lunedì 9 marzo 2009

Freschi di stampa: 2. «I complici di Dio. Genesi del mondialismo», un’opera monumentale di Gianantonio Valli. Effepi Edizioni.

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Esce con titolo «I complici di Dio. Genesi del Mondialismo», presso l’editrice Effepi, un’opera sterminata di Gianantonio Valli. Si tratta di un testo di oltre 4000 pagine che l’editore ha potuto pubblicare solo nel cd-rom che accompagna il volume cartaceo introduttivo di 146 pagine. Non sarebbe stato possibile altrimenti. L’Autore avverte poi che il miglior metodo per leggere la sua opera costata venti anni di lavoro è la lettura sequenziale, pagina dopo pagina, anche se un motore di ricerca integrato nel pdf consente facili ricerche. E noi ci siamo accinti nella lettura dell’opera, cioè di tutte le sue 4050 pagine del pdf, essendo appena giunti a pagina 60 del volumetto cartaceo. Intanto questa non è una recensione. Cogliendo io la specificità della scrittura digitale direttamente sulla rete, in un blog, mi propongo qui una serie di riflessioni e di spunti tratti dalla lettura di un’opera che richiederà non poco tempo e che non potrà essere ultimata a breve. Dico ciò perché non vorrei fare torti all’Autore con eventuali incomprensioni che possono essere mie soltanto ed estranee ai risultati delle sue ricerche.

Intanto qui una prima associazione di idee. Se venti anni Gianantonio Valli ha impiegato per questa sua vasta rassegna della letteratura ebraica e sionista, ovvero per la sua determinante influenza sull’ideologia contemporanea, venti anni furono pure necessari ad un altro Autore, vissuto tre secoli fa. Esattamente nell’anno 1700 il tedesco Johann Andreas Eisenmenger (1654-1704) pubblicò un’opera altrettanto impegnativa e imponente: Entdecktes Judentum, il “Giudaismo svelato”. Con sorprendente analogia con quanto abbiamo assistito di recente per “Pasque di sangue” l’opera fu subito sequestrata per l’intervento dei potentissimi “ebrei di corte”, ossia banchieri che finanziavano i principi dell’epoca. Quell’opera è in pratica rimasta inedita per tre secoli. Faceva il punto della situazione per l’anno 1700. Il suo autore versato in lingua ebraica e nella conoscenza di prima mano di tutte le fonti dava allora un quadro dell’ebraismo che non si discosta da quello odierno. Purtroppo in un volumetto di poco più di 100 pagine possiamo conoscere solo piccoli brani antologici di un’opera di oltre 2000 pagine di grande formato.

Tornando all’opera di Valli, si tratta qui di un bilancio fino a tutto il 2008. Il libro avrebbe dovuto uscire pressoché in contemporanea con l’operazione «piombo fuso», anche se la disponibilità del libro è forse slittata di pochi giorni. Si tratta comunque di una mera coincidenza temporale. L’opera è di vasto respiro e abbraccia tutta la letteratura contemporanea sull’ebraismo. Un primo problema che l’Autore ha dovuto affrontare è stato la scelta del titolo, che alla fine è caduto su «I complici di Dio». Che vuol dire? Chi sono questi “complici”? Forse la spiegazione del titolo offre già una buona idea sul contenuto dell’opera. Il bel mondo della religiosità antica, greca e romana, era popolato non da un solo dio, ma da molti dèi, ognuno dei quali rifletteva un aspetto dell’immensità del cosmo e della natura umana. Venne poi il dio unico che tacciò di falsità tutti gli altri, riuscendo ad abbatterne i templi e a bollare come abietti “idolatri” i loro fedeli. È ben vero che poi i monoteismi entrarono in conflitto fra loro, determinando guerre sanguinose in nome di dio.

Più “geloso” di tutti fu ed è il dio ebraico, che non si fece scrupolo di ordinare i peggiori delitti ai suoi adepti e prediletti. Basta appena leggere la Bibbia, nella parte denominata “Vecchio Testamento” per trovare ad ogni piè sospinto efferratezze tali da costringere gli odierni esegeti a veri e propri equilibrismi per non dover applicare alla Torah la perfida legge Mancino, concepita non per promuovere lodevolmente l’amore fra i popoli, ma come strumento contro le minoranze politiche o il pensiero antconformista. Ad esempio, tutti conosciamo l’avvio poetico del salmo che inizia con:

Sui fiumi di Babilonia, là sedemmo al ricordo di Sion.
Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre…

Ma che poi termina in quest’altro modo:

Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto.
Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sbatterà contro la pietra.

Il sangue e la ferocia che Geova prescriveva ai suoi “eletti” inducono ragionevolmente a pensare ad un rapporto di “complicità”, volendo dar credito alla concezione di un dio capace di ordinare e pretendere simili cose dai suoi fedeli servitori. Siamo ormai abituati a venire colpevolizzati ad ogni più innocente starnuto. La specifica ed esclusiva relazione fra un Dio, che è l’Unico ed il Sommo, ed il “suo” popolo in dispregio di tutti gli altri mai esistiti sulla terra e nella storia non potevano non produrre nel corso dei millenni una difficile convivenza con le più disparate genti con le quali gli ebrei in quanto comunità religiosa sono venuti in contatto. Il “Blut und Boden” appartiene come caratteristica essenziale all’ebraismo molto più che non al nazismo, la cui ideologia non riuscì mai ad avere contorni definiti. E tutto in un nome di un Dio che avrebbe trattato come “figliastri”, bastardi gli altri popoli della terra. Insomma, checché ne dicano i sofisti parateologici o i cattolici giudaizzanti, si tratta di una brutta religione non fatta per essere amata. Il cristianesimo aveva aperto ai “gentili” – anche questo una brutta parola alla quale il vocabolario corrente ci costringe – in una vasta operazione sincretisca, dove confluivano molti temi delle religioni antiche, fra cui notissimo il culto di Mitra e del Sole Invitto.

Il linguaggio che siamo costretti ad adoperare per un uso ormai consolidato contiene in se gli elementi dell’inganno e dell’autoinganno. Ben lo sanno i produttori di linguaggio e di terminologia, che negli angoli più disparati dell’uso del linguaggio non mancano lì di gettare qualche frasetta dove si consolida in dogma teologico della nostra epoca: la Shoah. Perfino l’uso metaforico del termine “olocausto” – che propriamente non è la traduzione di “Shoah”, disastro o qualcosa di simile – viene fustigato dai “guardiani” informatici. Trovandosi in presenza di ebrei, è ormai divenuto costume stare attenti al linguaggio adoperato per non trovarsi appioppata la classica e strumentale accusa di “antisemitismo”. I «Complici di dio» vanno utilmente affancati nella lettura da un’altra opera di Gianantonio Valli uscita nel 2007, di estensione più contenuta in solo 223 pagine, uscita presso lo stesso editore con titolo “Holocaustica religio. Fondamenti di un paradigma”, dove l’Autore passa in rassegna una vastissima letteratura, di cui è fatta ampia citazione. Anche se il grande uso di citazioni può apparire di ostacolo nella lettura, ci si persuade poi che non poteva essere diversamente: le citazioni devono essere testuali in modo che il lettore possa risalire ad esse e stabilire poi una personale resa dei conti con questa o quell’Autore di cui non sospettava simili accomodamenti con lo spirito del tempo.

(segue)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Egr. Prof. Caracciolo, per circa 3 anni ho frequentato intensamente il sito INFORMAZIONE CORRETTA. In quel periodo, mi imbattei anche nel Suo sito Civium Libertas, il quale, ad una rapida occhiata, mi turbò non poco e non esitai a definirlo l'ennesimo sito antisemita, confermandomi così nella correttezza delle opinioni di IC. Ultimamente però ho provato un crescente fastidio leggendo I C, fastidio determinato da quello che a me pare una totale e continua assenza di senso critico nei confronti di un qualche episodio del governo ebraico: attenzione, non pretendo che i redattori di IC siano dei critici di Israele, ovvio che non potrebbe accadere, ma almeno OGNI TANTO che avanzino ANCHE qualche piccola critica verso Israele e/o l'ebraismo. Niente, così non è. Insomma, si è formata in me la sensazione che essi siano troppo unilaterali, dal che, leggendo loro, sembrerebbe che con Israele e/o l'ebraismo ci si trovi al cospetto della perfezione realizzata, cosa che ho ritenuta vera per molto tempo. Ho studiato l'ebraico e perciò frequentato la lettura di IC, ho considerato fino a 2 mesi fa la Bibbia il Libro per la mia vita spirituale. Qualcosa ora è cambiato. Ho voluto ritornar a dare un'occhiata a Civium Libertas, e rimango ancora turbato, in senso positivo, diciamo, perché vi ho letto una marea di notizie che non sospettavo. Come ho già detto, mi ero convinto che Israele e l'ebraismo rappresentassero il meglio sulla superficie terrestre ( lo so, è stupido ciò, non mi derida ), tanto che aderivo anche ai cosiddetti cristiani per Israele, secondo i quali TUTTA la Palestina biblica deve tornare in mano agli ebrei, come ai tempi biblici perché così dio ( volutamente in minuscolo ) ha voluto, e queste cose le ho lette personalmente, nero su bianco. Il Suo sito mi ha come risvegliato da una sorta di magia psicologica. Se non altro adesso ho una visione più completa dei fatti, pro e contro Israele. Forse apparirò una persona un pò labile dal punto di vista delle opinioni, ed è per questo che non vorrei scrivere il mio nome in questo post. Verrei subito definito "antisemita", ma, a tal proposito, non ho ancora ricevuto una risposta da un signore del gruppo su Face Book pro-Israele, alla mia domanda su come fare per poter avanzare qualche critica ad Israele senza esser tacciato di antisemita; sto ancora aspettando...
Grazie comunque, scusi per il disturbo e complimenti, continui così; il sito è molto ricco ed interessantissimo, Lei scrive con serietà e competenza, senza fanatismi di sorta, ed aiuta a capire davvero che non esistono popoli eletti immuni da critiche...
Cordiali saluti .

Roberto F.

Antonio Caracciolo ha detto...

La ringrazio delle sue parole che compensano largamente di altri commenti diffamatori, che non posso in genere pubblicare non già perché siano critici nei miei confronti – magari così fosse –, ma perché contengono solo insulti e provocazioni senza nessun argomento sul quale io possa riflettere e quindi rispondere.

Le devo però a questo punto qualche piccola spiegazione. Non è che io mi sia interessato originariamente ai temi su cui vigila il servizio di diffamazione pubblica denominato “Informazione Corretta”, delle cui attenzioni sono stato onorato.

La mia occupazione (spero sia breve) sul tema “nazismo”, “ebraismo”, è sorta come necessaria digressione dal campo degli studi schmittiani, per i quali sono noto nella letteratura specifica, avendo tradotto in italiano i testi maggiori.

Ebbene, occupandosi di Schmitt, che visse ben 97 anni, si trova un suo coinvolgimento con il nazismo in particolare per gli anni 1933-36. Nel dicembre del 1936 Schmitt fu pesantemente attaccato dalle SS e fu emarginato dal regime.

Tuttavia, nella letteratura su Carl Schmitt è ricorrente questa sua limitata fase “nazista” e gli vengono del pari rimproverate talune frasi dei suoi scritti in quanto tacciate di “antisemitismo”.

In questo limitato contesto ho dovuto perciò interessarmi della “questione ebraica”, nei termini in cui si pone nella nostra epoca. Per quanto riguarda Schmitt sono ormai giunto alla conclusione che egli non deve scusarsi di nulla, ma se mai sono i suoi critici e detrattori che devono porsi il problema del condizionamento che essi subiscono in modo più o meno consensuale nel tempo e nel regime in cui vivono, magari bene e molto bene.

Che la “questione ebraica” sia un tema importante per capire la nostra epoca ne sono ormai convinto e non mi dispiace essermi temporaneamente distolto da altri campi di studio. Non saprei dire ancora quanto importante. Per taluni – e questo giudizio mi impressiona – sarebbe una questione tanto importante da non poter capire il resto, se non la si affronta per prima.

Per chiudere, trovo interessante il suo accenno allo studio dell’ebraico. Anche io durante le vacanze ginnasiali mi ero messo per qualche mese a studiare l’ebraico. All’epoca anche io mi interessavo della Bibbia e quindi dell’ebraico. Se le può interessare, supponendo che lei sia molto più avanti di me nello studio dell’ebraico, che allora interruppi subito all’inizio dell’anno scolastico e se vuole associarsi ad un piano di edizione su questo blog dell’intero testo di Eisenberg, dove sono frequenti le citazioni in ebraico (si tratta solo di trascriverle), mi contatti in privato e potremo metterci d’accordo.

Chiudo dicendo che ho imparato ormai ad ignorare le sfacciate diffamazioni da parte dei Signori di cui parla. La stima e l’affetto di quanti mi conoscono personalmente non è mai venuta meno in questi anni. Non considero utile e produttiva un’azione legale contro costoro: è quel che cercano. Ma se vivono di diffamazione, si nutrino pure di diffamazione.