venerdì 1 febbraio 2008

Sapienza: gli studenti fuori, il papa dentro! - Comunicato del Rettore a riflettori spenti

Versione 1.0

Proprio ieri, un Lettore che non voleva porre in pubblico la domanda, per l’apprezzabile motivo di non dare esca a facili polemiche mi chiedeva la verità testimoniale su come si sono svolte le cose alla Sapienza nel giorno in cui avrebbe dovuto aver luogo la visita del papa, sostituita invece con la lettura del suo discorso, alla quale io non ho assistito perché giunto troppo. L’università era infatti occupata da un numero incredibile di poliziotti. Io entro abitualmente con la macchina dall’ingresso principale di Piazzale Aldo Moro. Questa volta non mi hanno fatto entrare né con la macchina né a piedi, pur qualificandomi io come un docente della Sapienza. Non mi dilungo ora in sofisticate analisi, ma richiama l’attenzione di chi leggo allo spettacolo della Sapienza inibita all’ingresso di docenti e Studenti. E che senso ha così un’università? Fatto grave ed inaudito in un’università è la presenza della polizia: questa non dovrebbe mai esserci. Questa mattina mi è anche giunto un comunicato del Rettore, rivolto a tutta la Comunità della Sapienza, cioè almeno 500o docenti, più gli amministrativi che non so quanti siano. Se nel concetto di Comunità sono poi conpresi anche gli Studenti allora andiamo sopra le 150.000 unità Il documento che riporto di seguito è interno e pubblico al testo stesso.
A tutti i componenti della Comunità della Sapienza

Credo sia necessario, ora che la discussione può svolgersi al nostro interno e nelle forme appropriate a uno scambio tra studiosi, riprendere in forma sintetica i fatti che hanno preceduto, accompagnato e seguito l'inaugurazione dell'anno accademico ed esprimere su questi le mie valutazioni.
Fin dalla prima comunicazione ufficiale, che reca la data del 17 marzo 2006, il Papa è stato invitato a intervenire a conclusione della cerimonia dell'inaugurazione dell'anno accademico. La partecipazione nella forma di una allocuzione è stata definitivamente concordata in un incontro il 31 ottobre 2007. Precedentemente era stato scelto il tema della giornata, ovvero l'impegno contro la pena capitale, anche a seguito di altre iniziative come la rassegna cinematografica autunnale e la raccolta di firme da parte degli studenti a sostegno della moratoria, ed era stato chiesto al professor Mario Caravale di svolgere la lezione magistrale.
La prima comunicazione al Senato accademico dell'iniziativa è avvenuta il 23 ottobre. Alcuni docenti hanno interpretato l'invito come invito a tenere la lezione magistrale, anche a seguito di un mero errore materiale riportato nella comunicazione sintetica degli uffici, e hanno trasmesso le proprie perplessità in forma scritta al Rettore, che ha risposto ai diversi interlocutori. Si è trattato di un assoluto equivoco: l'intervento di Benedetto XVI già nella prima stesura del programma era previsto dopo la conclusione della cerimonia accademica, come indica il protocollo in caso di presenza di capi di Stato nelle sedi accademiche. Sei anni fa il Papa aveva partecipato all'inaugurazione di Roma Tre nella stessa forma, senza che alcun docente contestasse né alcun giornale facesse da cassa di risonanza delle proteste, anche in quel caso minoritarie, di qualche gruppo studentesco.
Il 14 novembre il professor Marcello Cini ha espresso le sue critiche all'iniziativa in un articolo sul quotidiano il Manifesto (http://www.uniroma1.it/ufficiostampa/RassegnaStampa/archivio07/111407.pdf) al quale è stata data risposta sullo stesso giornale (http://www.uniroma1.it/ufficiostampa/RassegnaStampa/archivio07/112207.pdf).
Il 20 novembre ho comunicato al Senato che la data dell'inaugurazione dell'anno accademico era posticipata al 17 gennaio e ho precisato le modalità di svolgimento della giornata.
Qualche giorno più tardi, 67 docenti mi hanno inviato una lettera nella quale riprendevano le osservazioni critiche di Marcello Cini ed esprimendo legittimamente dissenso aggiungevano l'argomento dell'atteggiamento del Papa in relazione al processo a Galileo. Ho dialogato con diversi tra i firmatari della lettera, spiegando il contesto e il senso dell'invito rivolto al Pontefice.
Oltre un mese dopo, a ridosso della visita del Papa, il 10 gennaio, la lettera dei 67 docenti è ricomparsa su Repubblica a firma del professor Carlo Bernardini (http://www.uniroma1.it/ufficiostampa/RassegnaStampa/archivio08/011008.pdf); il giorno dopo è stata riportata una precisazione della Sapienza (http://www.uniroma1.it/ufficiostampa/RassegnaStampa/archivio08/011108.pdf), ma non la replica di Bernardini che metteva in evidenza l'incongruenza temporale dell'uscita della lettera sul quotidiano. Di qui è iniziata una escalation che ha portato ai fatti a tutti noti e infine alla decisione della Santa Sede di annullare la visita.
Da questa sequenza di atti, che propongo qui per trasparenza, con l'auspicio di doverla ripercorrere per l'ultima volta, emerge chiaramente come la vicenda abbia assunto significati e dimensioni non prevedibili. La sovraesposizione mediatica, probabilmente inevitabile considerata la portata dell'evento e l'entità dei temi in discussione, e la conseguente strumentalizzazione hanno finito per snaturare la discussione che era avvenuta all'interno della Sapienza, anche con la componente studentesca, togliendo autonomia e autorevolezza alle posizioni espresse dalla comunità universitaria. Deve essere ricordato che, sull'onda di una campagna stampa che ha aumentato a dismisura la visibilità dell'evento, in quei giorni venivano annunciate iniziative di contestazione di dubbio gusto; tra i promotori apparivano gruppi che solo in minima parte comprendono rappresentanze di studenti della Sapienza. Dai media veniva intanto prospettato un clima che in alcun modo corrispondeva a quanto percepibile dall'interno dell'Università e lo stesso annullamento della visita papale veniva letto dai commentatori come una mancanza di agibilità democratica della Sapienza e la nostra università descritta come un luogo non in grado di ospitare una figura di rilievo come il Papa.
L'auspicio è ora di poter considerare conclusa la vicenda e di volgerla al positivo. Ciò che è accaduto deve essere l'occasione per ribadire che la comunità accademica è per sua natura aperta al dialogo. Ho affermato in aula magna e ribadisco che il diritto di critica da parte di alcuni docenti era legittimo, così come le iniziative assunte da parte di alcuni gruppi di studenti in forme rispettose e adeguate all'ambiente universitario. Non si può dire altrettanto di alcuni interventi successivi che pretendevano di arrogarsi un diritto di veto o che nella forma diventavano lesivi del rispetto che tutta la comunità universitaria deve prima di tutto a sè.
Le difficoltà di questi giorni e il dissenso su alcune valutazioni, tuttavia, non hanno mai fatto venire meno in me l'apprezzamento per il lavoro scientifico e didattico con il quale tutti i colleghi - tra cui quelli della facoltà di Scienze - contribuiscono alle attività e al prestigio della Sapienza. Proprio a partire da ciò dobbiamo ora guardare avanti, rafforzare elaborazioni condivise, anche su temi difficili e, pur lasciando spazio all'espressione di punti di vista diversi che sono la nostra forza e la nostra ricchezza, riaffermare l'adesione ad un'impresa culturale comune di grande importanza, autorevolezza e autonomia quale è la Sapienza.

Con viva cordialità
SAPIENZA
Università di Roma
Renato Guarini
Il Rettore
Richiamo l’attenzione sui passi dove il Rettore, fortunatamente, riconosce come legittime le posizioni di dissenso. Ciò fa ben sperare, anche se le preoccupazioni non cessano per questo. Raccomando ai Lettori interessati la lettura del documenti sopra riportato. Mi riservo in seguito di svolgere su esso più approfondite analisi e riflessioni.

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