Status: 22.10.08
Ai miei Cinque e cari lettori di un tempo porgo alla loro attenzione, perché come cittadini si mobilitino come possono, questo allarme che viene da parte di Paolo Barnad, che ho imparato a conoscere e stimare trovando quasi per caso in libreria un libro avidamente letto ed ampiamente commentato e riportato in questo Blog, che non è specializzato sui temi revisionistici (non è un blog di storia) ma è invece sensibile ai temi della libertà, ovvero delle infinite forme in cui viene violata e conculcata ogni giorno. Questo Blog ha carattere laico, liberale, democratico, trasversale, interpartitico. In esso hanno spazio tutte le voci purché ognuna sappia usare le sole armi della logica ed abbia rispetto per la libertà e dignità altrui. Nessuno può qui credere di possedere in esclusiva la Verità e di poter chiudere la bocca ai miscredenti: vadano altrove costoro. Ci riconosciamo invece in persone coraggiose come Paolo Barnard, al quale esprimo la mia solidarietà e su cui cercherò di mantenermi informato e di informare.
Ho cercato di capire perché mai i Legali di Paolo Barnard gli abbiano sconsigliato la diffusione della sua lettera denuncia. La risposta la si trova verso la fine ed è fornita dallo stesso Barnard, che teme una nuova denuncia da parte della RAI (di cui ahimé pago il canone per imposizione di di legge e per il solo fatto di possedere un televisore!). Non so se in questo paese, patria del diritto e del suo contrario, questo rischio si estenda anche a quanti raccolgono l’accorato appello di Paolo Barnard. Da parte nostra ci premuniamo dichiarandoci pienamente disponibili a pubblicare con tutta evidenza ogni contradditorio che dovesse pervenirci da parte della RAI o di Terzi.
Ecco qui un aspetto generale della libertà di espressione, che non è tutta concentrata sul problema del revisionismo storico, o su Israele, ma incombe su ogni persona che certo di conoscere una verità, pensando di divulgarla, si trova immediatamente imbavagliato dagli Studi Legali dei potenti che possono spendere anche miliardi di lire non per vincere una causa, ma per perderla sapendo di perderla. Ricordo a questo proposito un mio amico, defunto, ma avvocato di fama internazionale, il quale una volta mi raccontò di un suo ricchissimo cliente italiano (non ne faccio il nome per prudenza, mai troppa di questi tempi), il quale voleva che si facesse causa. Il mio amico rispose che quella causa non si poteva vincere e che quindi era meglio non iniziarla. Il cliente gli rispose che per ragioni politiche quella causa doveva essere iniziata, anche se la si sarebbe persa. Il mio amico, valente avvocato di rango internazionale, rispose che non gli piaceva essere un avvocato delle cause perse, ma tuttavia riconosceva al torto il diritto di essere rappresentato. E naturalmente la sua parcella sarebbe stata raddoppiata in quanto veniva compromessa la sua reputazione di avvocato che vinceva sempre le sue cause.
Tornando ora al nostro amico Paolo Barnard, possiamo ben capire a cosa va incontro un giornalista coraggioso quando si imbatte in Potenti che possono anche permettersi di perdere le cause, ben sapendo che un normale cittadino non può affrontare i costi crescenti della cosiddetta Giustizia, che è in pratica un appannaggio dei potenti. Il problema della libertà del pensiero e dell'informazione ovvero della sua censura ha una raffinatezza ed una maggiore efficacia sconosciuta a nazismo e fascismo, che pure vengono citati come negazione antonomastica di ogni libertà.
Scoraggiati e depressi per la nostra singola ed individuale impotenza, esprimiamo tutta la nostra simpatia umana a Paolo Barnard, restando a sua disposizione per tutto quanto nelle nostre modeste possibilità.
Fonte: Mediazione
Paolo Barnard è sotto processo pr un servizio curato per Report. Paolo Barnard è stato lasciato solo a subirne le conseguenze legali. Nell’editoriale di presentazione di questo blog, “Mediatori d’odio”, ci auguravamo che ci fossero refusenik anche tra i giornalisti: Paolo lo è, da sempre. Evidentemente, altri, famosi e ammirati no. Evidentemente per altre, famose ed ammirate, la coerenza è un optional: da conservare con il celophan.
Pubblichiamo, su sua richiesta e nonostante sia stato sconsigliato dal suo legale, quanto Paolo Barnard vuole sia portato a conoscenza. Noi siamo e saremo a lui accanto, come lo siamo e lo saremo con Mohammed Bakri e con tutti coloro per cui informare e comunicare sono semplicemente volontà di ricerca e condivisione delle conoscenze.
Cari amici e amiche impegnati a dare una pennellata di decenza al nostro Paese, eccovi una forma di censura nell’informazione di cui non si parla mai. E’ la peggiore, poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi dell’appoggio dell’indignazione pubblica, non ci si può difendere. Questa censura sta di fatto paralizzando l’opera di denuncia dei misfatti sia italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti ‘fuori dal coro’.
Si tratta, in sintesi, dell’abbandono in cui i nostri editori spesso ci gettano al primo insorgere di contenziosi legali derivanti delle nostre inchieste ‘scomode’. Come funziona e quanto sia pericoloso questo fenomeno per la libertà d’informazione ve lo illustro citando il mio caso.
Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la società civile italiana, per cui vi prego di leggere fino in fondo il breve racconto.
Per la trasmissione Report di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando tutto me stesso fin dal primo minuto della sua messa in onda nel 1994, feci fra le altre un’inchiesta contro la criminosa pratica del comparaggio farmaceutico, trasmessa l’11/10/2001 (”Little Pharma & Big Pharma”). Col comparaggio (reato da art. 170 leggi pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche tentano di corrompere i medici con regali e congressi di lusso in posti esotici per ottenere maggiori prescrizioni dei loro farmaci, e questo avviene ovviamente con gravissime ripercussioni sulla comunità (il prof. Silvio Garattini ha dichiarato: “Dal 30 al 50% di medicine prescritte non necessarie”) e spesso anche sulla nostra salute (uno dei tanti esempi è il farmaco Vioxx, prescritto a man bassa e a cui sono stati attribuiti da 35 a 55.000 morti nei soli USA).
L’inchiesta fu giudicata talmente essenziale per il pubblico interesse che la RAI la replicò il 15/2/2003.
Per quella inchiesta io, la RAI e Milena Gabanelli fummo citati in giudizio il 16/11/2004(1) da un informatore farmaceutico che si ritenne danneggiato dalle rivelazioni da noi fatte. Il lavoro era stato accuratamente visionato da uno dei più alti avvocati della RAI prima della messa in onda, il quale aveva dato il suo pieno benestare.
Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale. Per 10 anni Milena Gabanelli mi aveva assicurato che in questi casi io (come gli altri redattori) sarei stato difeso dalla RAI, e dunque di non preoccuparmi(2). La natura dirompente delle nostre inchieste giustificava la mia preoccupazione. Mi fidai, e per anni non mi risparmiai nei rischi.
All’atto di citazione in giudizio, la RAI e Milena Gabanelli mi abbandonano al mio destino. Non sarò affatto difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli sarà invece ampiamente difesa da uno degli studi legali più prestigiosi di Roma, lo stesso che difende la RAI in questa controversia legale.(3) Ma non solo.
La linea difensiva dell’azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli sarà di chiedere ai giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni eventuale misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di sentenza avversa.(4)
E questo per un’inchiesta di pubblico interesse da loro (RAI-Gabanelli) voluta, approvata, trasmessa e replicata.*
*(la RAI può tecnicamente fare questo in virtù di una clausola contenuta nei contratti che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter lavorare, la clausola cosiddetta di manleva(5), dove è sancita la sollevazione dell’editore da qualsiasi responsabilità legale che gli possa venir contestata a causa di un nostro lavoro. Noi giornalisti non abbiamo scelta, dobbiamo firmarla pena la perdita del lavoro commissionatoci, ma come ho già detto l’accordo con Milena Gabanelli era moralmente ben altro, né è moralmente giusificabile l’operato della RAI in questi casi).
Sono sconcertato. Ma come? Lavoro per RAI e Report per 10 anni, sono anima e corpo con l’impresa della Gabanelli, faccio in questo caso un’inchiesta che la RAI stessa esibisce come esemplare, e ora nel momento del bisogno mi voltano le spalle con assoluta indifferenza. E non solo: lavorano compatti contro di me.
La prospettiva di dover sostenere spese legali per anni, e se condannato di dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi è angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi posso permettere.
Ma al peggio non c’è limite. Il 18 ottobre 2005 ricevo una raccomandata. La apro. E’ un atto di costituzione in mora della RAI contro di me. Significa che la RAI si rifarà su di me nel caso perdessimo la causa. Recita il testo: “La presente pertanto vale come formale costituzione in mora del dott. Paolo Barnard per tutto quanto la RAI s.p.a. dovesse pagare in conseguenza dell’eventuale accoglimento della domada posta dal dott. Xxxx (colui che ci citò in giudizio, nda) nei confronti della RAI medesima”.(6)
Nel leggere quella raccomandata provai un dolore denso, nell’incredulità.
Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara estranea alla cosa. La sollecito a intervenire presso la RAI, e magari anche pubblicamente, contro questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte all’evidenza, la Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che “la rivalsa che ti era stata fatta (dalla RAI contro di me, nda) è stata lasciata morire in giudizio… è una lettera extragiudiziale dovuta, ma che sarà lasciata morire nel giudizio in corso… Finirà tutto in nulla.”(7)
Non sarà così, e non è così oggi: giuridicamente parlando, quell’atto di costituzione in mora è ancora valido, eccome. Non solo, Milena Gabanelli non ha mai preso posizione pubblicamente contro quell’atto, né si è mai dissociata dalla linea di difesa della RAI che è interamente contro di me, come sopra descritto, e come dimostrano gli ultimi atti del processo in corso.(8)
Non mi dilungo. All’epoca di questi fatti avevo appena lasciato Report, da allora ho lasciato anche la RAI. Non ci sarà mai più un’inchiesta da me firmata sull’emittente di Stato, e non mi fido più di alcun editore. Non mi posso permette di perdere l’unica casa che posseggo o di vedere il mio incerto reddito di freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato a me stesso da coloro che si fregiavano delle mie inchieste ‘coraggiose’. Questa non è una mia mancanza di coraggio, è realismo e senso di responsabilità nei confronti soprattutto dei miei cari.
Così la mia voce d’inchiesta è stata messa a tacere. E qui vengo al punto cruciale: siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo.
Ecco come funziona la vera “scomparsa dei fatti”, quella che voi non conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si usano, invece degli ‘editti bulgari’, i tribunali in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti tecnicamente ineccepibili, ma moralmente assai meno.
Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a dire il vero, operata da parte di chiunque venga colto nel malaffare, attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto permessa dal comportamento degli editori.
Gli editori devono difendere i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e devono impegnarsi a togliere le clausole di manleva dai contratti che, lo ribadisco, siamo obbligati a firmare per poter lavorare.
Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali dei media, che di fatto decidono quello che voi verrete a sapere, giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità.
Questo bavaglio ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di qualsiasi politico o servo del Sistema.
Posso solo chiedervi di diffondere con tutta l’energia possibile questa realtà, via mailing lists, siti, blogs, parlandone. Ma ancor più accorato è il mio appello affinché voi non la sottovalutiate.
In ultimo. E’ assai probabile che verrò querelato dalla RAI e dalla signora Gabanelli per questo mio grido d’allarme, e ciò non sarà piacevole per me.
Hanno imbavagliato la mia libertà professionale, ma non imbavaglieranno mai la mia coscienza, perché quello che sto facendo in queste righe è dire la verità per il bene di tutti. Spero solo che serva.
Grazie di avermi letto.
Note:
1) Tribunale civile di Roma, Atto di citazione, 31095, Roma 10/11/2004.
2) Fatto su cui ho più di un testimone pronto a confermarlo.
3) Nel volume “Le inchieste di Report” (Rizzoli BUR, 2006) Milena Gabanelli eroicamente afferma: “…alle nostre spalle non c’è un’azienda che ci tuteli dalle cause civili”. Prendo atto che il prestigioso studio legale del Prof. Avv. Andrea Di Porto, Ordinario nell’Università di Roma La Sapienza, difende in questo dibattimento sia la RAI che Milena Gabanelli. Ma non me.
4) Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N. 83757/2004, Roma 30/6/2005: “Per tutto quanto argomentato la RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa Milena Gabanelli chiedono che l’Illustrissimo Tribunale adìto voglia:…porre a carico del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza risarcitoria…”.
5) Un esempio di questa clausola tratto da un mio contratto con la RAI: “Lei in qualità di avente diritto… esonera la RAI da ogni responsabilità al riguardo obbligandosi altresì a tenerci indenni da tutti gli oneri di qualsivoglia natura a noi eventualmente derivanti in ragione del presente accordo, con particolare riferimento a quelli di natura legale o giudiziaria”.
6) Raccomandata AR n. 12737143222-9, atto di costituzione in mora dallo Studio Legale Di Porto per conto della RAI contro Paolo Barnard, Roma, 3/10/2005.
7) Email da Milena Gabanelli a Paolo Barnard, 15/11/2005, 09:39:18
8- Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima, Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: “la parte convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle note del 30/6/2005…”. (si veda nota 4)
1. Mirumir. Con risposta a Barnard di Milena Gabanelli.
2. Mega Chip: Milena Gabanelli risponde a Paolo Barnard.
3. Risposta di Paolo Barnard a Milena Gabanelli.
4. Aggiornamenti da Dazebao.
5. Sviluppi.
6. Nuove da Paolo Barnard: ci dice cosa possiamo fare.
7. Paolo Barnard in Rete. Cliccando sul link si accede direttamente al sito di Paolo Barnard, dove si potranno trovare direttamente le notizie che lo riguardano e che però riguardano anche tutti noi.
Ho cercato di capire perché mai i Legali di Paolo Barnard gli abbiano sconsigliato la diffusione della sua lettera denuncia. La risposta la si trova verso la fine ed è fornita dallo stesso Barnard, che teme una nuova denuncia da parte della RAI (di cui ahimé pago il canone per imposizione di di legge e per il solo fatto di possedere un televisore!). Non so se in questo paese, patria del diritto e del suo contrario, questo rischio si estenda anche a quanti raccolgono l’accorato appello di Paolo Barnard. Da parte nostra ci premuniamo dichiarandoci pienamente disponibili a pubblicare con tutta evidenza ogni contradditorio che dovesse pervenirci da parte della RAI o di Terzi.
Ecco qui un aspetto generale della libertà di espressione, che non è tutta concentrata sul problema del revisionismo storico, o su Israele, ma incombe su ogni persona che certo di conoscere una verità, pensando di divulgarla, si trova immediatamente imbavagliato dagli Studi Legali dei potenti che possono spendere anche miliardi di lire non per vincere una causa, ma per perderla sapendo di perderla. Ricordo a questo proposito un mio amico, defunto, ma avvocato di fama internazionale, il quale una volta mi raccontò di un suo ricchissimo cliente italiano (non ne faccio il nome per prudenza, mai troppa di questi tempi), il quale voleva che si facesse causa. Il mio amico rispose che quella causa non si poteva vincere e che quindi era meglio non iniziarla. Il cliente gli rispose che per ragioni politiche quella causa doveva essere iniziata, anche se la si sarebbe persa. Il mio amico, valente avvocato di rango internazionale, rispose che non gli piaceva essere un avvocato delle cause perse, ma tuttavia riconosceva al torto il diritto di essere rappresentato. E naturalmente la sua parcella sarebbe stata raddoppiata in quanto veniva compromessa la sua reputazione di avvocato che vinceva sempre le sue cause.
Tornando ora al nostro amico Paolo Barnard, possiamo ben capire a cosa va incontro un giornalista coraggioso quando si imbatte in Potenti che possono anche permettersi di perdere le cause, ben sapendo che un normale cittadino non può affrontare i costi crescenti della cosiddetta Giustizia, che è in pratica un appannaggio dei potenti. Il problema della libertà del pensiero e dell'informazione ovvero della sua censura ha una raffinatezza ed una maggiore efficacia sconosciuta a nazismo e fascismo, che pure vengono citati come negazione antonomastica di ogni libertà.
Scoraggiati e depressi per la nostra singola ed individuale impotenza, esprimiamo tutta la nostra simpatia umana a Paolo Barnard, restando a sua disposizione per tutto quanto nelle nostre modeste possibilità.
Antonio Caracciolo
Fonte: Mediazione
Paolo Barnard è sotto processo pr un servizio curato per Report. Paolo Barnard è stato lasciato solo a subirne le conseguenze legali. Nell’editoriale di presentazione di questo blog, “Mediatori d’odio”, ci auguravamo che ci fossero refusenik anche tra i giornalisti: Paolo lo è, da sempre. Evidentemente, altri, famosi e ammirati no. Evidentemente per altre, famose ed ammirate, la coerenza è un optional: da conservare con il celophan.
Pubblichiamo, su sua richiesta e nonostante sia stato sconsigliato dal suo legale, quanto Paolo Barnard vuole sia portato a conoscenza. Noi siamo e saremo a lui accanto, come lo siamo e lo saremo con Mohammed Bakri e con tutti coloro per cui informare e comunicare sono semplicemente volontà di ricerca e condivisione delle conoscenze.
CENSURA ‘LEGALE’
Cari amici e amiche impegnati a dare una pennellata di decenza al nostro Paese, eccovi una forma di censura nell’informazione di cui non si parla mai. E’ la peggiore, poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi dell’appoggio dell’indignazione pubblica, non ci si può difendere. Questa censura sta di fatto paralizzando l’opera di denuncia dei misfatti sia italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti ‘fuori dal coro’.
Si tratta, in sintesi, dell’abbandono in cui i nostri editori spesso ci gettano al primo insorgere di contenziosi legali derivanti delle nostre inchieste ‘scomode’. Come funziona e quanto sia pericoloso questo fenomeno per la libertà d’informazione ve lo illustro citando il mio caso.
Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la società civile italiana, per cui vi prego di leggere fino in fondo il breve racconto.
Per la trasmissione Report di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando tutto me stesso fin dal primo minuto della sua messa in onda nel 1994, feci fra le altre un’inchiesta contro la criminosa pratica del comparaggio farmaceutico, trasmessa l’11/10/2001 (”Little Pharma & Big Pharma”). Col comparaggio (reato da art. 170 leggi pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche tentano di corrompere i medici con regali e congressi di lusso in posti esotici per ottenere maggiori prescrizioni dei loro farmaci, e questo avviene ovviamente con gravissime ripercussioni sulla comunità (il prof. Silvio Garattini ha dichiarato: “Dal 30 al 50% di medicine prescritte non necessarie”) e spesso anche sulla nostra salute (uno dei tanti esempi è il farmaco Vioxx, prescritto a man bassa e a cui sono stati attribuiti da 35 a 55.000 morti nei soli USA).
L’inchiesta fu giudicata talmente essenziale per il pubblico interesse che la RAI la replicò il 15/2/2003.
Per quella inchiesta io, la RAI e Milena Gabanelli fummo citati in giudizio il 16/11/2004(1) da un informatore farmaceutico che si ritenne danneggiato dalle rivelazioni da noi fatte. Il lavoro era stato accuratamente visionato da uno dei più alti avvocati della RAI prima della messa in onda, il quale aveva dato il suo pieno benestare.
Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale. Per 10 anni Milena Gabanelli mi aveva assicurato che in questi casi io (come gli altri redattori) sarei stato difeso dalla RAI, e dunque di non preoccuparmi(2). La natura dirompente delle nostre inchieste giustificava la mia preoccupazione. Mi fidai, e per anni non mi risparmiai nei rischi.
All’atto di citazione in giudizio, la RAI e Milena Gabanelli mi abbandonano al mio destino. Non sarò affatto difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli sarà invece ampiamente difesa da uno degli studi legali più prestigiosi di Roma, lo stesso che difende la RAI in questa controversia legale.(3) Ma non solo.
La linea difensiva dell’azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli sarà di chiedere ai giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni eventuale misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di sentenza avversa.(4)
E questo per un’inchiesta di pubblico interesse da loro (RAI-Gabanelli) voluta, approvata, trasmessa e replicata.*
*(la RAI può tecnicamente fare questo in virtù di una clausola contenuta nei contratti che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter lavorare, la clausola cosiddetta di manleva(5), dove è sancita la sollevazione dell’editore da qualsiasi responsabilità legale che gli possa venir contestata a causa di un nostro lavoro. Noi giornalisti non abbiamo scelta, dobbiamo firmarla pena la perdita del lavoro commissionatoci, ma come ho già detto l’accordo con Milena Gabanelli era moralmente ben altro, né è moralmente giusificabile l’operato della RAI in questi casi).
Sono sconcertato. Ma come? Lavoro per RAI e Report per 10 anni, sono anima e corpo con l’impresa della Gabanelli, faccio in questo caso un’inchiesta che la RAI stessa esibisce come esemplare, e ora nel momento del bisogno mi voltano le spalle con assoluta indifferenza. E non solo: lavorano compatti contro di me.
La prospettiva di dover sostenere spese legali per anni, e se condannato di dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi è angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi posso permettere.
Ma al peggio non c’è limite. Il 18 ottobre 2005 ricevo una raccomandata. La apro. E’ un atto di costituzione in mora della RAI contro di me. Significa che la RAI si rifarà su di me nel caso perdessimo la causa. Recita il testo: “La presente pertanto vale come formale costituzione in mora del dott. Paolo Barnard per tutto quanto la RAI s.p.a. dovesse pagare in conseguenza dell’eventuale accoglimento della domada posta dal dott. Xxxx (colui che ci citò in giudizio, nda) nei confronti della RAI medesima”.(6)
Nel leggere quella raccomandata provai un dolore denso, nell’incredulità.
Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara estranea alla cosa. La sollecito a intervenire presso la RAI, e magari anche pubblicamente, contro questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte all’evidenza, la Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che “la rivalsa che ti era stata fatta (dalla RAI contro di me, nda) è stata lasciata morire in giudizio… è una lettera extragiudiziale dovuta, ma che sarà lasciata morire nel giudizio in corso… Finirà tutto in nulla.”(7)
Non sarà così, e non è così oggi: giuridicamente parlando, quell’atto di costituzione in mora è ancora valido, eccome. Non solo, Milena Gabanelli non ha mai preso posizione pubblicamente contro quell’atto, né si è mai dissociata dalla linea di difesa della RAI che è interamente contro di me, come sopra descritto, e come dimostrano gli ultimi atti del processo in corso.(8)
Non mi dilungo. All’epoca di questi fatti avevo appena lasciato Report, da allora ho lasciato anche la RAI. Non ci sarà mai più un’inchiesta da me firmata sull’emittente di Stato, e non mi fido più di alcun editore. Non mi posso permette di perdere l’unica casa che posseggo o di vedere il mio incerto reddito di freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato a me stesso da coloro che si fregiavano delle mie inchieste ‘coraggiose’. Questa non è una mia mancanza di coraggio, è realismo e senso di responsabilità nei confronti soprattutto dei miei cari.
Così la mia voce d’inchiesta è stata messa a tacere. E qui vengo al punto cruciale: siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo.
Ecco come funziona la vera “scomparsa dei fatti”, quella che voi non conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si usano, invece degli ‘editti bulgari’, i tribunali in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti tecnicamente ineccepibili, ma moralmente assai meno.
Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a dire il vero, operata da parte di chiunque venga colto nel malaffare, attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto permessa dal comportamento degli editori.
Gli editori devono difendere i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e devono impegnarsi a togliere le clausole di manleva dai contratti che, lo ribadisco, siamo obbligati a firmare per poter lavorare.
Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali dei media, che di fatto decidono quello che voi verrete a sapere, giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità.
Questo bavaglio ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di qualsiasi politico o servo del Sistema.
Posso solo chiedervi di diffondere con tutta l’energia possibile questa realtà, via mailing lists, siti, blogs, parlandone. Ma ancor più accorato è il mio appello affinché voi non la sottovalutiate.
In ultimo. E’ assai probabile che verrò querelato dalla RAI e dalla signora Gabanelli per questo mio grido d’allarme, e ciò non sarà piacevole per me.
Hanno imbavagliato la mia libertà professionale, ma non imbavaglieranno mai la mia coscienza, perché quello che sto facendo in queste righe è dire la verità per il bene di tutti. Spero solo che serva.
Grazie di avermi letto.
Paolo Barnard
dpbarnard@libero.it
dpbarnard@libero.it
Note:
1) Tribunale civile di Roma, Atto di citazione, 31095, Roma 10/11/2004.
2) Fatto su cui ho più di un testimone pronto a confermarlo.
3) Nel volume “Le inchieste di Report” (Rizzoli BUR, 2006) Milena Gabanelli eroicamente afferma: “…alle nostre spalle non c’è un’azienda che ci tuteli dalle cause civili”. Prendo atto che il prestigioso studio legale del Prof. Avv. Andrea Di Porto, Ordinario nell’Università di Roma La Sapienza, difende in questo dibattimento sia la RAI che Milena Gabanelli. Ma non me.
4) Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N. 83757/2004, Roma 30/6/2005: “Per tutto quanto argomentato la RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa Milena Gabanelli chiedono che l’Illustrissimo Tribunale adìto voglia:…porre a carico del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza risarcitoria…”.
5) Un esempio di questa clausola tratto da un mio contratto con la RAI: “Lei in qualità di avente diritto… esonera la RAI da ogni responsabilità al riguardo obbligandosi altresì a tenerci indenni da tutti gli oneri di qualsivoglia natura a noi eventualmente derivanti in ragione del presente accordo, con particolare riferimento a quelli di natura legale o giudiziaria”.
6) Raccomandata AR n. 12737143222-9, atto di costituzione in mora dallo Studio Legale Di Porto per conto della RAI contro Paolo Barnard, Roma, 3/10/2005.
7) Email da Milena Gabanelli a Paolo Barnard, 15/11/2005, 09:39:18
8- Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima, Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: “la parte convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle note del 30/6/2005…”. (si veda nota 4)
APPENDICE
Altri siti e blog dove è stata pubblicata la lettera di Paolo Barnard. Segnalo solo i links collegati di cui mi giunge notizia. Prenderà posizione, se occorre, solo dopo esser ben certo di avere piena cognizione di causa. Per adesso, non avevo bisogno dell’allarme di Paolo Barnard per sapere quanto sia manchevole il nostro sistema di informazione. A Paolo Barnard, comunque vadano le cose, resta la mia stima e solidarietà di concittadino di uno stesso infelice Paese.1. Mirumir. Con risposta a Barnard di Milena Gabanelli.
2. Mega Chip: Milena Gabanelli risponde a Paolo Barnard.
3. Risposta di Paolo Barnard a Milena Gabanelli.
4. Aggiornamenti da Dazebao.
5. Sviluppi.
6. Nuove da Paolo Barnard: ci dice cosa possiamo fare.
7. Paolo Barnard in Rete. Cliccando sul link si accede direttamente al sito di Paolo Barnard, dove si potranno trovare direttamente le notizie che lo riguardano e che però riguardano anche tutti noi.
Nessun commento:
Posta un commento