Una delle infinite conseguenze della distruzione del 1945 si chiama «Informazione Corretta». In America, gli studiosi Mearsheimer e Walt hanno documentato l’enorme e preponderante influenza della Israel lobby sulla politica estera americana. In Europa stiamo ancora peggio dovendo scontare non solo un'eguale condizionamento sulla politica estera, ma in pratica il totale annichilimento della nostra memoria storica e perfino l’ignominia sistematica gettata sulle generazioni precedenti. Orbene, ai tradizionalisti a senso unico che frequentano questo blog vorrei ricordare che quando viene reciso – per ragioni di comodo e per partigianeria politica o confessionale – il legame con il proprio passato, si è così dato un colpo di grazia alla propria identità. Non sto facendo apologia di un bel nulla, ma dico che nel passato si trova la totalità del nostro essere, con tutto ciò che ha di bene e di male, di positivo e di negativo. In un corpo non si può pretendere di amputare una sua parte e di lasciarne intatta un’altra. Il passato storico non può essere giudicato con le categorie di una morale di per sé opinabile e discutibile.
«Olocausto», «Giornate della Memoria», «Liberazioni» e simili sono tutte ricostruzioni di parte di un passato che non riguarda una sola parte, ma riguarda indistintamente tutti. Altro che “assassinio della memoria”! L’assassinio di cui si accusa altri è già stato abbondantemente praticato dai vari Naquet-vidal, il cui slogan è ampiamente circolato in una delle ricorrenti battute di caccia dei «Corretti Informatori», la nuova Coscienza Unica Autorizzata dell’Occidente Liberato. Per quanto riguarda il ’68, da me vissuto in Roma, da studente liceale ed universitario, resto del parere che fu un movimento fondamentalmente libertario. Nessuno voleva sopraffare nessuno ma ognuno voleva liberare tutti: come poterlo fare non era facile saperlo. E vi furono infiniti errori e frustrazioni, spesso prodotti con l'inganno di chi non aveva intenzione di liberare nessuno e voleva mantenere tutti in catene. Ai tanti cialtroni che per aver scritto qualche miserabile libro pretendono di assurgere a Voce di un'intera generazione, ovvero di mettere sotto accusa una generazione che non ha nella sua coscienza nessuna guerra (eccetto i sionisti che si riconoscono ancora oggi nella guerra israelian del 1967), posso opporre validamente la mia Memoria e per la quale in cui sono stato testimone e protagonista. Giù le mani dal 1968! Devo però ancora aggiungere che quella periodizzazione della mia vita si chiude con il 1978, anno che coincide con l'assassinio di Aldo Moro, il personaggio a tutti noto, ma anche mio professore di diritto penale nel 1972: la sua morte coincise con una mia riflessione sul problema della violenza, che per fortuna non mi aveva mai sfiorato in tutta la mia prassi politica di quegli anni. E credo che in molti furono risparmiati da questo flagello.
Già la chiamano "la nuova querelle degli storici": il richiamo è allo scontro sulle origini del nazismo, che decenni fa oppose il conservatore Ernst Nolte
[il quale diceva che non si poteva pensare il nazismo se non come risposta al bolscevismo]agli storici liberal. Oggi però, per la prima volta qui l´oggetto dello scontro è il Sessantotto: per Peter Schneider (di cui Repubblica ha anticipato ieri passi del suo nuovo libro in merito, Rebellion und Wahn, editore Kiepenheuer und Witsch) il Sessantotto fu una rivolta giovanile fallita perché soggiacque ai miti totalitari del comunismo, ma che comunque svecchiò la società tedesca.[Di tutte le società “liberate” quella tedesca è la più lobotomizzata. Il cervello di un tedesco medio è stato rivoltato come un calzino. È difficile parlare con lui se non armandosi di un'infinita pazienza]Per Goetz Aly,[ un autore di un altro libro, dispersosi in qualche angolo della mia biblioteca: lo stato sociali di Hitler, o qualcosa di simile, un libro finanziato per poter sostenere che se Hitler aveva fatto qualcosa che alleviava le condizioni di vita di gran parte dei tedeschi, che si trovarono aumentate cosniderevolmente le loro pensioni, costingendo i capitalisti-padroni a pagare le tasse, restava però sempre Hilter il Diavolo per antonomasia. Per lo stesso motivo, per aver detto che qualcosa di buono era stato fatto durante il nazismo, la giornalista tedesca Eva Hofman, è stata licenziata su due piedi. Sono queste le condizioni intelettuali e spirituali della nuova Germania liberata e rieducata, condizioni tali da far rimpiangere i tempi di Hitler e di Goebbels]ex sessantottino anche lui, gli studenti in piazza di quarant´anni fa furono nel caso tedesco una macabra riedizione dei giovani che negli anni Trenta sfilavano per Hitler.[E allora? Ogni generazione ha i suoi miti, allo stesso modo in cui nel 1968 in Europa si sfilava in nome di Mao. Carl Schmitt osservava che i tedeschi degli anni trenta il loro Mao lo avevano in patria, noi per lo meno lo avevamo in Cina. Ma oggi la Cina è diversa da quella del 1968 per fortuna senza aver subito nessuna “liberazione”. Nel 1968 in tutte le manifestazioni di piazza alle quali ho partecipato era sempre ricorrente la condanna alla guerra di aggressione americana al Medio Oriente. Nel 1967 in Medio Oriente Israele conduceva un'analoga guerra di aggressione contro i popoli arabi e musulmani. Oggi la prospettiva storica consente di riconoscere un identico disegno strategico: quello che è stato chiamato l’«imperialismo umanitario» in ogni angolo del mondo, salvo a scoprire presto che di “umanitario” un simile imperialismo non ha proprio nulla]
1968: ein irritierter Blick zurueck (1968: un irritato sguardo indietro), s´intitola il libro appena uscito di Goetz Aly per i tipi di Fischer Verlag, Francoforte. Lo storico, in gioventù, fu estremista di sinistra.[Se deve fare qualche autoanalisi, vada dal suo psichiatra, ma non pretenda di rappresentare quanto nel 1968 erano civilmente e politicamente impegnati. Vi furono da allora sbandati che andarono in tutte le direzioni ed oggi si trovano nelle posizioni più disparate, alcuni come Goetz Aly scrivono libri, altri non ne scrivono, ma Aly non ha nessun titolo per parlare a nome di quelli che non scrivono e potrebbero avere delle vedute ben diverse]Militò nelle Rote Zellen e poi persino nella Rote Hilfe, quel Soccorso rosso accusato di vicinanze con il terrorismo dei successivi anni di piombo.
La tesi di Goetz Aly è dura, tanto che la descrive come «unser Kampf», la nostra lotta. Pesante allusione al Mein Kampf di Adolf Hitler.[una buona volta, forse fra 100 anni, quando sarà finista la cappa della censura olocaustica, anche Hitler potrà venir considerato sotto il profilo storico. Non è da Goetz Aly che potremo aspettarci un simile “revisionismo storico”]La rabbia assertiva giovanile, con antisemitismo e antioccidentalismo latente o meno, secondo lui in Germania ebbe caratteri specifici tedeschi. Diversi dal Sessantotto negli Usa, in Francia, a Varsavia o nella Praga di Dubcek. Anche i giovani nazisti, egli sostiene, amavano le Wohngemeinschaften, le comuni abitative, ed esaltavano il sesso. Anche Goebbels, prima di Rudi Dutschke, chiese la formazione di una nuova coscienza rivoluzionaria. Anche i giovani nazisti nel ‘33 dividevano il mondo tra loro, veri uomini, e i nemici, borghesi di vario colore.[Pezzo di imbecille con patente di storico stipendiato! ma possibile che tu ti debba servire come metro di giudizio storico di un assunto becero e moralistico per ogni altri evento storico? E quand'anche fosse non ti accorgi che l'analogia che si ripete finisce per neutralizzare il pregiudizio moralistico da cui sei partito?]Per fortuna, dice Aly, il Sessantotto uscì sconfitto.
[Che fortuna! In Italia ne hanno tratto grande beneficio i ladri scoperti solo negli anni 90 da una magistratura che non poteva continuare a non vedere! Per la Germania non saprei, ma di certo sono usciti esseri alati]Ma ha lasciato strascichi negativi. Slogan quali «High sein, frei sein, Terror muss da sein» (essere esaltati, essere liberi, occorre il Terrore). O l´omertà tra molti ex compagni, per cui ancora oggi alcuni delitti terroristi sono casi irrisolti.
Critica, e duramente, verso la degenerazione ideologica totalitaria del Sessantotto è la posizione di Schneider, esposta ieri su Repubblica. Cedendo ai dogmi stalinisti in chiave sentimentale la rivolta perse la sua innocenza. Eppure, egli ammonisce, dallo scontro tra una democrazia importata da Usa e Uk e contaminata dalla presenza di ex nazisti nell´establishment, e quella rivolta giovanile, è nata la società civile più aperta e vivace della Storia tedesca. Il dibattito è aperto, quarant´anni dopo.
Il brano è ripreso da «Informazione Corretta» che lo riprende dalla Repubblica del 19 febbraio. Vi è da aspettarsi la solfa abituale dei nostri «amici», che abbiamo ormai imparato a conoscere fin nel fondo della loro anima. Ritorneremo sulle loro versioni di parte, appena se ne darà il caso, limitando le nostre osservazioni a questo solo post, che avrà gli abituali aggiornamenti.
Nessun commento:
Posta un commento