L’articolo esce in data odierna del 6 luglio 2016 su Libero. Trattasi o non di un “siluro” come recita il titolo redazionale ad effetto l'articolo di Becchi esprimo un disagio reale che è interno allo stesso M5s, ossia al Movimento di quegli attivisti storici che non solo vedono la trasformazione da Movimento in Partito ma assistono anche a un progressivo cambiamento della stessa militanza del M5s, segnata da espulsioni e abbandoni. Il motivo è la mancanza di chiarezza nella linea politica: prima si dice una cosa e si indicano obiettivi sui quali tanto si discute, poi con una giravolta si cambia di 360* e si pretende che nulla sia cambiato. Se la strategia è la conquista del potere per il potere, ciò non è rassicurante perché bisogna sapere cosa farci con il potere non il giorno dopo, ma il giorno prima della sua conquista. È indubbio che il M5s al momento procede di successo in successo, ma è un successo regalato dal disfacimento del vecchio assetto politico. Senza una chiara ed onesta strategia la successione di potere non è rassicurante. Quanto sta succedendo in Roma è piuttosto preoccupante, ma non vogliamo fare proprio noi la professione di gufi.
AC
Ciò che sta accadendo a Roma con il sindaco pentastellato non è certo esaltante e, ahimè, conferma che oramai ci troviamo di fronte ad un partito come gli altri e con gli stessi problemi degli altri. Lotte tra correnti, «dossieraggi», e in più, nel caso specifico, mancanza di autonomia del sindaco, costretto a rinunciare a scelte fatte perché il suo impegno è vincolato da un contratto con la Casaleggio & Associati che dirige lo «staff di Grillo» (e che poi è la stessa cosa). È una vergogna: un sindaco eterodiretto ma sempre meglio di un ladro, a questo siamo giunti in Italia e bisogna abituarcisi. Più difficile, considerato il casino che sta succedendo in Europa, è però abituarsi alle giravolte del Movimento sulla moneta unica.
Dopo le elezioni europee, sembrava che il M5S avesse ormai chiarito definitivamente la propria posizione: una proposta di legge di iniziativa popolare per indire un referendum consultivo sull’euro. Grillo ad ottobre 2014 annuncia: «Dobbiamo uscire dall’euro il prima possibile. Raccoglieremo un milione di firme in sei mesi e le porteremo in Parlamento. Chiederemo un referendum consultivo per dire la nostra opinione». Un mese più tardi, ripete: «La cosa straordinaria sarà questa: noi adesso indiciamo con una legge popolare, 50mila firme ci vogliono, noi porteremo invece di 50mila firme, 3-4 milioni di firme, e la legge popolare non ha, il parlamento non ha vincolo di discuterla, come non hanno discusso le nostre 350mila firme del V Day, le hanno messe in magazzino, questa volta anche, il parlamento non è obbligato a discuterla, però 3 milioni di firme con 150 parlamentari che si alzeranno lì e la discuteranno».
Poi, l’annuncio del primo passo concreto: le firme raccolte per la presentazione della legge di iniziativa popolare risultano essere state soltanto 200.000 (forse addirittura meno). Il che però non significa che non bastino per un disegno di iniziativa popolare (ne sono sufficienti 50.000). E, infatti, il 17 giugno 2015, dal Blog di Grillo i parlamentari 5 stelle annunciano: «Inizia il percorso della legge di iniziativa popolare sull’euro! La proposta di iniziativa popolare del M5S per un referendum consultivo sull’euro è stata ufficialmente annunciata al Senato nella seduta pomeridiana di ieri, martedì 16 giugno». Si va avanti, dunque. E invece no.
Qualcosa cambia. Di Maio comincia a girare mezza Europa, rassicura il mondo finanziario, e si ritrova pure a pranzo con i membri della commissione Trilateral, in compagnia cioè di personaggi - come l’ex rettore della Bocconi - che un grillino «della prima ora» difficilmente avrebbe frequentato. E il referendum sull’euro? Si farà, forse, ma non si sa più esattamente quando. «All’inizio siamo stati troppo duri sull’Europa», dice a marzo scorso Di Maio. In ogni caso, spiega, «nessuna uscita dalla Ue».
Senza voler fare del complottismo sembra che dal «rigor montis» si stia passando ad una sorta di montizzazione del M5S il quale, ormai, in Europa sostiene la stessa posizione di Monti. È nota l’opinione di quest’ultimo: l’Ue «cerca solo di difenderci da abusi di Stati nazionali». E quella del M5S? A sentire David Borrelli, non è molto diversa: «Il vero problema dell’Ue sono i governi nazionali». Ora, Borrelli non è uno qualunque, uno che parla a «titolo personale»: è un fedelissimo della Casaleggio Associati - tanto da essere stato inserito nella guida della piattaforma di Rousseau. Ma, a sottolineare l’ambiguità della posizione del M5S, basta la «piccola modifica» che è comparsa su uno dei post del Blog di Grillo, in cui si discuteva del problema dell’euro. Nella prima versione, si afferma la necessità di negoziare condizioni favorevoli con l’Ue, tanto da prospettare persino un referendum sulla permanenza dell’Italia nell’Ue. Nella seconda, non solo si nega decisamente la possibilità di abbandonare l’Unione, ma non si cita minimamente l’abbandono dell’euro.
Insomma: trascuriamo pure la posizione sulla Ue, a noi sembra che la posizione attuale sulla moneta unica sia tutt’altro che chiara e per questo chiediamo pubblicamente a Di Maio di chiarirla. Ma chiediamo soprattutto a Di Maio che cosa stia aspettando il M5S a calendarizzare la legge di iniziativa popolare per un referendum sull’euro, come Grillo aveva proposto. E, se lo vorrà, lo invitiamo ad aderire alla raccolta delle firme che ha lanciato questo giornale.
Dopo le elezioni europee, sembrava che il M5S avesse ormai chiarito definitivamente la propria posizione: una proposta di legge di iniziativa popolare per indire un referendum consultivo sull’euro. Grillo ad ottobre 2014 annuncia: «Dobbiamo uscire dall’euro il prima possibile. Raccoglieremo un milione di firme in sei mesi e le porteremo in Parlamento. Chiederemo un referendum consultivo per dire la nostra opinione». Un mese più tardi, ripete: «La cosa straordinaria sarà questa: noi adesso indiciamo con una legge popolare, 50mila firme ci vogliono, noi porteremo invece di 50mila firme, 3-4 milioni di firme, e la legge popolare non ha, il parlamento non ha vincolo di discuterla, come non hanno discusso le nostre 350mila firme del V Day, le hanno messe in magazzino, questa volta anche, il parlamento non è obbligato a discuterla, però 3 milioni di firme con 150 parlamentari che si alzeranno lì e la discuteranno».
Poi, l’annuncio del primo passo concreto: le firme raccolte per la presentazione della legge di iniziativa popolare risultano essere state soltanto 200.000 (forse addirittura meno). Il che però non significa che non bastino per un disegno di iniziativa popolare (ne sono sufficienti 50.000). E, infatti, il 17 giugno 2015, dal Blog di Grillo i parlamentari 5 stelle annunciano: «Inizia il percorso della legge di iniziativa popolare sull’euro! La proposta di iniziativa popolare del M5S per un referendum consultivo sull’euro è stata ufficialmente annunciata al Senato nella seduta pomeridiana di ieri, martedì 16 giugno». Si va avanti, dunque. E invece no.
Qualcosa cambia. Di Maio comincia a girare mezza Europa, rassicura il mondo finanziario, e si ritrova pure a pranzo con i membri della commissione Trilateral, in compagnia cioè di personaggi - come l’ex rettore della Bocconi - che un grillino «della prima ora» difficilmente avrebbe frequentato. E il referendum sull’euro? Si farà, forse, ma non si sa più esattamente quando. «All’inizio siamo stati troppo duri sull’Europa», dice a marzo scorso Di Maio. In ogni caso, spiega, «nessuna uscita dalla Ue».
Senza voler fare del complottismo sembra che dal «rigor montis» si stia passando ad una sorta di montizzazione del M5S il quale, ormai, in Europa sostiene la stessa posizione di Monti. È nota l’opinione di quest’ultimo: l’Ue «cerca solo di difenderci da abusi di Stati nazionali». E quella del M5S? A sentire David Borrelli, non è molto diversa: «Il vero problema dell’Ue sono i governi nazionali». Ora, Borrelli non è uno qualunque, uno che parla a «titolo personale»: è un fedelissimo della Casaleggio Associati - tanto da essere stato inserito nella guida della piattaforma di Rousseau. Ma, a sottolineare l’ambiguità della posizione del M5S, basta la «piccola modifica» che è comparsa su uno dei post del Blog di Grillo, in cui si discuteva del problema dell’euro. Nella prima versione, si afferma la necessità di negoziare condizioni favorevoli con l’Ue, tanto da prospettare persino un referendum sulla permanenza dell’Italia nell’Ue. Nella seconda, non solo si nega decisamente la possibilità di abbandonare l’Unione, ma non si cita minimamente l’abbandono dell’euro.
Insomma: trascuriamo pure la posizione sulla Ue, a noi sembra che la posizione attuale sulla moneta unica sia tutt’altro che chiara e per questo chiediamo pubblicamente a Di Maio di chiarirla. Ma chiediamo soprattutto a Di Maio che cosa stia aspettando il M5S a calendarizzare la legge di iniziativa popolare per un referendum sull’euro, come Grillo aveva proposto. E, se lo vorrà, lo invitiamo ad aderire alla raccolta delle firme che ha lanciato questo giornale.
Paolo Becchi
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