domenica 19 giugno 2016

Paolo Becchi: Sugli scenari politici dopo i ballottaggi amministrativi a fine primavera del 2016.

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Si tratta di un’Intervista raccolta da Andrea Piccardi il 16 giugno 2016 su Formiche.net con il titolo redazionale «Chi vincerà i ballottaggi a Roma, Milano e Torino. Parla il prof. ex grillino Becchi». Per comodità del Lettore riproduciamo qui ina precedente intervista del 12 marzo 2016, sempre raccolta da Andrea Piccardi su Formiche.net e con eguale tema sulle previsioni elettorali in Roma.
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“Ci sarà una vittoria al di sopra di ogni aspettativa di Virginia Raggi che a Roma prenderà il 70% dei voti o giù di lì“. Non ha paura di lanciarsi in pronostici anche audaci Paolo Becchi, professore di Filosofia del diritto all’università di Genova e soprattutto ex teorico del M5S, dal quale è uscito perché in contrasto con la nuova linea politica del partito ormai guidato da Luigi Di Maio. Un risultato che per la verità Becchi aveva già preannunciato in un’intervista a Formiche.net dello scorso 12 marzo. “Virginia Raggi sarà il nuovo sindaco di Roma“, aveva commentato in quell’occasione. Stavolta, però, si spinge ancora più in là: “Sono disposto a scommetterci. La candidata pentastellata è avviata verso un trionfo epocale“.

• Professore, non è ancora presto per esprimere giudizi così perentori?

– Il M5S raggiungerà tutti gli obiettivi che si era prefissato: vincere a Roma, competere fino alla fine a Torino e arrivare almeno al 10% a Milano e Napoli. I progetti di Casaleggio padre – che ragionava sempre su una logica di lungo periodo – si stanno avverando.

• Se Raggi dovesse vincere come dice lei, quali problemi si troverà ad affrontare subito dopo il voto?

– I primi 100 giorni saranno decisivi per lei. Il vero problema di Raggi è che i cittadini la stanno votando come se firmassero un assegno in bianco: per disperazione a fronte dei fallimenti del centrosinistra e del centrodestra. Saranno molti esigenti nel valutare il suo operato.

• Quanto inciderà il movimento sulle scelte politiche di Virginia Raggi?

– Molto, soprattutto il direttorio nazionale. La vittoria di Raggi e, perché no, quella possibile di Chiara Appendino a Torino fanno chiaramente capire che nel M5S ha prevalso la linea moderata e istituzionale rappresentata da Di Maio. E’ lui il vero vincitore di queste elezioni perché la sua linea è diventata dominante nel partito. Semmai qualche problema potrà averlo Beppe Grillo nel far digerire il rospo ad alcuni parlamentari, a fargli capire che la leadership ormai è nelle mani del giovanissimo vicepresidente della Camera.

• La firma di Formiche.net Gianfranco Polillo oggi chiede a Virginia Raggi di fare definitivamente chiarezza sul famoso contratto firmato con la Casaleggio Associati. Che ne pensa?

–Quel contratto era stato firmato per precisa volontà di Casaleggio, per evitare che potessero ripetersi a Roma le esperienze negative di cui il movimento si è reso protagonista in passato in molti comuni. Era un modo per dire che – nonostante la vittoria di Raggi – le decisioni importanti le avrebbe comunque prese lui da Milano. Casaleggio però non c’è più: tutto sommato penso che quel contratto ormai lasci il tempo che trovi.

• Professore, spostiamoci a Torino. Qual è in questo caso la sua previsione?

– Su Appendino convergeranno i voti della Lega e del centrodestra, compresi – almeno in parte – quelli di Forza Italia. E’ vero che Piero Fassino al primo turno ha accumulato dieci punti di vantaggio, ma non si può mai dire. Attenzione, non dimentichiamo il caso di Federico Pizzarotti, ai tempi della vittoria di Parma del 2012: al primo turno prese il 19% dei consensi ma al ballottaggio stravinse con il 60%.

• Quindi chi vince?

– Non lo so, è difficile dirlo. Il M5S ha delle chance ma non ci metterei la mano sul fuoco. Bisogna riconoscere che la situazione di Torino è totalmente diversa da quella di Roma dove gli scandali degli ultimi anni e la crisi del Pd hanno facilitato l’affermazione di Raggi. Non si può dire onestamente che Fassino in questi anni abbia mal governato.

• Che faranno a Napoli, Bologna e Milano i grillini? Voteranno contro il partito di Renzi?

– I vertici non prenderanno posizione e diranno come sempre che tutti i partiti sono uguali. In realtà però voteranno in blocco contro il Pd. Non c’è dubbio che andrà a cosi. In tutte le città i pentastellati sono schierati contro il partito del presidente del Consiglio. Il M5S dice ufficialmente una cosa ma poi ufficiosamente ne fa un’altra.

• E’ sicuro che non esista un dialogo anche sotterraneo, ad esempio, tra Di Maio e Matteo Salvini che peraltro a Roma ha fatto un endorsement pubblico a favore di Raggi?

– Lo escludo categoricamente. Non c’è alcun contatto, si tratta soltanto di una scelta elettorale, in fondo comprensibile. Ed è sulla base di questo orientamento di voto che Stefano Parisi ha vinto a Milano.

• Addirittura Parisi ha già vinto per lei? Al primo turno, comunque, Beppe Sala ha ottenuto un lieve vantaggio sul suo avversario.

– Sì certamente, Parisi ha già vinto. Allo stesso modo di Roma, sono pronto a scommetterci. Il risultato non è neppure da discutere. Il M5S voterà in massa il candidato antirenziano ed orienterà in modo decisivo l’esito del voto. I miei unici dubbi – come le ho spiegato – riguardano Torino.

• A Torino si gioca in un certo senso la partita decisiva di questa tornata elettorale. Cos’è che unisce Chiara Appendino e Virginia Raggi?

– Entrambe incarnano e rappresentano la svolta moderata del M5S che nell’arco di pochissimo tempo è cambiato radicalmente. In pratica non ha quasi più niente a che fare con quello delle origini: da forza antisistema è ormai diventato una forza a favore del sistema. Anzi, oggi è una carta che il sistema può giocarsi laddove il Pd di Renzi dovesse andare in ulteriore difficoltà prima con il risultato dei ballottaggi e poi con il referendum confermativo sulla riforma della Costituzione.

• Come le descriverebbe Raggi e Appendino?

– Le due immagini ideali per vincere queste elezioni, studiate meticolosamente da Casaleggio, al quale va ascritto questo capolavoro elettorale. Retoricamente si dirà: “Lo abbiamo fatto per Casaleggio“. In realtà però è il contrario: è Casaleggio che l’ha fatto per loro. E’ il suo ultimo regalo al M5S prima di andarsene: organizzare una campagna elettorale perfetta, studiata nei minimi particolari, mettendo le persone giuste al posto giusto e cambiando i candidati sbagliati. Quanto successo a Milano è esemplificativo: Patrizia Bedori – che rappresentava il M5S delle origini – è stata messa da parte e sostituita con Gianluca Corrado perché l’obiettivo nel capoluogo lombardo era di arrivare almeno al 10% dei voti.

• In questo contesto che ruolo sta giocando il figlio di Gianroberto, Davide Casaleggio?

– Certamente la sua è una funzione fondamentale all’interno del M5S. Non credo comunque che voglia svolgere un ruolo prettamente politico. Deterrà le chiavi del sistema, in particolare di Rousseau - l’ultima creatura del padre - ma credo che le utilizzerà, queste chiavi, solo in pochi casi estremi, nelle situazioni di reale scontro interno. Questi episodi comunque saranno sempre più residuali da qui in avanti: le pulizie interne che si dovevano fare ormai sono state fatte.

• E la vicenda che ha riguardato Pizzarotti? Il sindaco di Parma sarà espulso?

– Pizzarotti farà la fine di Pippo Civati: tra qualche mese non ne parlerà più nessuno. Magari alle elezioni di Parma del prossimo anno si ricandiderà con una lista civica e continuerà a fare il sindaco.

• Quindi – quando sarà finita la campagna elettorale delle amministrative – sarà espulso?

– Penso di sì ma in fondo è un dato ininfluente. Che venga espulso formalmente o meno, di fatto è fuori in ogni caso perché ormai all’interno del M5S non conta quasi più nulla.

• Qual è lo stato dei rapporti tra lei e il movimento? Si va verso una riappacificazione?

– Ormai descrivo il fenomeno cinquestelle dall’esterno come un semplice osservatore politico. Non ho nessun rapporto con il M5S al quale non sono più iscritto. C’è chi mi dice che avrei dovuto restarmene zitto, ma perché? Il movimento è una cosa diversa da quello delle origini – che per il momento sembra piacere agli italiani – ma non è più quello al quale io ho personalmente creduto.

• Che tipo di critica si sente di muovere oggi al M5S?

– Una linea chiara e riconoscibile in politica la devi avere e il movimento non ce l’ha più. Non si può essere contemporaneamente a favore e contro l’euro, non si può dire un giorno “siamo contro la Nato” e poi quello successivo “siamo a favore” e così via. Prima o poi gli italiani capiranno che c’è un’ambiguità di fondo.

• Un’ambiguità che definirebbe come?

– Il termine che si sarebbe utilizzato una volta è opportunismo politico. Fa comodo che Di Maio si pronunci contro la Nato ma che poi vada a parlare con la Trilaterale. Questo atteggiamento opportunistico a mio avviso alla lunga non paga. E’ necessario avere una visione politica di lungo periodo. Il movimento ce l’aveva nel 2013 ma ora non più. Adesso vive alla giornata con l’idea che prima o poi andrà al governo. E’ possibile che accada ma senza una linea politica non si può governare un Paese.

• A suo modo di vedere, dunque, il M5S alla guida del Paese non è più uno scenario da fantascienza?

– Può succedere certo ma la loro strategia non mi convince. Loro sono sicuri che al referendum confermativo del prossimo ottobre vincerà Renzi, e – per questo motivo – si stanno impegnando per il No solo apparentemente. Credono, però, di avere buone chance di vittoria  – grazie al ballottaggio previsto dall’Italicum – nelle elezioni anticipate che presumibilmente avranno luogo il prossimo anno.

• Sempre che nel frattempo l’Italicum non venga cambiato…

– Non credo che Renzi lo cambi. Perché dovrebbe farlo? Una persona che riesce in un risultato mai raggiunto prima nella storia repubblicana – riformare in modo radicale la Costituzione – e che lo fa con il voto popolare favorevole, pensa che possa perdere le elezioni?

• Anche Winston Churchill vinse la seconda guerra mondiale ma poi non venne rieletto dagli inglesi. In questo senso si è espresso ad esempio a Formiche.net Peppe Caldarola in un’intervista di qualche giorno fa: “Renzi vincerà il referendum ma rischia di perdere le successive elezioni politiche“. Che ne pensa?

– Non sono d’accordo, è un’analisi che non condivido. La riforma della Costituzione  – con il Sì della maggioranza degli italiani – sarebbe così importante da consentirgli di tornare a Palazzo Chigi. Con buona pace del M5S.

* * *
Formiche.net, del 12 marzo 2016

 “Il prossimo sindaco di Roma sarà Virginia Raggi”. Non è l’auspicio o la previsione di un semplice militante del Movimento 5 Stelle ma il giudizio di Paolo Becchi, professore di Filosofia del Diritto all’università di Genova e, soprattutto, profondo conoscitore del mondo pentastellato di cui è stato – secondo le cronache – uno dei principali studiosi e teorici, prima di diventarne però un feroce critico (in uscita, ad aprile, il suo nuovo libro intitolato “Cinquestelle & Associati” pubblicato da Kaos Edizioni). “Sono fortemente contrario alla trasformazione che il movimento sta subendo a causa della gestione di Gianroberto Casaleggio”, racconta Becchi in una conversazione con Formiche.net. Nonostante questo, però, il professore non esita a indicare Raggi come la principale favorita alle prossime amministrative romane. Un approccio, il suo, in continuità con l’articolo apparso ieri sul settimanale inglese The Economist secondo cui – con la candidatura per il Campidoglio della trentasettenne – il movimento fondato da Beppe Grillo si avvia a diventare una forza politica meno anti-establishment e più convenzionale.

• Professore quindi Virginia Raggi è già promossa su tutta linea?

– Non ho motivo per dubitare delle sue qualità, avrà certamente le sue competenze ma tenga conto che il vero sindaco – dovesse vincere lei, come credo – sarà un altro.

• In che senso scusi?

– Virginia Raggi è l’immagine che il movimento proietta all’esterno ma le decisioni vere saranno prese a Milano, dalla Casaleggio Associati. Altro che Roma ai romani, Roma nelle mani di Casaleggio piuttosto. La candidata ha firmato o firmerà dichiarazioni di impegno in cui si vincola ad agire in conformità con quanto stabilito da chi – dopo l’uscita di scena di Grillo – guida il movimento. Ossia, Roberto Casaleggio.

• Questo rapporto di dipendenza di cui lei parla, non rischia, però, di danneggiare la corsa di Raggi verso il Campidoglio?

– A fare la differenza alle urne saranno le circostanze storiche che a Roma premiano il M5S. La crisi del Pd capitolino è troppo fresca per essere superata facilmente dagli elettori mentre il centrodestra si è completamente disgregato. E poi bisogna considerare che nella Capitale i grillini si giocano una partita fondamentale. Casaleggio punta a Roma come trampolino di lancio per le prossime elezioni politiche.

• Si ma è sicuro che per i romani questo sia un dato irrilevante?

– Il fatto che sia eterodiretta può essere rilevante per me ma non per gli elettori. Il documento che i candidati per il Campidoglio hanno firmato o firmeranno con la Casaleggio Associati, ormai è storia vecchia. Raggi si presenta benissimo, appare autonoma e competente. E’ questa l’immagine che sta dando di sé. Rappresenta nel migliore dei modi la trasformazione del movimento in partito politico tradizionale: all’inizio non andavano neppure in televisione e adesso invece – per candidarsi a governare, a Roma e in Italia – si affidano a volti anche televisivamente spendibili come quelli di Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e, appunto, Virginia Raggi. Tutto ciò non vuol dire, però, che il M5S non debba guardarsi da alcuni problemi.

• A cosa si riferisce?

– Le cosiddette “comunarie” sono state una farsa. Era noto a tutti che avrebbe dovuto vincere Virginia Raggi, la candidata di Casaleggio. Le voci di dissenso sono state oscurate, allontanate oppure direttamente espulse. Posso anticiparvi che tra lunedì e martedì tre attivisti si rivolgeranno alla giustizia ordinaria civile perché espulsi dalla consultazione online promossa dal movimento per la scelta dei candidati al Campidoglio.

• Di chi si tratta?

– I nomi saranno svelati la prossima settimana ma si tratta di tre attivisti, regolarmente iscritti, che per un motivo o per l’altro sono stati espulsi durante le comunarie. Presenteranno apposita impugnazione e così, per la prima volta, la magistratura interverrà sugli assetti interni del movimento.

• Sta dicendo che il M5S ha seri problemi con la “base” degli iscritti?

– E’ un fatto che sempre più attivisti chiedano di fare luce su cosa accade all’interno del M5S come avviene per ogni altro partito.  E il M5S – lo dice pure l’Economist – ormai è un partito nel senso più tradizionale del termine. Anzi, un partito con una struttura per certi versi più rigida e meno trasparente di quella degli altri.

• La riporto subito a Roma per parlare di centrodestra. Prima, però, una curiosità sul M5S a Milano: perché ha puntato su un nome quasi certamente perdente come quello di Patrizia Bedori?

– Credo che nel capoluogo lombardo le elezioni le vincerà il candidato renziano Giuseppe Sala. Per il M5S la partita era persa in partenza, diciamo che Casaleggio ha puntato tutto su Roma e lasciato Milano al suo destino. Non c’è dubbio comunque che a Milano oggi il movimento si trovi ad un bivio. Un partito che ambisce a governare l’Italia, non può fare in una città così importante percentuali da zero virgola. Ed è questo che succederà con Patrizia Bedori.

• Perché con la candidatura di Bedori è questo secondo lei lo scenario che si apre a Milano per il M5S?

– A Milano sanno già di aver perso ma c’è modo e modo di perdere. Per come si è messa la situazione - con il duello tra Sala e Stefano Parisi - i risultati del movimento potrebbero essere davvero deludenti. Talmente deludenti da non farli apparire poi credibili a livello nazionale. Ecco perché penso sia possibile che qualcosa cambi da qui al voto. C’è ancora tempo fino alle elezioni, non escludo che ci possano essere sorprese e che la candidata sindaco venga sostituita.

• In effetti Bedori pensa di mollare dicendo che non si sente sostenuta. Torniamo a Roma e al caos che regna nel centrodestra diviso tra le candidature di Alfio Marchini, Guido Bertolaso e Francesco Storace. Quanto costerà questa disgregazione alle urne?

– Il centrodestra a Roma non ha alcuna possibilità di incidere, al ballottaggio andranno Roberto Giachetti e la superfavorita Raggi. Marchini è rimasto con il cerino in mano. Sabato scorso ha riempito per la sua Convention l’Auditorium della Conciliazione ma questo vuol dire poco. Avrebbe dovuto cercare con più insistenza l’accordo con i partiti di centrodestra e in quel caso sarebbe andato al ballottaggio. In questo modo, invece – solo con la sua lista civica – non potrà andare oltre un buon risultato ma niente di più. Ormai è fuori dai giochi.

• E Bertolaso invece? Berlusconi, Meloni e Salvini continuano a discutere mentre oggi e domani ci saranno i gazebo voluti dal leader di Forza Italia per confermare e rafforzare (almeno nelle speranze) la candidatura dell’ex capo della Protezione Civile.

– Le elezioni di Roma avrebbero potuto essere il canto del cigno di Berlusconi: l’ultima importantissima vittoria prima di lasciare la politica attiva. E invece così non sarà: Guido Bertolaso non è un candidato condiviso e non ha alcuna chance di vittoria. Assolutamente nessuna. Berlusconi, dunque, passerà la mano lasciando la più completa disgregazione, non solo in Forza Italia ma in tutto il campo del centrodestra. Ammesso e non concesso che ai gazebo il nome di Bertolaso venga confermato dagli elettori.

• Pensa che ci siano ancora i margini perché il centrodestra cambi “cavallo” in corsa?

– Salvo sorprese, ormai è troppo tardi. Certo è che se Bertolaso dovesse persino essere sconfitto da un referendum su di lui, dovrà farsi da parte e allora i giochi si riaprono. Altrimenti, il centrodestra andrà avanti con questo candidato nonostante la contrarietà o l’appoggio molto tiepido di Matteo Salvini. Sarà una sconfitta storica da cui dovrà nascere un centrodestra completamente nuovo, guidato da Salvini e senza Berlusconi.

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