mercoledì 5 maggio 2010

Paranoia antisemita a Montecitorio

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Sto procedendo nella mia lettura di Robert Fisk, Martirio di una nazione, e sono arrivato ad oltre pagina 400. Cosa c’entra? C’entra perché da qui traggo l’immagine per ciò che dirò con riferimento a quanto è accaduto non a Sabra e Shatila o a Gaza durante “Piombo Fuso” ed ancora oggi a blocco perdurante, ma accade oggi a Montecitorio. Il giornalista Fisk che ha un concetto della sua professione ben diverso dalla stragrande maggioranza dei suoi colleghi ha voluto sempre essere sui luoghi di cui parla ed essere testimone oculare degli eventi che accadono. Così, ad esempio, in Shatila era caduto su cumulo di macerie e si era aggrappato – pensava lui – su un sasso sporgente, ma era un gomito umano che sporgeva dai detriti che erano stati ammassati sui corpi per tentare di nascondere il fresco massacro nel nome di Sion, che dico genocidio. Di fronte a tanto orrore non poteva neppure aprire la bocca in segno di sgomento, perché subito le mosche lasciavano i cadaveri per entrare nella bocca di carne viva appena apertasi. E quando al soldato israeliano facevano il nome di Treblinka per spiegargli cosa avevano fatto, questi non reagiva come fanno oggi gli agenti sionistia quando si associa il nome di gaza a quello di Auschwitz. Dicono che è razzismo fare questa associazione perché il loro genocidio è “unico” e imparagonabile, mentre tutti gli altri genocidi si possono mettere insieme: Hiroshima, Nagasaki... Sabra e Shatila!

L’unica cosa che il soldato israeliano sapeva dire e rispondere di fronte all’evidenza di Sabra e Shatila era: “terroristi, terroristi, terroristi”! Il ventre di una donna incinta squarciato? Sarebbe diventato un terrorista! Se si vanno a monitorare – ma a noi che lo facciamo gratuitamente da qualche anno non danno 300.000 euro! – le pagine delle testate sioniste in Italia si trova lo stesso vocabolario. Non ne faccio qui i nomi, l’elenco, ma ognuno può andare facilmente ad individuarle: qui, fresco di giornata, una velina passata per ultimo, dove circa la nozione tanto ricorrente quanto strumentale di “odio” basterebbe far leggere l’ebreo Spinoza a proposito degli “ebrei”, che con il sentimento di “odio” convivono da sempre. Ricorre qui lo stesso ottuso balbettio propagandistico che non si arrende davanti a nessuna corposa evidenza: terroristi, terroristi, terroristi!, un balbettio demente che ha diverse declinazioni: antisemitismo, antisemitismo, antisemitismo; negazionismo, negazionismo, negazionismo; sicurezza, sicurezza, sicurezza; Israele, Israele, Israele; Olocausto, Olocausto, Olocausto.

Se si vanno ad esaminare le prese di posizione, in America e in Europa, che una parte dell’ebraismo – non caduta succube della paranoia del “terroristi terroristi terroristi” – va prendendo (vedi qui), si nota che la parte contrapposta, quella pura e dura, è la parte più associazionista: una piovra associazionistica, il segreto che consente a infime minoranze di avere un’influenza assolutamente sproporzionata al loro numero. Al confronto la P2 era un’associazione del tutto innocente, la mafia diventa un ente morale e la ndrangheta è per davvero un’associazione di uomini d’onore, come rivela l’etimologia del termine: gli “uomini d’onore” – vecchia scuola — non avrebbero mai alzato un dito contro una donna o un bambino. Il massacro di donne, vecchi e bambini è ordinaria cronache delle prodezze di Sion. Non possinamo non penare con raccapriccio alle associazioni ebraiche che vogliono l’estensione degli insediamenti, ossia la costrizione dei palestinesi in tante riserve indiane, che hanno già il loro nome collettivo: Sabra e Shatila, dove riceveranno periodicamente le visite dei giovincelli scapestrati che di tanto in tanto si lasceranno prendere la mano, davanti alla paranoia del “terroristi, terroristi, terroristi”.

La stessa paranoia la troviamo coniugata come “antisemiti, antisemiti, antisemiti” nelle stanze del potere di Montecitorio, dove a poter parlare sono soltato le associazioni ebraiche e gli ebrei o filoebrei presenti in parlamento: ai non ebrei non è neppure concesso l’onore di poter difendere, mentre vengono diffamati e mentre si spartiscono i soldi che servono appunto a finanziare centri di diffamazione e delazione. Si moltiplicherà così all’infinito la paranoia del “terroristi, terroristi, terroristi!”. In Germania, sono ben 200.000 le persone finite nel moderno lager approntati per tutti quelli che vengono additati dalle associazioni e dai centri ebraici. Distribuiti nei gangli del potere, manovrano le leggi e le istituzioni a loro favoro e contro chiunque osi appena la più velata delle critiche. Neppure i preti sono più liberi di fare le loro prediche durante la messa! Manco il papa può aprir bocca senza venir tirato per le orecchie!

La commissione di indagine parlamentare, sponsorizzata dalle stesse associazioni occulte, è un’autentica vergogna che usurpa e viola la sovranità del popolo italiano. Se la dicono e se la cantano. Stanno preparando quella legge che è abortito quando Mastella aveva tentato di farla passare. Se si calcola la stima di un lager “negazionista” di 200.000 persona, dal 1994 al 2010 della sola Germania, e lo si moltiplica in modo proporzionato alla popolazione per ognuno dei paesi dell’Unione Europea, non avremo nuovamente un’Europa popolata di lager, dove gli internati (di destra, di sinistra, di qualsiasi credo ed appartenenza) saranno accomunati da uno stesso marchio: criminali del pensiero!

Non è difficile svelare l’operazione in atto. Si affida ad uno pseudoistituto di ricerca, appositamente finanziato, il compito di redigere periodicamente un elenco di intellettuali ed associazioni, il cui unico torto sarà di essere lievemente critici verso Israele, di avere qualche dubbio sul numero mistico di 6.000.000, di essere semplicemente “antipatici” ad un ebreo, che presenta apposita denuncia di “antipatia”, per venire rubricati in una fattispecie penale creata ad hoc: l’antisemita, di cui è vana fatica cercare una definizione oggettiva. Essa può risultare soltanto o dall’ente preposto e finanziato per erogare simili certificazioni, oppure da un qualsiasi centro rabbinico, o da un qualsiasi intellettuale ebreo accreditato. Non si salvano neppure le istituzioni italiana accredite. Il Teatro della Scala di Milano è stato tirato pure in ballo dal neo istituito Museo della Shoah, che ha voluta far cantare l’Opera di Milano della Scala nei lager di Auschwitz. Di fronte a tanta paranoia a nulla vale spiegare “revisionisticamente” che in Berlino esisteva nel 1943 un teatro di varietà detto pure “La Scala” e che una Lia Origoni alla Scala di Milano non cantò prima del 1946. Queste quisquilie di storici “negazionisti” non incrinano una pericola paranoia che ora occupa Palazzo Montecitorio. La più totale mancanza di scrupoli nel propinarci le più colossali fandonie! Questa è la Lobby che non esiste.

La prima udienza del Comitato di indagine, organizzato da Fiamma Nirenstein, si è svolta il 27 gennaio, in occasione della fatidica data, che ha visto associati i nomi di Elie Wiesel, sulla cui effettiva identità gli storici revisionisti hanno puntato i loro riflettori, ma non si legge ancora nessuna smentita al riguardo: strategia del silenzio in attesa della strategie delle sbarre. Ma ancora Wiesel torna in auge, questa volta contestato da una parte sempre crescente di ebrei che sono divenuti consci dell’orrore di Sabra Shatila, sempre rinnovantesi con nomi canganti, in ultimo Piombo Fuso. Nella stessa giornata gli eccelsi storici ufficiali della Shoah, in fregola per poter dare una “chicca” per l’apertura della mostra, non si erano fatti scrupolo di tentare di gettare fango sulla massima istituzione lirica del paese, la Scala di Milano, inventandosi di sana pianta che una sua sua “rappresentante” (Lia Origoni, novantenne ancora lucida e vivente) sarebbe stata in Auschwitz, nel 1943, per allietare con il suo canto guardie e carcerati! Piccolo trascurabile particolare, che nella testa di Pezzetti – non sa neppure tradurre i documenti dal tedesco (“Schulung” per “cultura” anziche “addestramento militare”) – proprio non vuole entrare, e cioè che nel 1943 Lia Origoni (che peraltro aveva respinto un invito galante di Goebbels, proprio in solidarietà verso gli ebrei che venivano allora perseguitati in Germania) alla Scala di Milano proprio non cantava, ammesso che avesse commesso un delitto imputabile per aver cantato in tournéé non ad Auschwitz, ma a Katowize, a trenta chilometri dal Lager, dove lei dichiara di non essere mai stata, per lavoro).

In questa prima udienza, caratterizzata dalla relazione del ministro Frattini, – infatti la commissione di indagine è signicativamente unificata: esteri e affari costituzionali –, dove compare la tiritera maniacale della sicurezza di Israele. Di Frattini, non ancora ministro, non potrò mai dimenticare la villania televisiva, il rabbuffo, con cui ad una giornalista, che aveva spontaneamente detto “resistenti” per indicare chi in Iraq ancora oggi si oppone all’invasione illegale e criminale Usa, dicendo che si doveva dire “terroristi” e non “resistenti”, o in altro modo. Solo: terroristi, terroristi, terroristi! Del vuoto discorso di Frattini, vuoto come sempre e come vuoto è l’uomo in sè, mi ha sorpreso la sua professione di fede cristiana e cattolica. Per la verità, absit iniura a verbo, io ero convinto che Frattini fosse “cittadino italiano di religione ebraica”. Si è sempre ignorante e se ne scoprono di nuove: non bisogna essere prigionieri dei propri pregiudizi. La cultura è costante superamento dei propri pregiudizi.

La commistione fra gli affari costituzionali e gli affari esteri si spiega abbastanza facilmenti. Si sta facendo il tentativo di equiparare l’antisionismo con l’antisemitismo e di aggirare l’articolo 21 della costituzione per poter limitare e censurare la libertà di manifestazione del pensiero. Se ognuno di noi, anche al bar, dove si trova l’orecchio del giaguaro, dovesse dire la benché minima cosa che enti preposto, come lo pseudo istituto di ricerca, dovessero rubrica come “antisemitismo”, immediatamente la segnalazione diventerebbe “delazione’ e scatterebbero le procedure previste per ogni “notizia criminis” in regime di obbligatorietà dell’azione penale. Quando dico che il “negazionismo” non è una dottrina filosofica o storica, ma una costruzione polemica e giudiziaria-poliziesca indico sempre tre distinte fasi: diffamazione (reato a mezzo stampa o in regime di pubblicità con la presenza di almeno due persone), denigrazione (vilipendio della persona, a prescindere dalla pubblicità o meno della denigrazione), delazione (ossia, la segnalazione che si trasmette all’autorità inquirente). Poiché il termine “negazionista” è entrato nell’uso corrente, io ogni volta avverto gli ignari di questo implicito significato. Chi ne avverte il pericolo, o non vuole partecipare all’operazione, sa che deve dire “storico revisionista” e mai “negazionista”, che è un vero e proprio insulto, un’infamia, un’offesa non solo alla persona, ma alla stessa propria intelligenza.

Nelle altre due sedute di lavoro (del 25 febbraio e del 15 aprile) si è tentato di fare il lavoro sporco che è da fare per poter giungere alla stessa legislazione della Germania, dove è già virtualmente in funzione un moderno lager con 200.000 internati, appunto “criminali del pensiero”, come ad esempio un onesto padre di famiglia, con due figli a carico, che si è visto infliggere nove mesi di carcere senza condizionale, per la gravissima colpa di aver passato a qualcuno un libro di un certo Rudolf, già nel Lager con più pesante pena per la sola colpa di averlo scritto quel libro. Il buffo è che il padre di famiglia – pare, dico sempre prudentemente pare, mi sembra, perché non è facile avere e controllare le notizie – aveva pure detto al giudice che lui di quel libro non condivide il contenuto, ma che però ritiene che debba essere riconosciuto ad ognuno il diritto della libertà di pensiero. Il giudice lo ha però condannato. Del resto, non ci si deve sorprendere. Questo è il diritto positivo. Se la legge positiva tedesca avesse sancito che quel padre di famiglia, con due figli a carico, non era un padre “uomo”, ma una “donna” padre, a nulla sarebbe servito che il “reo” desse pubblica e concreta prova della sua virilità: si sarebbe buscata qualche condanna supplementare per atti osceni in luogo pubblico, ma per il giudice – giurista positivo tenuto ad applicare la legge – egli sarebbe rimasto sempre una “donna”.

Nelle sedute di lavoro, anzi di “studio” – come pretende la presidente Nirenstein – ricorrono alcuni nomi di persone, mentre le testate – fra cui “Civium Libertas” – si possono leggere solo nell’articolo di un giornalista di settore, tal Dimitri Buffa, che sempre si occupa di queste cose, ed appartiene alla categorie del “terroristi, terroristi, terroristi”. Fra questi nomi cito qui soltanto quello di Robert Faurisson, indicato come il Negazionista per antonomasia. Come per i reati associativi di mafia, che stanno mandando in galera tante persone innocenti, rei di aver preso magari soltanto un caffe con un “pregiudicato”, basta venire associati a Faurisson per diventare automaticamente un “negazionista”. Ebbene, voglio soffermarmi un momento per dire cosa per me questo nome evoca. Premetto e ripeto alla noia e ad abundantiam che io professionalmente sono un “filosofo del diritto” (IUS 20), per atto pubblico ministeriale, e non per deliberazione di un’associazione che riunisce cultori della materia e che ha carattere privato e discutibile vita democratica. Assolutamente non mi occupo per mestiere di campi di concentramento, camere a gas, deportazioni, barattoli di Kyklon B, paralumi fatti con pelle umana, saponette fatte di grasso umano, statistiche carcerarie e simili. Non è questo il mio mestiere. Ma il nome Faurisson è per me evocativo di una fatto sconcertante, che dovrei sempre maggiormente approfondire senza mai riuscire il tempo per tutte quelle cose che si vorrebbero studiare ed approfondire.

Di Faurisson io so che era un signore che sempre veniva denunciato dalle associazioni ebraiche francesi. L’anziano signore, spesso malmentato e vittima di angherie e attentati di ogni genere, vinceva ogni volta le cause davanti al giudice dove era stato chiamato a comparire. Forse qualche volta il giudice lo elogiava perfino per la dottrina che dimostrava di possedere in merito ai fatti contestati. Ebbene, cosa è successo? Visto che le leggi non consentivano di punirlo, ne hanno fabbricato una nuova ad personam. In pratica, dico in pratica perché sto semplificando senza alterare la verità, hanno fatto una legge per la quale basta chiamarsi Robert Faurisson per essere senz’altro condannati. Questa è la barbarie nel quale l’associazionismo ebraico ha precipato tutto il sistema giuridico europeo. Potrei citare altri casi analoghi dove non si salvano neppure le formule chimiche! Il reato è un reato a prescindere, un reato ad personam. Avverto io stesso circa le possibili mie imprecisioni in una condizione dove ciò che uno vorrebbe sapere è accuratamente taciuto e nascosto dal sistema mediatico e dai canali dell’informazione e della formazione ufficiali.

Di Katyn so qualcosa per aver visto una fiction, apparsa a tarda ora in televisione. Beneficio di inventario a parte, quale il senso di ciò che è associabile al nome Katyn? Devo controllare presso esperti della materia se il nome Katyn compare negli atti del processo di Norimberga. Ma poniamo che sia così e se non fosse così il fatto resta perfettamente esemplificativo. La legislazione liberticida che è già in vigore in Germania, Francia e altri paesi, parte dal presupposto che tutto ciò che è stato statuito al processo di Norimberga è un dato giuridico di base per altra legislazione in materia. Ebbene, nel caso di Katyn è ormai ufficialmente accertato dalla autorità ciò che prima sapevano e dicevano solo gli storici “revisionisti”, bollati come “negazionisti”, e cioè che ha commettere lo sterminio di Katyn non furono i tedeschi, ma gli stessi russi che poi addossarono la colpa ai tedeschi. Ebbene, se ancora oggi la verità pretesa dai russi – giudici essi stessi al tribunale di Norimberga – continua ad essere verità ufficiale per i giudici francesi, tedesci... per il presidente Fiamma Nirenstein, noi viviamo in quel regno delle tenebre di cui parla Hobbes e che io – più giovane di anni – paventavo già in una breve nota del 1986, in una rivista da me allora cofondata.

Ancora un ricordo associato al nome Faurisson. Questo intrepido signore francese propose a tutta la corporazione degli storici francesi il seguente seguito: spiegate come sia stato tecnicamente possibile lo sterminio mediante camere a gas. Noi che non siamo della materia potremmo anche pensare, a lume di buon senso, che se sterminio vi fu poco importa che fosse stato compiuto mediante camere a gas o altri mezzi. Ma cosa risposero gli storici ufficiali francesi? Lo sterminio è stato tecnicamente possisibe perché vi è stato! In pratico, lo sterminio è un principio di fede, fondativo di una nuova religione, e non più un fatto storico che può e deve essere indagato con gli ordinari metodi storici, metodi che ovviamente gli storici ufficiali dicono essere stati seguiti e che sono esattamente i loro metodi. Per il profano l’obiezione è facile: la differenza fra storici ufficiali e storici revisionisti, condannati come “negazionisti”, è data dalle sbarre della prigione. Gli storici ufficiali stanno in libertà ad di quà delle sbarre, i revisionisti, rinominati “negazionisti” stanno dietro le sbarre. Non è una distinzione scientifica, ma una distinzione giudiziare. È invece una distinzione scientifica e filosofica quella data dall’ebreo Noam Chomsky, che distingue due tipi di intellettuali: quelli legati al potere che stanno al quà delle sbarre, e quelle per i quali principio cardine è la conoscenza e la verità. Non hanno necessariamente nulla a che fare con il potere ed ordinariamente stanno dietro le sbarre.

La strategia della signora Nirenstein – messa in parlamento credo o da Fino o da Cicchitto o da entrambi, sulla base della legge elettorale che sappiamo e dove non si è “eletti”, ma si è semplicemente “nominati” da chi forma le liste – prevede una preparazione dell’opinione pubblica alla pastetta che tentano – ci riusciranno? – di far passare in parlamento. Sono così apparse notizie pubblicitarie e amplificative, certamente non critiche, sui lavori. Indichiamo la rassegna stampa ultrasionista “Informazione Corretta”, il foglio collegato “L’opinione di Arturo Diaconale”, il blog della stessa Fiamma Nirenstein – che sarà per legge l’unico blog autorizzato ad esistere sul web italiano, accanto a quelli indicati come “amici”, in primis “Informazione Corretta”, che appare in effetti sui link segnalati dalla nostra Fiammetta –, il mensile Shalom e in ultimo il Fatto quotidiano che prepara il terreno ai 300.000 euro di compenso per il nominato istituto di ricerca –. Non è per nulla difficile l’individuazione della campagna di stampa fiancheggiatrice dell’operazione parlamentare. A questo punto dobbiamo soffermarci su un altro nome, presente agli atti parlamentari: quello di Gianni Vattimo.

(segue)

2 commenti:

res cogitans ha detto...

E'strano Professore che lei si accorga solo ora di quanto invece avviene da più di mezzo secolo: ossia la demonizzazione di un sistema ideologico e politico crollato più di sessant’anni or sono senza lasciare nulla dietro di sé, e di cui persino il ricordo è stato condannato dai suoi vincitori e distruttori non ad una semplice damnatio memoriæ, ma ad una costante, pervicace alterazione demonizzante della sua storia e dei suoi contenuti e valori. Tuttavia, questo stesso fattore di “inestinguibile odio” e di pervicace falsificazione fa pensare come un segnale di paura e di apprensione da parte di chi tale odio e tale menzogna alimenta: non si teme né si insulta chi è stato espulso per sempre dalla realtà delle cose né si mente su argomenti che non si connettono ormai ad alcuna ipotesi possibile sul futuro.

Antonio Caracciolo ha detto...

Egregio signore,

mezzo secolo fa ero ancora un bambino.

Mi occupo di questi specifici problemi, cioè di sionismo e dintorni, da circa tre anni, ossia da quanto i signori di “Informazione Corretta”, la cui esistenza ignoravo, hanno loro incominciato ad attaccarmi e diffamarmi in modo ignobile.

La mia risposta non è stata la classica querela, che lascia il tempo che trova, ma l’attenta osservazione e il monitoraggio dei miei diffamatori, denigratori, delatori. Ho scoperto e vado scoprendo un sottobosco, una ragnatela, una piovra, che neppure sospettavo...

Il mio motto è, comunque: Meglio tardi che mai, non le pare?