venerdì 13 maggio 2011

Evento di Londra su Ebraicità e Sionismo – L’Inaudito è stato pronunciato, pubblicamente.

Homepage Egeria - N° 18
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Parla Egeria

Alcuni giorni fa Gianluca Freda scriveva un articolo straordinario dal titolo R. Goldstone: Sui Crimini di Israele Ha Ritrattato Sotto Minaccia?, offrendoci uno sguardo sconcertante nelle pratiche rituali dogmatiche e nelle pressioni sociali con cui la comunità ebraica sionista si assicura la fedeltà e coesione dei membri che la compongono. Nell’articolo che segue, Gilad Atzmon, ebreo britannico ex-israeliano, parla di fronte ad un pubblico londinese per mettere a nudo la ‘psiche tribale ebraica’, essenza dell’ebraicità, materializzata nel sionismo, e appunto esemplificata nell’articolo di Gianluca Freda.

Qui, di seguito, Lauren Booth (1) ci racconta come si è svolto l’evento di Londra del 3 Maggio 2011 dal titolo ‘Sionismo, Ebraicità e Israele, nella scia della ritrattazione di Goldstone’. L’evento era in origine programmato nell’Università di Westminster, ed è stato poi spostato in altra sede perché l’Università ha ceduto alle pressioni della comunità ebraica ‘anti-sionista’ di Londra. Sì avete capito bene: è la comunità degli ebrei che si definiscono ‘anti-sionisti’ che ha fatto di tutto per boicottare un evento in cui ‘Sionismo’ ed ‘Ebraicità’ vengono ‘pericolosamente’ associati e messi in relazione nello stesso discorso. Ma la cronistoria del tentativo di boicottaggio dell’evento è stata ampiamente illustrata nel post precedente di Egeria, dal titolo: ‘La Lobby minaccia – Gilad Atzmon e Alan Hart resistono. Come lascia intendere il titolo del post, Gilad Atzmon e Alan Hart non si sono fatti scoraggiare e hanno avviato un dibattito animato, in presenza di un pubblico eterogeneo, folto, interessato e partecipe.

Gilad Atzmon lo aveva detto chiaramente sul proprio sito: «Questo promette di essere l’evento dell’anno» - e così è stato. Dal resoconto che fornisce Lauren Booth si capisce che la serata ha avuto un successo enorme, e si può con tutta tranquillità affermare che questo evento segnerà una svolta nella discussione che indaga cause ed effetti del fenomeno razzista chiamato ‘sionismo’.

Con questo dibattito, infatti, la discussione sui crimini di Israele e dei sionisti cambia marcia e prende di mira l’elemento primario all’origine del sionismo, che i relatori – e Gilad Atzmon in particolare - individuano nella natura stessa dell’Identità Ebraica, dell’Ideologia Ebraica, dell’Essere Ebrei. Sul banco degli imputati, secondo la discussione, troviamo non tanto il regime sionista (scontato), quanto tutti quegli ebrei che pur definendosi liberali, di sinistra, anti-sionisti, sono in realtà strenui difensori di quell’ideologia che avrebbe permesso al sionismo di prendere vita come entità politica, in quanto il sionismo altro non sarebbe che l’incarnazione dell’ebraicità stessa. Basta leggere gli scritti di Gilad Atzmon per comprendere bene il concetto - che in estrema sintesi, si può riassumere così:


Sionismo = Ebraicità = Supremazia degli Eletti = Razzismo.

Tuttavia Gilad Atzmon ha sempre fatto una distinzione importante tra i diversi tipi di ‘identità ebraica’. Già nel 2005 scriveva questo in un articolo pubblicato su Redress-Information-Analysis:
«Coloro che si definiscono ebrei possono essere suddivisi in 3 categorie, in base alla rispettiva ‘percezione di sé’:
  1. Coloro che si definiscono seguaci del Giudaismo.
  2. Coloro che si considerano esseri umani e per caso anche ebrei di origine.
  3. Coloro che mettono la loro ‘ebraicità’ al di sopra di ogni altra loro caratteristica.»
Nell’articolo citato, Gilad Atzmon individua in questa 3° categoria ‘l’essenza del sionismo’, facendo notare che molti ebrei sono in effetti sionisti, pur negando di esserlo. Arriva poi alla conclusione che gli ebrei appartenenti alla ‘3° categoria’ tendono a considerarsi una comunità a sé, un ghetto di eletti che si proteggono tra loro e agiscono collettivamente come scudo dell’organismo sionista globale.

Ritroviamo il concetto della ‘3° categoria’ in molti scritti di Atzmon. Ed è proprio questa ‘categoria’ di ebrei che i relatori dell’evento di Londra, e in particolare Gilad Atzmon, prendono di mira nella discussione.

Nello scritto che segue, la famosa attivista londinese del ‘Free Gaza Movement’ Lauren Booth si assume il compito di fornire un resoconto dell’evento al posto di Gilad Atzmon, in quanto l’autore/musicista è dovuto partire per un tour negli Stati Uniti solo poche ore dopo la conclusione della serata – un tour fatto di eventi musicali e discussioni con il pubblico, unito ad una campagna di raccolta fondi destinati a diverse entità che operano in favore della Causa Palestinese.


Questo primo resoconto dell’evento è il risultato degli appunti scritti da Lauren durante la discussione. In seguito forniremo su questo blog anche la trascrizione – tradotta – del dibattito per come si è svolto, magari nelle parti di maggiore rilievo. Infatti solo ieri ho ricevuto da uno dei relatori il video che sintetizza i punti salienti del dibattito di Londra, oltre al video integrale, ora anche pubblicati sul sito di Gilad Atzmon.


Dopo averlo guardato ho anche aggiunto nella traduzione del testo di Lauren alcuni passaggi della discussione che ritenevo importanti. Il video è incredibilmente divertente nonostante la serietà e gravità dell’argomento: Alan Hart funge da moderatore e ‘provocatore’ per indurre Gilad Atzmon ‘ex-israeliano, ex ebreo’, a sviscerare fino in fondo quell’aspetto dell’essere ebrei, dell’ideologia ebraica, che è alla base del sionismo, in modo che il pubblico possa capire fino in fondo.

Personalmente posso affermare di non avere mai assistito a niente di paragonabile finora – né per profondità di analisi, né per la modalità con cui le verità sono state rivelate e sviscerate. E mi spiego.
Alan Hart, noto per essere l’autore dell’epopea sul sionismo, è coinvolto nella questione Palestinese da oltre 40 anni ed è stato lui stesso protagonista della storia in veste diplomatica fungendo da mediatore per i negoziati di pace.

Gilad Atzmon, famoso musicista, filosofo e autore, è anche l’unico autore ebreo ex-israeliano che ha il coraggio di affrontare l’aspetto dell’identità ebraica in relazione al sionismo. Alan Hart conosce ogni aspetto più recondito del sionismo e di Israele, e conosce tutte le risposte a tutte le domande. Ma lui non è un ebreo. E quindi, come l’autore stesso spiegava nel suo discorso introduttivo, ha deciso di offrire al pubblico la possibilità di ascoltare la verità sulla stretta connessione tra ebraicità e sionismo raccontata da Gilad Atzmon, di origine ebraica, uomo di grande cultura, in dissenso con Israele e in polemica con l’ideologia ebraica.

E Gilad Atzmon che da decenni si dedica proprio a sviscerare questi aspetti in dialoghi con sé stesso, riflessi nei suoi scritti profondamente onesti, è stato fenomenale. Incalzato da Alan Hart si è immerso nei gironi della psiche politica ebraica, a tratti perfino impersonando, da istrione quale è, l’ebreo vittimista che tenta di persuaderci delle ragioni degli ebrei – ma lo faceva per illustrarci l’inganno. Un’analisi concreta, la sua - profonda, arguta, senza spazi per giustificazioni pietiste, che toccava ogni punto controverso della storia in discussione, ogni interrogativo che da anni ci poniamo – incluso quello che proprio non riusciamo a spiegarci, e che neanche gli ebrei ci hanno mai spiegato:
- il perché delle ‘persecuzioni storiche’ del popolo ebraico, a cui Gilad risponde:

«Intanto gli ebrei non sono un popolo. E vi siete mai chiesti questo: è proprio verosimile che nel corso della storia il resto del mondo fosse sempre un po’ matto, tanto da perseguitare cronicamente gli ebrei ovunque fossero? Tutti i popoli prima o poi sembra siano stati colti da questa strana e inspiegabile follia. Non vi sembra un po’ strano?»
Aggiungo solo una mia considerazione personale. Mentre da una parte è forse vero che nessuno, più di un ebreo, sia adatto ad esplorare questioni legate all’ideologia ebraica – dall’altra esiste un aspetto che trovo oltraggioso. Nessun esperto sul sionismo e su Israele, neanche il più qualificato, si azzarderebbe ad affrontare l’oggetto in discussione qualora non fosse ebreo: sarebbe tacciato di razzismo e quindi ignorato, o comunque non preso sul serio. Pensiamo alle implicazioni di questa realtà e ai condizionamenti che rivela: solo gli ebrei possono discutere 'degli ebrei in quanto ebrei.' E’ un pregiudizio universalmente accettato. Già, mentre invece a tutti – cristiani, ebrei e altri - è concesso discutere dell’Islam e dei musulmani, e perfino coprirli di ingiurie, pubblicamente e impunemente.

E’ questo il virus che si è insinuato nelle nostre menti, nelle nostre culture e società occidentali ‘cristiane’: l’intoccabilità della questione ebraica e il pregiudizio nei confronti dei musulmani. Ma esiste un tabù ancora più inviolabile: un musulmano che discuta sugli ebrei e su Israele. Un esempio ci viene fornito in basso, proprio all’interno dell’articolo che illustra l’evento di Londra su ‘Sionismo ed Ebraicità’.


Egeria


Ebraicità, tattiche del terrore…
e un senso dell’umorismo


di
Lauren Booth, 5 maggio 2011


Un alone di ‘intrigo e spionaggio’ ha caratterizzato la cronaca degli eventi culminati nella serata che si è svolta vicino ad un campus nel centro di Londra. Sì, non all’interno del campus come previsto in origine, perché l’Università di Westminster si è arresa quando la Lobby Sionista britannica, e in particolare la comunità ebraica anti-sionista, ha minacciato di interrompere la discussione con azioni di disturbo violente. Perché? Perché Gilad Atzmon, sassofonista di fama mondiale, ha organizzato un panel di esperti per dibattere sul tema ‘Ebraicità e i Crimini di Israele’.

Ma la discussione ha avuto luogo, e la partecipazione è stata massiccia. La serata è iniziata con dichiarazioni introduttive mozzafiato - e considerate che fino all’ultimo i relatori avevano subìto pressioni enormi per non partecipare all’evento. E se doveste trovare nei media i soliti resoconti ‘rivisitati’ del dibattito, tornate a leggere questa pagina per avere un’idea sulla vera natura della discussione.

Insieme a Gilad Atzmon, i relatori erano: Alan Hart, autore, ex-inviato speciale della BBC nel Medio Oriente, esperto in questioni su Palestina/Israele; e Karl Sabbagh, autore, editore, produttore televisivo.

Gilad Atzmon ha iniziato il suo discorso ricordando al pubblico che “avere causato l’indignazione dei sionisti mi mette di buon umore”, e facendo notare che dopo tutti quegli anni passati a combattere con la sua identità (di ebreo) non intendeva accettare passivamente l’appellativo di ‘ebreo che odia sé stesso’ senza opporsi pubblicamente fornendo la propria versione dei fatti.

Senza altro indugio si è poi lanciato nell’interrogativo, conciso e spinoso: «Cos’è il Giudaismo?», che, alla lettera, - diceva Gilad - è la religione degli ebrei, e questo termine da solo non è adatto per caratterizzare il gran numero di ebrei laici.

«Cos’è allora il Sionismo?» Il sionismo, sostiene Gilad Atzmon, NON è un’impresa coloniale di per sé. Piuttosto, è un aspetto ideologico di stampo tribale. Non ha niente a che vedere con il Giudaismo o con le tradizioni ebraiche. E’ una causa politica che usa cinicamente la fede religiosa per raggiungere i suoi secondi fini. Il sionismo, quindi, inganna i seguaci del Giudaismo e gli ebrei laici con un raggiro, inducendoli ad investire emotivamente in un progetto espansionista violento, che altrimenti troverebbero ripugnante.

E qui Gilad Atzmon si è tuffato a testa bassa nella domanda tabù che chiunque altro avrebbe considerato un suicidio professionale:
«Forse il sionismo è ciò che è, perché gli ebrei sono ciò che sono?»
Gilad Atzmon proviene da una famiglia ebrea laica. E’ nato e cresciuto in Israele. Fino agli anni della prima gioventù coltivava un grande sogno: una carriera brillante nelle Forze Armate israeliane. Ma ciò che vide nel periodo della leva mentre era di stanza in Libano si rivelò sufficiente, così dice Gilad, per «schierarmi completamente dall’altra parte».

Gilad Atzmon si trova in una posizione unica, quindi, per porre pubblicamente la “domanda improponibile”, per “pronunciare l’inaudito”.
«Il Giudaismo? Non ne affronto l’aspetto religioso. Non è la religione che uccide. Sono le persone che uccidono in nome della religione.»

«E l’Ebraicità? Cos’è l‘Essere Ebrei? E’ Supremazia. E’ Sentirsi Eletti.»
Solo una decina di anni fa Gilad era nelle grazie del movimento anti-sionista britannico. Ma si rifiutò di fare la parte del ‘bravo ebreo’ – e cioè di diventare un ‘anti-sionistiano’, per così dire - : un ebreo disposto a condannare certi aspetti, certe azioni di Israele, pur difendendo, nonostante tutto, e in contraddizione con quanto contestato, il diritto degli ebrei ad uno stato ebraico. Su terra Palestinese. Questo tipo di attivista spesso evita dichiarazioni davvero importanti – oppure le ritratta – per via delle pressioni sociali esercitate sulla famiglia da parte della comunità ebraica. E con questo fa il gioco di Israele ai danni del movimento anti-sionista in genere. Basta pensare a Goldstone.

Per tornare al racconto sulla persona di Gilad Atzmon. Nel giro di poco tempo la comunità ebrea anti-sionista iniziò a demonizzarlo perché Gilad insisteva a difendere il suo diritto, come ex-israeliano, come accademico e cittadino di una democrazia (quella britannica), a indagare nei recessi più oscuri della mente ebraica e israeliana. Ormai sono dieci anni che Gilad è preso di mira dagli ebrei ‘anti-sionisti’ e dalle loro feroci campagne di boicottaggio dei dibattiti pubblici a cui partecipa. E Atzmon stasera mette le carte in tavola. Le smaschera davanti al pubblico, queste manovre, con atteggiamento di divertita polemica, per dimostrare che l’Ebraicità stessa significa presunzione di superiorità, e che non può avere altro risultato che ‘espansionismo tribale violento’, apartheid, segregazione.

Tra il pubblico interviene l’esponente di un gruppo di solidarietà pro-palestinese, che fa un’osservazione interessante. Racconta che gli ebrei del movimento chiamato ‘Ebrei per la Giustizia per i Palestinesi’ avevano preso in considerazione di cambiare il nome in ‘Ebrei per la Giustizia per la Palestina’ – ma avevano poi cestinato l’idea, in quanto i membri del movimento ritenevano la parola ‘Palestina’ troppo difficile da digerire (2).

Atzmon rigetta l’accusa di anti-semitismo – e con assoluto vigore, perché nega l’esistenza stessa dell’anti-semitismo. Nel 2003 scriveva:
«Non esiste più l’anti-semitismo. Nella devastante realtà creata dallo stato ‘ebraico’ l’anti-semitismo è stato sostituito dalla reazione alle politiche di Israele.»
Anche stasera Gilad torna su questo argomento:
«Come si diventa un cosiddetto anti-semita? Facile: si fa arrabbiare un ebreo. E quello poi neanche ti dà una spiegazione logica su cosa lo abbia fatto arrabbiare.

Basta dire: è oltraggioso quello che fa Israele, e diventi un ‘anti-semita’.
Basta dire: voglio vederci chiaro sull’Olocausto, e diventi un ‘negazionista’.

E che significa ‘anti-semitismo’? Il dizionario ci dice che sarebbe il disprezzo degli ebrei solo per essere ebrei. Ma in tanti anni di dibattito sulla ebraicità, sui crimini di Israele, sul sionismo – dice Gilad Atzmon – non ho mai conosciuto un anti-semita.»
E come è possibile, viene da chiedere? Atzmon fa notare che c’è una differenza tra l’odio razziale – e gli ebrei non sono una ‘razza’, o etnia, - e l’opposizione alle politiche di ‘apartheid’ (razziste) di Israele, che può generare azioni dettate dalla frustrazione.

Continua Atzmon:
«Certo che ho conosciuto persone che si oppongono alle politiche di Israele, o al fatto che certi ebrei al potere nelle nostre società occidentali agiscano nell’interesse di Israele. Ma questo non è anti-semitismo.»
. E allora come definire questo tipo di opposizione? Spiega Gilad Atzmon:
«E’ l’opposizione al ‘lobbying politico’.»
– e cioè al fatto che il potere politico si regoli secondo le disposizioni dettate dalla Israel Lobby.

E’ chiaro che gli attacchi alle proprietà di ebrei – o alle persone – non si spiegano principalmente come ostilità verso i seguaci di una fede abramica, ma piuttosto come risposta alle violenze del sionismo e di Israele: una reazione di frustrazione contro un movimento politico criminale. E c’è da osservare quanto segue. I ricercatori dell’Università di Tel Aviv ci forniscono alcuni dati interessanti da analizzare. Rispetto all’anno 2009, i casi di atti violenti contro gli ebrei nell’anno 2010 sono dimezzati (ricordiamo che il 2009 è l’anno del bombardamento di Gaza). E questo trend verso il basso, invece di rappresentare un fattore di rassicurazione, in realtà preoccupa non poco la Israel Lobby. Già, perché in assenza di atti che vittimizzano gli ebrei, come riuscirebbe Israele a giustificare le violazioni dei diritti umani perpetrate dallo ‘stato ebraico’?

Sulla questione dell’identità degli ebrei laici, Atzmon commenta così:
«Chiedi a un ebreo laico cosa significhi essere ebrei, e ti farà una lista di quello che lui non è. Ne vengono fuori discorsi alquanto caustici.»
Gilad fa lo sketch dell’ipotetico discorso, e il pubblico ride. A volte gli accademici si sentono disturbati dall’umorismo di Gilad – ma non un pubblico come quello di stasera: loro sì, che apprezzano un modo di scherzare cervellotico su questioni serie con aspetti da smitizzare.

Continua Gilad Atzmon:
«Gli ebrei laici non sono capaci di spiegare cosa significhi essere ebrei. Ti fanno un elenco di tanti NON, e questo riflette la loro sindrome della ‘negazione’, dell’impossibilità di conciliare l’ebraicità con qualsiasi altra cosa. Ecco perché gli israeliani non sono adatti come interlocutori di un ‘processo di pace’. Sono in conflitto con il resto del mondo. la soluzione dello ‘Stato unico’ in cui arabi ed ebrei possano convivere in pace è un’idea molto bella, ma all’interno della cultura israeliana, ed ebraica in genere, non esiste la nozione di ‘pace’. Come i musulmani – che hanno il saluto ‘Salam’ – gli ebrei si salutano con ‘Shalom’. Ma Shalom non significa ‘Pace’. Non significa ‘Riconciliazione’. Significa ‘Sicurezza’. Sicurezza per gli ebrei. ‘Pace e sicurezza’ per gli ebrei, e per gli ebrei soltanto.»
«Per capire, bisogna capire fino in fondo cos’è l’ebraicità. L’ebraicità tende alla segregazione. Significa, vivere in un ghetto. L’avete visto il Muro di Apartheid di Israele? Davvero pensate che serva per la ‘sicurezza’? Niente affatto: serve per separare gli ebrei dai non-ebrei. Se non sei ebreo, non hai diritto allo stesso trattamento. Sei inferiore. E’ questa l’ideologia ebraica: operare nell’interesse di questo ‘club’ esclusivo per soli ebrei, che ha fondato uno stato su territorio Palestinese. L’ironia è questa: se un Palestinese volesse protestare contro le politiche israeliane nella sua terra, verrebbe escluso dai gruppi come ‘Ebrei per la Pace’ o ‘Ebrei per la Giustizia’ per ragioni razziste, perché anche quelli sono ‘club’ esclusivi per soli ebrei.»
Alan Hart aveva iniziato la serata asserendo che Israele era uno stato NON fondato sui principi della religione ebraica, ma sulle mire espansioniste di un movimento di ebrei laici dell’Europa centro-orientale che hanno fondato il sionismo. Ora Gilad Atzmon ritorna sulla questione del nesso tra sionismo ed ebraicità in relazione con quanto succede in Gaza. Perché?
«Perché, spiega Gilad, le bombe, i missili, lanciati su Gaza, giorno dopo giorno, notte dopo notte, sono decorate con i simboli ebraici.»
E’ proprio su questo concetto dell’etichetta ebraica, del marchio ebraico, che Gilad vuole vederci chiaro. Perché, si chiede, e chiede al pubblico, devono esserci gruppi pro-Palestinesi con l’appellativo di ‘ebrei pro-Palestinesi’? Perché questa necessità di essere ‘speciali’ o ‘separati’ da altri gruppi di solidarietà. L’idea sarebbe, commenta Gilad, che le parole di condanna contro Israele sarebbero più ‘forti’ se provengono da un ebreo; che l’indignazione di un ebreo ha più peso di quella degli altri. Non è forse questo, di per sé, un concetto di supremazia? Un concetto che eleverebbe la sofferenza degli ebrei e la capacità degli ebrei di comprendere la sofferenza, al di sopra di quelle degli altri? Le voci degli ebrei dissidenti potevano avere un peso particolare un tempo, all’inizio della lotta per aprire gli occhi su Israele e su cosa succede in Palestina. Ma oggi la lotta e il dissenso contro Israele ha assunto proporzioni di indignazione mondiale. Che necessità rimane ancora per gli ‘ebrei pro-Palestinesi’ di distinguersi dagli altri gruppi di attivismo pro-Palestina?

Poi Alan Hart rivolge a Gilad Atzmon quella domanda cruciale, a cui tutti, da anni, vorremmo una risposta: Perché gli ebrei si rifiutano di riconoscere che lo stato di Israele è costruito sulla sofferenza dei Palestinesi, sulla cacciata del popolo Palestinese dalla propria terra, sulla pulizia etnica violenta, sull’espropriazione delle terre, sull’abolizione dei diritti civili e umani? Perché gli ebrei si rifiutano di affrontare e discutere questa realtà, arrivando al punto di negarla – e di negare la Nakba (Olocausto Palestinese perpetrato dagli ebrei). Risponde Gilad Atzmon:
«La risposta è: per via della ‘cecità culturale’ degli ebrei. Quella ebraica è una cultura patologicamente morbosa. E’ una cultura impermeabile al pensiero razionale e logico. Shlomo Sand nel suo straordinario libro ‘L’invenzione del popolo ebraico’ fa un’osservazione brillante: che dal 70 D.C. fino alla fine dell’800 non esiste alcun testo di storia o resoconto storico sulla storia ebraica. Perché? Perché gli ebrei si sono sempre basati solo sulla Bibbia. La loro visione della storia è totalmente diversa dalla nostra in occidente. La loro versione della storia contemporanea somiglia incredibilmente alla storia secondo la Bibbia. E sono molto dogmatici in merito. Impongono questa visione, nella quale la Nakba palestinese non può trovare e non trova posto e quindi la negano. Per contro, chi voglia indagare sull’Olocausto ebraico, diventa un ‘Anticristo’.»
E alla domanda: ‘Pensi che questa ‘cecità’ nasconda anche un ‘senso di colpa’ che non vogliono ammettere? – Gilad risponde:
«La ‘colpa’ è un aspetto complicato. Bisogna prima chiedersi: sono consapevoli delle colpe che hanno? Sentono di essere in colpa? Per essere capaci di sentirsi in colpa, bisogna prima avere la ‘percezione dell’altro’ – e se sei un ‘Eletto’ non hai alcuna percezione dell’altro. Non hai empatia. Le persone che nei giorni precedenti a questa discussione hanno perseguitato te (Alan), Ghada Karmi e John Rose, (scoraggiandoli con minacce a partecipare all’evento) certo non hanno alcuna familiarità con il concetto di empatia e compassione – e perché dovrebbero, visto che loro sono gli ‘Eletti’?»
Continua Gilad:

«Ecco perché ciò che facciamo qui, oggi, è così rivoluzionario. Perché queste domande non sono più state discusse dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Siamo ossessionati dal ‘politicamente corretto’, e quindi ci auto-censuriamo. Non sono tanto gli ebrei a dirci di tacere: lo facciamo noi stessi, volontariamente. E quindi, se noi stessi non siamo disposti a criticare gli ebrei per il loro modo di vedere le cose, non possiamo poi prendercela con loro per essere nel torto.

«Per questo avrei tanto voluto che i miei detrattori fossero qui, stasera, per sentire le mie critiche e capire cosa intendo dire. Se loro non ascoltano per capire le mie critiche, non possono entrare in merito alla cosa e rispondere. E questo è un bel problema, è un circolo vizioso. E questo circolo vizioso è proprio inerente alla cultura ebraica. Ecco perché questa discussione è tanto importante. Lo dice proprio il titolo del tuo libro (3), Alan. Questa discussione è cruciale soprattutto per loro. Infatti il titolo che darei io sarebbe ‘Ebraicità, il vero nemico degli ebrei’. Così come trovo sbagliato dire ‘Lobby sionista’ – in realtà si tratta della ‘Lobby ebraica’. Il problema con il cosiddetto ‘sionismo’, è che la maggioranza degli ebrei non sa e non capisce cosa sia il sionismo. Perfino la cosiddetta ‘Diaspora ebraica’ è un concetto sionista. Concordo con Ilàn Pappe che afferma: non esiste quella che viene chiamata ‘Diaspora ebraica’ - perché è appunto una percezione sionista.»

Karl Sabbagh, autore britannico di origine palestinese, seduto al tavolo dei relatori, ha esplorato a fondo la storia Palestinese fino alla Nakba del 1948. E’ venuto per dibattere questioni controverse come “chi sarebbero i legittimi proprietari della Palestina storica”. Anche lui esterna la propria frustrazione, come storico, nata dai tentativi di parlare di ‘fatti’ con i colleghi ebrei. «Non si riesce a discutere da una posizione di logica con persone che provengono da una posizione di non-logica». Ad esempio illustra la menzogna propagandata dal mito sionista, secondo cui dopo la Seconda Guerra Mondiale un piccolo gruppo di coraggiosi sopravvissuti all’Olocausto ebraico avrebbe combattuto contro il potere, la crudeltà e la brutalità di Arabi locali per fondare lo stato di Israele. Ma Sabbagh, storico specializzato proprio in quell’epoca – e cioè il periodo in cui il mandato britannico in Palestina finiva nell’ignominia e Israele si auto-proclamava stato sovrano - parla al pubblico spiegando come andarono veramente le cose nel 1948. E Alan Hart che ha raccontato questa storia nel primo dei suoi tre volumi sul sionismo, specifica: «Novantamila ebrei, bene addestrati, bene equipaggiati, e armati fino ai denti, si sono scagliati su ventimila Arabi, male addestrati e male equipaggiati! Ma tu racconti questo ai colleghi britannici ebrei che supportano Israele, e ti rispondono che questo non è successo.»

Poi Gilad Atzmon si avventura nella controversa questione della cosiddetta ‘congiura ebraica mondiale’.
«Allora, che dite, esiste?»
- chiede Gilad con tono da cospiratore divertito. Poi la risposta pesante come un sasso.
«No, gli ebrei non gestiscono il mondo: lo fanno gestire da altri per loro conto e in loro favore.»
(Risate in sala).

(Ed è proprio questo uno dei punti centrali di ogni discorso pubblico dell’autore Alan Hart. Alan lo dice sempre: “attenti, non fatevi ingannare - i nostri politici e i nostri media fanno gli interessi di Israele non perché costretti e neanche per convinzione ragionata. Come tutti noi, anche le persone che gestiscono i media hanno subìto da sempre il condizionamento pro-ebrei, pro-Israele. E’ una questione automatica. Leggono dal copione sionista e agiscono nell’interesse di Israele come se fosse nell’ordine naturale delle cose. Come tutti noi, sono stati educati con la versione sionista della storia. Ma la verità storica è tutt’altra cosa. I giornalisti si autocensurano automaticamente, senza neanche rendersi conto di abdicare alla loro autonomia mentale, alla capacità critica. Si opera nell’interesse di Israele perché è ‘la cosa giusta’ da fare. E’ questo che il sionismo è riuscito ad ottenere agendo nell’ombra, di nascosto, dietro le quinte, con l’inganno, sistematicamente, per decenni, facendo leva sul senso di colpa dell’occidente nei confronti degli ebrei." Un ricatto morale dal quale dobbiamo de-condizionarci per cessare di essere complici più o meno volontari di Israele. Altrimenti – come dice Gilad Atzmon – il mondo continuerà ad essere gestito da ‘altri’ per conto e in favore di Israele. Sono perfetti ‘compagni’ di discussioni pubbliche, Alan Hart e Gilad Atzmon, perché in completa sintonia, anche se ognuno porta il proprio stile e le proprie esperienze personali e professionali al tavolo del dibattito, distinte e diversificate. Egeria)

Continua Gilad Atzmon nel suo discorso al pubblico. Solleva l’interrogativo: chi e cosa frena i media dall’esplorare a fondo cosa succede davvero in Palestina e ai Palestinesi? Cosa impedisce ai media di rivelare i crimini contro l’umanità come il massacro di Deir Yassin? Gilad rigetta l’idea che i dirigenti dei media rifiutino consapevolmente di relazionare sul Medio Oriente.
«Il mondo, dice Gilad, si auto-censura. Non sono tanto gli ebrei a soffocare il dibattito pubblico. Lo facciamo noi stessi – e per noi stessi intendo: il resto del mondo. Ma in realtà loro ci disprezzano, vedono la tolleranza di noi non-ebrei come debolezza – sì, come stupidità! E in un certo senso hanno ragione, perché noi non ci opponiamo!»
Poi la sala ha ascoltato il discorso di Sameh Habeeb, un giovane originario di Gaza ma ora residente a Londra, fondatore e editore del giornale online Palestine Telegraph, e noto al pubblico internazionale per i suoi interventi su PressTV. Il giovane Sameh spiega le difficoltà nel cercare di fornire resoconti di prima mano della vita sotto l’occupazione israeliana, e i tentativi di terrorizzarlo e scoraggiarlo dal diffondere la verità.
«Provengo dal Medio Oriente, racconta Sameh Habeeb, una regione in cui vige l’autoritarismo. E quindi la prospettiva di vivere qui, in un paese democratico mi riempiva di gioia. Ma poi ho visto che se provavo a discutere su Israele venivo accusato di essere una anti-semita, e improvvisamente scompariva ogni traccia di democrazia e libertà di espressione.»
Il Palestine Telegraph pubblica articoli in cui si affronta la questione (spesso denunciata da altri giornali occidentali) dell’espianto illegale di organi connessa a gruppi israeliani. Molto del materiale proviene proprio dal giornale israeliano Haaretz, ma nonostante ciò, Sameh Habeeb è stato preso di mira da gruppi sionisti britannici, che hanno minacciato di usare violenza contro lui e la sua famiglia, e di denunciarlo alle autorità.
«Appena iniziata la mia attività online sono stato accusato di essere un anti-semita. E pensare che io sono un ‘vero’ semita, date la mie radici palestinesi, appunto semite.»
La serata continua con le domande dal pubblico e qui si può assistere ad alcuni momenti di tipico sarcasmo tutto ‘atzmoniano’.
«La vera ‘genialità’ degli ebrei, dice Gilad, consiste nel fatto che hanno trasformato Dio in un agente immobiliare e la Bibbia in un registro del catasto.»
Affronta anche la questione del cosiddetto ‘Eccezionalismo’ tipico dell’ideologia ebraica. Dice Gilad:
«Abbiamo osservato questa arroganza di eccezionalismo in altre culture, attualmente in quella americana e in tempi recenti in Germania. Ma i tedeschi si sono dati da fare per smantellare questa ideologia contorta. Ma quando parliamo di ebraicità, parliamo di una forma sinistra di eccezionalismo che dura da 4 millenni, caratterizzata da una identità politica tribale di cui non solo i Palestinesi, ma tutti noi siamo vittime. Perché la crisi finanziaria mondiale è il prodotto di questa identità politica tribale, come lo sono le guerre contro l’Iraq e altri popoli nella regione. Gli ebrei seguono lo schema che trovano nei loro testi biblici, secondo cui avrebbero il compito di infiltrarsi a tutti i livelli del potere e controllare il mondo.»
Alan Hart a questo punto fornisce una breve spiegazione su come opera la Lobby ebraica negli Stati Uniti per fare in modo che i parlamentari difendano gli interessi di Israele. In breve: ogni candidato alla Camera, al Senato, sia nel parlamento centrale, che nei parlamenti di ognuno dei 50 Stati dell’Unione, viene contattato dalla Lobby e il discorso è questo: "Ecco il programma che a noi interessa. Se prometti di difendere questi interessi, e di schierarti pubblicamente in favore di Israele, ti finanziamo la campagna elettorale. Avrai tutto l’accesso ai talk show politici, tutta la pubblicità mediatica che ti assicurerà i voti degli elettori. Se non acconsenti alla nostra proposta, finanzieremo il candidato tuo avversario e faremo in modo che sia lui ad essere eletto."

Aggiunge Alan Hart: «Il sionismo si è sempre offerto ad essere ‘usato’ in cambio di un prezzo alto da pagare. In America il risultato è quella oscena relazione che esiste tra la Lobby – sionista o ebraica, come vogliate chiamarla – e quegli 80 milioni di americani cristiani fondamentalisti evangelici sionisti, totalmente fanatici, che si sono fatti incantare e influenzare per mezzo dei ricchi neo-conservatori repubblicani ad appoggiare la ‘causa israeliana’. In Inghilterra, la dinastia ebraica dei Rothschid finanzia da sempre ogni guerra – e da ambo le parti del conflitto.»

La discussione con il pubblico tocca alcuni punti storici e in particolare l’epoca della Dichiarazione di Balfour, le ragioni politiche che l’hanno determinata e le conseguenze che ha generato. Dice Gilad Atzmon:
«Dobbiamo riappropriarci della verità storica del passato recente. L’abbiamo persa, ci è stata sottratta. La storia è stata distorta perché siamo soggetti alla tirannia del ‘politicamente corretto’. Voglio poter discutere apertamente sull’Olocausto. Voglio affrontare la storia ebraica. Voglio parlare apertamente di 4 mila anni di eccezionalismo ebraico. Voglio che questa diventi una discussione permanente. E penso che siano gli ebrei i primi su questo pianeta a dovere affrontare questi aspetti.»
Aggiunge Alan Hart:
«E’ la verità storica l’unica arma che potrà sconfiggere il sionismo. L’occidente è stato condizionato a credere in una versione falsa della storia: la versione imposta dal sionismo, che consiste in è un mucchio di menzogne e inganni propagandistici, una versione che è entrata a far parte del nostro DNA mentale.»
La domanda sollevata e rimasta in sospeso, in questa serata, rivolta alla comunità degli ebrei inglesi, è questa:
“Ma sapete cosa sta commettendo lo ‘stato ebraico’ in nome del ‘popolo ebraico’? E: Ve ne importa qualcosa?»

NOTE

(1) A proposito di Lauren Booth, autrice di questo articolo. Lauren è una vera combattente. E’ nota al grande pubblico inglese per essere la cognata di Tony Blair con cui è da sempre in polemica e che definisce ‘un criminale di guerra’. Ma è nota soprattutto negli ambienti dell’attivismo internazionale a favore della Palestina. E’ co-fondatrice del ‘Free Gaza Movement’ e insieme a Vittorio Arrigoni e tanti altri personaggi a noi noti, è partita per Gaza con la prima nave ad osare un viaggio per Gaza dopo oltre 40 anni di divieto di approdo, nell’agosto del 2008. E’ rimasta in Gaza a lungo insieme a Vittorio Arrigoni e tanti altri volontari che conosciamo. Conduce una rubrica settimanale su PressTV dal titolo Remember Palestine e dopo la morte di Vittorio ha dedicato proprio a lui una delle puntate recenti. Al ritorno dal suo viaggio sulla ‘Mavi Marmara’ nel maggio del 2010 l’abbiamo vista a Londra nella manifestazione di protesta di fronte all’ambasciata israeliana e tutti ricordano la sua famosa frase quando ha preso il microfono sul palco esclamando con rabbia: “I commandos israeliani hanno attaccato noi attivisti per Gaza in mare aperto e hanno massacrato tanti dei nostri compagni di viaggio. Israele dice che lo ha fatto per la questione della ‘sicurezza di Israele’. Sapete cosa vi dico? Non me ne importa più niente della ‘sicurezza’ di Israele.” - Torna al testo.

(2) Pensate all’implicazione: questi ebrei ‘pro-palestinesi’ riconoscono il diritto all’esistenza dei palestinesi - delle persone, ma non della Palestina. E che ‘giustizia’ sarebbe questa? (n.d.t.) - Torna al testo.

(3) Il Libro di Alan Hart su cento anni di storia politica del sionismo fino all'epoca Obama: ‘Sionismo: Il Vero Nemico degli Ebrei. - Torna al testo.

1 commento:

Andrea ha detto...

...gli ebrei appartenenti alla ‘3° categoria’ tendono a considerarsi una comunità a sé, un ghetto di eletti che si proteggono tra loro e agiscono collettivamente come scudo dell’organismo sionista globale....

Non per caso nelle logge massoniche si recita il dogma dei principi enunciati già dal lontano 1789, quando la R.F. pose le basi dei futuri governi "democratici": libertà uguaglianza e fraternità. Tutti principi validi solamente se rivolti ai propri correligionari.