Versione 1.3
Circa sei anni fa l’agenzia «Informazione Corretta» nasceva con il precipuo scopo di condizionare i mezzi di informazione per tutto ciò che riguarda Israele. Il suo funzionamento è abbastanza semplice. Si selezionano articoli, divisi in quelli favorevoli e contrari ad Israele. Se sono contrari si invitano gli Affiliati a mandare lettere all'indirizzo fornito delle redazioni dei giornali, ma non solo. Se sono favorevoli, si mandano lettere di elogio e sostegno. È facile immaginare quale normale attività un vero e proprio linciaggio contro giornalisti e persone non gradite. La “cattiveria” degli attacchi contrasta vistosamente con la dottrina di quell’«amore» per Israele che si pretenderebbe a fronte di un «odio» proibito per legge. Ricordo il caso di Michele Aines, che non aveva mai sentito nominare Robert Faurisson, ma che si trovò messo nello stesso calderone. Fui costretto ad intervenire, mettendo in guardia lo stesso Aines, che forse neppure conosceva l'organizzazione sionista «Informazione Corretta». Non pochi casi sono stati già da me documentati e altri vengono continuamente scoperti nel mio Monitoraggio, ormai ricco di schede che attendono di essere ordinate e collegate. Il mio interesse per la testata IC nacque, quando fui onorato della loro attenzione: mi attaccarono tentando di diffamarmi e da allora mi occupo di loro, non perdendoli di vista. Faccio così giustizia per conto di tanti cittadini ignari, fra cui ad esempio Franco Cardini. Lo stesso posso dire per altri. Esistono una serie di piccole testate che sembrano quasi la stessa cosa di «Informazione Corretta», tanto forti e vicine sono le assonanze. Fra queste il «Foglio» e «l’Opinione delle Libertà». Non sempre, giacché non ne avrei il tempo, ma in alcuni casi non resisto all’istigazione con cui i «Corretti Informatori» invitano a scrivere missive, come in questo caso:
Ad Arturo Diaconale
- direttore de “l’Opinione delle Libertà”
Oggetto: «Informazione Corretta»
del 23 febbraio 2008,
dove trova una costante e degna attenzione laudativa. Le scrivo su istigazione dei suoi amici «Corretti Informatori», ma in termini che decido io, non loro.
Ho letto il suo articolo [banale errore: in realtà è di un altro, non di Diaconale stesso, ma poco cambia…] riportato da «Informazione Corretta». In un primo tempo pensavo che fosse delle stessa redazione e mi astengo dal riferirle i miei commenti mentali, riga per riga, parola per parola. Mi limito ad una sola sua frase:
Èd è appunto quello che fa se non tutta la stampa, almeno una certa stampa, che dovrebbe rappresentare la opinione "pubblica": un mio amico diceva ogni volta opinione "pubblicata" a significare quanto distanti sono le cose che appaiono sui giornali dal modo di pensare della gente, che saggiamente non compra giornali come «l'Opinione delle Libertà» (e mai il nome "Libertà” fu più usurpato).
Sono di partenza e non ho molto tempo da dedicarle. Del resto, in piena applicazione della sua enunciata teoria del “non vale la pena” concordo che è tempo sprecato quello trascorso con lei. Ricordo soltanto di un libretto appena comprato: la Casta dei Giornali di Beppe Lopez. Lei è tutto lì dentro: a p. 15, 75, 122, 132, 133! Ed è vano sperare altro da lei. Per fortuna, in questa democrazia, da lei nominata, è ancora possibile stare dall’altra parte in cui sta Arturo Diaconale, che sono certo incontrerò in qualche manifestazione di FI ora Popolo delle Libertà, ed anche in quella sede sarò contro di lui, appena mi sia dia - democraticamente e civilmente, cioè mai – la più piccola possibilità di esprimere un’opinione. Per fortuna, siamo ancora alla “guerra ideologica”. Speriamo di non dover mai conoscere la sua fase cruenta, anche se il combattimento spirituale delle idee è non meno devastante.
È con sommo rincrescimento che ho letto il suo articolo, stampato ahimé con i soldi dei poveri contribuenti. Almeno lo avesse pubblicato di tasca sua. Non se l’abbia a male: se lei non avesse scritto, io non avrei letto. Ed non avendo letto non sarei soggiaciuto all’impulso di esprimerle il mio dissenso e mi consenta... anche la mia disistima per quello che ha scritto ora ed in altre occasioni. Mi avvalgo del diritto di critica sancito dall’art. 21 della costituzione italiana ancora vigente.
Circa sei anni fa l’agenzia «Informazione Corretta» nasceva con il precipuo scopo di condizionare i mezzi di informazione per tutto ciò che riguarda Israele. Il suo funzionamento è abbastanza semplice. Si selezionano articoli, divisi in quelli favorevoli e contrari ad Israele. Se sono contrari si invitano gli Affiliati a mandare lettere all'indirizzo fornito delle redazioni dei giornali, ma non solo. Se sono favorevoli, si mandano lettere di elogio e sostegno. È facile immaginare quale normale attività un vero e proprio linciaggio contro giornalisti e persone non gradite. La “cattiveria” degli attacchi contrasta vistosamente con la dottrina di quell’«amore» per Israele che si pretenderebbe a fronte di un «odio» proibito per legge. Ricordo il caso di Michele Aines, che non aveva mai sentito nominare Robert Faurisson, ma che si trovò messo nello stesso calderone. Fui costretto ad intervenire, mettendo in guardia lo stesso Aines, che forse neppure conosceva l'organizzazione sionista «Informazione Corretta». Non pochi casi sono stati già da me documentati e altri vengono continuamente scoperti nel mio Monitoraggio, ormai ricco di schede che attendono di essere ordinate e collegate. Il mio interesse per la testata IC nacque, quando fui onorato della loro attenzione: mi attaccarono tentando di diffamarmi e da allora mi occupo di loro, non perdendoli di vista. Faccio così giustizia per conto di tanti cittadini ignari, fra cui ad esempio Franco Cardini. Lo stesso posso dire per altri. Esistono una serie di piccole testate che sembrano quasi la stessa cosa di «Informazione Corretta», tanto forti e vicine sono le assonanze. Fra queste il «Foglio» e «l’Opinione delle Libertà». Non sempre, giacché non ne avrei il tempo, ma in alcuni casi non resisto all’istigazione con cui i «Corretti Informatori» invitano a scrivere missive, come in questo caso:
Ad Arturo Diaconale
- direttore de “l’Opinione delle Libertà”
Oggetto: «Informazione Corretta»
del 23 febbraio 2008,
dove trova una costante e degna attenzione laudativa. Le scrivo su istigazione dei suoi amici «Corretti Informatori», ma in termini che decido io, non loro.
Ho letto il suo articolo [banale errore: in realtà è di un altro, non di Diaconale stesso, ma poco cambia…] riportato da «Informazione Corretta». In un primo tempo pensavo che fosse delle stessa redazione e mi astengo dal riferirle i miei commenti mentali, riga per riga, parola per parola. Mi limito ad una sola sua frase:
" purtroppo per noi, chi ha interesse che l'attenzione non scenda mai, neanche per un secondo, sulle tematiche dello scontro arabo-israeliano, usa ogni cosa, importante o no, ai suoi scopi."Appunto! Ciò che si vorrebbe è che un intero popolo, quello palestinese, venga scannato, sterminato, genocidizzato, nel più assoluto silenzio: occhio non vede, cuore non duole!
Èd è appunto quello che fa se non tutta la stampa, almeno una certa stampa, che dovrebbe rappresentare la opinione "pubblica": un mio amico diceva ogni volta opinione "pubblicata" a significare quanto distanti sono le cose che appaiono sui giornali dal modo di pensare della gente, che saggiamente non compra giornali come «l'Opinione delle Libertà» (e mai il nome "Libertà” fu più usurpato).
Sono di partenza e non ho molto tempo da dedicarle. Del resto, in piena applicazione della sua enunciata teoria del “non vale la pena” concordo che è tempo sprecato quello trascorso con lei. Ricordo soltanto di un libretto appena comprato: la Casta dei Giornali di Beppe Lopez. Lei è tutto lì dentro: a p. 15, 75, 122, 132, 133! Ed è vano sperare altro da lei. Per fortuna, in questa democrazia, da lei nominata, è ancora possibile stare dall’altra parte in cui sta Arturo Diaconale, che sono certo incontrerò in qualche manifestazione di FI ora Popolo delle Libertà, ed anche in quella sede sarò contro di lui, appena mi sia dia - democraticamente e civilmente, cioè mai – la più piccola possibilità di esprimere un’opinione. Per fortuna, siamo ancora alla “guerra ideologica”. Speriamo di non dover mai conoscere la sua fase cruenta, anche se il combattimento spirituale delle idee è non meno devastante.
È con sommo rincrescimento che ho letto il suo articolo, stampato ahimé con i soldi dei poveri contribuenti. Almeno lo avesse pubblicato di tasca sua. Non se l’abbia a male: se lei non avesse scritto, io non avrei letto. Ed non avendo letto non sarei soggiaciuto all’impulso di esprimerle il mio dissenso e mi consenta... anche la mia disistima per quello che ha scritto ora ed in altre occasioni. Mi avvalgo del diritto di critica sancito dall’art. 21 della costituzione italiana ancora vigente.
Distintamente
Antonio Caracciolo
Università di Roma La Sapienza
(sono di quelli che non gradivano la visita del papa)
Antonio Caracciolo
Università di Roma La Sapienza
(sono di quelli che non gradivano la visita del papa)
Post Scriptum
Ho ricevuto una risposta privata di Arturo Diaconale. Il tenore è altamente offensivo ed ho risposto per le rime. La corrispondenza resta privata e non è pubblicabile. Resto quanto mai convinto delle mie ragioni di fondo, non personalistiche, ragioni che trovano sempre nuove conferme, fra cui in ultimo la consueta intervista settimanale di Bordin a Fiamma Nirenstein. Il cinismo con cui in certa stampa si assume come lecito e normale il quotidiano genocidio di un popolo trova qui in queste mie pubbliche prese di posizione solo una debole risposta. Ci vorrebbe ben altro, ma la nostra singola coscienza è tale da non consentire la tacita acquiescenza all’assassinio legalizzato. Moriranno, ma non sarà con il mio plauso e non aspetterò i libri di storia per sapere cosa sta succedendo, cosa che non saprà di certo mai da testate come quelle qui nominate.
2 commenti:
Professore, aspettiamo la sua risposta e quella di Scalea a questo post di Carancini:
http://andreacarancini.blogspot.com/2008/02/antonio-caracciolo-il-binario-morto.html
Sono appena ritornato da un viaggio in Calabria dove mi sono trattenuto giusto una settimana, in assenza di connessione internet. Dovendo occuparmi di mie faccende private, fra una cosa e l’altra mi sono dedicato ad una sola lettura: Karlheimz DESCHNER, Il gallo cantò ancora. Storia critica della chiesa.
All’età di 18 anni, dopo aver letto Feuerbach, redassi un atto di abiura, che fu controfirmato da due testimoni e quindi attaccato sul crocefisso in sacrestia.
Da allora i miei rapporti etici e filosofici con il mondo cattolico sono cessati. Sono soltanto continuati rapporti personali e civili, ma anche di profonda amicizia e rispetto con persone che si qualificavano davanti a me come cattolici, cosa per me peraltro del tutto ininfluente.
Nel caso di Carancini sono stato da lui raggiunto per telefono: in ultimo pretendeva perfino di censurarmi nelle mie opinioni e posizioni! Si è cioè sviluppato un certo confronto che alla fine si è rivelato del tutto infecondo.
In merito a fatti specifici esiste un'ampia corrispondenza privata, dove per chi ha interesse ad una ricostruzione dell'impossibilità di ogni ulteriore rapporto epistolare e telefonico è chiarito tutto quello che aveva bisogno di chiarimento. Non riesco a capire a chi possano interessare insulti e private incomprensioni.
Io non sono interessato ad una privata e pubblica polemica con Carancini né a Carancini devo rispondere sui miei impegni di lavoro ed i miei programmi culturali.
Se qualcosa ho imparato da questa storia, è che per il futuro sarà per me bene evitare rapporti con cattolici di simile specie, anzi di ogni specie: intolleranti, faziosi, privi di “carità cristiana”, ipocriti, stupidi, ignoranti. Svilupperò per l'occasione un altro mio blog: "Critica del cattolicesimo", dove mi leverò parecchi sassolini dalle scarpe.
Non credo di dover aggiungere altro e non raccoglierò altre provocazioni.
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