mercoledì 8 giugno 2016

Paolo Becchi. «Grillo, dalla rete alla Tv?».

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L’articolo usciva sul Fatto Quotidiano del 4 marzo 2015, ed è quanto mai attuale.  L’assalto alla rete, ai talk show, è consumato e non passa sera che non si veda qualche grillino nei salotti televisivi della Lilli o dei suoi colleghi. Non solo. Dalle pagine FB dei parlamentari si danno poi i links delle apparizioni televisive, dove l’apparire sostituisce interamente l’essere e l’esserci. Manco a farla apposta mi trova in una stessa mattinata l'invito del parlamentare Manlio Di Stefano a guardarmi la registrazione di una Virginia Raggi a Ballarò, un video di 17 minuti che in esordio offre una Virginia che non si libera di un intercalare che tanto mi ha già dato fastidio: “Guardi...”. No! Non guardo, e non ascolto, e mi risparmio 17 minuti di noia, pensando invece alla indignazione (inedita quanto reale) dei commercianti del mio quartiere che hanno visto sfilare davanti a loro tutti i candidati sindaci, informati sui problemi, ma della Raggi non hanno visto neppure l'ombra, pur avendo questi fissato nel quartiere il suo Comitato elettorale... Sembrava un elemento di novità nel M5s la presenza reale in luogo dell'apparizione televisiva: adesso si è tutto ribaltato! La presenza televisiva con la sua maggiore audience supera e sostituisce il contatto diretto con i cittadini. Lo Staff Comunicazione è diventato strategico, ma non si tratta di un cambiamento di strategia, bensì di sostanza.
AC


Il fatto che Grillo, per annunciare il “nuovo corso” del M5S, abbia scelto un’intervista rilasciata al principale quotidiano italiano – e solo successivamente abbia “postato” l’intervista stessa sul suo blog –, fa capire che, ormai, qualcosa è cambiato nell’approccio del M5S ai media ed ai mezzi di comunicazione di massa. Del resto, nella stessa intervista il leader del Movimento ha osservato che, pur essendo personalmente contrario ai “talk show”, “ognuno è libero di scegliere il da farsi”. Ed ha aggiunto: “Alla tv credo meno perché siamo un Movimento nato in Rete, però capisco che ci sia una fetta di elettorato che si informa con i canali tradizionali. Può darsi che abbia sbagliato io”.

Ma il codice di comportamento dei parlamentari del M5S non prevede forse il divieto di partecipare ai talk show? Evidentemente, Grillo cerca, in qualche modo, di fare i conti con una politica che ha fallito, e che non è stata in grado di comprendere come, contrariamente a quanto il Movimento aveva sempre sostenuto, vecchi e nuovi media non vadano contrapposti, ma sfruttati insieme. Vecchi e nuovi media conviveranno tra loro. La Rete non sostituirà stampa e televisione, come si credeva in passato, perché questi ultimi hanno dimostrato di sapersi adattare bene alla nuova realtà di comunicazione. Sugli schermi televisivi scorrono i vari tweet mentre vengono trasmessi i talk politici; alle copie cartacee, i giornali hanno aggiunto una redazione on line in grado di coprire gli spazi della rete.

Stiamo andando verso quel processo di ibridazione ben descritto da Andrew Chadwick in The Hybrid Media System: Politics and Power, in cui l’autore spiega come la rapida evoluzione delle nuove forme di tecnologia ha modellato i media e la politica in qualcosa di completamente diverso rispetto al passato. Secondo Chadwick, la politica è sempre più definita da organizzazioni, gruppi e individui che saranno in grado di legare le logiche dei nuovi e dei vecchi media, in quello che definisce appunto un sistema ibrido. La comunicazione politica, conclude l’autore, è entrata in una nuova era e nello scontro tra vecchi e nuovi media si crea, a volte, caos e disintegrazione, ma anche nuove, sorprendenti, forme di integrazione e di ordine.

Questo è ciò che non hanno capito né Berlusconi né Grillo. Il primo, infatti, non ha mai smesso di pensare che fosse la televisione ed il suo modello di comunicazione l’unica forma determinante di propaganda politica e di strumento per la creazione del consenso. Ha puntato tutto su di essa, e non ha mai saputo utilizzare i nuovi media. Il secondo è caduto nell’illusione opposta: quella di credere che, con il passaggio alla rete, alla “legittimità digitale”, i precedenti mezzi di comunicazione fosse destinati ad una fine rapida e definitiva. Soltanto Renzi – ed oggi anche Salvini – ha capito di dover giocare su più tavoli, di dover sfruttare televisione e rete, di dover essere contemporaneamente sui quotidiani, nei talk show, su Twitter, Facebook, etc.

Sembra che Grillo si renda conto soltanto adesso di ciò che è stato perso, e si chieda dunque come correre ai ripari. Forse cominciando a partecipare ai talk show? Che questa rischi di essere un’ulteriore trappola, mi pare evidente. Saper “sfruttare” vecchi e nuovi mezzi di comunicazione significa, infatti, saper decidere tempi e spazi della propria partecipazione mediatica. Renzi, da questo punto di vista, è stato un maestro. I “grillini” rischiano, invece, di lasciarsi “dare in pasto” a Tv e giornali solo perché presi dall’ansia di recuperare il tempo sprecato. Rischiano, cioè, di andare in Tv a perdere ulteriori voti e credibilità, esposti all’ostilità di conduttori, giornalisti, opinionisti ormai tutti “schierati” dalla parte di Renzi. Napoleone aveva scritto da qualche parte che c’è da avere più paura di tre giornali ostili che di mille baionette. Ed ancora oggi, saranno i giornali – insieme alla Tv ed alla rete – a produrre e riprodurre consensi ed improvvise perdite di voti.

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