sabato 23 febbraio 2008

Lettera ad un “casto” direttore di giornale

Versione 1.3

Circa sei anni fa l’agenzia «Informazione Corretta» nasceva con il precipuo scopo di condizionare i mezzi di informazione per tutto ciò che riguarda Israele. Il suo funzionamento è abbastanza semplice. Si selezionano articoli, divisi in quelli favorevoli e contrari ad Israele. Se sono contrari si invitano gli Affiliati a mandare lettere all'indirizzo fornito delle redazioni dei giornali, ma non solo. Se sono favorevoli, si mandano lettere di elogio e sostegno. È facile immaginare quale normale attività un vero e proprio linciaggio contro giornalisti e persone non gradite. La “cattiveria” degli attacchi contrasta vistosamente con la dottrina di quell’«amore» per Israele che si pretenderebbe a fronte di un «odio» proibito per legge. Ricordo il caso di Michele Aines, che non aveva mai sentito nominare Robert Faurisson, ma che si trovò messo nello stesso calderone. Fui costretto ad intervenire, mettendo in guardia lo stesso Aines, che forse neppure conosceva l'organizzazione sionista «Informazione Corretta». Non pochi casi sono stati già da me documentati e altri vengono continuamente scoperti nel mio Monitoraggio, ormai ricco di schede che attendono di essere ordinate e collegate. Il mio interesse per la testata IC nacque, quando fui onorato della loro attenzione: mi attaccarono tentando di diffamarmi e da allora mi occupo di loro, non perdendoli di vista. Faccio così giustizia per conto di tanti cittadini ignari, fra cui ad esempio Franco Cardini. Lo stesso posso dire per altri. Esistono una serie di piccole testate che sembrano quasi la stessa cosa di «Informazione Corretta», tanto forti e vicine sono le assonanze. Fra queste il «Foglio» e «l’Opinione delle Libertà». Non sempre, giacché non ne avrei il tempo, ma in alcuni casi non resisto all’istigazione con cui i «Corretti Informatori» invitano a scrivere missive, come in questo caso:

Ad Arturo Diaconale
- direttore de “l’Opinione delle Libertà”

Oggetto: «Informazione Corretta»
del 23 febbraio 2008,
dove trova una costante e degna attenzione laudativa. Le scrivo su istigazione dei suoi amici «Corretti Informatori», ma in termini che decido io, non loro.

Ho letto il suo articolo [banale errore: in realtà è di un altro, non di Diaconale stesso, ma poco cambia…] riportato da «Informazione Corretta». In un primo tempo pensavo che fosse delle stessa redazione e mi astengo dal riferirle i miei commenti mentali, riga per riga, parola per parola. Mi limito ad una sola sua frase:
" purtroppo per noi, chi ha interesse che l'attenzione non scenda mai, neanche per un secondo, sulle tematiche dello scontro arabo-israeliano, usa ogni cosa, importante o no, ai suoi scopi."
Appunto! Ciò che si vorrebbe è che un intero popolo, quello palestinese, venga scannato, sterminato, genocidizzato, nel più assoluto silenzio: occhio non vede, cuore non duole!

Èd è appunto quello che fa se non tutta la stampa, almeno una certa stampa, che dovrebbe rappresentare la opinione "pubblica": un mio amico diceva ogni volta opinione "pubblicata" a significare quanto distanti sono le cose che appaiono sui giornali dal modo di pensare della gente, che saggiamente non compra giornali come «l'Opinione delle Libertà» (e mai il nome "Libertà” fu più usurpato).

Sono di partenza e non ho molto tempo da dedicarle. Del resto, in piena applicazione della sua enunciata teoria del “non vale la pena” concordo che è tempo sprecato quello trascorso con lei. Ricordo soltanto di un libretto appena comprato: la Casta dei Giornali di Beppe Lopez. Lei è tutto lì dentro: a p. 15, 75, 122, 132, 133! Ed è vano sperare altro da lei. Per fortuna, in questa democrazia, da lei nominata, è ancora possibile stare dall’altra parte in cui sta Arturo Diaconale, che sono certo incontrerò in qualche manifestazione di FI ora Popolo delle Libertà, ed anche in quella sede sarò contro di lui, appena mi sia dia - democraticamente e civilmente, cioè mai – la più piccola possibilità di esprimere un’opinione. Per fortuna, siamo ancora alla “guerra ideologica”. Speriamo di non dover mai conoscere la sua fase cruenta, anche se il combattimento spirituale delle idee è non meno devastante.

È con sommo rincrescimento che ho letto il suo articolo, stampato ahimé con i soldi dei poveri contribuenti. Almeno lo avesse pubblicato di tasca sua. Non se l’abbia a male: se lei non avesse scritto, io non avrei letto. Ed non avendo letto non sarei soggiaciuto all’impulso di esprimerle il mio dissenso e mi consenta... anche la mia disistima per quello che ha scritto ora ed in altre occasioni. Mi avvalgo del diritto di critica sancito dall’art. 21 della costituzione italiana ancora vigente.

Distintamente
Antonio Caracciolo
Università di Roma La Sapienza
(sono di quelli che non gradivano la visita del papa)

Post Scriptum

Ho ricevuto una risposta privata di Arturo Diaconale. Il tenore è altamente offensivo ed ho risposto per le rime. La corrispondenza resta privata e non è pubblicabile. Resto quanto mai convinto delle mie ragioni di fondo, non personalistiche, ragioni che trovano sempre nuove conferme, fra cui in ultimo la consueta intervista settimanale di Bordin a Fiamma Nirenstein. Il cinismo con cui in certa stampa si assume come lecito e normale il quotidiano genocidio di un popolo trova qui in queste mie pubbliche prese di posizione solo una debole risposta. Ci vorrebbe ben altro, ma la nostra singola coscienza è tale da non consentire la tacita acquiescenza all’assassinio legalizzato. Moriranno, ma non sarà con il mio plauso e non aspetterò i libri di storia per sapere cosa sta succedendo, cosa che non saprà di certo mai da testate come quelle qui nominate.

Non voterò Fiamma Nirenstein!

Versione 1.1

Rendo pubblicamente noto ai Supremi Vertici del mio partito, il Popolo delle Libertà, per il quale ho perfino raccolto le adesioni (210 in quartiere Marconi, in un solo fine settimana) che pur conservando la tessera (ex art. 49 cost.) mi asterrò dal voto se nel mio collegio o in altri collegi dovessi trovare in lista il nome di Fiamma Nirenstein. Se ciò malgrado la nota giornalista filoisraeliana e antipalestinese dovesse risultare eletta non gli risparmierò mai la mia critica, civilmente, nell’ambito delle leggi esistenti ed ex art. 49 della costituzione. Ancora una volta si procede alle “nomine” di quelli che saranno i nostri parlamentari. Tutto ciò è assai poco democratico, ma si pretende che la nostra sia una democrazia, magari da esportare all'estero con la forza e la violenza.

POPOLO DELLE LIBERTA'. Giuliano Ferrara non si candida a sindaco di Roma, via libera a Giorgia Meloni, 31 anni, vicepresidente della Camera, esponente di An. Berlusconi vuole in lista Renato Farina, ex vicedirettore di Libero, giornale per il quale tuttora scrive, ex agente Betulla nel caso Sismi. E ancora: Roberto Speciale, generale, ex comandante della Guardia di Finanza silurato da Visco; Fiamma Nirenstein, firma del Giornale; Katia Noventa, ex fidanzata di Paolo Berlusconi; Luca D'Alessandro, ex giornalista del Giornale ora all'ufficio stampa di Forza Italia; Manuela Di Centa, olimpionica dello sci di fondo; Beatrice Lorenzin, coordinatrice dei giovani di Forza Italia. Confermate Elisabetta Gardini e Mara Carfagna. Tiene banco il caso Sicilia: il Cavaliere si è accordato con Raffaele Lombardo, leader del Movimento per l'autonomia siciliana, che sarà candidato presidente nell'isola. Intesa che ha scatenato l'ira di Gianfranco Miccichè, già fedelissimo di Berlusconi che di ritirarsi dalla corsa alle regionali non vuol sentir parlare.

Mi auguro che la notizia sopra riportata e ricavata da questa fonte sia priva di fondamento. Trasmetto per conoscenza a Chicchitto, da me visto ultimamente ad un convegno romano organizzato (senza contraddittorio) proprio dalla Fiamma Nirenstein, dove l’Islam veniva equiparato al nazismo. Una simile candidatura è in contrasto con quella ricerca della pace in Medio Oriente che il Presidente Silvio Berlusconi ha dichiarato in più occasioni di voler perseguire, in ultimo perfino nell’introduzione al volume dell'ambasciatore israeliano uscente, Ehud Gol. Altresì trasmetto a tutti gli indirizzi di partito a me disponibili. Prego i miei Lettori di dare massima diffusione possibile a questo mio post.


venerdì 22 febbraio 2008

Distorsione del mercato e della vita democratica: la Casta dei giornali

Versione 1.1

Ho appena comprato un nuovo libretto, di Beppe Lopez, La Casta dei giornali: così l’editoria italiana è stata sovvenzionata e assimilata alla Casta dei politici, Stampa Alternativa, Rai Eri, euro 10, pp. 2006.
Trarrò da qui spunti per una serie di articoli in questo Blog dedicato al tema delle libertà dei cittadini. Una prima considerazione che voglio fare è di tipo caratteriale-psicologico. Credo che capiti ad ognuno di noi, almeno qualche volta, di uscire fuori dai gangheri per qualcosa letti sui giornali o ascoltata in televisione. Esistono due tipi di comunicazione: una di tipo verticale, dove da un centro (giornale-televisione) viene diffusa l'informazione da Uno verso Molti, che possono essere poche decine o diversi milioni a seconda dell'importanza e della potenza del mezzo di comunicazione. Vi è poi un nuovo tipo di informazione, recente, che è del tipo orizzontale, nella quale ognuno comunica con ogni altro. La nostra è di questo secondo tipo e mi auguro che con il tempo diventi la più importante ed attendibile. Altra precipua caratteristica dell’informazione del primo tipo è la totale assenza del contraddittorio, per cui il lettore criticamente non avvertito non ha la possibilità di formarsi un autonomo convincimento. Al massimo può dubitare pregiudizialmente di tutti gli organi di stampa ed è una saggia precauzione. La stampa è dunque principalmente uno strumento di formazione e coazione della cosiddetta pubblica opinione, non un mezzo di informazione al servizio della democrazia. Ne discende l'interesse ad essere proprietari di giornali o quanto meno a poterli controllare, quelle poche volte che occorre per interessi prettamente politici, Scandali rosa e notizie di poco conto possono ben essere lasciati alla libera discrezione dei giornalisti. Le notizie che contano invece no.

Per non uscire fuori dai gangheri alla lettura di notizie inverosimili o non condivisibile occorre persuadersi della fondamentale non-libertà dei mezzi di comunicazione quanto più sono mastodontici per il loro apparato e per il numero di giornalisti al loro servizio. Da una commissione parlamentare d”inchiesta negli Usa abbiamo potuto apprendere dell'esistenza allora di migliaia di giornalisti direttamente al soldo della CIA. La loro funzione era quella di orientare l'opinione pubblica sulla guerra in Vietnam. Per le vicende odierne in Medio Oriente possiamo ben ipotizzare l'esistenza di migliaia e migliaia di giornalisti letteralmente al soldo dei servizi segreti interessati. Lo sapremo probabilmente fra un quarto di secolo, quando gli archivi o altre fonti saranno disponibili. Viviamo per fortuna nell’epoca di una rivoluzione tecnologica chiamata internet, che sembra assicurare una certa libertà o quanto meno di contrasto ad un’informazione già verticalmente orientata. A giudicare da un’agenzia come «Informazione Corretta» non è che non si tenti di fare anche in internet ciò che era prassi consolidata sulla carta stampata. Mi chiedo spesso quale utilità materiale io consegua nel dedicare il mio tempo a scrivere questi miei post: assolutamente nessuna. Ma non si vive sempre e soltanto per il dio danaro e per ognuno di noi esiste il momento dell'impegno civile e politico per la comune difesa del sistema delle nostre libertà e per il miglioramento generale del nostro comune livello di vita e di civiltà.

Analisi della strategia mediatica sionista: una frenetica accusa di odio da parte degli avversari ma una propria totale mancanza di amore e di pietà

Versione 1.3
testo in progress

Avviso i miei affezionati Cinque Lettori che questo post richiederà più sedute di lavoro. Dovranno pertanto ritornarvi più volte e seguire il numero progressivo della versione per avere cognizione dei miglioramenti apportati al testo. Considerata l'ora tarda ed il tempo già dedicato al precedente post, mi limito qui a riassumere gli svolgimenti analitici. Per chi si prende la briga di esaminare i testi dei più noti sionisti italiani (Magdi Allam, Giorgio Israel, nirenstein, Panella, Ottolenghi, ecc., il team di «Informazione Corretta» intorno ad Angelo Pezzana, e simili, l’ineffabile Pacifici, teroico della Cinquina) vedrà da parte di costoro una costante ed ossessiva denuncia di odio che sarebbe loro votata dall'universo mondo. L’accusa di odio come già quella di antisemitismo è invero del tutto gratuita come possono ben dire quanti sono sistematicamente diffamati in tal modo e proposti alla pubblica gogna, che per fortuna sempre più spesso si ritorce contro i diffamatori. L'accusa è del tutto strumentale in quanto esistono apposite leggi che consentono di incriminare penalmente quanti colpevoli di “odio” e di “antisemitismo”. Ciò che chiaramente interessa costoro è di produrre i prosaici meccanismi dell'incriminazione penale ed in questo modo eliminare avversari scomodi. Qualcosa di simile era stato tentato contro i firmatari della lista di solidarietà “Gaza Vivrà”. Per fortuna, il magistrato al quale era stata presentata la denuncia ne ha subito valutata la gratuità ed infondatezza. In questi casi, il diritto offre alla parte lesa il ricorso alla controdenuncia per calunnia, ma personalmente non amo ricorrere a simili sistemi. Preferisco fare uso delle armi della critica e della mia capacità di demistificare le false ragioni dei miei avversari, di cui come regola generale eviterò di fare persino i nomi, bastandomi di evidenziarne le malefatte.

Orbene, uno potrebbe essere portato a pensare che chi tanto denuncia l'odio altrui vorrebbe una società ideale tutta improntata ad amore reciproco. Quanto più si denuncia nell'altro l’esistenza di odio tanto più si dovrebbe dar prova di capacità di amore e pietà in lui stesso. Anche io lancio a Giorgio Israel una sfida, diversa da quella che gli ha lanciato Franco Cardini.(ANSA) - GAZA, 22 FEB - Due miliziani palestinesi, uno dei quali del braccio armato della Jihad islamica, sono stati uccisi durante un raid aereo israeliano. E' accaduto nella Striscia di Gaza; i due sono stati colpiti con razzi lanciati da un velivolo di Israele, durante un attacco nella zona di Bureij, nel sud della Striscia. Secondo un bilancio Afp, sale a 6.141 il numero delle vittime delle violenze israelo-palestinesi dalla fine di settembre 2000, in gran maggioranza tra i palestinesi (FOTO ARCHIVIO). 22 Feb 09:35. Ma leggi anche Agenzia Infopal.

Ed è questa la sfida: che mi dia prova di un solo atto di amore e di pietà da parte del governo israeliano verso il popolo palestinese. Ho letto di recente, e spero di ritrovare il link (= dapprima dato autonomamente dall’ansa, poi scomparso, ora ritrovato in un contesto relativizzante) di una notizia significativa ed insolita, per la quale cittadini israeliani, diversi dal governo israeliano ed in opposizione al governo israeliano, hanno fatto una manifestazione in Gerusalemme perché venisse tolto a Gaza l’assedio, che dunque vi è ed è tale da suscitare la reazione morale di israeliani, per fortuna non eguali ad altri israeliani: se fossimo razzisti ed antisemiti non faremmo distinzione fra ebreo ed ebreo, fra israeliano e israeliano, ma sarebbero per noi tutti eguali. Essendo stata tolta l'elettricità a Gaza – guarda caso! E poi si dice che gaza non è un lager, al quale può essere tolta elettricità ed acqua – ho potuto leggere ilcommento beffardo di Olmert: “posso andare a piedi!”. L’affamamento è stato tale da costringere un milione e mezzo di persone a sfondare i muri del lager nella parte confinante con l’Egitto, che per ragioni umanitaria non ha potuto sparare addosso agli affamati, dando loro piombo invece che pane. Ebbene, un prova di amore e di pietà da parte israeliana non la si trova neppure a cercarla con il lanternino. Si lamentano gli israeliani perché le vittime disgraziate anzichè rassegnarsi a 60 anni di costante genocidio osano lanciare piccoli missili kassam, mentre gli stessi israeliani rispondono con una potenza di fuoco da 100 contro uno. E dispongono pure – gli israeliani – di un’atomica che sarebbe già stata usata da un pezzo, se le circostanze lo avessero consentito.

Quindi, denuncia strumentale di odio da una parte, una denuncia beninteso soprattutto mediatica, perché qui in Occidente stiamo combattendo una guerra ideologica vera e propria, con tanto di bandiere. Sempre sulla nota agenzia israeliana «Informazione Corretta» ho letto di una singolare protesta di due docenti torinesi, di cui uno è una certa Daniela Santus, che mi avrebbe gratificato di un attacco personale che però non riesco a trovare in rete, che si sarebbe presentata alle sue lezioni (di geografia) con una bandiera di Israele, lamentandosi di essere attaccata per il suo sionismo. Se l’accusa è anche a me rivolta, posso rispondergli che per quanto mi riguarda non solo con la bandiera di Israele può benissimo andare in giro, ma con quella stessa bandiera ci si può fare pure un vestito con il quale girare tutto l’anno: la questione non mi riguarda e non intendo minimamente attentare a questa sua libertà. Ma al tempo stesso lei non può impedirmi di essere dalla parte delle vittime, cioè i palestinesi. Dicono costoro:
«Siamo stufi di veder propagandate idee antisemite in uno spazio pubblico universitario che dovrebbe essere un luogo di ricerca e di studio».
Già! In un luogo di ricerca e di studio, dove Daniela Santus ha ben pensato di portarsi a tener lezione uno degli “straordinari personaggi” dell’ancor più straordinario convegno per la “democratizzazione forzata” (a colpi di stato e finanziamenti della sedizione intera) organizzato a Roma da donna Fiammetta Nirensteim, di cui ho dato ampio resoconto, criticando fra l’altro anche lo “straordinario” Bassem Eid, presentato a Torino da Daniela Santus, facendo uso discutibile dell’università torinese per manifestazioni propagandistiche: poteva servirsi di una delle sedi della comunità ebraica torinese, ma non compromettere la dignità di un'università pubblica. Non si lamenti quindi Daniela Santus per le reazioni che suscita con le sue manifestazioni pro israeliane, di cui abbiamo pure noi il diritto di essere stufi. In Torino, Vattimo ha fatto sapere che a sua volta si recherà a lezione con la bandiera dei palestinesi, se qualche studente gliene darà una, non possedendone egli alcuna. In pratica ciò che si pretende dalle varie Daniele è che ognuno di noi stia dalla parte di Israele e contro non solo i palestinesi, ma contro tutto il mondo arabo e islamico: una pretesa arrogante del tutto inaccettabile. Non è in discussione la legittima opzione politica di Daniele Santus e di Ugo Volli, ma neppure loro possono pretendere di porre limiti alle nostre legittime scelte di campo. Ed abbiamo anche il diritto di reagire civilmente con le armi della critica a tutte le mistificazioni e falsificazioni che ci vengono quotidianamente ammannite da una stampa in larga parte lobbizzata. A fianco della Santus e di Volli sono schierati i sionisti di «Informazione Corretta», le cui missive non possono avere altri destinatari che le loro schiere di lapidatori, cui soltanto possono riuscire comprensibili gli autoreferenziali testi, come questo ultimo che come loro dicono si commenta da sè.

Chiusa questa parentesi, pare ovvio l'uso ipocrita e strumentale della denuncia di odio altrui, mentre si è totalmente incapace di amore e di pietà verso le proprie vittime. O meglio l’amore c’entra in una diversa accezione. Attraverso l'amplificazione dell’Orrore Sommo e Supremo, superiore agli Orrori di tutte le epoche precedenti messe insieme, cioè il topos dell’«Olocausto», esiste una pubblicistica demenziale che tende a produrre un'immedesimazione verso Israele: Viva Israele (Magdi Allam), Israele siamo noi (Fiamma Nirenstein), etc., e parallela produzione di ostilità ed estraneità vero l’altro; ad esempio un libro dal titolo Fascismo islamico (Carlo Panella), dove l'obiettivo è di far credere ai semplici che gli islamici abbiano quattro piedi o due teste ed in questo modo produrre lontananza morale nei loro confronti. L'obiettivo è quello di produre amore verso i nostri beniamini, cioè gli israeliani, cioè i nostri, cioè noi stessi. Non mai che gli israeliano debbano dare amore agli altri: lo devono ricevere, perché ne hanno diritto e sono in credito verso di noi, o meglio verso i nostri padri e nonni, che avrebbero fatto grandi torti ai loro padri e ai loro nonni. Tutto ciò è chiaramente assurdo, ma è quanto si trova analizzando i più diffusi media.

Resta ancora da analizzare il colpo grosso messo a punto in questa strategia. Il nostro presidente della repubblica pro tempore Giorgio Napolitano, eletto come ognuno sa non direttamente dai cittadini, ma da mille parlamentari la cui credibilità presso i cittadini è vicina allo zero (1,4 su dieci). Dovrebbe rappresentare tutti i cittadini. Ebbene, in un noto discorso continuamente sfruttato dai sionisti il presidente napolitano ci ha detto che se per caso siamo antisionisti, cioè critica nei confronti di Israele e della sua politica ripetutamente condannata dall'Onu e dalle organizzazioni umanitarie, ciò equivarrebbe al condannato “antisemitismo”, la nostra critica sarebbe un “rigurgito” di antisemitismo. Con tutto il rispetto che dobbiamo al nostro Presidente gli saremmo però grati se avvalendosi dei potenti mezzi della sua Presidenza ci fornisce una spiegazione logico-didattica del suo ragionamente, giacché un ragionamento deve pur esserci dietro ad affermazioni che senza argomentazioni restano apodittiche e dogmatiche. Io ho letto di recente una condanna del sionismo da parte di Tom Wise, un ebreo, che scrisse sue riflessioni, qui disponibili, all’indomani di ben altro sabotaggio che non quello della Fiera del Libro di Torino, alla cui inaugurazione apprendiamo sarà presente Giorgio Napolitano: a Durban gli Stati Uniti sabotarono una Conferenza Onu nella quale la maggioranza degli Stati ivi rappresentati avrebbero condannato formalmente il sionismo in quanto forma di razzismo. Che la condanna non abbia avuto formale sanzione non significa che le ragioni e le motivazioni allora esposte, fossero cose campate in aria. Saremmo veramente grati al nostro Presidente, se prendendosi cura dell’educazione morale e politica di tutti noi altri cittadini, ci spiegasse i passaggi logici delle sue affermazioni presidenziali.

(segue)

“Il flagello laico”: un video di Paola Cortellesi

Versione 1.0

Ho ricevuto tra la posta di questa mattina un’email con url: http://www.youtube.com/watch?v=X1y8myxLz-k&eurl. Ero andato a vedere di cosa si trattasse e sull’inizio non avevo subito capito che si trattava di una satira. Stavo per sbigottire impotente davanti a tanta imbecillità, ma poi per fortuna il contenuto satirico è diventato sempre più evidente ed ho potuto riderci sopra, anche se il problema evocato è quanto mai serio e per nulla da ridere. Proprio ieri l’altro ha bussato alla mia porta don Giuseppe, il parroco del quartiere. Come ogni anno voleva benedire la casa. Soprattutto quando era in vita mia madre, era ospite abituale e gradito per poter assicurare i conforti religiosi a mia madre, donna semplice educata all'antica, nella fede cattolica, ma per nulla bigotta. Nei suoi ultimi anni, gravemente inferma, non poteva più recarsi da sola alla messa domenicale. Un apposito servizio parrocchiale era stato predisposto per casi simili.

A don Giuseppe, per il quale resta sempre aperta la mia casa, dove può bere e mangiare, non ho mai nascosto le mie vedute, con le quali non ho però mai infastidito mia madre, a me troppo cara a confronto delle mie modeste opinioni. Questa volta a differenza dell'anno scorso don Giuseppe non si voleva accontentare di benedire le mura di casa, ma avrebbe voluto benedire la mia persona ed usare su di me la potente arma cattolica della preghiera. Cercando di essere cortese, gli avrei voluto parlare di un dottissimo libro che sto leggendo e che da un punto di vista strettamente filologico tratta la nascita del cristianesimo, il formarsi del cattolicesimo e della sua dottrina. Davvero una lettura interessante da cui penso di poter trarre qualche articolo per questo Blog. A don Giuseppe ho però voluto chiedere una “raccomandazione”, o meglio una copertura ed un riparo. Incuriosito, don Giuseppe, mi chiese di cosa avessi bisogno da lui. Volevo che si accomodasse perché potessi spiegargli cosa è la teologia politica, a lui che diceva di saperne qualcosa appena di teologia, ma cosa fosse la teologia politica proprio no.

Ho dovuto semplificare dicendo che per talune persone, frequentatori di questo sito, che si autodefiniscono cattolici tradizionalisti, in realtà la religione nel senso corrente del termine ha assai poco interesse, a loro interessa un mondo dove al posto di Bush sia il papa a comandare. La semplificazione è grossolana, ma davanti alla porta di casa non potevo fare di più per rendere il concetto a don Giuseppe, il quale ha subito afferrato dicendo che la cosa non interessa neppure al papa. E veramente qui non sarei del tutto convinto e non credo che don Giuseppe sia molto addentro nel suo mestiere. Basterebbe accennare alla teoria dei poteri intermedi, dove si risponde infine ad un’ultima istanza e si lascia fare il lavoro sporco ai vari Ferrara, salvo scaricarlo se fa correre rischi maggiori dei vantaggi che può procurare.

E non è stato invano aver qui fatto il nome di Giuliano Ferrara, che ben rappresenta i due volti della crociata contro la laicità o come loro amano dire contro il laicismo, distinguendo la buona laicità (Ferrara, Casini, Buttiglione, Volonté etc) dal cattivo laicismo (tutti gli altri). Il primo fronte è la contrapposizione cattolici-laici, ma il secondo fronte occorre ricercarlo in una nuova religione che lentamente ma inesorabilmente sta scalzando il cattolicesimo: la religio holocaustica. Ed in quest’ultimo caso sono già stati innalzati quei roghi ed riaperte quelle prigioni che il cattolicesimo aveva dovuto chiudere. L’opposizione giudaismo-cristianesimo ha caratterizzato conflittualmente per diciannove secoli la storia di quell’Europa nelle cui costituzioni e statuti si vorrebbe la menzione protettiva e prescrittiva della radici giudaico-cristiane.

Oggi, in una sorta di Santa Alleanza fra ebraismo e cristianesimo, si vorrebbero addossare tutte le colpe, le intolleranze, le discriminazioni, gli eccidi di diciannove secoli nei pochi anni del regime nazista, i cui protagonisti sono ormai totalmente scomparsi. I vantaggi di questa operazione mediatico-culturale sono però maggiori per l'ebraismo che non per il cattolicesimo, che non avendo alle sue spalle gli eserciti del pio Carlo deve far fronte al Bush di turno, la cui carica presidenziale è ormai nella abituale disponibilità della Israel lobby statunitense. Malgrado i paternostri e l'uso frequente dell'aspersorio, i diplomatici di Santa Madre Chiesa sanno valutare con profanissimo realismo i rapporti storici di forza. Se però i laici non osservanti e al credo di Santa Madre Chiesa o al nuovo credo della Religio Holocaustica possono venir sacrificati ad un momentaneo armistizio fra le due potenze ultramondane, sarà stato un piccolo e trascurabile sacrificio utile a togliere di mezzo un avversario comune, cioè “il flagello laico”. Il tema della laicità sarà da me trattato in questo blog via via che se me presenteranno le connessioni con il sistema generale delle libertà dei cittadini.
Riservo invece al mio blog di aperta critica del cattolicesimo tutti gli aspetti dottrinali, filosofici, filologici della complessa problematica. Buon divertimento!

Antonio Caracciolo

giovedì 21 febbraio 2008

Siamo ostaggi di una lobby?

Versione 1.1
Testo in progress
(da rivedere nella forma e limare nei concetti: lo farò quando ne avrò il tempo)

Malgrado i tentativi di boicottaggio – questo “buono”, secondo il modo di ragionare dei Nostri – negli USA gli studiosi Mearsheimer e Walt hanno potuto pubblicare la loro ampia e documentatissima ricerca sulla “Israel lobby e la politica estera americana”. Anche in quel caso i boicottatori hanno tentato l’arma spuntata dell'accusa di antisemitismo. Come ho potuto scrivere privatamente a Giorgio Israel, non ricordo in tutto l’arco della mia esistenza un solo caso di cosiddetto antisemitismo, di cui abbia potuto fare diretta esperienza. Ne concludo che l'antisemitismo è una pura invenzione strumentale al conseguimento di vantaggi e privilegi di ogni specie. Sempre nel libro dei due autori americani, si narra il modo in cui i politici contattati subiscono ed accettano le pressione della individuata Lobby. A fronte di vantaggi ottenuti da una parte non si riscontrano reazioni da parte dei controinteressati, spesso perfino ignari. Insomma, la lobby esiste ed è impossibile negarlo.

È da chiedersi se il fenomeno esista anche in Italia e quale consapevolezza se ne abbia da parte dei comuni cittadini. L’indagine che occorre fare non è facile e si frappongono ostacoli. Le notizie che se ne possono avere sono indirette e consistono in fondo in un diversa ottica di lettura dei dati che offre la stessa Lobby. Di recente l’ineffabile Mastella, che spero vivamente esca di scena per sempre, ha menato vanto di essere riuscito a far ottenere agli ebrei romani una pensione aggiuntiva che l’INPS aveva ritenuto non avessero diritto. Ancora più sorprendente, se non erro, è stato il fatto che il Ministro si sia servito di fondi propri del ministero di Grazia e Giustizia, quando in un servizio della nota Gabanelli di Report ho potuto apprendere di ufficiali giudiziari che pignorano le fotocopiatrici dello stesso Ministero per le numerose condanne inflitte all’Italia dalla Corte europea di giustizia. E dunque, se la matematica non è un'opinione, l'Ineffabile Ministro – per fortuna dimessosi, dopo lo sgarbo alla moglie – sottrae fondi ai legittimi creditori per distribuirli graziosamente agli ebrei del vicino Ghetto. Di ciò il Ministro ha menato vanto televisivo. Poiché un uomo come Mastella non fa nulla per nulla, è chiaro che egli si aspettasse un ritorno politico alla faccia di tutti gli italiani che con la loro misera pensione forse non superano la seconda settimana.

Proprio ieri «Informazione Corretta», un'agenzia filoisraeliana appositamente creata per fare lobbying sulla stampa italiana – peraltro quasi tutti finanziata dal contribuente e tale da costituire una specifica “casta dell'informazione”, secondo quanto si apprende in un libretto meno noto della maggior Casta – ha attaccato nuovamente Franco Cardini, reo di aver aderito all’appello Gaza Vivrà, dove ciò che mette in fibrillazione gli speculatori della Memoria artefatta è l'equiparazione fra le sofferenze che i palestinesi patiscono almeno dal 1948 e le sofferenze attribuite agli abitanti dei lager nazisti. Come se l'assedio e l'embargo contro Gaza non esistesse e come se gli assedianti non fossero gli israeliani o addirittura come se questi fosssero i loro benefattori, dopo averli espropriati delle loro terre, delle loro case, come se non fossero degli elargitori di bombe a grappolo, appositamente concepite per i bambini che ne sono le prime vittime designate.

In questi giorni possono leggersi articoli sul 1968, di cui ricorre il quarantennio. Ebbene la generazione di quegli anni ricorda certamente la grande protesta che in tutto il mondo, USA compresi, si levò contro la guerra americana in Vietnam, percepita come una guerra di aggressione che nulla aveva a che fare con pretese liberazioni di popoli. Negli stessi anni un'analoga guerra di aggressione, coronata da successo, fu la guerra israeliana contro i popoli arabi. Che lo stato di Israele sia una costruzione coloniale per la dominazione del Medio Oriente è cosa di assoluta evidenza. Vi era dunque una parallelismo fra la guerra in Estremo Oriente condotta negli stessi dagli americani e la guerra in Medio Oriente delegata agli Israeliani. Mentre però i vietnamiti avevano potuto avere appoggi di russi e cinesi, i plalestinesi furono in pratica abbandonati a se stessi. Si è potuto apprendere che in quegli anni migliaia di giornalisti erano al soldo della CIA per orientare l'opinione pubblica occidentale. Non vi è nessun motivo per escludere che una eguale copertura mediatica sia tuttora in atto per la politica di aggressione e conquista di Israele in Medio Oriente. Si aggiunga che tutto l’Occidente europeo, retorica a parte, è sotto il tallone degli USA e che la politica estera statunitense può essere facilmente imposta ai governi europei, che nella loro cupidigia di servilismo danno perfino dimostrazione di spontaneità nel condividere la politica di embargo verso i paesi arabi, Gaza compresa. Addirittura nelle misure a suo tempo decise contro l’Iraq fu posto l'embargo anche sui vaccini per l’infanzia ed è difficile ottenere statistiche attendibili su veri e propri genocidi compiuti dagli ideologi del diritti umani e della democrazia e libertà esportata.

Le facili digressioni rischiano di portarci lontano. Tornando invece al nuovo attacco di Giorgio Israel e Franco Cardini può essere utile riflettere sulle modalità dell’attacco. Per fortuna, non è contestabile la liceità dell’Appello per Gaza. Il solito Magdi Allam pare abbia pensato di rivolgersi alla magistratura, che però ha respinto la faziosità fanatica del noto personaggio. Manifestare solidarietà ad un popolo sotto assedio ed in pratica sotto genocidio è per fortuna cosa ancora lecita in questo nostro libero paese. Ma il fattore scatenante delle farneticazioni di un Giorgio Israel è la sempre più frequente equiparazione, ovviamente analogica e metaforica, fra le atrocità attribuite ai nazisti durante gli anni dell'ultima guerra civile europea ed nota alla maggior parte solo attraverso fiction televisive e le atrocità attuali visibili ad ognuno ed inflitte quotidianamente ai popoli mediorientali in generale e palestinesi in particolare.

A prima vista ci si sorprende per tanta smodata ed isterica reazione. Gli israeliani con le loro superiori armi uccidono senza ombra di dubbio. A meno che non sia colto da follia neppure il più ottuso e sfegatato sionista può negare la realtà delle uccisioni e delle sofferenze indicibili inflitte a palestinesi e libanesi. Si pretende però che questi orrori contrari ad ogni idea di umanità siano siano santificati da legittimità, siano pure benedetti con l'aspersorio. Poiché molto, in danaro ed in uomini, è stato investito per accreditare il cliché del vittimismo ebraico, finirebbe per saltare tutto il colossale inganno mediatico se dovesse apparire senza ombra veruno di dubbio come i sedicenti e presunti eredi di vittime di un vero e proprio mito, quello dell’«Olocausto», e dico “mito” per il semplice fatto che è inibita con il carcere la normale ricerca storica condotta con normali metodi scientifici di accertamento, verifica, discussione, conferme separate, contraddittorio e simili, compiano delitti comparabili e perfino superiori a quelli nazisti, di cui peraltro la memoria è solo indotta e presunta. Lungi da me l’affermare o il negare una veridicità di cui posso apprendere solo da altri, ma interamente in me la pretesa che la ricerca storica sia assolutamente libera e che nessuno debba rischiare il carcere per il solo delitto di aver scritto libri di storia, condivisibili o meno che siano.

Monitorando l’agenzia «Informazione Corretta», di cui è non marginale collaboratore Giorgio Israel, mio Collega alla “Sapienza” (per fortuna così grande da potersi non incontrare mai), si rimane sorpresi dal livore, dall’autentico “odio” fino al più turpe sollazzo, verso quanti hanno il grave torto di non essere acriticamente filoisraeliani o non essere proni alle incredibili esagerazioni della “religio holocaustica”, che la recente imbecillità francese che avrebbe voluto far sì che ogni bambino francese adottasse un bimbo morto in camere a gas, per la cui esistenza nella stessa Francia si manda in galera chiunque nutrisse dubbi. Una simile imbecillità è stata però giudicata idea “eccellente” dagli Informatori torinesi, facenti capo verosimilmente ad Angelo Pezzana. Ma ciononostante gli stessi personaggi, ossia i «Corretti Informatori» elargiscono patenti di “odio” a tutte quelle persone che attaccano intrisi di odio profondo. in realtà, si tenta con artifici di indurre all'applicazione di una legge scellerata, la legge Mancino, sulla cui genesi occorre indagare. Non mi stupirei che alla base di quella produzione normativa non vi sia stata un'azione lobbistica. Assurda poi e segno della profonda decadenza della cultura giuridica la pretesa di voler produrre per legge l’amore fra gli uomini. Al massimo il diritto può imporre ad ognuno l'obbligo del soccorso e punire l'omissione di soccorso, ma l'omissione di amore e la punizione dell'odio è un'assurdità che allontana gli uomini da ogni fiducia nel diritto come forma di regolazione delle relazioni civili fra cittadini. Nell’«Olocausto» è andata in fumo ogni idea di diritto.


mercoledì 20 febbraio 2008

Il terrorismo di Stato israeliano

Versione 1.0

Non posso addentrami in analisi per la quale non ho la necessaria competenza e le necessarie informazioni. Posso però trarre alcune conclusioni sulla base di notizie note e date da altri. In questo link si trova un articolo di Michele Giorgio, un giornalista inviso a «Informazione Corretta» e costantemente attaccato. Ebbene, si legge che l'assassinio di Imad Mughniyeh, del capo militare degli Hezbollah, è dovuto con ogni probabilità al Mossad. Non è questo terrorismo di stato? Il governo israeliano pratica in modo spudorato e da sempre un terrorismo che consiste in uccisioni e attentati. Al tempo stesso i suoi ascari mediatici gridano al terrorismo palestinese, che è solamente resistenza. Temo che l'assassinio ordito dal Mossad sia il preludio di nuovi scenari di guerra, i cui effetti probabilmente supereranno lo spazio della nostra generazione e si protrarranno in quella che è stata chiamata la moderna guerra dei Cento Anni, ma che forse durerà Duecento Anni. Temo che i deboli e le vittime che in questa guerra stanno a me a cuore e dalla cui parte io sto, continueranno ancora a morire ed a soffrire. Ma ancora più io starò dalla loro parte e non mi stancherò di puntare il dito contro i loro carnefici. Ognuno ha il suo proprio diritto alla memoria ed al giudizio morale basato sulla sua memoria e sulla sua visione della storia.

Chiuso ("esiste un altro Sole, vero")

Ricevo un breve scritto di Joe Fallisi, il quale dimostra di possedere una rara qualità: la buona fede di ammettere di aver sbagliato "barricata", non come la maggior parte dei "compagni" che continuano a "talmudizzare" (altro bel neologismo di Fallisi che rende bene l'idea) il 'rabbino di Treviri' solo ed esclusivamente per l'orgoglio di non voler ammettere di aver sbagliato tutto (ed anche perché nella cosiddetta "sinistra radicale" ancora c'è da pappare, quindi si cerca di non chiudere bottega).

Eresiarca


Una riflessione sull'"antistalinismo". (Quasi) noi tutti, l'"estrema sinistra", appunto, non-staliniana, abbiamo la nostra origine nelle lotte dell'"Opposizione" in seno alla Terza intenazionale. Ora che FINALMENTE guardo a quel passato con occhi diversi, con lenti non più appannate, vedo l'iniquità radicale e chimerica di quelle lamentazioni. Si rimproverava al nuovo assetto burocratico ch'era andato strutturandosi l'evidente autofagia della rivoluzione, ma MAI nessuno (salvo, in parte, Otto Rühle) cui fosse venuto in mente, negli anni "eroici", quelli del grande orrore chekista, di mettere in discussione DA SUBITO la radice mostruosa del regime. Che dicesse quali erano le forze - anche ETNICHE, sissignore! -, che avevano lungamente preparato l'olio di ricino per gli slavi, per i cristiani, per i contadini e che attraverso il colpo di Stato dell'Ottobre "rosso" (di sangue) glielo avrebbero somministrato sino all'ultima goccia, sino all'estinzione. Tutti, comunque, o quasi, a scattare sull'attenti e ululare tetri-infervorati "compagni avanti è il gran partito"!... Era in ogni caso il "progresso", il "sol dell'avvenire", solo un poco offuscato, ma pronto, sempre, a risplendere vittorioso... Avanti, ancora uno sforzo!... In fondo, anche se tra lacrime e sangue, la grande patria del "socialismo" futuro stantuffava, sferragliava, quinquennaleggiava, la "reazione" e l'"arretratezza" rurale stavan subendo la naturale mannaia della storia... Sì sì, era il progresso... si andava verso il mare-lago-stagno velenoso di Aral!... Mai che qualcuno pensasse: ma cristo!... se ne ammazzano, 'sti boia, a milionate di contadini - che sono la grande maggioranza dei lavoratori e danno da mangiare a tutti - vorrà pur dire che agli "oppressi", in nome dei quali altoparliamo dai tempi del rabbino di Treviri, 'sta "rivoluzione" della morgue, della ciminiera e dell'ateismo di Stato non piace, che non l'hanno mai voluta, che gli è stata imposta come la lue, la rogna, la scabbia!... No, si trattava solo di ritrovare la corretta via smarrita, quella del calmucco micidiale, quella degli Sverdlov e Uritsky da incubo. COMPLIMENTI!... E bello che molti di 'sti geni, almeno sino alla metà degli anni venti, erano a passeggio a Mosca e a S. Pietroburgo, udivano e applaudivano gli oratori-dittatori, li avevano guardati negli occhi deliranti, conosciuti di persona gli "amici del popolo", quei grandi macellai industrialisti!... NON UNA PAROLA sullo sterminio dei machnovisti (e poi su tutti i genocidi conseguenti in Ucraina), solo qualche borgorigmo a proposito del massacro di Kronstadt. E tuttavia, naturalmente, tutti a talmudizzare all'infinito, con infinito senso di superiorità!... Avevamo ragione noi, è chiaro... si era visto giusto!... e ora ve lo dimostriamo torturando senza tregua le sacre pandette!... è inevitabile, "determinato", "oggettivo"... la dialettica, la dialettica!...

Il "sole" spettrale eccolo lì, l'"avvenire" eccolo qui.

La pagina del libro dev'essere VOLTATA, una volta per tutte, e il libro stesso CHIUSO. Solo allora ci si accorgerà che esiste un altro Sole, vero.

Amarcod: nel ’68 c’ero anche io ed avevo giusto 18 anni!

Versione 1.2

Nella disinformazione imperante e diffamante cade oggi anche quel movimento che fu il 1968, dove io fui svegliato all'interesse politico e civile. Di certo quel movimento non fu qualcosa di lineare (e quale movimento lo è?), la coscienza di quanti vi presero parte era in formazione, non tutto era chiaro, non era chiara la nostra volontà, non ci fu soprattutto di nessun aiuto la generazione che ci precedette: eravamo intellettualmente orfani e dovevamo orientarci da soli. La generazione che ci aveva preceduti non ci diede la “liberazione” come pretendevano tronfiamente, ma soltanto una condizione che segue ad una inconfutabile disfatta militare: ad est e ad ovest. Ancora oggi l’interpretazione di cosa fu il 1945 lo si misura dalla risposta ad una domanda di riconoscimento: se tu fossi vissuto in età per giudicare lo spettacolo che in Europa ti si offriva davanti agli occhi nel 1945, cosa avresti risposto? Che l’Europa era stata liberata o che era stata distrutta? Io rispondo che per me l’Europa è stata allora distrutta e che le conseguenze di quella distruzione si sentono ancora sulla nostra pelle. Vi sono poi quelli che, alquanti raffinati, pensano di rispondere in modo intermedio: distrutta e liberata. Non la ritengo una risposta valida.

Una delle infinite conseguenze della distruzione del 1945 si chiama «Informazione Corretta». In America, gli studiosi Mearsheimer e Walt hanno documentato l’enorme e preponderante influenza della Israel lobby sulla politica estera americana. In Europa stiamo ancora peggio dovendo scontare non solo un'eguale condizionamento sulla politica estera, ma in pratica il totale annichilimento della nostra memoria storica e perfino l’ignominia sistematica gettata sulle generazioni precedenti. Orbene, ai tradizionalisti a senso unico che frequentano questo blog vorrei ricordare che quando viene reciso – per ragioni di comodo e per partigianeria politica o confessionale – il legame con il proprio passato, si è così dato un colpo di grazia alla propria identità. Non sto facendo apologia di un bel nulla, ma dico che nel passato si trova la totalità del nostro essere, con tutto ciò che ha di bene e di male, di positivo e di negativo. In un corpo non si può pretendere di amputare una sua parte e di lasciarne intatta un’altra. Il passato storico non può essere giudicato con le categorie di una morale di per sé opinabile e discutibile.

«Olocausto», «Giornate della Memoria», «Liberazioni» e simili sono tutte ricostruzioni di parte di un passato che non riguarda una sola parte, ma riguarda indistintamente tutti. Altro che “assassinio della memoria”! L’assassinio di cui si accusa altri è già stato abbondantemente praticato dai vari Naquet-vidal, il cui slogan è ampiamente circolato in una delle ricorrenti battute di caccia dei «Corretti Informatori», la nuova Coscienza Unica Autorizzata dell’Occidente Liberato. Per quanto riguarda il ’68, da me vissuto in Roma, da studente liceale ed universitario, resto del parere che fu un movimento fondamentalmente libertario. Nessuno voleva sopraffare nessuno ma ognuno voleva liberare tutti: come poterlo fare non era facile saperlo. E vi furono infiniti errori e frustrazioni, spesso prodotti con l'inganno di chi non aveva intenzione di liberare nessuno e voleva mantenere tutti in catene. Ai tanti cialtroni che per aver scritto qualche miserabile libro pretendono di assurgere a Voce di un'intera generazione, ovvero di mettere sotto accusa una generazione che non ha nella sua coscienza nessuna guerra (eccetto i sionisti che si riconoscono ancora oggi nella guerra israelian del 1967), posso opporre validamente la mia Memoria e per la quale in cui sono stato testimone e protagonista. Giù le mani dal 1968! Devo però ancora aggiungere che quella periodizzazione della mia vita si chiude con il 1978, anno che coincide con l'assassinio di Aldo Moro, il personaggio a tutti noto, ma anche mio professore di diritto penale nel 1972: la sua morte coincise con una mia riflessione sul problema della violenza, che per fortuna non mi aveva mai sfiorato in tutta la mia prassi politica di quegli anni. E credo che in molti furono risparmiati da questo flagello.

Già la chiamano "la nuova querelle degli storici": il richiamo è allo scontro sulle origini del nazismo, che decenni fa oppose il conservatore Ernst Nolte

[il quale diceva che non si poteva pensare il nazismo se non come risposta al bolscevismo]
agli storici liberal. Oggi però, per la prima volta qui l´oggetto dello scontro è il Sessantotto: per Peter Schneider (di cui Repubblica ha anticipato ieri passi del suo nuovo libro in merito, Rebellion und Wahn, editore Kiepenheuer und Witsch) il Sessantotto fu una rivolta giovanile fallita perché soggiacque ai miti totalitari del comunismo, ma che comunque svecchiò la società tedesca.
[Di tutte le società “liberate” quella tedesca è la più lobotomizzata. Il cervello di un tedesco medio è stato rivoltato come un calzino. È difficile parlare con lui se non armandosi di un'infinita pazienza]
Per Goetz Aly,
[ un autore di un altro libro, dispersosi in qualche angolo della mia biblioteca: lo stato sociali di Hitler, o qualcosa di simile, un libro finanziato per poter sostenere che se Hitler aveva fatto qualcosa che alleviava le condizioni di vita di gran parte dei tedeschi, che si trovarono aumentate cosniderevolmente le loro pensioni, costingendo i capitalisti-padroni a pagare le tasse, restava però sempre Hilter il Diavolo per antonomasia. Per lo stesso motivo, per aver detto che qualcosa di buono era stato fatto durante il nazismo, la giornalista tedesca Eva Hofman, è stata licenziata su due piedi. Sono queste le condizioni intelettuali e spirituali della nuova Germania liberata e rieducata, condizioni tali da far rimpiangere i tempi di Hitler e di Goebbels]
ex sessantottino anche lui, gli studenti in piazza di quarant´anni fa furono nel caso tedesco una macabra riedizione dei giovani che negli anni Trenta sfilavano per Hitler.
[E allora? Ogni generazione ha i suoi miti, allo stesso modo in cui nel 1968 in Europa si sfilava in nome di Mao. Carl Schmitt osservava che i tedeschi degli anni trenta il loro Mao lo avevano in patria, noi per lo meno lo avevamo in Cina. Ma oggi la Cina è diversa da quella del 1968 per fortuna senza aver subito nessuna “liberazione”. Nel 1968 in tutte le manifestazioni di piazza alle quali ho partecipato era sempre ricorrente la condanna alla guerra di aggressione americana al Medio Oriente. Nel 1967 in Medio Oriente Israele conduceva un'analoga guerra di aggressione contro i popoli arabi e musulmani. Oggi la prospettiva storica consente di riconoscere un identico disegno strategico: quello che è stato chiamato l’«imperialismo umanitario» in ogni angolo del mondo, salvo a scoprire presto che di “umanitario” un simile imperialismo non ha proprio nulla]

1968: ein irritierter Blick zurueck (1968: un irritato sguardo indietro), s´intitola il libro appena uscito di Goetz Aly per i tipi di Fischer Verlag, Francoforte. Lo storico, in gioventù, fu estremista di sinistra.
[Se deve fare qualche autoanalisi, vada dal suo psichiatra, ma non pretenda di rappresentare quanto nel 1968 erano civilmente e politicamente impegnati. Vi furono da allora sbandati che andarono in tutte le direzioni ed oggi si trovano nelle posizioni più disparate, alcuni come Goetz Aly scrivono libri, altri non ne scrivono, ma Aly non ha nessun titolo per parlare a nome di quelli che non scrivono e potrebbero avere delle vedute ben diverse]
Militò nelle Rote Zellen e poi persino nella Rote Hilfe, quel Soccorso rosso accusato di vicinanze con il terrorismo dei successivi anni di piombo.
La tesi di Goetz Aly è dura, tanto che la descrive come «unser Kampf», la nostra lotta. Pesante allusione al Mein Kampf di Adolf Hitler.
[una buona volta, forse fra 100 anni, quando sarà finista la cappa della censura olocaustica, anche Hitler potrà venir considerato sotto il profilo storico. Non è da Goetz Aly che potremo aspettarci un simile “revisionismo storico”]
La rabbia assertiva giovanile, con antisemitismo e antioccidentalismo latente o meno, secondo lui in Germania ebbe caratteri specifici tedeschi. Diversi dal Sessantotto negli Usa, in Francia, a Varsavia o nella Praga di Dubcek. Anche i giovani nazisti, egli sostiene, amavano le Wohngemeinschaften, le comuni abitative, ed esaltavano il sesso. Anche Goebbels, prima di Rudi Dutschke, chiese la formazione di una nuova coscienza rivoluzionaria. Anche i giovani nazisti nel ‘33 dividevano il mondo tra loro, veri uomini, e i nemici, borghesi di vario colore.
[Pezzo di imbecille con patente di storico stipendiato! ma possibile che tu ti debba servire come metro di giudizio storico di un assunto becero e moralistico per ogni altri evento storico? E quand'anche fosse non ti accorgi che l'analogia che si ripete finisce per neutralizzare il pregiudizio moralistico da cui sei partito?]

Per fortuna, dice Aly, il Sessantotto uscì sconfitto.

[Che fortuna! In Italia ne hanno tratto grande beneficio i ladri scoperti solo negli anni 90 da una magistratura che non poteva continuare a non vedere! Per la Germania non saprei, ma di certo sono usciti esseri alati]
Ma ha lasciato strascichi negativi. Slogan quali «High sein, frei sein, Terror muss da sein» (essere esaltati, essere liberi, occorre il Terrore). O l´omertà tra molti ex compagni, per cui ancora oggi alcuni delitti terroristi sono casi irrisolti.
Critica, e duramente, verso la degenerazione ideologica totalitaria del Sessantotto è la posizione di Schneider, esposta ieri su Repubblica. Cedendo ai dogmi stalinisti in chiave sentimentale la rivolta perse la sua innocenza. Eppure, egli ammonisce, dallo scontro tra una democrazia importata da Usa e Uk e contaminata dalla presenza di ex nazisti nell´establishment, e quella rivolta giovanile, è nata la società civile più aperta e vivace della Storia tedesca. Il dibattito è aperto, quarant´anni dopo.

Il brano è ripreso da «Informazione Corretta» che lo riprende dalla Repubblica del 19 febbraio. Vi è da aspettarsi la solfa abituale dei nostri «amici», che abbiamo ormai imparato a conoscere fin nel fondo della loro anima. Ritorneremo sulle loro versioni di parte, appena se ne darà il caso, limitando le nostre osservazioni a questo solo post, che avrà gli abituali aggiornamenti.



Altra “grande emozione”: quella di Ehud Gol, ambasciatore di Israele in Roma

Versione 1.4

Mi sono risparmiato una presentazione di un ennesimo libro, avendone ricevuto tardi la notizia: sapendolo ci sarei andato per spirito di martirio e per poter integrare la lettura del libro con impressione dirette sull’autore e sull’ambiente che lo esprime. Al residence di via Ripetta si è tenuta la presentazione di un volume edito da Mondadori e contenente gli scritti dal 2001 al 2006 dell’ambasciatore di israele in Italia, Ehud Gol: Da Gerusalemme a Roma. Il Medio Oriente, l’Italia, il mondo: Riflessioni di un ambasciatore. 2001-2006. Sono sicuro che troverò delle autentiche perle e dovrò spiegare nuovamente alla cassiera della libreria perché compro libri per il solo gusto di criticarli e magari guastarmi il sangue. Senza ancora aver letto il libro ho già notato un’analogia che mi aveva offerto lo spunto per dare il titolo alla presentazione di un altro libro, quello di Shlomo Venezia, presentato in Campidoglio. Al termine della presentazione uno del pubblico vicino a me, commentava dicendo che la presentazione era stata una “grande emozione”. Dall’articolo linkato si legge ora che
«E' una grande emozione per me essere tornato in questa splendida città - ha detto Ehud Gol - Durante la mia attività di ambasciatore in Italia per 58 mesi, ho scritto più di ottanta articoli sempre sui temi della situazione in Medio Oriente e sul conflitto arabo-israeliano, sull'economia israeliana, sulle relazioni tra Israele ed Italia e sulle nostre azioni per la pace. Quando ho scritto questi articoli nel corso della mia permanenza in Italia non avrei mai pensato che sarebbero stati raccolti in un libro. Ringrazio per questo la casa editrice Mondadori, che ha creduto immediatamente in questa sfida, e sono stato molto felice che il Presidente Berlusconi abbia voluto scrivere l'introduzione».

La “grande emozione” è una strana costante e mi offre un indizio investigativo: che ad esprimersi non sia la stessa persona che stava accanto a me nella sala del Campidoglio e del cui nome e volte non mi sono curato? Dalla foto non mi sembra di poter assolutamente escludere che si tratti della stessa persona, ma sarebbe per me uno sforzo eccessivo di memoria: diamolo come verosimile. Se poi si potesse accertare che l'ambasciatore (e perchè no?) era anche lui presente al Campidoglio, allora la verosimiglianza aumenta di grado. Altrimenti si deve pensare ad un “cervello unico” che si esprime sempre con gli stessi termini e le stesse espressioni. Altra cosa che attira la mia attenzione è come l'on. Fini, da quando è stato fulminato a Damasco, sia ospite ricorrente ed abituale di siffatte manifestazioni: chiamano sempre lui!

Farò un piccolo sacrificio finanziario, in questi tempi di vacche magre, comprando il libro dell’Ambasciatore. Naturalmente, non mi aspetto di trovare raffinate analisi di geopolitica o esempi insuperabili di prosa italiana, ma conto di trovare documenti di prima mano per una ricerca sulla scia di Mearsheimer e Walt, che hanno indagato e documentato l’esistenza per gli USA di una “Israel lobby” in grado di influenzare la politica estera americana. Perché non dovrebbe esservi qualcosa di simile per l’Italia? L’on. Fini lo colgo ripetutamente in flagranza. Nelle spazio che segue offrirò le mie riflessioni sul testo. Per non perdere totalmente il danaro sfoglierò il libro prima di comprarlo: se dovesse essere una silloge di assolute banalità, mi terrò i miei soldi. Ma se appena troverò elementi di analisi, lo acquisterò e proseguendo nella lettura i miei Cinque Lettori sapranno cosa ne penso. Di certo, non sono tenuto – come l'on. Fini, leader del mio stesso partito – a parlarne bene per dovere d'ufficio o per vincoli internazionali. Almeno ancora un poco di libertà di pensiero ci è concessa in questo nostro disgraziato Paese che va di male in peggio e che ora si appresta a celebrare l'ennesima farsa elettorale.

Inizio la lettura sequenziale del libro, scrivendo via via ciò che la lettura stessa mi suggerisce, non tutto però, giacchè ne verrebbe un ulteriore libro, che però non ho nessuna intenzione di scrivere.

1.
Senza precedenti

Il libro è arricchito da una prefazione di Silvio Berlusconi, scritta da lui stesso o da chi per lui. Berlusconi è uomo pragmatico da cui ci si può aspettare di tutto e di cui non ci si deve mai stupire. Sotto sotto leggo quasi un intento canzonatorio quando scrive che l'ambasciatore israeliano si è lasciato andare ad un esempio unico, senza precedenti «nei rapporti tra un ambasciatore di uno stato straniero e il grande pubblico italiano», scrivendo tra il 23 ottobre 2001 e l’8 agosto 2006 quasi cento articoli sui giornali italiani, già gravati da una coazione lobbistica ad amare Israele, malgrado gli orrori provenienti da Gaza e dal Libano, dove nell'ultima guerra di aggressione ogni metro quadrato è stato seminato di bombe a grappolo per allietare i giochi del bambini libanesi. Ma il presidente Berlusconi è capace di dire il contrario di quel che sembra dire. Bravo, Berlusconi!

Verrebbe da chiedersi se Ehud Gol sia più dotato rispetto a tanti altri ambasciatori di carriera, che evidentemente non hanno le qualità letterarie dell'ambasciatore israeliano (originario di dove?), se non hanno pensato di inondare i giornali italiani in eguale misura. Irrefrenabile bisogno letterario o necessitò di influenzare in tutti i modo possibili la cosiddetta opinione pubblica italiana? Fatto sta, che a giudizio del presidente Berlusconi, dopo tanto fervore letterario, una simile attività promozionale «a contribuito a elevare a livelli senza precedenti le relazioni bilaterali tra Italia e israele» (p. IX). Vi è di che preoccuparsi. Non so se ciò per l'Italia ha portare ad una maggiore esportazione del nostro vino in Israele, come una volta ho sentito rallegrarsi il nostro Presidente per un eguale incremento negli USA dopo la partecipazione alla guerra irachena, pardon dopo la nostra “missione di pace”.

Mi rendo conto che Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio negli anni in cui Gol era ambasciatore israeliano, non possa parlare con la stessa libertà ed irresponsabilitò di un cittadino qualunque, che in fondo può anche infischiarsene di vendere il suo vino ad Israele o agli Usa. Un capo di stato deve tener conto di tanto fattori e probabilmente ognuno di noi si comporterebbe e parlerebbe diversamente, se d’un tratto venisse investito di impensabili responsabilità. Ciò non toglie che un cittadino qualunque possa dire ciò che comunque pensa e che nel fare ciò rechi un servizio alla verità o quantomeno è rispettoso della sua coscienza. La breve introduzione di Berlusconi mi ha un poco sorpreso perché mi aspettavo un noioso testo laudativo di circostanza. Devo invece dire che ha un contenuto concettuale. In fondo, ed il massimo che si si può aspettare nelle condizioni date, che da parte italiana non vi è nessuna licenza ad uccidere, nessuna licenza di sterminio del popolo palestinese o di guerra progressiva e guerreggiata contro tutto il mondo arabo, con il quale pur nella sua impotenza l’Italia e l’Europa hanno necessità di pace molto di più di quanta non ne voglia e non ne abbia Israele.

In fondo, è come se si dicesse agli alleati israeliani: se riuscite ad ammazzarli tutti o comunque ad annullarli politicamente, come in pratica avete incominciato a fare dal 1948, noi non c’entriamo. Noi siamo per la pace ed il vogliamoci tutti bene. La nostra copertura vale fino ad un certo punto. Noi non possiamo ignorare la stragrande maggioranza del mondo arabo, con il quale, disgraziatamente, Israele non è riuscita in tanti anni ad instaurare relazioni pacifiche e ad ottenere pieno riconoscimento e legittimazione, cosa che Israele pensa sia sufficiente ottenere dalla sola America e dalla sola Europa. In fondo, Berlusconi è stato abile nella sua introduzione e non si è compromesso più dello strettamente necessario. Non so se ha scritto lui il testo o qualche suo collaboratore. Di certo non è un testo banale, tolta qualche piaggeria di circostanza e del tutto marginale.

2.
Ehud Gol confutato da Tom Wise

Cerco di non farmi distrarre da aspetti secondari e marginali del libro di Ehud Gol, come l'invito a Porta a Porta a lui fatto da Bruno Vespa e scambiato per un “interesse del pubblico italiano” (p. 5): fino ad oggi non sapevo neppure che esistesse un ambasciatore israeliano di nome Ehud Gol e sono ora quasi certo che fosse lui l’uomo che aveva provato una “una grande emozione” alla presentazione in Campidoglio dell’eguale libro di Shlomo Venezia e che era seduto vicino a me. Non so quante di simili amenità il libro ancora contiene, ma se cercherò di limitarmi ai temi più importanti la mia perdita di tempo sarà stata totale. Uno spunto importante è per me un accenno alla conferenza di Durban contro il razzismo, che si tenne in Sud Africa dal 31 agosto al 7 settembre 2001, pochi giorni prima della data storica dell’11 settembre 2001, che con l’attentato alle Torri Gemelle diede al mondo un nuovo mistero su cui ci si incominciò subito ad interrogare.

La conferenza di Durban non era un convegno di studi, ma una conferenza Onu dove si stava per condannare nuovamente Israele equiparando razzismo e sionismo. Furono gli Usa a sabotare – altro che sabotaggio del libro a Torino! – quella riunione Onu, per evitare che Israele collazionasse una nuova condanna. Non ha mai avuto particolare considerazione – nelle mie letture storiche – né delle Società delle Nazioni (= prima guerra mondiale) né dell’ONU (= seconda guerra mondiale), considerandole creazioni artificiale dei vincitori a danno dei vinti. Tuttavia, l’ONU è sembrata via via caratterizzarsi per una qualche autonomia. Ed è in questi momenti di autonomia che si sente alta la voce del padrone, cioè gli Usa, quasi dicessero: “ma chi e cosa credete di essere?!”. In Durban si era delineata una netta maggioranza che in pratica condannò come razzista Israele per la sua condotta verso i palestinesi. Che non vi sia stata la deliberazione formale, poco cambia per il giudizzio politico e storico che su quella base si può già dare. Ebbene, il nostro ambasciatore, in doveroso servizio al suo governo, come parla di quella conferenza in un articolo del 30 novembre 2001 apparsa su La Stampa? Eccone il testo:
«L’onda di odio
[sempre questo espediente dell’odio! Quasi Israele fosse specializzato in amore del mondo! O una turba mentale o una trovata speculativa]
e fanatismo che si è alzata e si è estesa a dismisura negli ultimi due mesi ha messo le democrazie occidentali di fronte alla necessità di prendere misure concrete per non lasciarsi inghiottire.
[le abbiamo presto viste!]
La campagna d’odio e di fondamentalismo, che ha attinto nuove energie dalla Conferenza di Durban
[come a dire che anche l’Onu è un propagatore d’odio, di fanatismo, di fondamentalismo]
dello scorso agosto, ha fatto da sfondo alla strage delle Torri Gemelle
[e chi può dire chi ci sta veramente dietro?]
e oggi incalza alla volta di Ginevra. A Durban abbiamo assistito ancora una volta
[si noti: ancora una volta!]

al tristemente noto di una maggioranza
[e se fosse stata una minoranza?]
di paesi oltranzisti e antidemocratici
[come a dire che la sola democrazia nel mondo è Israele!]
e dei loro sostenitori che, sfruttando gli strumenti democraticici
[e che volevi quelli antidemocratici?]
della comunità internazionale, tenta di imporre la sua posizione distruttiva ad una minoranza di paesi liberi
[che faccia! alla Israel!].
La Conferenza mondiale contro il razzismo, il cui proposito dichiarato era di discutere i mezzi per affrontare un fenomeno universale, è stata trasformata in una cassa di risonanza di odio, di antisemitismo, intolleranza e incitamento contro Israele e l’ebraismo…
[E ti pareva! che faccia da ambasciatore!].

A fronte di questa diplomaticamente deliziosa riporto un testo non mio, pregiudizialmente sospetto di antisemitismo, ma di un altro ebreo, di nome Tom Wise, che dà una ben diversa interpretazione della Conferenza di Durban. Il testo è da me corretto nel suo incerto italiano:

Riflessioni sul sionismo da parte di un ebreo dissidente


Tom Wise
Settembre 3, 2001

E così è ufficiale. Gli USA si sono ritirati dalla Conferenza Mondiale sul Razzismo, che si tiene a Durban, Sud Africa. E sebbene i cinici ed i storicamente coscienti possano sospettare che questa decisione è stata meramente consona con la nostra eterna mancanza di voglia di affrontare l’eredità del razzismo su scala globale, il motivo ufficiale è più limitato. Ossia, il ritiro a metà conferenza doveva segnalare lo scontento nei confronti di diversi delegati che cercano di far passare delle risoluzioni di condanna al trattamento israeliano dei palestinesi, nonché il sionismo stesso: quell’ideologia di nazionalismo ebraico che portò alla fondazione dello stato di Israele nel 1948.

Con una conclusione indubbiamente controversa in vista per la fine della conferenza, forse vale la pena chiedersi esattamente per cosa si fa tutto questo rumore? Sebbene sia legittimo contrastare l’opinione di alcuni che il sionismo e il razzismo siano sinonimi - specialmente data l’amorfa definizione di "razza" che rende tale posizione per sempre un discorso semantico – è difficile negare che il sionismo, in pratica se non in teoria, sia uguale allo sciovinismo etnico, all’etnocentrismo coloniale, ed all’oppressione nazionale.

Dicendo questo, immagino che verrò denominato tutt’altro che un figlio di Dio da molti nella communità ebraica. "Auto-odiante" sarà il termine usato dalla maggior parte, immagino: la tipica risposta Pavloviana ad un ebreo come me, e che, ciononostante, osa criticare l’Israele o l’ideologia sottostante la sua esistenza nationale. "Anti-semita" sarà l’altra etichetta proposta, malgrado il fatto che il sionismo ha portato all’oppressione di popoli semitici quali i (per lo più) semitici palestinesi – e d il fatto che il sionismo si base in un’antipatia profonda anche per gli ebrei. Nonostante il sionismo si proclama un movimento di un popolo forte e fiero, è comunque un’ideologia che è sempre stata piena di auto-odio sin dall’inizio. Infatti, i primi sionisti credevano, come premessa chiave del movimento, che gli ebrei stessi fossero responsabili per l’oppressione che abbiamo sopportato negli anni, e che tale oppressione fosse inevitabile ed impossibile da superare, quindi, il bisogno di un proprio paese.

Non avendo mai letto le parole di Theodore Herzl - il fondatore del sionismo moderno - o altri capi sionisti, molti avranno difficoltà ad accettare questa affermazione. Ma prima di aggredirmi, forse dovrebbero chiedersi chi ha detto che l’anti-semitismo, "è una reazione comprensibile ai difetti degli ebrei," o che, "ogni paese può assorbire solo un numero limitato di ebrei, se non vuole problemi di stomaco. La Germania ha già troppi ebrei." Magari si potrebbe pensare che a dire almeno uno, se non tutte e due queste affermazioni sia stato Adolph Hitler, essendo meritatevoli della sua penna velenosa, sono invece commenti di Herzl e Chaim Weizmann, futuro presidente d’Israele e – al momento della seconda frase – capo dell’Organizzazione mondiale sionista. Così sembra che forse sarebbe meglio, per i sionisti, guardare la casa propria prima di criticare un altro ebreo “auto-odiante”.

Tornando ai giorni della scuola ebraica, non capivo mai quell’attaccamento da dialisi renale all’Israele sentito dalla gran parte dei miei compagni. Da una parte, ci dicevano che quella terra fu dataci da Dio, come parte della sua alleanza con Abramo. Si sapeva questo perchè scritto nella Bibbia. Ma questo non mi ha mai significato un granché. Dopo tutto, molti cristiani (con cui avevo molto da fare, essendo cresciuto del Sud) mi dicevano volontieri che, secondo loro, io ero destinato all’inferno, Abramo nonostante.

Così, accettare il sionismo in base a quello che Dio diceva o non diceva mi sembrava alquanto problematico già dal principio. Inoltre, questo era lo stesso Dio che disse agli antichi ebrei di non indossare indumenti di due stoffe diversi e che insisteva sul fatto che bruciassimo le viscere degli animali che consumiamo per creare un odore piacevole. Essendo uno che porta tranquillamente i vestiti di cottone misto, e non essendo per niente in grado di sbudellare la mia cena e incinerare gli intestini dopo, ero da tempo risolto a diffidarmi della volontà di Dio finché l’Onnipotente stesso non si decidesse di bisbigliare tali desideri nel mio orecchio. Chiaramente, non potevo dare il minimo peso alle parole del povero rabbino.

Dall’altra parte, ci dicevano che serviva una patria per evitare un altro olocausto. Soltanto l’esistenza di uno stato ebraico forte ed indipendente potrebbe dare unità e protezione ad un popolo che aveva sofferto così tanto, e che aveva perso sei milioni di anime durante il terrore nazista.

Ma anche questo mi sembrava sospetto. Non si potrebbe dire che unire tutti gli ebrei in un posto, particolarmente se quel posto e piccolo come la Palestina, sarebbe il sogno di uno che odia gli ebrei? Renderebbe facile terminare il compito iniziato da Hitler. Sembrava all’epoca e sembra tuttora meglio lasciare delle comunità ebraiche vitali sparso per tutto il mondo, invece di sradicarci, puntando tutto quello che abbiamo, e trasferirci in un luogo dove viveva già della gente, e sperare che non si sarebbero scomodati troppo dal nostro ordine di sfratto!

Alla fine, accettare l’Israele come stato ebraico per motivi biblici mi lascia freddo, così come sarebbe nel caso di una nazione cristiano o islamico: due situazioni che (giustamente) farebbero venire la paura della teocrazia nel cuore di qualunque ebreo. Raccogliere in Israele tutti gli ebrei per motivi di sicurezza non ha senso nemmeno. Infatti, l’unico senso che sembra avere il sionismo è quello di potere, puro e semplice: quello del colono. Volevamo la terra, che darebbe anche all’Europa ed agli Stati Uniti un alleato nei loro giochi economici e di politica estera. Così, con la forza, la terra divenne nostra.

Quasi 800.000 palestinesi verranno spostati per permettere la creazione dello stato d’Israele, di cui 600.000 (secondo documenti riservati delle Forze di difesa israeliane) cacciati a forza dalle loro case. All’epoca, questi palestinesi, le famiglie di cui vivevano in queste terre da secoli, costituivano due terzi della popolazione totale e furono proprietari di 90% delle terre. Sebbene alcuni sionisti ritengano la terra fosse del tutto deserta e disabitata prima del l’arrivo degli ebrei, i primi coloni erano più onesti. Secondo Ahad Ha’am (scrivendo nel 1891):

“... siamo abituati a credere che l’Israele è quasi tutto desolato. Ma …non è il caso. Per tutto il paese, si fa fatica a trovare campi incoltivati”.

Infatti, fu il gran numero di palestinesi che spinse gli ebrei a chiedere apertamente la loro rimozione. Il capo del reparto colonizzazione dell’Agenzia ebraica disse: “non c’è spazio per entrambi i popoli in questo
paese. Non c’è alternativa al trasferimento dei palestinesi in paesi vicini, al trasferimenti di tutti: non dovrebbe rimanere un solo villaggio o un solo tribù”. Herzl stesso ha ammesso che il sionismo era “qualcosa di coloniale”, che indica di nuovo che non si tratta né di scperta né di fondazione. Abbiamo preso la terra, e per gli stessi motivi che non accetteremo da altri. Come ha detto Shimon Peres (generalmente considerato uno dei leaders israeliani più pacifici di tutti i tempi) nel 1985: “La Bibbia è il documento decisivo nella determinazione del futuro di questo nostro paese”. Questo è fanaticismo puro, e nessuno ci penserebbe due volte di dirlo se un integralista cristiana dovesse dire una cosa simile riguardo l’America o qualsiasi altro paese.

E’ un peccato che la maggior parte degli ebrei non abbia mai studiato i principi di base di quesa ideologia che ritengono così caro. Dovessero farlo, forse si spaventerebbero dalla vera natura anti-ebreo del sionismo. Ripetutamente i sionisti hanno collaborati con gente che odia gli ebrei apertamente per amor del potere politico. Prendiamo il caso di Herzl: un uomo che dava la colpa per l’antisemitismo agli ebrei stessi, e quindi, soltanto la fuga in Palestina potrebbe salvarci. Nel “Jewish State”, scrisse: “Ogni nazione nel mezzo di cui vivono gli ebrei è anti-semitica, manifestamente o non… la cause immediata è la nostra eccessiva produzione di intelletti mediocri, che non trovano una via d’uscita né in giù, né in su. Quando affondiamo, diventiamo un proletariato rivoluzionario. Quando sorgiamo, sorge anche il nostro potere terribile del danaro”.

Continuò, “Gli ebrei portano con sé i semi dell’antisemitismo in Inghilterra; l’hanno già introdotto in America”. Dovesse un non-ebreo suggerire che gli ebrei fossero la causa dell’antisemitismo, la nostra comunità si infurierebbe giustamente. Le stesse parole dalla bocca del padre del sionismo passono senza commento.

Peggio ancora, nei primi tempi del regno di Hitler, la Federazione sionista di Germania scrisse al nuovo Cancelliere, sottolineando la sua disponibilità di “adattare la nostra comunità a queste nuove strutture” (ossia le leggi di Norimberga che limitavano le libertà degli ebrei), perché esse “danno alla minoranza ebrea…una propria vita culturale, una propria vita nazionale”.

Lungi dala resistenza al genocidio nazista, alcuni sionisti collaboravano. Quando gli inglesi formularono un progetto che avrebbe permesso a migliaia di bambini ebrei della Germania di entrare nel Regno Unito, per potersi salvare dall’olocausto, il futuro Primo ministro d’Israele, David Ben-Gurion, frenò, spiegando:
“Se io sapessi che fosse possibile salvare tutti i bambini in Germania
portandoli in Inghilterra o di poter salvare solo la metà di loro
trasportandoli in Israele, sceglierei la seconda alternativa."

Più tardi, certi sionisti israeliani stringeranno alleanze con degli estremisti anti-ebrei. Negli anni ’70, l’Israele ospitò John Vorster, Primo ministro del Sud Africa, e coltivarono legami economici e militari con lo stato dell’apartheid, anche se Vorster stesso era stato incarcerato in qualità di collaboratore nazista durante la seconda guerra mondiale. Inoltre, l’Israele ha fornito aiuti militari alla regime di Galtieri in Argentina, anche quando si sapeva che i generali ospitavano ex-nazisti nel loro paese e che gli ebrei argentini erano nel mirino della tortura e la morte.

Infatti, il discorso fatto da alcuni che il sionismo sia una forma di razzismo è accettato nei discorsi di alcuni sionisti stessi, molti di cui sono da tanto tempo d’accordo con la dottrina hitleriana che il Giudaismo è un’identità razziale quanto religiosa e culturale. Nel 1934, il sionista tedesco Joachim Prinz, futuro capo del Jewish Congress americano, disse:
“Noi vogliamo che l’assimilazione venga sostituito da una nuova
legge: una dichiarazione di appartenenza alla nazione e alla razza
ebraica. Uno stato che si fonda sul principio della purezza della
nazione e la razza è degno di onore e rispetto solamente da un
ebreo che si dichiara di stare con i suoi”.

Anni più tardi, David Ben-Gurion ammise che il leader israeliano Menahem Begin si potrebbe definire razzista, ma che così facendo necessiterebbe “processare l’intero movimento sionista che si fonda sul principio di un’entità puramente ebraica nella Palestina.”

Le leggi che concedono privilegi speciali agli ebrei immigrati da qualsiasi parte del globo rispetto ai palestinesi, le cui famiglie erano presenti in quella terra da generazioni, e le misure che riservano la maggior parte della terra agli usi e alla proprietà esclusiva degli ebrei sono semplicemente due esempi della legislazione discriminatoria sottostante l’esperimento sionista. Come rende chiaro la Convenzione
internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, la stessa discriminazione razziale si definisce:
“qualsiasi distinzione, esclusione, restrizione o preferenza in base
alla razza, colore, discendenza o origine nazionale o etnica che
ha lo scopo o effetto di annullare o impedire la ricognizione o
esercizio, su una base comune, dei diritti umani e le libertà
fondamentali nella vita politica, economica, sociale, culturale o altro
manifestazione della vita pubblica.”

In vista di questa definizione accettato a livello internazionale, non dovremmo sorprenderci che ad una Conferenza Mondiale sul razzismo, ci fosse chi potrebbe suggerire che la politica della nostra gente nella terra di Palestina meritasse un posto sull’ordine del giorno. Così, dovremmo cogliere l’opportunità di iniziare un dialogo onesta, non solo con i palestinesi, ma anche con noi stessi. Né il sciovinismo, così centrale allo sionismo, né quel auto-odio ironico che va mano in mano con il sionismo, sono degni di un
popolo forte e vitale. Così come un dializzatore renale non è un buon sostituto per un rene pienamente funzionale, il sionismo non è un buon sostituto per un giudaismo forte e vitale. Non sono morti i sei milioni per questa fine ignobile.

Tom Wise




(segue)