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Se i media non fossero quello che ormai sappiano, e cioè organi di propaganda e di manipolazione a servizio di chi li paga,
mai dei lettori, ci avrebbero dato qualche approfondimento sulla bufala prontamente smascherata. E per una bufala scoperta possiamo ben immaginarne quante ancora ve ne siano che tengono banco sulle prime pagine dei giornali. Per fortuna che che internet, finché ce lo lasciano. Non è la stessa cosa dei media, caratterizzati verticalmente da un comunicazione da uno a molti e moltissimi, ma una forma di comunicazione orizzontale da ognuno ad ognuno, una forma di catena di sant’Antonio. Qualcosa va detto sul vero o presunto cristianesimo, ovvero “fondamentalismo cristiano” di un efferato assassino, di un assassino allo stato puro, che neppure si preoccupa di dare una motivazione plausibile al suo pluri-omicidio. Si può criminalmente uccidere per tante causa: gelosia, rivalità, rapina, rissa, offesa, vendetta... Ma qui la strage sembra del tutto gratuita ed a stento si riesce a costruirci sopra un discorso che pure bisogna fare.
E tenteremo di farlo qui attingendo in modo sintetico a contesti diversi, sperando di non
confondere il lettore. Forse l’approccio migliore è una citazione tratta dal post precedente, dove la risposta che Stephen Lendman offre a chi gli chiede del suo cognome ebraico, e cioè la seguente:
«Mi reputo un uomo con una coscienza, sono ebreo per caso, questo è tutto», potrebbe essere ribaltata in quest’altra: «Mi dichiaro un sionista puro, un giudeo-sionista o un cristiano-sionista, sono uomo per per caso, questo è tutto e più non domandare». E noi infatti non tentiamo più di domandare nulla a costoro. Sanno solo eludere le domande e rispondono con offese, attacchi e perfino omicidi mirati. Ci riferiamo a tutte le volte che abbiamo tentato un dialogo nei Forum e nei luoghi pubblici di discussione. Un’esperienza frustrante che persuade di non aver a che fare con uomini, se non per il loro sembiante ed il linguaggio in apparenza umano. Il motto di Vittorio Arrigoni: “Restiamo umani!” era tragicamente profetico.
Parto da lontano dicendo che non ignoro libri recenti scritti addirittura per indagare la storicità stessa della figura di
Gesù Cristo,
che per gli ebrei resta in ogni caso il figlio di una prostituta di nome Maria ed egli stesso un malfattore. Quale intesa sia possibile con il “fratello maggiore” non credo che il papa polacco ce lo abbia ben spiegato ed ho provato perfino io che non sono buon cattolico e buon cristiano un senso di umiliazione vedere il papa tedesco che in visita di penitenza alla sinagoga romana si lasciava riprendere pubblicamente dal rabbino su questioni dottrinali di una Fede, di cui lui, il successore di Pietro, dovrebbe essere custode e massima guida. Il mio blog sulla storia critica delle religioni è fermo da parecchio tempo, preso come sono da interessi più attuali, ma l’interesse per quelle problematiche non è mai venuto meno e sono nostalgico di studi certamente meno pericolosi. Ciò premesso, di fronte a una simile letteratura che scinde addirittura la figura di Cristo in una composizione di due diversi personaggi, se ben ricordo, la mia posizione è che la fondazione di una religione non è un fatto
storico, bensì
meta-storico.
Così posta la questione, ritengo per nulla inferiori le religioni naturalistiche e politeistiche che sono state soppiantate dalle più aggressive e violente religioni monoteiste. Ma fra queste già duemila anni fa vi era una bella e sostanziale differenza fra giudaismo e cristianesimo. Basta leggere e interpretare nel loro senso letterale i libri dell’Antico Testamento che fanno parte della nostra Bibbia per notare subito un contenuto barbarico, di una ferocia inaudita. Cosa è la Pasqua ebraica? La festa per l’uccisione dei primogeniti egiziani.
E tante altre cose del genere si leggono nella Bibbia veterotestamentaria. Se poi si volesse risalire ancora indietro nel tempo si dovrebbero indagare le fonti della Torah ebraica nel contesto dell’antico Oriente e ne verrebbero fuori cose fantastiche quanto orribili. Ma noi non possiamo qui addentrarci in questo ambito. Ci basta soltanto dire che il contrasto fra la riforma religiosa introdotta dalla figura divina di Gesù Cristo e dai suoi discepoli è
inconciliabile che il vetero-giudaismo: il Cristo messo in croce dai giudei significa esattamente questo e non può essere banalizzato in una questione giudiziaria. Il suo valore è simbolico-religioso, non storico-giudiziario. Il papa polacco o quello tedesco non possono credere di condurre il loro gregge come se avessero l’anello al naso. Ed al loro presunto insegnamento odierno può benissimo essere opposto quello del loro predecessore Pio X, per il quale mi riallaccio ad un testo di don Curzio Nitoglia:
«San Pio X (il Santo protettore dei “tradizionalisti”) nel 1904 rispose a Teodoro Herzl (il fondatore del sionismo, 1896), che gli aveva chiesto di riconoscere il movimento sionista e l’eventuale futuro Stato di Israele: “Sino a che Israele non riconoscerà Cristo come Messia e Dio, la Chiesa non potrà riconoscere il sionismo e Israele”. Quindi oggettivamente tra cattolicesimo e sionismo vi è incompatibilità e la “doppia appartenenza” non è lecita» (Fonte).
Sento che il discorso si va ampliando e cerco di tornare dentro i binari di un filo logico connesso alla strage di Oslo. Chiudo la digressione, dicendo che la riforma del papa polacco e della Curia romana riguardo i rapporti con Israele e il giudaismo/sionismo andrebbe studiata – e lo faremo in altro contesto – nel quadro dei mutamenti geopolitici succeduti alla seconda guerra mondiale.
Puntiamo ora subito su un fenomeno assai esteso nel Nord America e poco noto in Italia, anche se esiste una colonia di qualche migliaio di evangelici che pensano di poter esercitare in Italia la stessa grande influenza che già hanno in America. Hanno anche un loro sito (“Notizie su Israele”), dove non vi è nulla di religioso e vengono ripresi tutte le veline della propaganda del governo di Tel Aviv: diciamo di Tel Aviv, sapendo che come uno “sciboleth” costoro si imbestialiscono, non sentendo “Gerusalemme”, che loro intendono come la capitale riconosciuta dello stato di Israele, sorto sulla “pulizia etnica”, cioè sul “genocidio”, del popolo autoctono dei palestinesi, i più diretti e probabili discendenti della popolazione che abitava al Palestina ai tempi storici di Gesù Cristo, una popolazione che adesso si vorrebbe cacciare sulla base di fandonie, ma tuttavia accreditate da un potere politico asservito.
Ed eccoci, quasi senza volerlo, tornati nel cuore del problema autenticamente religioso, e cioè cristiano. Si può nel nome del Cristo massacrare tanti innocenti nella città di Oslo e nell’isola di Utoya? Oppure si può nel nome del Cristo giustificare la pulizia etnica della Palestina? Pulizia etnica equiparata ad un vero e proprio genocidio e che non è solo quella del 1948, descritta e documentata dall’ebreo israeliano, ma non sionista, Ilan Pappe, ma che incomincia nel lontano 1882, quando appiedarono in Palestina i primi sionisti animati dall’intenzione di cacciare dalla loro terra e dai loro villaggi, le popolazioni di cui erano ospiti e di cui con inganni e violenze andranno negli anni a privare delle loro terre, dei loro averi, della loro identità, della loro storia, bollandoli come “selvaggi” e dando prova di quel razzismo che pretendono di poter rinfacciare ad altri.
Naturalmente, è perfettamente inutile una qualsiasi discussione con il redattore italiano di “Notizie su Israele”, il quale nel suo sito di ritagli stampa si premura ogni volta che prende notizie dall’Agenzia Info-pal di specificare che si tratta di un sito “pro Hamas”, senza darsi la pena di giustificare in chi scrive il suo smaccato e sfacciato essere “pro Israele” e quindi pro Piombo Fuso, pro strage di Mavi Marmare, e dopo mille e mille altri pro noti e ignoti, sinteticamente, pro pulizia etnica del 1948, almeno per come descritta da Ilan Pappe. In una presa di posizione, felpata, come è nello stile della gerarchia cattolica, è stato detto che non può essere usato il Vangelo (e dunque il nome di Cristo) per giustificare assassinii e violenze di sorta. Il filosofo
Benedetto Croce scrisse un famoso articolo dal titolo:
“Perché non possiamo non dirci cristiani”. È più noto il titolo dell’articolo che non il suo contenuto, ma chiunque sente di non potersi non dire cristiano sa bene che l’assassinio e la violenza sono inconciliabile con il messaggio religioso di Cristo, anche se la Chiesa stessa nei secoli ha più volte brandito la spada.
Nel libro di Ghada Karmi, pur senza ulteriori approfondimenti, sono indicati i due grandi alleati di Israele:
a) Nel Nord America l’esteso fenomeno del sionismo cristiano. Costoro che in qualche modo usano il nome di Cristo, ma sono più probabilmente dei giudei mascherati che veri cristiani, professano una incredibile quanto criminale superstizione.
Perché si abbia la Seconda Venuta di Cristo e quindi il Giudizio Universale deve avverarsi la profezia per la quale gli ebrei devono ritornare in Israele, dopo una “dispersione”, che in realtà non vi è mai stata, seguendo un altro libro di un ebreo israeliano, Shlomo Sand, dove egli spiega come fu inventato nella seconda metà del XIX secolo il “popolo ebraico” e come una “dispersione” dopo la distruzione del tempio ad opera dei Romani nel 70 d. C. non vi sia in realtà mai stata e come essa sia stata una precedente invenzione, ad opera questa volta della chiesa cattolica. Purché questa profezia si avveri, i cristiano sionisti americani (e qualche sparuta propaggine italiana) non vanno tanto per il sottile e chiudono non uno ma entrambi gli occhi davanti a massacri, stragi, violenze, genocidi. Chissà cosa diranno i cristiano sionisti sulla strage di Oslo: non ho ancora sentito e letto nulla al riguardo.
b) Vi è poi il grande senso di colpa indotto negli europei per i gravissimi torti fatti agli ebrei in
Europa. Ma proprio in questi giorni il diavolo ha messo, come si dice, la sua coda. Se si è seguita appena un poco la recente legge introdotta in Israele contro quanti praticano la campagna BDS in Israele e nel mondo. In Israele le pene già in vigore sono pesantissime. È probabile che mobilitando le “Israel lobby” presenti nei vari paesi europei il passo successivo sarà l’introduzione anche in Italia della stessa legislazione. Se non vado errato, il capofila della legislazione “anti-negazionista” è stata proprio Israele. Poi, grazie alla Fabius-Gayssot, è passata anche in Francia e via via in numerosi altri paesi, alla cui lista si vuole aggiungere ora anche l’Italia. Ed esiste un’apposita campagna di stampa mirata allo scopo. Non per nulla la signora Nirenstein è stata nominata presidente dell’Associazione del parlamentari ebrei che si trovano in tutti i parlamenti del mondo: e poi dicono che la Lobby non esiste! Il presidente Berlusconi ha perfino mandato un messaggio di congratulazioni alla signora Nirenstein, senza minimanente chiedersi se questo ruolo sia compatibile con la lettera e lo spirito della costituzione italiana. peraltro decisa a Yalta e non certo redatta e votata dalla costituente nel 1948. Silvio non è un grande giurista ed il suo tempo è ormai concluso. Sono centinaia di migliaia, forse milioni le persone che nella civilissima Europa, patria dei diritti umani, sono stati penalmente perseguiti per tutto sommato reati di opinione: non vogliamo e non ci interessa di entrare nel merito di questioni storiche, il cui libero studio è di fatto inibito per legge. È da chiedersi se lo stesso percorso seguirà in Europa la legge israeliana anti-boicottaggio.
E cosa c’entra la coda diavolo che abbiamo prima evocata? C’entra! Giudichi chi legge.
In rete si possono trovare agit-prop nostrani, che dicono di essere italiani, i quali si arrampicano sugli specchi per giustificare la legge israeliana, ritenendo che sia un titolo di legittimazione il fatto che esiste al riguarda un precedente nella legislazione statunitense, che per la verità noi non conosciamo e non abbiamo studiato. Si dice che l’autodifesa da parte di uno stato è legittima. Si dice che Israele ha diritto di difendersi contro quei criminali che avendo un soldo in tasca decidono di non puntarlo sul numero 729, che nei codici a barre indica le merci made in Israel. Si potrebbe pensare che qui cade uno dei capisaldi dell’economia liberista di un Milton Friedman e dei Chicago boys: la sovranità del consumatore, che è poi la parte che nell’uomo conta: la sua capacita di acquisto e di consumo. Se non ha nulla in tasca da poter spendere o mettere in una banca, non conta assolutamente, è una “eccedenza” umana, cui si può riservare la stessa sorte delle eccedenze agricole: il macero.
Dunque, non siamo più liberi di spendere i nostri soldi come vogliamo. E possiamo fondatamente aspettarci che vi sarà un Frattini, forse lo stesso,
che come va fiero di aver messo Hamas in una lista nera che ipso facto trasforma il governo democraticamente eletto dai palestinesi in “terroristi”, senza che poi si sappia veramente cosa è un “terrorista” e chi lo sia per davvero una volta accettata convenzionalmente una comune definizione, avrà pure l’ardire di copiare la stessa legge israeliana contro il boicottaggio ed introdurla nella legislazione italiana. Dopodiché saremo costretti a comprare israeliano (e non italiano), come una volta si usava imporre l’olio di ricino ai riottosi. Non è escluso che nei recenti tentativi, ad opera della signora Nirenstein, presidente mondiale dei parlamentari ebrei, di inasprire la legge Mancino, vi si introducano elementi normativi tratti dalla recente legge israeliana contro il boicottaggio.
E veniamo ad una rapida conclusione su questo punto, che è una consapevole digressione. La propaganda israeliana sostiene dunque che la legge che punisce quanti oggi in Israele boicottano l’economia israeliana è legittima in quanto è una forma di difesa legittima. Si indica un precedente nella legislazione americana, ma si dimentica forse per ignoranza forse volutamente un altro precedente.
Nel marzo del 1933 il giudaismo mondiale proclamò la sua campagna di boicottaggio contro il governo nazista che era in carica da appena un mese. È da chiedersi: i nazisti avevano il diritto di difendersi contro gli ebrei che volevano boicottare la loro economia? Quegli stessi ebrei o meglio sionisti che avevano avuto non piccola parte nella sconfitta militare della Germania durante la prima guerra mondiale, quando di nazismo non vi era neppure l’ombra. La Promessa fatta da Balfour a Weizman era il corrispettivo per prestazioni durante la prima guerra mondiale. Questi capitoli di storia non sono adeguatamente studiati come si dovrebbe. È dunque da chiedersi come si può sostenere che una stessa legge contro il boicottaggio è lecita e legittima, se a vararla è un governo sionista, mentre non è se è un governo nazista, salvo che poi in realtà i termini nazista e sionista non siano sinonimi o fortemente imparentati.
Chiusa la digressione, per ritornare al cristiano sionismo è da chiedersi se gli elementi che abbiamo sopra dati possono restare estranei ad un “cristiano” inteso come un seguace del Gesù Cristo che tutti pensiamo di conoscere e con il quale ci identifichiamo, per il suo essere uscito 2000 anni fa dalle angustie dell’essere giudeo, presunto eletto del Signore, insegnando invece che tutti gli uomini sono fratelli e che in Cristo non esiste né giudeo né romano, né povero né ricco, né sapiente né incolto... Vi fu allora un fecondo rapporto fra il nascente cristianesimo e la cultura e religione greco-romano che con operazione sincretistica confluì nella nuova religione cristiana che con Teodosio diventerà il solo culto ammesso nell’Impero romano.
I valori di universalità, quasi antagonistici all’idea di stato e di nazione, diventeranno una caratteristica distintiva del cristianesimo e del cattolicesimo, mal conciliabili con l’idea di uno «stato ebraico», che non si fonda neppure su una “nazione” ma su una congerie disparata di etnie, attirate soltanto da una massiccia campagna di immigrazione a spese della popolazione autoctona e residente, spogliata di tutto. Se dei legulei possono ignorare la natura dei problema e la realtà tangibile dei fatti, non è pensabile che delle coscienze ispirate al nome di Cristo non vedono ciò che perfino gli alberi vedono, quell’ulivo cioè che estirpato dai coloni sionisti cresce sotto il pino piantato su di esso e lo spacca.
È da augurarsi che il presunto “fondamentalismo cristiano” ovvero “cristiano sionismo” dello stragista di Oslo apra un serio dibattito religioso. Non quello che vorrebbe un curioso articolosta del Corriere della Sera che interpellava, poco giorni prima della strage, il Vaticano per la condanna da parte di un tribunale tedesco del vescovo Williamson colpevole di null’altro che di avere avuto ed espresso opinioni in ambito storico, non certo nel campo pastorale della dottrina della fede cristiana e cattolica. Si sa poco ed i media non illuminano, ma il vescovo non è stato neppure difeso dai suoi avvocati, i quali sembra si siano limitati a chiedere la “clemenza”. Sembra addirittura che la piovra sionista abbia avuto un ruolo nella condanna, per i cui dettagli rinvio all’articolo sopra citato di don Curzio Nitoglia. Il nostro Occidente che si dice “cristiano” e che dovrebbe praticare come suo principale comandamento l’amore del prossimo, è in realtà forse sempre stato una grande scuola di
Ipocrisia,
che eccelle nei nostri politici che fino a ieri cercavano i loro voti in sagrestia, adesso vanno a trovarli prima nella sinagoga, e poi se avanza anche in sacrestia. Se vi è conflitto fra sinagoga e sagrestia hanno già dimostrato in parecchi di scegliere la sinagoga contro la sagrestia. Se la strage di Oslo, nella sua tragicità, può avere un qualche risvolto meno tragico, è proprio quello di porre le basi per un serio dibattito religioso che riguardi non gli addetti ai lavori, i pastori, ma i fedeli stessi e quanti con Croce (!), cioè Benedetto Croce, pensano di poter tornare a spiegare, nel nostro tempo e contesto, le ragioni per le quali “non possiamo non dirci cristiani”. Se la Chiesa pensa di far tacere i fedeli, imponendo loro il silenzio e il sacrificio di coscienza, allora è probabile che non vi sarà un terzo millennio cristiano e la Seconda Venuta dei cristiano sionisti sarà la grottesca e criminale superstizione che pone fine ad una religione storica, estremo relitto del mondo romano.
Per tornare infine al punto dal quale eravamo partiti, cioè lo stragista norvegese, il cui nome:
Anders Behring Breivik,
ci riesce difficile, stranamente, da memorizzare, come se tanto orrore non potesse avere un nome umano. Se pretende di essere anche lui “cristiano” che idea avrà mai dell’essere cristiano e del nome di Cristo? Qual è stato il suo modello? A chi si è voluto ispirare? Forse a quel colono ebreo, di cui pure stentiamo a ricordare il nome, che armato ha fatto strage di palestinesi in una moschea e che dagli stessi coloni è venerato come un loro Eroe? Lo stragista in un suo documento, sulla cui autenticità non entriamo, pare abbia indicato i suoi punti di riferimento filosofico-dottrinale. Poco importa che i diretti interessati sconfessino il loro Lettore e Adepto: l’interpretazione e le conseguenze appartengono al lettore e all’interprete quanto il libro e la dottrina appartengono ai loro autori e maestri. In altri post di questa serie cercheremo di analizzare simili autori a noi per lo più sconosciuti. Uno di questi, Daniel Pipes, ci è noto perché qualcuno si prende la briga di tradurre puntualmente in italiano i suoi articoli. Dopo averne letto i primi e tenendo d’occhio i successivi non riteniamo che il personaggio, benché autorevole, merito il nostro tempo ed una soverchia attenzione. Sarà una nostra presunzione, ma troviamo in genere assai deboli le loro argomentazioni, che confidano più sulla ripetizione e diffusione mediatica che non sulla coerenza e forza intrinseca del loro discorso. Non è difficile decostruirlo ed isolarne gli elementi, che ridotti alla loro semplicità rivelano tutta la loro debolezza, anche in quegli autori che dovrebbero essere i “caporioni’ a cui attingono i più bassi livelli di agit-prop.
Noi nutriamo il sospetto che tirando fuori un presunto generico ed ambiguo “fondamentalismo cristiano” dello stragista si sia voluto tendere una trappola alla chiesa cattolica ed al pensiero cristiano, che non può sottrarsi ad una presa di posizione sulla “questione sionista”, che si rivela sempre più una sfacciata pulizia etnica che si svolge davanti ai nostri occhi, con la complicità di chierici, di antisionisti sionisti, di quelli che sono per le vittime, ma fino ad un certo punto e senza andare oltre e senza toccare i tabù fondativi dello stato di Israele, e tanti altri la cui ambiguità ed ipocrisia si snoda nella stessa gamma infinità dei colori che i pittori sanno usare sapientemente. Ma la verità e la giustizia fanno uso di pochi colori: il bianco, il nero e quelli fondamentali. Sempre per ritornare al Vangelo: “sia il vostro dire si si no no, il troppo storpia ed è opera del demonio”. Un ben diverso Concilio si rende necessario. Non quello che con il Concilio Vaticano II portò tanta confusione, opera del demonio. Ma un Concilio dei popoli dove chiunque ritenga di “non potersi non dire cristiano” chiami l’altro e gli chieda conto dei morti di Piombo Fuso, della strage della Mavi Marmara, della Flotilla II, per indicare solo alcuni episodi di un martirio di un popolo, quello palestinese, che dura da più di un secolo, ed il cui genocidio vien fatto nel nome del Cristo, della civiltà contro la barbarie, perfino del diritto, della giustizia, della difesa legittima, concetti che mai furono più insultati.
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Vi sono personaggi dei quali non desideriamo parlare, perché niente di produttivo ne può venir fuori e correremmo il rischio di attirarci i soliti epiteti che costoro riservano a quanti semplicemente non sono dei loro e non si identificano con l’oro. Lo stupido libro “Israele siamo noi” esprime a pieno questa mentalità: tutti noi dovremmo essere loro, e se non lo siamo e non vogliamo esserlo, questa diventa un crimine per il quale possiamo aspettarci sanzioni penali, conoscendo le loro entrature negli organi legislative ed essendo ormai il potere antidemocratica delle lobbies un fatto ben noto, che ha finito per corrodere e corrompere quel poco di democrazia che sembrava essere rimasta. Anche se controvoglia forse è il caso di spendere qualche parola a proposito di tal Manfred Gerstenfeld, che diciamo “tal” non perché nel suo mondo non sia ben conosciuto e rappresentantivo, ma appunto nel suo mondo, non all’interno del mio universo culturale ed umano. Trattando in questo post della strage di Oslo, abbiamo notato che da parte sionista si tenti di minimizzare il corposo, pronunciato e dichiarato sionismo dell’attentatore, un sionismo senza il quale l’attentato non sarebbe stato concepito. Naturalmente, tutti si dissociano e condannano l’attentatore, una sorta di “kamikaze” sionista, e non certo un “kamikaze dell’anima”.
Ma veniamo alle due parole a proposito del signor
Gestenfeld. Tralasciamo la parte delle sue analisi sulle quali non riteniamo di soffermarci. Ci pare invece importante l’ammissione di un “cristiano sionismo” norvegese, che è stato fin qui il tema del nostro post. Ne è riconosciuta pienamente l’esistenza – confermata dai collegamenti interni ed internazionali del sionismo –, pur lamentandone l’estrema marginalità ed insignificanza nella società norvegese. Ma vi è poi anche una curiosa mancanza di spirito autocritico nello stesso “esperto”, che pensa di poter lui rinfacciare di mancanza di autocritica l’intera società norvegese. Bernad Lazare alle prime pagine del suo libro insuperato sulla “Storia dell’antisemitismo”, scritto nel 1894, fa questo ragionamento, essendo lui stesso un ebreo: nel corso di millenni, in paesi diversi e disparati, gli ebrei hanno sempre suscitato reazioni ostili, più o meno violente e gravi. Non sarebbe ragionevole chiedersi se una spiegazione non può essere trovata negli ebrei stessi? Ho detto che il libro di circa 300 pagine è rimasto insuperato, pur essendo stati scritti dal 1894 numerosi libri sulla materia, ad esempio quello di Poliakov in quattro volumi. Ma questi libri, allo stesso modo in cui fa, l’«esperto» da noi qui criticato, non fanno che dividere il mondo in quelli che hanno meritato o demeritato da parte degli ebrei stessi ed oggi nei confronti di Israele, tout cour identificato con l’ebraismo, con ciò che una simile identificazione comporta. Non senza calcolo di questo rischio gli ebrei di Neturei Karta dicono da sempre che il sionismo (ed Israele) è il nemico più grande e pericoloso del giudaismo in quanto comunità religiosa. Noi qui non entriamo nella questione e ne stiamo rispettosamente fuori: non è il nostro mondo e non ci riconosciamo in esso.
Se si va a leggere il
link che abbiamo dato si trova che l’autore da noi qui legittimamente criticato nelle più civile forme possibile, si trova che egli condivide a pieno questo inguaribile pregiudizio, per il quale il mondo intero, tutti i paesi, e non certo solo la Norvegia, devono scolparsi e giustificarsi per la loro cattiva opinione di Israele e della sua politica. Di fronte a circa 70 norvegesi i cui cadaveri si sono da poco raffreddati il signore in questione lamenti presunti atti ostili ad una sparuta minoranza di 2000 ebrei, “perseguitati” (!) e “discriminati” (!), presenti nella società norvegese. Si noto che sempre in questi casi i rapporti vengono fatti a cura degli stessi, che nella maggior parte dei casi indicano come come “atti antisemiti” meri graffiti anonimi apparsi sui muri. Fa impressione apprendere che questi 2000 cittadini norvegesi di religione ebraica avrebbero poi rapporti organici con una ideologia, il sionismo, che nell’interpretazione ed applicazione di Brevik non sono ha già prodotto circa 70 cadaveri di innocenti norvegesi, ma si apprende anche che si considera accettabile per il “nobile” fine perfino qualche milione di assassini simile. Veramente siamo sconcertati da una simile mancanza di proporzioni, non rara ed isolata, se si ricordano i casi a tutti noti di “Piombo Fuso” e della Mavi Marmara. Ciò detto, per completezza di analisi, speriamo di non dover più occuparci di questo signore, il cui
disco continua a girare fino all’incredibile: non è stato un norvegese sionista e filoisraeliano a compiere la strage, ma un filo-palestinese ad aver compiuto la strage non a Oslo e Utoya, ma in Eretz Israel? È questo il senso del discorso cui l’agit-prop vuole giungere? Mah! Sembra del tutto inutile tentare di trarre lumi dalle “analisi” di simili “esperti”. Si può fare solo una collezione di assurdità né pare casuale l’indistinzione fra la la lecita e perfino doveroso critica attiva e fattiva del sionismo e dello Stato coloniale ed ebraico di Israele e il calderone dell’antisemitismo. Chiaramente, esistono dei rischi nella misura in cui le comunità ebraiche dei vari paesi si identifica ed immedesimano nelle politica genocidaria di Israele, ma la legittima reazione a questa politica non a nulla a che fare con un antisemitismo ormai morto e sepolto, e mantenuto e alimentato in vita solo da quella che Norman G. Finkelstein ha chiamato una vera e propria industria. È solo grazie ai cosiddetti “ebrei che odiano se stessi” se il gran pubblico e la totalità delle organizzazioni militanti hanno perfettamente compreso la trappola dell’antisemitismo.
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Tornando ad altro, segnaliamo l’
articolo di Gilad Atzmon dove, partendo dalla strage di Oslo, che rischia di essere silenziata dai grandi media, si avverte come occorra procedere alla desionizzazione delle nostre società. Il pericolo all’interno delle nostre società non è l’Islam, ma il sionismo e lobbies che esso alimenta all’interno dei singoli paesi. Costoro
ammettono apertamente il loro diritto di uccidere chiunque contrasti i loro disegni. Nessuno di noi può sentirsi al sicuro neppure a casa proprio, ma la minaccia viene non dall’Islam, ma da sionismo. Breivik è soltanto un esempio, noto forse solo per la pronta capacità che la polizia norvegese ha avuto di catturarlo, I metodi con cui si esercita ai vari livelli l’influenza della “Israel lobby” sono stati descritti in numerosi libri, fra cui ricordo quello di Mearheimer e Walt, ma anche i libri di Noam Chomsky, o quelli di Norman G. Finkelstein. Poiché la potenza di Israele risiede nell’appoggio incondizionato degli Stati Uniti, ottenuto per l’azione congiunta della Israel lobby e del sionismo cristiano statunitense, ben più consistente di quello norvegese, anche se meno tragicamente violento e criminale, è da notarsi la reazione in seguito alla notizia che sarebbe stati tagliati quei fondi che farebbe di Israele una economia “di successo”, al riparo della crisi che sta aggredendo il mondo intero e perfino i potentissimi States. È una reazione che andrebbe seguita con la lente di ingrandimento perché altamente rivelatrice di una verità che i media occultano.
(segue)