sabato 4 giugno 2016

M5S, referendum euro: che differenza c’è fra un milione di firme o duecentomila?

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L’articolo usciva sul Fatto Quotidiano del 9 giugno  2015. Questa nostra pubblicazione retrospettiva degli articoli di Paolo Becchi sul M5s ci sembra utile ed efficace per far meglio risaltare le posizioni attuali del Movimento e del suo leader non leader, Beppe Grillo, la cui posizione appare sempre più defilata, mentre emerge il non-carisma dei “miracolati” che dovrebbero il popolo pentastellato. I mugugni e le insofferenze di quanti dovrebbero stare al seguito di Capi che non si sono scelti, e che pensavano di non dover avere, assumono ora anche i contorni delle ordinanze giudiziare di reintegro nelle fila del Movimento. È finita questa esperienza politica con la stessa rapidità con la quale è sorta? Non ci piace fare previsioni, ma se ci riesce tentiamo di seguire gli eventi nel loro svolgersi. È certo che il tema Europa, euro, Nato, ecc., vengono sempre più elusi e manca nel M5s un pensiero politico, economico, strategico su temi decisivi. Recitano la solfa, la cantilena del “noi siamo gli onesti...”, cosa che se il primo giorno poteva attirava l'attenzione, dal secondo giorno incomincia a diventare sospetta.
 AC

Fonte.
Beppe Grillo annuncia dal suo blog il primo passo concreto per quel referendum sull’Euro promesso ormai da tempo. Le firme raccolte per la presentazione della legge di iniziativa popolare sono state 200.000. Né più né meno, dunque, di una sconfitta su tutta la linea, del fallimento totale dell’iniziativa lanciata al Circo Massimo nell’ottobre dello scorso anno: “Dobbiamo uscire dall’euro il prima possibile – aveva detto allora Grillo – Raccoglieremo un milione di firme in sei mesi e le porteremo in Parlamento. Chiederemo un referendum consultivo per dire la nostra opinione”.

Se l’obiettivo era semplicemente quello di ottenere il minimo di firme necessario per la presentazione della legge, allora 200.000 firme bastano e, sinceramente, avanzano (visto che la Costituzione ne richiede unicamente 50.000). Eppure, non era certo questa l’idea iniziale del Movimento. Come lo stesso Grillo aveva, infatti, chiaramente capito, “più firme raccoglieremo più costringeremo televisioni, giornali e partiti a parlare di euro e a gettare la maschera sugli interessi che protegge. Un dibattito a carte scoperte è quello che è mancato in Italia prima di entrare nell’euro”.

Soltanto attraverso milioni di firme l’iniziativa avrebbe costretto gli altri partiti a discutere politicamente il problema dell’uscita dall’Euro. Ed è per questo che ancora Grillo, un mese dopo, aveva alzato ancora la posta: “Noi andiamo avanti, porteremo tre milioni di firme. E chissà che non porteremo a casa un risultato storico”.

Difficile, allora, non vedere il senso politico delle poche firme oggi presentate in Senato, più per un “atto dovuto” che per reale convinzione politica. Ed è, allora, altrettanto ridicolo credere ancora a Grillo, quando oggi scrive che “considerando i tempi di passaggio della legge di iniziativa popolare tra la Camera e il Senato, il referendum si terrà probabilmente in un periodo compreso tra il dicembre 2015 e il gennaio 2016”.

Grillo sa benissimo che non ci sarà nessun referendum consultivo.

Sappiamo che l’unica possibilità per un referendum di quel genere – non previsto in Costituzione – sarebbe quella di seguire nuovamente il precedente che si ebbe nel 1989, quando, con legge costituzionale (3 aprile 1989, n. 2), fu indetto un “referendum di indirizzo” (ossia consultivo) sul conferimento di un mandato al Parlamento Europeo per redigere un progetto di Costituzione Europea (fu un plebiscito a favore dell’Europa, con l’88% dei sì). Fu necessaria, allora, una legge di iniziativa popolare promossa dal Movimento Federalista Europeo – successivamente sostituita dalla proposta di legge costituzionale presentata dal Partito Comunista.

Grillo, però, non può non sapere che questa ipotesi non si ripeterà, in quanto egli non avrà mai numeri per far approvare una legge costituzionale che permetta di istituire un referendum consultivo sull’Euro (doppia votazione in entrambe le Camere, ed approvazione a maggioranza di 2/3 o, quantomeno, assoluta).

Vero è che, se il Movimento fosse stato in grado di coinvolgere realmente milioni di cittadini, allora, probabilmente, le altre forze politiche sarebbero state in qualche modo costrette a misurarsi con una forte pressione dell’opinione pubblica. Ma le 200.000 firme di oggi dimostrano esattamente il contrario: il Movimento stesso, per primo, non crede affatto in una battaglia per l’uscita dall’Euro.

Il referendum è dunque semplicemente un’illusione, che Grillo continua a voler alimentare per evitare una vera iniziativa politica sul tema della moneta e della sovranità monetaria.

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