico o giurista dalla
memoria corta. Ne è l’espediente rozzo di quei cavernicoli di Salvini e Meloni.
C’è da chiedersi perché la responsabilità diretta trovi così tanti avversari,
malgrado, alla fin fine non sia tanto diversa dalla cugina carnale, cioè quella
indiretta? A favore della quale bisogna aggiungere che, pagando lo Stato, si ha
una ben superiore garanzia della solvibilità del debitore.
Gli è che nel
primo caso il funzionario deve vedersela con la parte lesa, che ha un diretto
interesse alla riparazione richiesta e quindi è un avversario ben più motivato
e temibile; nel secondo caso a recuperare il risarcimento corrisposto dallo
Stato alla vittima, è un funzionario anch’esso, spesso svogliato, se non, come
può succedere, complice e, soprattutto, che non combatte per un proprio
interesse come il danneggiato.
E magari qualche
dato statistico, più o meno segretato
ce lo confermerebbe.
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