lunedì 9 marzo 2009

«Lo storico è un uomo libero»: peggio di così Pierre Vidal-Naquet non poteva incominciare!


Il processo di demonizzazione contro una serie di autori e di temi mi costringe, mio malgrado, ad interessarmi, almeno un poco, di settori che non rientravano nei miei ordinari interessi scientifici. Succede sempre così, quando si pretende di sottoporre a censura determinati autori e libri. Qui il censore è proprio Vidal-Naquet il cuo slogan sugli “assassini della memoria” ha armato la mano degli aguzzini della libertà di pensiero. Ho appena comprato una ristampa dell’omonimo libro, edito da Viella, com una prefazione di Giovanni Miccoli, che difficilmente avrebbe potuto trovare una frase più infelice per iniziare il suo saggio introduttivo all’opera. Un lettore appena un poco informato sa che volersi interessare, in paesi come la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria, di temi le cui verità sono fissate per legge, significa finire dritti in galera. Se le mie informazioni sono esatte – non ho al momento possibilità per verificarle – in Germania ogni anno sono istradate circa 17 mila procedimenti per reati di opinione. Altra cosa che appare stonata nello slogan di Vidal-Naquet, buono per chi forse non è mai stato capace di pensare, è la nozione di “memoria”, in sé assai problematica.

Mi accingo appena alla lettura di un libro sul quale non tratterò gli aspetti tecnici connessi alla storiografia revisionista. Altri lo ha già fatto e lo farà ancora assai meglio di quanto io possa. Come già in altri libri simili, concepiti per avallare l’ideologia dominante della nostra epoca, la mia attenzione sarà concentrare su aspetti filosofici. È piuttosto difficoltoso annotare ogni riflessione che questa o l’altra singola frase suscita nel corso della lettura. Si rischia di non finire di leggere mai il libro e di scriverne un’altro ancora prima di essere giunto all’ultima pagina. In altri tempi uno scrittore si poneva lo scrupolo di non inflazionare la repubblica delle lettere e quasi ci si scusava con il Lettore per aver scritto un libro. Quindi si davano ampie giustificazione del perché si era giunti a tanto. Non è il mio caso perché la mia è una scrittura sull’acqua, cioè in internet. Uno scrivere che può scomparire in un attimo sia perché lo si rivede interamente, mutandone il senso e la forma, sia perchè un qualsiasi accidente, trattando di temi scottanti, può portare alla chiusura del blog. Inoltre, il nuovo mezzo di espressione in auge da pochi anni non si sa quanto possa resistere rispetto alla corposa materialità di un libro.

Procederò dunque per aggiunte successive via via che vado avanti nella lettura del libro. Per la verità avevo già spento il computer, ma la frase con la quale Miccoli ha preso avvio mi ha proprio fatto sobbalzare dal divano, costringendomi a riaccendere il computer per annotare e stigmatizzare subito l’insensatezza, o meglio la mancanza di pudore di uno scrittore e del suo prefatore che avrebbero fatto meglio a non scrivere affatto. Non perseguono certo un fine di verità. Non intraprendono nessuna ricerca. Ma vogliono impedire ad altri di fare ricerca e di cercare la verità. Quando un libro inizia con una frase così falsa e impudente verrebbe la voglia di scaraventarlo via e lasciar perdere. Ma non è per diletto che mi sono proposto di leggere questo libro, o per apprendere qualcosa, ma allo scopo di analizzare gli argomenti dei “carcerieri del pensiero”. Di certo non immaginavo un inizio così traumatico e non è neppure la prima volta che mi imbatto in un caso del genere. Altri autori della stessa cerchia hanno avuto il pregio di indispormi fin dalla loro prima frase.

*

Un’altra perla la si trova nella stessa pagina poche righe più avanti. Cerco di essere io sintetico altrimenti non esco più dalla gabbia. In un quadro agiografico che Miccoli traccia di Vidal-Naquet, morto nel 2006, si richiama al “dovere elementare dello storico di leggere molto”, al dovere proprio dello storico di essere «schiavo dei fatti», ma poi Miccoli aggiunge, credo di suo: «anche se mai si potrà leggere tutto». Appunto! Ma cosa significa ciò? Non voglio qui chiamare in causa, citandolo per nome, un illustrissimo collega del quale riporto un’osservazione al riguardo, scaturita in un colloquio informale durante un consiglio di facoltà. Per la storia contemporanea, in genere, l’abbondanza di documentazione e di riflesso anche di letteratura è tale per cui occorre essere necessariamente selettivi. Ma essere selettivi significa qui privilegiare l’una interpretazione piuttosto che un’altra. Valga in questi giorni la farsa storiografica intorno alla figura di Pio XII. In situazioni del genere basta che un governo o una potente istituzione affidi una lucrosa commettenza ad un “uomo libero” che esercita in mestiere di storico, allo stesso modo in cui potrebbe fare il mestiere di legale o consulente di parte, perchè si possano ottenere grossi tomi da biblioteca, dove è sostenuta la tesi commissionata. Un mio amico, valente avvocato di fama internazionale, mi confidò una volta di una causa che gli era stata affidata da una multinazionale. Lui disse al cliente committente che quella causa non si poteva vincere, ma il cliente ribadì che per ragioni tutte politiche, anche sapendo di perdere, quella causa doveva essere fatta.

(segue)

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Caso" vescovo Williamson .

Negazionismo ? NO! Solo SOLDI e “ROBA” !

Il problema è lo…

Statuto fiscale della Chiesa Cattolica in Israele…e altro…!...........

Il resto dell'articolo che sputtana le manovre vaticane-sioniste si trova al link:
http://thule-toscana.myblog.it/

Tutto l'affare vescovo Williamson è solo uno scambio ECONOMICO !
Una trattativa da marciapiede!