domenica 15 maggio 2011

Nakba di Sangue 2011: 2. - Ogni giorno è un giorno di ordinaria follia

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Molti intendono per Nakba ciò che successe il 15 maggio del 1948, quando in un colpo solo 750.000 persone pari al 50 % della popolazione palestinese che allora viveva nella terra dove le generazioni si succedevano nei secoli fu privata della sua casa, della sua terra, del suo villaggio, della sua identità, quando non anche della vita. Uno storico sionista ammette il fatto, ma stigmatizza l’errore: li si doveva espellere tutti. Non si sarebbe oggi posto il duplice problema di un residuo 25 % ridotta a minoranza di serie B dentro lo strano Stato di Israele – un dito nel... secondo la colorita espressione di un cineasta – ed una popolazione di oltre cinque milioni di profughi che rivendicano il loro concretissimo e fondatissimo diritto al ritorno in case di cui conservano ancora la chiave, anche se la casa è stata distrutta ed il villaggio in cui si trovava raso al suolo. La propaganda dice: siccome ve ne siete andati, non avete diritto più a ritornare. Un ragionamento così bizzarro che non smette mai di stupirci ed indignarci. Quel che qui adesso si vuole esprimere è l’idea che la Nakba non è un punto nella linea del tempo, esattamente al 15 maggio 1948, ma è un processo di pulizia etnica continuo ed ininterrotto fino ai nostri giorni. In questa nuova serie di post noi andremmo illustrando ad un tempo il concetto di Nakba come processo continuo e lo documenteremo con episodi di cronaca quotidiana, ossia di ordinaria follia.

CIVIUM LIBERTAS

È pesante il bilancio complessivo delle vittime nelle manifestazioni per la commemorazione della Nakba che si sono tenute in molte parti della Palestina occupata, compresa Gaza e Gerusalemme Est, e nelle zone delle Alture del Golan in Libano e Siria sotto l'occupazione illegale di Israele.

25 morti e tante centinaia di feriti. Opera dei soldati israeliani

Il Nakba Day - o 'Giorno della Catastrofe' - segna la data in cui Israele - 63 anni fa - si autoproclamava stato sovrano. Lo stato sionista è stato creato mediante guerre di invasione, e l'evacuazione forzata della metà dei cittadini Palestinesi dalle loro case e terre, costretti a rifugiarsi negli stati arabi confinanti e in molti altri paesi del mondo. Le forze militari israeliane hanno distrutto quasi 500 villaggi e cancellato i loro nomi dalla mappa geografica. Oggi circa 4,7 milioni di Palestinesi sono profughi dispersi in giro per il mondo e sognano il ritorno alla loro terra e alle loro case.

In questo anniversario del Nakba Day, per la prima volta un numero enorme di Palestinesi - tra i 50.000 e i 70.000 - provenienti dai campi rifugiati del Libano si è riversato sulla frontiera tra Libano Sud e Israele. E un numero altrettanto impressionante di profughi Palestinesi rifugiati in Siria si è avvicinato alla frontiera con Israele, ricacciato indietro dal fuoco israeliano. Tanti morti, tanti feriti.

In un'altra zona della frontiera Siria-Israele, un gruppo di rifugiati Palestinesi ha sfondato la recinzione, raggiungendo i propri compagni e parenti che li aspettavano dall'altra parte della frontiera. E c'è un bellissimo video che mostra questa festa gloriosa tra Palestinesi, divisi da una barriera fisica e ideologica più impietosa e minacciosa del Muro di Berlino. Guardatelo interamente il video (link in basso): è una gioia per gli occhi, una scena che vorremmo vedere ogni momento, giorno dopo giorno, fino a quando ogni singolo Palestinese profugo nella propria Terra e in terra straniera sia ricongiunto al suo Popolo, in Palestina, nella Terra Santa, dalla Valle del Giordano fino al Sinai, dalla Giordania - anche essa in realtà Terra di Palestina - fino a Gaza.

350 i feriti tra i manifestanti in Cairo. Dopo che a migliaia di egiziani era stato impedito dalla Giunta Militare di partire come programmato per la frontiera con Gaza, la folla inferocita si è riversata sull'ambasciata israeliana del Cairo, sfondando la protezione esterna dell'edificio, bruciando la bandiera simbolo del regime di occupazione, chiedendo a gran voce la fine dei rapporti di complicità con Israele. Le forze dell'ordine hanno aperto il fuoco sui manifestanti e hanno disperso la folla. Ma molti giovani sono rimasti a protestare fino a notte fonda.

Ma oggi è soprattutto un Giorno di Lutto. Il lutto per 25 persone coraggiose cadute per avere osato affrontare il Golia dei giorni nostri, il lutto di una intera comunità di Gente sradicata e oppressa. E vorremmo esprimere la nostra solidarietà ai loro congiunti e amici, ma le nostre parole rimarranno relegate a queste pagine, visto che ci dividono dal Popolo Palestinese non solo mari e terre, ma soprattutto quel muro di impenetrabile ostracismo mediatico che impedisce il libero flusso del messaggio universale di solidarietà e fratellanza.

Oggi rimaniamo in raccolto silenzio e lasciamo parlare i versi scritti da un giovane Palestinese, il cui nome ci è ignoto. Versi che ci ricordano come ogni singolo giorno vissuto sotto l'occupazione israeliana sia un Giorno di Ordinaria Follia.

Poi torneremo all'attacco, nel blog, domani e tutti i giorni che seguiranno, per condividere con tutti ciò che è importante conoscere per individuare chi siano le vere vittime e i veri carnefici.

Non ne posso più di 63 anni di occupazione israeliana
Non ne posso più del Muro
Non ne posso più dei checkpoint tra i villaggi palestinesi
Non ne posso più dei colonizzatori illegali israeliani
e degli insediamenti
Non ne posso più della lingua ebraica
sul mio documento di identità
Non ne posso più della gente che non sa niente della nostra storia
ma sembra sapere tutto sulla storia ebraica
Non ne posso più della gente che non si cura del Diritto al ritorno
dei Palestinesi
e accetta la Legge del Ritorno degli Ebrei
Non ne posso più degli Accordi di Oslo
che nessuno qui ha mai voluto comunque
Non ne posso più dell’Autorità Palestinese
con zero autorità
Non ne posso più di vedere mio padre umiliato ai checkpoint
da persone della mia età o anche più giovani
Non ne posso più che i miei amici internazionali debbano mentire
per farmi visita; che vengano interrogati, perquisiti,
e a volte perfino espulsi
Non ne posso più della gente che non capisce cosa sia l’Occupazione
Non ne posso più di vivere nel terrore costante
Non ne posso più del Disturbo da Stress Post-Traumatico
che è un normale modo di essere in Palestina
Non ne posso più di vedere l’inefficacia dell’ONU
Non ne posso più della Legge Internazionale sui Diritti dell’Uomo
che Israele non è chiamata a rispettare
Non ne posso più dell’accusa di “anti-semitismo”
contro chi lotta per i diritti umani dei Palestinesi
o critica le politiche israeliane
Non ne posso più di vedere tutti ignorare che sono io il Semita
Non ne posso più di sentire gli israeliani gridare alla “discriminazione”
mentre proprio Israele è stato fondato sul principio della purezza etnica
Non ne posso più di vivere in un’epoca
in cui il profilo razziale è diventato accettabile
Non ne posso più di essere trattato costantemente come un sospettato
Non ne posso più di come i media descrivono noi e la nostra situazione
Non ne posso più di come tutti abbiano a cuore la sorte di Gilad Shalit
quando ci sono almeno 7.000 Palestinesi nelle carceri israeliane
Non ne posso più di provare a difendere me stesso,
i miei amici e i miei connazionali
e di essere etichettato come terrorista
Non ne posso più, perché ovunque io vada vedo Il Muro,
vedo insediamenti e vedo soldati israeliani
E non ne posso più
di 63 Anni
di Occupazione
israeliana

(autore ignoto)

DA NON PERDERE - Video: cosa è successo nel Nakba Day alla frontiera Siriana


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