martedì 12 luglio 2016

M5S/1: COMMENTO all'Intervista di Manlio Di Stefano su La Stampa, ripresa da una rassegna stampa sionista.

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Manlio Di Stefano Facebook
Non riporto qui i commenti redazionali della testata sionista, nota per la sua volgarità e violenza, nonché vera e propria “istigazione all'odio”, per la quale non credo sia mai stato chiesto conto. Utili, per non dimenticarci di loro, in questo stesso contesto, le sortite sioniste del Foglio e di Furio Colombo. L'intervista su La Stampa  è raccolta da Ilario Lombardo.
Ilario Lombardo
Intanto Manlio Di Stefano  dovrebbe sapere che il neo direttore de La Stampa è Maurizio Molinari, sionista non allo stesso livello di volgarità dei redattori di «Informazione Corretta», ma non meno sionista per questo. È qui singolare il tentativo maldestro di svalutare le libere e democraticissime elezioni che avevano visto l'affermazione di Hamas. Si voleva che a vincere fosse Abu Mazen da cui ci si aspettava un nuovo Quisling. Si tace il fatto che è stato sventato da Hamas un colpo di stato da parte di chi non voleva accettare il risultato elettorale.  In questo tentativo vi era - suppongo - la probabile e prevedibile connivenza di Israele. Da allora necessariamente Hamas vive in uno stato di eccezione permanente. Per i paragoni con il nazismo, emerso pure da libere elezioni, i sionisti di IC omettono di dire che rapporti fra sionisti e nazisti vi furono, sono noti e furono sostanziali, per quasi tutta la durata del nazismo: esistono libri e documenti e perfino una medaglia celebrativa di rapporti fra nazismo e sionismo. Hamas ha in ogni caso una legittimità politica che a livello internazionale è di gran lunga superiore allo Stato di Israele, che nasce e si fonda sulla “pulizia etnica” della Palestina, per la quale vi è abbondante e indiscussa storiografia.  Israele si è macchiato di un vero e proprio massacro che si chiama "Piombo Fuso” senza contare gli innumerevoli massacri che compie quotidianamente dal 1948 ad oggi: ci vuole un lavoro enciclopedico per averne nota. Se una critica si può fare a Manlio Di Stefano è quella di aver accettato l’invito a recarsi in Israele ed in questa modo dare una sorta di riconoscimento politico ad uno «stato criminale» quale Israele potrebbe dirsi adottando un concetto elaborato da Karl Jaspers, pensato per lo stato nazista, ma adatto anche a quello israeliano.


Luigi Di Maio Facebook
• La Stampa: Alla fine del viaggio tra Israele e Palestina, con la delegazione del M5S guidata da Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano dice di andarsene «con la coscienza a posto», incurante delle critiche che gli piovono addosso per le posizioni espresse sulla crisi mediorientale.
– Nel commento redazionale de La Stampa (redatto da Molinari stesso?) si omette di dire quali siano queste critiche e da chi provengano: sono per caso le nostre, cioè nella polemica che dall’inizio del viaggio infuria nella pagina FB di Manlio Di Stefano presa d'assalto da tutti gli eserciti sionisti in grado di usare la lingua italiana sul web? Ma sono critiche assai varie e perfino contrapposte. L’Intervistatore è fazioso e sembra ciurli nel manico. La pagina di Manlio è poi seguita da siti pro-palestinesi. Più che ai soliti intellettuali opinionisti il dibattito e le polemiche infuriano fra gli attivisti filopalestinesi, fra i sionisti della rete che attaccano di Stefano e quanti sulla sua pagina mostrano di essere dalla parte dei palestinese, ed infine i più sprovveduti paiono proprio gli attivisti ed elettori 5S che non hanno mai avuto un serio approfondimento e dibattito su questi temi. Anzi, addirittura, alcuni importanti attivisti 5S ritengono che il M5s non si debba per nulla interessare di politica estera. Questo il livello di maturità di una forza politica che si ritiene ed è ritenuta prossima al governo del Paese.

Gaza
• D: «Perché avete aspettato fino al penultimo giorno del viaggio per accusare Israele di avervi impedito di entrare a Gaza, visto che lo sapevate da giorni?»
R: «Lo abbiamo saputo venerdì. Entrare era un nostro diritto visto che a Gaza vengono spesi i soldi della cooperazione internazionale».
- Sorniona la domanda e piuttosto stupida la risposta in quanto condizionata dalla domanda la cui trappola non si sa smascherare. Il "diritto” non solo di Manlio ma di chiunque di poter entrare in Gaza, una prigione, è dettato dal diritto naturale. Lo Stato di Israele dovrebbe essere immediatamente processato per aver rinchiuso in prigione da dieci anni ormai ben un milione e mezzo di persone senza che nessuno possa uscirci o entrare se non con il permesso di Israele: più carcere di così! Purtroppo, l'ottundimento prodotto dai media, controllati in tutto in mondo dalla Internazionale Sionista, non fanno apparire immediatamente l’oscenità della domanda del giornalista della Stampa diretta dal sionista Maurizio Molinari. La risposta di Manlio di Stefano non è stata forte nella indignazione quanto avrebbe dovuto essere e quasi sembra che si debba lui giustificare per aver chiesto da scostumato di voler entrare nella prigione di Gaza per visitare i prigionieri, quando si sapeva che non era permesso.

Piombo Fuso
• D: Non è stato uno sgarbo istituzionale, dato che vi aveva invitato Israele?
R: «Io non sono venuto qui per piacere agli israeliani o ad altri».
– Non si tratta di “sgarbo” ma di oscena stupidità da parte di un giornalista nella cui testa si genera una simile domanda, alla quale Manlio Di Stefano risponde sempre in tono moderato e non adeguato. L’esistenza di una prigione come quella di Gaza è una oscenità permanente alla quale non ci si può abituare, accettandola come normale. E se a questa “normalità” si è giunti la principale responsabilità ricade sui media, controllati da Israele. Nel caso della Stampa parla la proprietà stessa del giornale e il suo direttore Molinari, arcinoto sionista, sempre intervistato come “esperto” dalle televisioni e onnipresente nei talk show. Non credo di dover spendere molto parole o affaticarmi a cercare documentazione per dimostrare il sionismo di questo signore, per il quale essere definito sionista non credo costituisca offesa. E comunque, ove fosse, ben siamo disponibile a qualsiasi rettifica o smentita voglia fare. Ovviamente, non si tratta per noi di una attribuzione oziosa, ma di capire e far capire quali siano i circuiti mediatici della formazione della cosidetta “opinione pubblica” che poi altro non è che “opinione pubblicata” in grado di influenzare l'incauto lettore incapace di riflessione e autonomia critica davanti a ciò che legge. Siamo così giunti all'accettazione del Lager di Gaza come fatto normale della nostra epoca mentre il tutte le celebrazioni ufficiali non si cessa mai di condannare Auschwitz senza vederne la riedizione in Gaza.

Gilad Atzmon Blog
• D: Sospettano che lei abbia antipatie anti-israeliane.
R: «Bene, visto che prima dicevano che ero antisionista o addirittura antisemita. Assurdo: io non ho mai parlato di ebrei ma dello Stato di Israele».
– Se oggi il dirsi "antinazisti” o “antifascisti” è considerato non solo un titolo di merito, ma addirittura una dichiararazione necessaria e doverosa a prescindere, non meno dovrebbe valere se ci ci vuol definire “anti-israeliani”, almeno finché ancora esiste un barlume di libertà di pensiero e di critica politica, salvo poi dare ampia argomentazione e motivazione delle proprie posizioni. Si dice spesso che si può criticare la politica del governo israeliano, ma non si può criticare Israele in quanto tale. E perché lo stesso non doveva valere per l'Iraq di Saddam Hussein, la Libia di Geddafi, la Siria di Assad e di qualunque Paese di cui si è devastato il territorio e sostituito con la violenza il governo legittimo? La domanda è retorica e rinvia alla condizione dei media e di chi li controlla. Per avere una chiara coscienza della problematica connessa alla “identità ebraica”, lui che conosce bene l'inglese, dovrebbe studiarsi bene ciò che scrive Gilad Atzmon al riguardo ed avendone i mezzi farebbe ancora meglio a invitarlo alla Camera per tenere conferenze sul sionismo e su Israele. Certo, sono ben prevedibile le reazioni che vi saranno, ma il punto è allora: siamo o non siamo sovrani? Siamo o non siamo liberi di pensare e di esprimerci, ascoltando e invitando chi ci pare? Per chiarire la terminologia e l'uso appropriato di concetti dove è assai pericolosa la confusione ho appena trovato questo testo di Saker, dove peraltro si cita Atzmon come autorevole fonte.

Di Maio, Di Stefano, Bertorotta
• D: Due anni fa, durante la guerra a Gaza lei disse che era in atto un «genocidio», che il sionismo «è discriminatorio», e che l’Italia avrebbe dovuto stracciare ogni accordo economico con Israele. La pensa ancora così?
R: «L’ho detto durante una guerra. Lo ripeterei davanti all’uccisione di oltre 500 bambini. Noi del M5S non abbiamo alcun problema con Israele, ma solo con le azioni di violenza e di violazione dei diritti».
- Dal modo in cui è posta la domanda sembra che Di Stefano debba discolparsi di una grave colpa per aver detto cose ovvie e risapute per chi sta da una parte diversa da quella di Israele e della Stampa che con il direttore rappresenta una posizione sionista. Le persone trucidate durante Piombo Fuso non sono risorte appena cessati i bombardamenti israeliani. Le case distrutti non si sono riedificate da sole come in un brutto sogno cessato l'incubo. Gli orfani non hanno rivisto i loro genitori risorgere. Le conseguenze del massacro permangono. L’indignazione non diminuisce con il tempo e non cade in oblio, ma si trasforma in giudizio etico di condanna. Se la politica e il diritto non sanno adeguarsi alla giustizia e alla pietà, a rimetterci è la politica e il diritto: non si parli più di diritto e di diritto internazionale, dopo che questo è stato sepolto dalle macerie di Gaza. Manlio Di Stefano, Luigi Di Maio e Ornella Bertolotta sono andati a parlare del nulla.

Gareth Porter Facebook
• D: A Gaza c’è Hamas. Voi ne avete condannato le azioni come terrorismo, ma non siete arrivati a definirla organizzazione terroristica. Perché?
R: «Perché la storia ci insegna che Hamas nasce come partito, e che ha vinto in libere elezioni. Poi l’isolamento di Gaza ha cambiato le cose»
- Sul concetto di "terrorismo” mi sono già espresso ampiamento sulla pagina di Manlio, riportando anche un'ampia e bellissima citazioni di Robert Fisk del 2006. Riassumo dicendo che “terrorismo” è qui nozione strumentale e che in ogni caso in tutto il corso della sua storia fino al presente non vi è maggior terrorista dello Stato di Israele e del sionismo che ha ramificazione internazionale. Hamas continua ad essere diffamato e per una ricostruzione di come andarono i fatti rinviamo qui al filo di Arianna, già sopra dato ossia a un articolo di Gareth Porter del 2009.

Ornella Bertorotta Facebook
• D: Non è anche Hamas colpevole di questo isolamento?
R: «L’isolamento non permette ad Hamas di democratizzarsi. E a sua volta Hamas si è chiusa e sbagliando non consente nuove elezioni».
– Su Hamas siamo ancora alla letteratura bufalistica analoga ai falsi armamenti di Saddam Hussein o alla favolistica su Geddafi o su Assad. I media si inventano il “mostro” e poi ci tessono sopra. Dispiace che nella sua trasformazione da Movimento in Partito il M5s sia sceso a patti con i media e punti a vincere ed andare al governo affidandosi a Rocco Casalino, messo a dirigere la Comunicazione del Movimento. Non si ha più fiducia nel popolo e si punta ai mezzi tradizionali, anche degradandosi fino a concedere una intervista a La Stampa. Avrebbe fatto meglio Manlio a non pronunciarsi su Hamas: fa un torto ai palestinesi e un favore al direttore e al proprietario de La Stampa. È un argomento non alla sua portata, che può soltanto decidere se sottoscrivere la vulgata su Hamas o tentare un'analisi seria dopo aver studiato bene l'argomento. Può fare una bellissima cosa, esercitando i suoi poteri parlamentari: invitare alla Camera un esponente o portavoce di Hamas ad esprimere il punto di vista di questa organizzazione. Vediamo chi lo impedirà e cosa faranno per impedirlo.

Fonte
• D: Ma considera Hamas un possibile interlocutore, un movimento che è per la distruzione di Israele?
R: «Dobbiamo fare i conti con la realtà: Hamas esiste. Noi dovremmo fare in modo che si democratizzi maggiormente in modo che non sostenga tesi che sono inaccettabili come la distruzione di Israele».
- Questa della “distruzione” di Israele è fatta passare dai media come se fosse il più grande peccato della storia. “Distruzione” evoca poi violenza e scene come quelle di Piombo Fuso, peraltro opera di Israele. Per adesso quello che sappiamo con certezza è che Israele ha “distrutto” non solo Gaza, ma già mel 1948 ben 400 villaggi palestinesi su 800. Esiste un libro che ne fa l’elenco e ne dà la documentazione fotografica. Incredibile la spudoratezza con la quale la propaganda sionista imputa ad altri di fare quelle stesse cose che essa ha già fatto. In realtà, filologicamente parlando, dall'Iran al quale si imputa maggiormente di volere la "distruzione” di Israele (e dunque anche dei palestinesi che ci abitano?) non sono mai state fatte le affermazioni che continuano ad essere attribuite, e da un pensatore come Gilad Atzmon, un «ex ebreo», si parla piuttosto, peramente, di “smantellamento” dello Stato di Israele, immaginato come qualcosa di contrario a ogni principio di diritto: oltre 80 risoluzioni di condanna da parte dell'Onu hanno prodotto da parte di Israele una costante irrisione verso la massima istituzione del diritto internazionale. Per molto meno, sulla base di mere sospetti, sono stati “distrutti” - in senso proprio - Iraq, Afghanistan, Libia, Siria.

Ilan Pappe Facebook
• D: Chi è oggi ad avere più colpe nella non risoluzione della crisi?
R: «Penso che Israele ha più possibilità di risolvere il conflitto. Ma non la chiamo colpa».
- La domanda presuppone quella dualità del conflitto israelo-palestinese che è già stato criticato da Ilan Pappe, in un convegno che si tenne a pochi giorni da Piombo Fuso, e che avrebbe dovuto tenersi alla Sapienza, se non ne fosse stata negata la sala all'ultimo momento, per cui ci si dovette spostare in un albergo in via Cavour. Pappe sostiene che vi è una sola unilateralità di colpa consistente nella aggressione degli ebrei sionisti ai palestinesi autoctoni. Manlio non ha saputo evitare la trappola insita nella domanda ed ha abboccato. Avrebbe fatto meno danno se avesse seguito la regola primigenia del M5s di non parlare con i giornalisti, o avesse almeno aspetto che dentro il M5s si fosse sviluppato un dibattito, anziché credere che qualunque cosa lui, Luigi o Alessandro dicano sia ipso facto la posizione del Movimento.

Invicta Palestina
• D: E i palestinesi?
R: «La loro responsabilità è nell’incapacità di costruire un governo di unità nazionale. Dall’altra parte, però, il muro e la violazione costante dei diritti non aiuta».
- Qualsiasi palestinese potrebbe rispondere facilmente a Manlio che meglio farebbe a starsene zitto ed è una fortuna che non abbia risposta alla domanda in loro presenza. Se questi sono i presunti amici, figuriamoci i nemici.

• D: Quali diritti?
R: «Diritto internazionale. Questo fanno le colonie, che noi, seguendo l’Onu, considerano illegali. Poi se si detengono i bambini per mesi, la chiamo violazione dei diritti umani».
- Manlio non ha il coraggio del pensiero, la cui libertà in Italia non esiste più, per la incapacità pentastellata di condurre quelle battaglie di libertà che non hanno bisogno di copertura finanziaria come il reddito di cittadinanza. La libertà di pensiero costa zero ed è più preziosa dell'aria che si respira e dell'acqua pubblica che si bene. Quanto ai “diritti umani” siamo giunti all'ambiguità assoluta per la quale tutti ne possono parlare e tutti li possono calespatre: ognuno li intende a secondo che gli torna comodo.

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