venerdì 28 dicembre 2007

“Gaza Vivrà”: Emergenza umanitaria. Conferenza stampa in Roma al ritorno della Delegazione.

Versione 2.6
testo in progress

Appena di ritorno dalla Terra detta Santa i membri della Delegazione “Gaza Vivrà!” Leonardo Mazzei, Giovanni Franzoni ed il sen. Fermando Rossi hanno tenuto una conferenza stampa in Roma, in una saletta dell’Hotel Madison, in via Marsala 60, accanto alla stazione Termini. Ad onor del vero non era presente la grande stampa, in tutt’altre faccende affaccendata, ma in compenso vi è stata una vera e propria conferenza stampa che ha persino assunto il carattere di un dibattito fra i tre relatori e le persone a vario titolo presenti nella saletta. Era però presente Radio Radicale che non so se trasmetteva in diretta o trasmetterà in differita la conferenza, o almeno la renderà disponibile dal suo archivio: ecco la video conferenza! Si è così potuto approfondire la conoscenza di aspetti che vengono abitualmente elusi dai grandi mezzi di comunicazione di massa, irretiti dai condizionamenti della nostra politica interna e da un sistema di alleanze, che consente all'esercito israeliano di poter fare esercitazioni in Sardegna senza che nessuno o quasi batta ciglio. Un delegazione di quindici persone era partita dall’Italia per poter entrare nella Striscia di Gaza e verificare di persona le condizioni igieniche e sanitarie della popolazione ivi racchiusa. Malgrado le assicurazioni ricevute dal governo italiano la Delegazione è stata respinta al valico di Erez. Contro l’iniziativa e la campagna di mobilitazione “Gaza Vivrà” il vicedirettore del “Corriere della Sera” Magdi Allam ha tentato un’azione di boicottaggio equiparando il testo dell’appello firmato da oltre 2000 persone al contenuto del manifesto a pagamento dell’UCOI uscito nell'estate del 2006 dove si denunciava l’azione repressiva dell'esercito israeliano, equiparando la sua azione verso i palestinesi come eguale a quella dei nazisti verso gli ebrei. Su denuncia – dalla quale mi dissocio come elettore e tesserato di FI – dell'on. Stracquadanio è tuttora in corso un’azione penale contro un musulmano con l’accusa di istigazione all’odio razziale, cioè sulla base della legge Mancino, che proprio per questo uso assurdo a cui può prestarsi sarebbe ora di abrogare, se appena si trovasse una maggioranza parlamentare, dotata di senso liberale. In ogni caso, l’analogia già fatta dalle comunità musulmane italiane è stata perfettamente riscontrata dalla delegazione italiana, per quanto hanno già potuto constatare. È in atto una grave violazione dei diritti umani. Il governo di Israele non vuole se ne abbia conoscenza e possano venirne informati il popolo italiani ed i cittadini europei.
Da sinistra a destra: Giovanni Franzoni, Leonardo Mazzei,
sen. Fernando Rossi


Ha preso la parola per primo Leonardo Mazzei che ha illustrato la situazione che ha trovato e le condizioni in cui si è potuta muovere la delegazione composta da 15 persone. Era ferma volontà dei delegati poter avere diretta visione delle condizioni sanitarie e umanitarie di una popolazione di un milione e mezzo di persone in pratica segregate in un enorme campo di concentramento. Senza motivazione alcuna, senza nessun mascheramento di ragioni di sicurezza o altro è stato impedito alla delegazione di poter accedere nella Striscia di Gaza. All'inizio si era opposto un problema di numero e quando la Delegazione si è arresa fino ad un numero di tre persone da far entrare, non lo si è concesso neppure ad un numero così ridotto di persone. Era evidente che il governo israeliano non ha nessun interesse che si sappia e si veda cosa la gente soffre in Gaza: un tipo di embargo – si è osservato – che non ha equivalenti. In tutti gli altri casi conosciuti si consentiva alle persone almeno di poter entrare. Qui l’embargo riguarda anche le persone.

Tutti i tre i relatori hanno inteso ribadire il carattere umanitario della loro missione. Al di là delle valutazioni politiche che si possono dare è da prender atto di una situazione assolutamente inaccettabile dal punto di vista di chi ad ogni pie’ sospinto pone l’accento sui diritti umani, come ha illustrato con ricchezza di dettagli Giovanni Franzoni, che ha pure reso noto la sottrazione per presunte ragioni di sicurezza di un 17 per cento di territorio agricolo necessario per la sopravvivenza alimentare dei palestinesi. In Gaza vi è una condizione umana da campo di concentramento. I morti in conseguenza dell’embargo si contano già a dozzine. La situazione è tragica ed è emergenza umanitaria. Di fronte a questa situazione esiste un muro di silenzio. Esiste anche una responsabilità del governo italiano che non si è adoperato come dovrebbe, verosimilmente per il fatto che si trova succube del governo USA e di quello israeliano. Franzoni ha molto insistito nell’illustrare come l’elezione di Hamas sia stata a suo tempo, cioè nel gennaio del 2006, del tutto regolare, benché fin dall’inizio non gradita a Usa e Israele. Il risultato della consultazione elettorale era stato certificato nella sua regolarità da osservatori internazionali, che ritennero allora le elezioni «ineccepibile dal punto di vista della regolarità democratica».

La popolazione palestinese aspettava la Delegazione e da essa spera possano venire aiuti concreti e soprattutto un nuovo rapporto diretto con il popolo italiano. La stampa e la televisione locale hanno dato grande risalto alla visita della Delegazione, che però malgrado gli sforzi reiterati non è riuscita a passare il varco. Malgrado l’insuccesso la Delegazione continua ad esistere come Comitato. Sono allo studio strategie per nuove iniziative. Nella loro analisi i relatori hanno insistito su quello che è ormai diventato un luogo comune: la delegittimazione di Hamas, che è stata però eletta in modo del tutto regolare e democratico: non è piaciuto l’esito del risultato elettorale ed allora la democrazia non è più democrazia, ma diventa terrorismo. Si è poi illustrato il fatto che mentre l’UE si è associata all’embargo, tuttavia il Parlamento Europeo ha assunto una distinta posizione, che potrebbe venir sfruttata dal governo italiano. Si è quindi illustrato come non ha proprio senso la prospettiva dei due stati. Lo stato palestinese che ne verrebbe fuori non avrebbe nessuna delle caratteristiche proprie di uno stato.

L’unica soluzione possibile è invece quella di un solo Stato, ma non lo “stato ebraico”. Bensì uno stato senza connotazioni confessionali dove possano convivere pacificamente ebrei e palestinesi con pari diritti ed eguale cittadinanza. Assurda appare nelle condizioni attuali l'ingresso di Israele nell’Unione Europea, vale a dire l’ingresso di uno stato che non solo non ha una costituzione ma neppure dei confini. In realtà, Israele sta conducendo da sempre una politica volta alla distruzione dell’identità palestinese. Sono ormai tre le generazioni che si sono succedute vivendo nei campi profughi. Oltre sei milioni di palestinesi sono stati espulsi dalle loro terre e per loro non vi è nessun diritto al ritorno. I loro villaggi vengono rasi al suolo e ne viene cancellato il nome. I dirigenti palestinesi vengono falcidiati, tentando in questo modo di togliere alla resistenza palestinese la sua dirigenza.

Si trovano in carcere parlamentari palestinesi. Tra le iniziative possibili il sen. Fernando Rossi
ha avanzato anche l'ipotesi di una delegazione parlamentare italiano che faccia visita ai parlamentari palestinesi che si trovano in carcere. Della Delegazione fanno parte tre avvocati che stanno studiando la procedura per incriminare lo Stato di Israele come responsabile di crimini di guerra. Sono innumerevoli le risoluzioni dell’ONU che vengono disattese da Israele. Per una sola risoluzione disattesa si è fatta la guerra nella ex-Iugoslavia. Israele se ne può tranquillamente infischiare dell’ONU, salvo quell'unica delibera del 1948 che ne sancì la costituzione come Stato. In particolare, il senatore Rossi (vedi videoconferenza) ha negato che via sia una guerra civile palestinese costituita dal conflitto fra Hamas e Fatah. In realtà, vi è stato un iniziale disarmo da parte di Hamas dell'organizzazione di Fatah, che era stata armata di mezzi militari pesanti da parte di USA e Israele, le quali non avevano gradito l’affermazione elettorale di Hamas. Leggi qui per farti un’idea sulla situazione esistente nel giugno 2006.

Noi possiamo aggiungere di nostro una considerazione sull’evidente strategia di Israele. Prima si è voluto dividere il popolo palestinese, fomentando una fazione (Fatah e Abu Mazen) armandola contro l’altra con mezzi che andavano al di là degli strumenti in uso presso una polizia, ma con veri e propri mezzi di guerra adatti alla guerra civile. Non riuscita questa operazione si trova costretta a dover fare essa stessa il lavoro sporco, ma servendosi delle legittimazione e della copertura del fantoccio Abu Mazen. In fatto di terrorismo Israele in passato ed al presente non è inferiore a nessuno. Istruttivo il racconto fatto dal sen. Rossi su come un dirigente palestinese (...) ha perso moglie e figli. Gli israeliani avevano messo nella sua macchina un congegno elettronico che serviva per dirigere la traiettoria di un missile. Quel giorno il palestinese non aveva preso la macchina, ma l’aveva presa la moglie con i figli da portare a scuola. Fu così che il missile colpì loro. In fondo, quale la differenza fra il missile radiocomandato ed un kamikaze? Con il missile gli attentatori terroristi pagano solo l'ingente costo dell’ordigno, fornito gratis dagli Usa, mentre il kamikaze paga con la sua vita il suo gesto disperato. Eticamente il giudizio da poter dare non è difficile e se proprio occorre usare il termine “terrorismo” – assai in voga nella guerra ideologica di propaganda – non vi è dubbio che ad Israele un simile termine che in sé spiega poco si applica assai meglio che ai suoi avversari. Ragion per cui vi è poco da stupirsi per il netto ed immotivato rifiuto opposto alla Delegazione italiana di poter entrare nella Striscia di Gaza: si preparano, anzi stanno già facendo, cose terribili e mostruose, un genocidio, per il quale è bene non aver testimoni che con il loro non manipolabile racconto possano compromettere la guerra ideologica di propaganda condotta ogni giorno sui media occidentali.

Il Comitato “Gaza Vivrà” ha ormai carattere permanente, si avvale delle oltre 2600 adesioni pervenute e studia nuove iniziative, pur essendo pienamente compreso dell'emergenza umanitaria di Gaza. Ciò significa che come conseguenza diretta dell’embargo vi è un continuo succedersi di morti. Per questo l’appello umanitario dovrebbe riuscire a far convergere un consenso generale sulla necessità di porre fine all’embargo. Alla mia domanda circa l’utilità di ripetere il viaggio della delegazione al varco di Erez il dott. Mazzei ha risposto positivamente, ma ha condizionato la cosa ad una verifica delle forze disponibili. Ed in effetti io stesso non pensavo nel porre la domanda ad un immediato ritorno. Sto invece pensando ad un’iniziativa consistente in una manifestazione in Roma davanti all’ambasciata di Israele: in modo diameltralmente opposto a ciò che Giuliano Ferrara e le associazioni sioniste italiane hanno fatto davanti all’ambasciata iraniana. Se qualcuno legge queste mie righe, gli sarei grato di un commento circa l’utilità e l’efficacia della manifestazione, condividendole chiaramente lo scopo politico ed umanitario.

I temi toccati sono stati molti e probabilmente io ho qui tralasciato cose importanti che sono state dette ed illustrate.
Meriterebbe anche menzione il dibattito che si è sviluppato fra i presenti ed in colpevole assenza della grande stampa. Mi auguro che almeno radio radicale, pure presente, si decida per lo meno a trasmettere la conferenza stampa che è durata complessivamente poco più di un’ora. Darò qui il link della registrazione se sarà resa disponibile: per fortuna ciò è avvenuto ed io stesso sto riascoltando il video integrale più volte, riscoprendo ogni volta particolari interessanti suscettibili di nuovi spunti e riflessioni, che trovano spazio nelle ulteriori rielaborazioni di questo mio testo atipico. Io purtroppo non ero attrezzato con un registratore adatto e del resto non vado a questi incontri per redigere un resoconto, ma per acquisire informazioni da rielaborare personalmente. La conferenza si è chiusa con una mia breve “riflessione interlocutoria” secondo cui un tema di politica estera come la visita di una delegazione italiana in Gaza si trova strettamente intrecciata e condizionata dalla situazione della politica interna italiana. Ho voluto richiamare l'attenzione dei relatori sul fatto che mentre non è consentito porre una equiparazione fra i crimini imputati ai nazisti verso gli ebrei ed il trattamento che gli israeliani infliggono ai palestinesi, si tengono addirittura conferenze (Lewis tenuto per mano da Fiamma Nirenstein) dove si pongono raffronti fra Islam e nazismo. Esistono pure libri al riguardo. In effetti, la Delegazione ha avuto modo di discutere nel suo soggiorno in Israele anche il tema della islamofobia che nutre largamente l’informazione dei maggiori media italiani ed europei. Anche in seguito ad un mio intervento finale la conferenza stampa si è conclusa con un rinvio al problema della libertà di pensiero.

Links correlati con aggiornamenti sulla situazione:
1. Infopal: La delegazione italiana ha incontrato un dirigente di Hamas in Cisgiordania.
2. Arab Monitor: Senza sosta le aggressioni israeliane ai palestinesi.
3. Infopal: otto vittime palestinesi.
4. La dignità negata nei territori palestinesi occupati.
5. CPR: Cronaca delle manifestazioni al valico di Eretz.
6. Precedenti comunicati della Delegazione.

8. Infopal: Notizia della Conferenza Stampa.
9. Riproduzione Infopal della versione 2.0 di questo nostro articolo, sempre suscettibile di miglioramenti grafici e concettuali. Sono comunque lieto per l’utilizzo Infopal che consente una maggiore circolazione della Notizia e che spero procuri nuovi visitatori a “Civium Libertas”.
10. Elicotteri israeliani uccidono palestinesi di Gaza. Link sulle agenzie delle ultime ore con ricostruzione degli eventi in fase di svolgimento. || Si è detto che il governo israeliano ha rifiutato alla Delegazione l'ingresso nella Striscia di Gaza senza fornire una motivazione: è stata una decisione squisitamente politica. Se ora si considerano i conflitti di fine anno fra Hamas e Fatah e le continue rappresaglie israeliane con tanto di morti palestinesi, sembra ovvio che il tutto fosse stato preordinato già da tempo. Una visita di stranieri proprio alla vigilia del piano di attacco non poteva che disturbare. La mattanza è incominciata!

giovedì 27 dicembre 2007

Gaza: assedio criminale e genocida

Dal sito “Gaza Vivrà” otteniamo notizie aggiornate alle ore 17.3o del 26 dicembre 2007, che si aggiungono alle precedenti drammatiche notizie di questi giorni. La delegazione italiana che avrebbe dovuto verificare con i propri occhi la condizione umanitaria di un intero popolo segregato in un vero e proprio Lager non ha avuto permesso di accesso. Quotidianamente assistiamo ad un’azione propagandistica israeliana e sionista volta a propinarci una verità assai diversa da quella che si può riscontare di persona. Tutta la retorica sui diritti umani e la democratizzazione forzata dei paesi islamici si rivela per ciò che è: un modo di continuare la guerra con altri mezzi, con i mezzi propagandistici (carta stampata, media, convegnistica, etc.) della guerra ideologica nel tentativo di rendere i popoli europei conniventi ad una guerra di aggressione in atto da parecchi decenni: in Europa nessun esercito islamico scorre in lungo e largo per le nostre città ed il nostro territorio, cosa che viceversa accade in Medio Oriente, dove con in bocca la parola pace si svolge davanti ai nostri occhi una guerra feroce che ha superato gli orrori della seconda guerra mondiale e dove Bush si arroga quel diritto ad una “guerra preventiva” per la quale si era preteso di poter condannare Hitler come criminale.

Nel frattempo ricevo sulla mia posta privata la notizia di seguito riportata su una conferenza stampa che la Delegazione terrà domani in Roma. Conto di andarci ed eventualmente di riferirne, anche se non sono un giornalista professionista.
Antonio Caracciolo

Come in un campo di concentramento
A GAZA NON SI ENTRA!
riguardo gli incontri svolti dalla delegazine con le formazioni della Resisten
Comunichiamo che domani, 28 dicembre, alle ore 12:30

la delegazione di ritorno da Gaza
svolgerà una conferenza stampa a Roma


Presso - Hotel Madison, Via Marsala, 60 - 00185, Roma



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SIAMO GRATI ALLA DELEGAZIONE ITALIANA

Dichiarazione diffusa ai mezzi di comunicazione dal Primo Ministro palestinese Haniye riguardo al mancato ingresso della delegazione italiana nella striscia di Gaza.

GAZA 26 DICEMBRE, ORE 17,30

"I Palestinesi nei Territori stanno soffrendo dell'assedio imposto loro ormai da anni, specialmente nella striscia di Gaza, dove un milione e mezzo di persone vive subendo le sanzioni e nell'isolamento causato dalla chiusura dei valichi.

Questa settimana le autorita' di occupazione hanno impedito ad una delegazione italiana di entrare nella striscia di Gaza con lo scopo di esprimere la propria solidarieta' con la popolazione assediata e di constatare quale sia l'attuale situazione in Gaza. Era previsto anche che la delegazione giudicasse della situazione sanitaria a Gaza, che e' sull'orlo del collasso a causa della mancanza di materiale sanitario. Della delegazione facevano parte personaggi noti, accademici e attivisti dei diritti umani della societa' italiana, come il senatore Fernando Rossi e Leonardo Mazzei, del comitato Gaza Vivra'. Pur non avendo ottenuto il permesso, la delegazione era determinata ad entrare nella striscia di Gaza, e i suoi membri hanno espresso la loro protesta per il rifiuto israeliano svolgendo due sit-in, uno nel Consolato italiano di Gerusalemme e l'altro vicino la Chiesa della Nativita' a Betlemme. Il ministero degli Esteri italiano aveva svolto il coordinamento necessario a permettere l'ingresso della delegazione, che avrebbe dovuto incontrare il primo ministro Ismael Haniya e il portavoce aggiunto Dr. Ahmad Bahar.

Pertanto, consideriamo il rifiuto isrealiano di permettere l'ingresso di questa delegazione come un loro tentativo di nascondere all'opinione pubblica europea i fatti terribili causati dalle sanzioni illegali e i crimini e gli omicidi compiuti quotidianamente da Israele. Inoltre, l'aver impedito il loro ingresso indica chiaramente che gli Israeliani non vogliono permettere alcun tipo di solidarieta verso il popolo di Gaza.

Siamo molto grati alla delegazione italiana per i tentativi che ha fatto di renderci visita, e invitiamo tutte le ONG internazionali ad inviare delegazioni per vedere come i Palestinesi stiano soffrendo per un'occupazione illegale, e a convincere i propri governi a fare pressione sugli occupanti affinche' mettano fine ai loro comportamenti vergognosi e criminali che non fanno differenza tra bambini, donne, anziani. Ribadiamo al nostro popolo che continueremo a lavorare per rompere l'assedio, continueremo ad essere fedeli ai nostri principi nazionali, denunceremo al mondo le atrocita' e i crimini commessi da Israele contro il nostro popolo e ci adopereremo presso la comunita' internazionale per ottenere il riconoscimento dei nostri diritti".

CONDANNIAMO IL DIVIETO ISRAELIANO

Ahmad Bahar e il Gruppo Parlamentare di HAMAS sulla vicenda della delegazione italiana.

GAZA 26 DICEMBRE, ORE 17,00

"Il dott. Ahmad Bahar, presidente con delega del Consiglio Legislativo Palestinese, ha lodato l'iniziativa della delegazione italiana in visita in Palestina, che sta compiendo degli sforzi per sciogliere lìassedio imposto sul popolo palestinese. Bahar ha definito la delegazione italiana come la "coscienza umana viva" che vuole combattere contro lìingiustizia e le aggressioni praticate dallìoccupazione israeliana nel terribile silenzio internazionale.

Bahar ha denunciato la sofferenza in cui si sta dibattendo la Striscia di Gaza colpita da una crisi umanitaria a causa dell'embargo e dell'assedio, che hanno distrutto l'economia.

L'assedio israeliano sta coinvolgendo la delegazione di solidarieta' con il popolo palestinese, perche' vuole impedire che venga fuori la verita' su quanto sta succedendo a Gaza.

Bahar ha invitato i cittadini liberi del mondo e i parlamenti arabi ed islamici a seguire l'esempio della delegazione italiana che vuole fare conoscere le violazioni israeliane contro il popolo palestinese e accelerare la fine dell'assedio.

Le autorita' di occupazione israeliane, oggi, hanno impedito per la seconda volta l'ingresso della delegazione italiana attravderso il valico di Beit Hanoun, a nord della Striscia di Gaza, La delegazione comprende diverse personalita' politiche, sociali, parlamentari, giornalisti, accademici e rappresentanti della societa' civile.

Il gruppo di Hamas apprezza il gesto della delegazione italiana. Da parte sua, il gruppo parlamentare del "Cambiamento e della Riforma" ha apprezzato la visita della delegazione italiana nei territori occupati palestinesi e gli sforzi per poter incontrare i parlamentari sequestrati nelle prigioni israeliane.

Durante un collegamento telefonico, il gruppo parlamentare ha ringraziato molto la delegazione italiana per il tentativo di entrare nella Striscia di Gaza e conoscere da vicino gli effetti disastrosi causati dall'assedio. La delegazione italiana ha espresso la speranza di riuscire a entrare a Gaza e ha sottolineato di esser portatrice del messaggio umanitario di molti italiani, svizzeri e di altre parti del mondo, simpatizzanti e sostenitori della Questione palestinese.

Da parte sua, il governo Haniyah condanna il divieto israeliano di fare entrare la delegazione italiana nella Striscia e lo considera un tentativo per nascondere i propri crimini nell'area.

Il dott. Mohammad Awad, direttore dell'ufficio del Consiglio dei ministeri nel governo Haniyah, ha condannato il divieto israeliano di far entrare nella Striscia la delegazione italiana guidata dal senatore della Repubblica italiana Fernando Rossi.
Durante la conferenza stampa svoltasi a Gaza questo pomeriggio, Awad e l'ex ministro per gli affari dei profughi, dott. Atef Odwan, hanno espresso il rammarico per il comportamento delle forze israeliane, e, nello stesso tempo, hanno ringraziato le personalita' italiane che sono arrivate a Gaza senza riuscire a entrare. Awad ha sottolineato che la delegazione italiana intendeva effettuare diverse visite di solidarieta' con gli abitanti della Striscia, che "vivono sotto l'ingiusto assedio che viola tutte le leggi internazionali" e ha aggiunto che il governo era in contatto continuo con la delegazione e che aveva preparato un programma per il giro nella Striscia - tra cui l'incontro con il primo ministro Ismail Haniyah. Awad ha chiesto di esercitare pressioni sul governo israeliano per fermare le aggressioni contro il popolo palestinese e rompere l’assedio imposto sulla Striscia".


Appendice I

Riporto qui una testimonianza diretta, diversa dal comunicato ufficiale, che ho trovato nel sito Geopolitica, dove però a nostro avviso soffre di scarsa visibilità. Lo riporto tale e quale senza ulteriore editing e conservando i riferimenti originali:

http://geopolitics.splinder.com/

Mercoledì, 26 Dicembre 2007
Delegazione italiana in Palestina: nuovo rifiuto di entrare a Gaza. Arancio: Israele Stato feroce.
Mercoledì 26 dicembre. Ore 12. In diretta da Gaza.

Dal nostro inviato Elvio Arancio.

Questa mattina siamo tornati al valico di Erez, per tentare di entrare. Nei giorni scorsi era emersa la possibilità che a tre di noi fosse concesso l'ingresso nella Striscia, dove il governo Hamas e varie associazioni ci stanno aspettando.

Il Consolato italiano ha fatto molte pressioni sul governo israeliano, anche questa mattina, attraverso numerose telefonate, ma è stato tutto vano. Inutile. Un vero smacco per il nostro governo, "amico di Israele" permettere che cittadini italiani, tra cui un senatore della Repubblica, siano respinti e trattati in questo modo.

Nella Striscia di Gaza non si entra. Dimostrazione a Erez.

Dopo aver appreso che anche oggi non saremmo potuti entrare nella Striscia, abbiamo tirato fuori cartelloni con su scritto, in varie lingue, "Stop all'Embargo", "Gaza vivrà", ecc., e telecamere e apparecchi fotografici. I soldati iniziato a innervosirsi, e hanno tentato di confiscarci tutto.

Abbiamo passato diverse ore fermi, sotto il sole caldissimo, al valico di Erez, sia in attesa di entrare sia, poi, per protestare.

Ora ci stiamo dirigendo verso Haifa, dove incontreremo il Partito Comunista.

Incontri interessanti con Hamas e Fronte Popolare

Ieri, abbiamo passato la giornata, dal mattino alla sera tardi, con membri e rappresentanti di Hamas e del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, molto accoglienti e interessanti. Erano molto felici di vederci e noi di incontrare loro.

Tra gli esponenti di Hamas c'era il sindaco di El-Bireh, da poco scarcerato, e due altre personalità che nei giorni scorsi hanno incontrato Abu Mazen (il presidente dell'Anp, Mahmoud Abbas, ndr) per rinnovargli l’invito a riformare un governo di unità, ma lui ha rifiutato. Si può immaginare, dai soldi e dalla ricchezza (sembra una città turistica) che circolano a Ramallah (donazioni che giungono dagli Usa e da diversi Paesi europei), la ragione del rifiuto e dell'ostinazione di Abbas a non voler collaborare con Hamas (e a portare avanti persecuzioni, arresti, ecc., ndr).

Gli esponenti di Hamas hanno fatto notare al capo dell'Anp che "è più importante pensare al popolo palestinese che alle poltrone", ma Abu Mazen non sente ragioni (troppi soldi sono in gioco, e troppe richieste dall'"estero").

Durante il nostro incontro, Hamas ha ribadito di essere disposto a riconoscere Israele se questo, a sua volta, riconoscerà il diritto dei profughi palestinesi a far ritorno in patria, se si ritirerà entro i confini del '67, se nascerà uno Stato palestinese. Ma Israele è uno stato crudele, feroce.

Israele, Stato feroce

Da lontano, dall'Italia, dall'estero, non è facile rendersene conto. La propaganda mediatica e politica in Occidente è tutta a favore di Israele. La situazione reale in Palestina non trapela. Le ingiustizie, la ferocia a cui i palestinesi sono sottoposti da parte israeliana non emergono.

Noi abbiamo cercato di consigliare loro di "comunicare al meglio" le loro questioni. Per esempio, quando parlano di "riconoscimento di Israele se...", dovrebbero evidenziare che, "se Israele è disposto ad accogliere e rispettare le risoluzioni Onu", loro sono disponibili a riconoscerlo. Insomma, ribaltare l'ordine della comunicazione.

Abbiamo suggerito loro anche di dire: "Noi non riconosciamo QUESTO Israele": cioè uno Stato razzista, feroce, che nega tutti i diritti dei palestinesi", aprendo le porte al riconoscimento di uno Stato che accetti le risoluzioni Onu e la legalità internazionale.

Ma non è facile comunicare al meglio quando si vive in una situazione devastante: la rabbia per le continue ingiustizie e atrocità subite prende il sopravvento e le persone non sono più in grado di usare la comunicazione a loro favore.

Seguiranno aggiornamenti
postato da: saverio23 alle ore 14:47 | Permalink | commenti
categoria:palestina, mediterraneo, vicino oriente, entità sionista


Appendice II

Ho trovato in questa pagina notizie che per connessione tematica riporto qui di seguito.
Dai nostri inviati in Palestina,

I giornalisti di varie testate, tra cui al-Jazeera, hanno chiesto alla delegazione italiana i motivi della missione a Gaza e quali sono le iniziative avviate dal governo italiano contro l'arresto, da parte di Israele, del 45% dei parlamentari e ministri del governo Hamas democraticamente eletto.

Il senatore Fernando Rossi, che guida la delegazione ufficiale, ha risposto di aver presentato un'interpellanza, a cui il governo italiano ha risposto che "si sta prodigando per risolvere la situazione".

I giornalisti hanno fatto presente al gruppo di italiani che la "scusa" israeliana per tenere sotto assedio la Striscia di Gaza, e il milione e mezzo di suoi abitanti, è il "lancio di razzi Qassam" contro le cittadine israeliane oltre il confine, ma, hanno sottolineato, anche se in Cisgiordania ciò non accade, il governo di Tel Aviv ha chiuso i Territori e i suoi abitanti in tante enclavi separate dal Muro dell'Apartheid. Quale è la posizione italiana a questo riguardo? Accetta la chiusura dei Territori anche se la giustificazione non valida?

L'on.Rossi ha risposto che l'Italia condivide la posizione dell'Unione Europea e, su questa linea, offre aiuti alla Cisgiordania.

Elvio Arancio ha fatto notare che Ramallah è stata rimessa a nuovo dopo le devastazioni operate dagll'esercito israeliano: "Ci sono cantieri dovunque: si vede che arrivano soldi all'Anp di Abu Mazen. I ragazzini sono vestiti e pettinati all'ultima moda, hanno l'ultimo modello di cellulare, i negozi sono aperti e vendono di tutto. Per strada ci sono cartelli tedeschi e americani che annunciano "piani di sviluppo" per la popolazione. Sembra che la comunità internazionale stia tentando di salvarsi la faccia, rendendo una vita di prigionia (il Muro crea tanti banthustan) più sopportabile. Hanno creato una micro-economica, ma la "libertà" della gente, infatti, qui si ferma al primo checkpoint, alla prima barriera del Muro".

I giornalisti palestinesi hanno spiegato che, evidentemente, "l'Europa e gli Usa, attraverso l'invio di capitali, vogliono convincere la popolazione della Cisgiordania che a stare dalla "parte giusta", il governo di Fayyad-Abbas, conviene. Ma la gente non è stupida: ha capito benissimo che il presidente Abbas si è piegato al volere israelo-americano. La popolazione ha bisogno di uno Stato indipendente".

Rossi ha aggiunto: "La situazione della Striscia è quella che ci aspettavamo, una prigione a cielo aperto, ma sono rimasto sorpreso di vedere il contrasto con la prosperità di Ramallah".

Nella giornata di oggi, la delegazione si recherà al Consolato italiano per protestare contro il mancato ingresso nella Striscia di Gaza, dove si era recata ieri, da parte delle autorità militari israeliane. "Il governo italiano aveva chiesto a quello israeliano di lasciarci entrare. E' una bella umiliazione per l'Italia questo divieto di ingresso".

Questa mattina, il gruppo italiano ha incontrato alcuni membri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina - FPLP - e Abla Saadat, la moglie di Ahmed Saadat, il leader incarcerato dagli israeliani.

Questa sera organizzerà invece un sit-in di protesta contro l'assedio di Gaza davanti alla Basilica della Natività, a Betlemme.

Domani tenterà di nuovo di attraversare il valico di Erez e di entrare nella Striscia.

Articoli correlati: http://www.infopal.it/testidet.php?id=7108


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mercoledì 26 dicembre 2007

Gaza: 2° Dispaccio. «La porta di Damasco».

Copio ed incollo traendolo direttamente dal sito «Gaza Vivrà» il seguente aggiornamento. Per una visione d’insieme di tutti i documenti si clicchi qui.
Antonio Caracciolo

* * *

LA PORTA DI DAMASCO

2°. DISPACCIO DELLA DELEGAZIONE PARTITA PER GAZA

Gerusalemme, Palestina, Lunedi' 24 dicembre, ore 16,00

La giornata di ieri l’abbiamo conclusa davanti alla TV, quando l’emittente al Jazeera ha trasmesso urbi et orbi, e con rilevanza, le interviste alle nostra delegazione.

Quella di oggi ha avuto inizio con le telefonate ricevute dall’inferno di Gaza.

I fratelli palestinesi, a nome delle autorità, ci hanno espresso il più vivo rammarico per il divieto opposto dalle autorità israeliane al nostro ingresso. Loro, ieri mattina, erano infatti dall’altra parte, pronti a riceverci, ci hanno detto, con tutti gli onori. Sappiamo che il divieto d’ingresso della nostra delegazione è a Gaza sulla bocca di tutti. Sappiamo che il comunicato di solidarietà del Popular Committee Against Siege di Gaza sta facendo il giro del mondo.

In mattinata, come previsto, si è svolta a Ramallah, col determinante aiuto degli amici della Resistenza, la nostra Conferenza stampa.

Eravamo ospiti di RAMATTAN TV, un’emittente araba che fa da ponte a numerose agenzie, giornali e tv arabe (e non solo). Una decina i giornalisti presenti, i quali hanno svolto le domande più disparate. Maria Grazia Ardizzone ha sottolineato il valore politico della nostra missione, denunciando la decisione israeliana di vietarci l’ingresso a Gaza. Ugo Giannangeli, già osservatore internazionale delle elezioni che diedero la vittoria ad HAMAS, confermando la correttezza di quelle elezioni, ha sottolineato che sì, noi riteniamo un obbligo incontrarci con il governo palestinese, illegittimamente deposto dal Presidente Abu Mazen. Don Franzoni, dopo aver denunciato la sudditanza del governo italiano rispetto ad Israele, si è riferito al Concilio Vaticano II per esprimere la determinazione dei cristiani coerenti a dialogare con tutti i musulmani, anzitutto coloro che lottano contro l’occupazione della Palestina. Ha concluso il senatore Fernando Rossi, ricordando le battaglie condotte nel Parlamento italiano contro le missioni militari come quella in Afganistan. Egli ha poi annunciato che si impegnerà a formare una delegazione di parlamentari italiani che si rechi in Israele ad incontrare i prigionieri palestinesi.

Successivamente la delegazione si è recata presso il Consolato italiano di Gerusalemme, dove ha svolto un presidio di protesta. Contestualmente abbiamo svolto un incontro ufficiale coi due consoli italiani nel quale abbiamo insistito che l’Ambasciata italiana di Tel Aviv prema sulle autorità israeliane affinché consentano alla delegazione di entrare a Gaza.

UNO SPIRAGLIO SI APRE?

Le autorità italiane hanno contattato quelle israeliane. Una trattativa è iniziata con gli israeliani i quali accetterebbero l’ingresso, ma solo ad una delegazione di sole tre persone. Noi abbiamo respinto questa decimazione, sostenendo che la rappresentatività della delegazione sarebbe stata brutalmente menomata.

Gli israeliani hanno assicurato che comunicheranno la loro decisione mercoledì mattina. Noi abbiamo deciso unanimemente che proprio mercoledì ci presenteremo nuovamente e comunque al valico di Heretz.

Questa notte, come previsto, saremo tutti, assieme a tanti compagni, alla Messa di Natale, a Betlemme, dove faremo una pacata protesta esibendo lo striscione (che i palestinesi ci hanno aiutato a fare) STOP EMBARGO! GAZA VIVRA'

Domani, giorno di Natale, svolgeremo qui, in Palestina, diversi incontri con le formazioni della Resisenza palestinese.

Subito dopo saremo ricevuti dal sindaco di el-Bireh, un noto dirigente della Resistenza, incarcerato piu' volte, il quale ha assicurato il suo pieno sostegno alla nostra missione.

Leonardo Mazzei x la Delegazione

* La delegazione e' composta da:
:: Leonardo Mazzei, Comitato Gaza Vivra'
:: Fernando Rossi, Senatore
:: Giovanni Franzoni, Comunita' Cristiane di Base
:: Lucio Manisco, Giornalista ed ex parlamentare
:: Maria Grazia Ardizzone, Campo Antimperialista
:: Elvio Arancio, Centro studi cultura islamica di Torino
:: Davide Casali, Fotoreporter, inviato di Infopal.it
:: Giuseppe Pelazza, Avvocato
:: Vainer Burani, Avvocato, membro Giuristi Democratici
:: Maria Grazia Da Costa, Operatrice sanitaria
:: Ugo Giannangeli, Avvocato, onlus Per Gazzella
:: Zeno Leoni, Giornalista
:: Carmela Vaccaro, Docente universitaria, esperta di acqua
:: Erika Miozzi, Ass. umanitaria di volontariato Sumud
:: Anika Persiani, Ass. umanitaria di volontariato Sumud
:: Margarita Langthaler, Campagna Gaza Vivra Austria


lunedì 24 dicembre 2007

”Gaza Vivrà": Aggiornamenti = All’inferno non si entra!

Ricevo da federob sulla mia posta privata il seguente drammatico aggiornamento che pubblico in “Civium Libertas” ed in “Club Tiberino”. Il testo resta immutato rispetto a come a me giunto. Per leggere il primo Comunicato da me ricevuto e diffuso clicca qui. Sono stato fra i firmatari dell’Appello “Gaza Vivrà”. La Delegazione pertanto opera ed agisce anche in mio nome.

Antonio Caracciolo

***

ALL'INFERNO NON SI ENTRA

DISPACCIO DELLA DELEGAZIONE PARTITA PER GAZA


Ramallah, Palestina, Domenica 23 dicembre, ore 16,00


«Questa mattina, mentre si udivano spari di mitragliatrice e dopo un defatigante viaggio, la delegazione di solidarieta’ con il popolo di Gaza* si e presentata al valico di Eretz per varcare il confine con l’inferno di Gaza.

E’ stata brutalmente RESPINTA dall’ esercito israeliano.

Il criminale embargo decretato dal governo di tel Aviv, sostenuto dagli Usa e dall’Unione Europea, non si limita al blocco delle merci, dei medicinali ecc., giunge perfino ad impedire i contatti umani.

La Striscia non e una prigione a cielo aperto, ma un vero e proprio campo di concentramento.

In carcere infatti almeno i colloqui sono consentiti, a Gaza no.

Con il sopruso di questa mattina l’esercito ed il governo di Israele hanno dato anche un sonoro ceffone alle autorita italiane.

Esse avevano infatti assicurato (incontro col viceministro Ugo Intini, svoltosi alla Farnesina l’11 dicembre) che avrebbero compiuto i passi necessari affinche’ la delegazione potesse raggiungere Gaza.

Il crimine di questo embargo genocida evidentemente puo compiersi solo grazie a molte complicita e non tollera testimoni, ne’ intrusi.

Per denunciare questa situazione la delegazione di solidarieta continuera’ la sua attivita nei prossimi giorni.

Nel frattempo il muro di silenzio ha iniziato a cedere. Leonardo Mazzei e Vainer Burani sono stati am lungo intervistati dalla TV araba al Jazeera. Le interviste saranno trasmesse questa sera.

Per domani mattina (lunedi’ 24 dicembre) e prevista (grazie al determinante contributo delle organizzazioni della Resistenza palestinese) una conferenza stampa a Ramallah.

Subito dopo ci recheremo al consolato italiano di Gerusalemme dove protesteremo, con un sit-in, per la situazione che si e determinata.

Domani sera saremo invece a Betlemme in occasione della Santa messa di Natale.
La delegazione italiana, affiancata dai fratelli palestinesi, musulmani e cristiani, e da decine di militanti antisionisti israeliani, esporra’ uno striscione in lingua italiana con su scritto «STOP EMBARGO! GAZA VIVRA’»

Tutte queste attivita sono finalizzate ad una nuova e piu forte iniziativa al valico di Eretz, al quale ci ripresenteremo, piu’ numerosi, il 26 dicembre.

Sacchi con medicinali, giochi e altro materiale sono stati consegnati ai volontari di due Ong italiane attive da tempo all'interno di Gaza e verranno distribuiti alla popolazione.

Leonardo Mazzei x la Delegazione

* La Delegazione e’ composta da: Leonardo Mazzei «Comitato Gaza Vivrà» - Fernando Rossi, Senatore - Giovanni Franzoni, Comunità Cristiane di Base - Lucio Manisco, Giornalista ed ex parlamentare - Maria Grazia Ardizzone, Campo Antimperialista - Elvio Arancio, Centro studi cultura islamica di Torino - Davide Casali, Fotoreporter, inviato di Infopal.it - Giuseppe Pelazza, Avvocato - Vainer Burani, Avvocato, membro «Giuristi Democratici» - Maria Grazia Da Costa, Operatrice sanitaria - Ugo Giannangeli, Avvocato, onlus «Per Gazzella» - Zeno Leoni, Giornalista - Carmela Vaccaro, Docente universitaria, esperta di acqua - Erika Miozzi, Associazione umanitaria di volontariato «Sumud» - Anika Persiani, Associazione umanitaria di volontariato «Sumud» - Margarita Langthaler «Comitato Gaza Vivrà di Vienna.



Il sionismo la fa da padrone ne “Il Riformista”

‘Informazione Corretta’ (IC), il 20 dicembre scorso, riportava con grande evidenza un articolo di Anna Momigliano, originariamente apparso su Il Riformista. Anche il sito dei Radicali italiani metteva in risalto lo stesso articolo. IC è una delle tante organizzazioni della lobby sionista e israeliana in Italia. Il suo compito è quello di difendere a spada tratta Israele, a causa della pessima reputazione di questo stato all’ONU e nel mondo. Suo compito è anche quello di attaccare nel modo più subdolo e vergognoso chiunque si opponga alla politica di Israele, alla sua perniciosa influenza sugli Stati Uniti e sull’Europa. Io che da IC sono stato attaccato con una deformazione ad arte di alcune frasi tratte da un mio articolo (vedi qui oppure in questo nostro blog) non ho difficoltà a dichiararmi d’accordo con il filosofo e matematico Giorgio Odifreddi, anch’egli vittima dei corretti informatori, che ha definito ‘parafascista’ quest’organizzazione di calunniatori al servizio peraltro di un paese straniero.

Il partito radicale è anch’esso ben noto per le sue posizioni sfacciatamente pro-israeliane. È un partito legato a doppio spago a Israele. Sospetto che questo stare in mezzo (tra ‘destra’ e ‘sinistra’) del partito del sionista Pannella non ha altro senso che di voler entrare in qualsiasi governo italiano, sempre rivendicando, chissà perché, con Berlusconi o con Prodi non fa differenza, qualche poltrona ministeriale immancabilmente legata alla politica estera: il Ministero degli Esteri (sempre richiesto e sempre sfuggito all’arrogante Pannella) o, in alternativa, il Commercio Estero, i rapporti con il Parlamento Europeo o addirittura la Difesa. Sempre qualcosa che possa servire Israele insomma, mai il Ministero dell’Educazione Pubblica, della Sanità, o qualche posizione governativa importante per lottare contro la corruzione, la mafia, lo spaccio delle droghe (non sia mai!).

Anna Momigliano, credo, dal suo nome, sia un’ebrea e abbiamo imparato (dai suoi articoli per carità!) a classificarla come sionista e filo-israeliana. La giornalista è una sionista di ‘sinistra’ cioè una ‘sionistra’ e scrive sul giornale di Polito. Naturale! Non è un mistero per nessuno infatti che il PD ex PDS e tutti i suoi annessi e connessi, tra cui spicca il D’alemiano Riformista, abbia da lunga data fatto una scelta sionista e pro-israeliana. Si va dove c’è da servire il potere. Il suo articolo che ora esaminiamo è un altro esempio del suo sionismo. Non è strano, ovviamente, che trovi ampio spazio e lodi sperticate anche su IC e sul sito dei radicali. Assurdo, invece, è che altri, che pure si dicono antisionisti, si spertichino in lodi per il vergognoso articoletto e si diano da fare per diffondere le sue idiozie, magari traducendole in altre lingue.

Detto questo, veniamo all’articolo il cui titolo è «Quando è un vescovo a chiedere più laicità (agli altri)», e giudichi il lettore. In 30 righe, la Momigliano riesce a spargere il suo veleno attaccando sia la chiesa cattolica sia i palestinesi. Due piccioni con una fava. Lo fa però ricorrendo alla menzogna e alla deformazione, proprio come i «corretti informatori», e non poteva essere diversamente visto che i fatti le darebbero torto marcio. Allora bisogna deformarli questi benedetti fatti. Scrive la Momigliano:
“Il dibattito sulla costituzione israeliana era già abbastanza acceso di per sé, ancora prima che parlasse un alto rappresentante del Vaticano. Per più di mezzo secolo Israele ha tirato avanti senza una costituzione, ma l'obiettivo (ormai wishful thinking) sarebbe avere un documento scritto per il sessantesimo anniversario dell'Indipendenza, il prossimo maggio. Solo che la Knesset, il parlamento unicamerale di Gerusalemme che ora ha assunto anche le funzioni di assemblea costituente, si è arenata da mesi sul preambolo: inserire o non inserire un richiamo alle radici ebraiche?”
Non è strano che un paese non abbia una costituzione? Da 60 anni! Che serve dire che “il dibattito era già abbastanza acceso di per sé” se poi questo dibattito non porta frutti da 60 anni. È come il processo di pace: se ne parla da tanto tempo e la pace non arriva, perché bisogna colonizzare, colonizzare, colonizzare. Che vuol dire la Momigliano? Che il Vaticano disturba l’acceso dibattito? Forse non si vuole ammettere che Israele una costituzione non la vuole (come non vuole un vero processo di pace). A noi sembra che sia proprio così. Una costituzione richiede confini stabili. Bisogna sapere infatti dove inizia (e lo sappiamo) e dove finisce (non lo sappiamo ancora) lo Stato israeliano, quali sono i confini entro i quali la costituzione deve valere. Bisogna anche sapere quanti palestinesi dei territori occupati rientreranno nello Stato israeliano e con che status e nazionalità. La questione della nazionalità in Israele è uno scandalo. In Israele non esiste la nazionalità israeliana. Si è classificati come ebrei, cristiani, druzi, musulmani. Solo gli ebrei (laici o religiosi) godono della piena nazionalità dello stato degli ebrei. Gli altri sono cittadini di secondo rango. Una costituzione presentabile dovrebbe stabilire la nazionalità israeliana di tutti i cittadini, senza discriminazioni. Ma questo non si vuole fare nello stato degli ebrei. Infine la costituzione non si scrive perchè ebrei laici e religiosi non si mettono d'accordo. I primi vorrebbero una costituzione laica per soli ebrei (s'intende), i secondi vorrebbero che la costituzione applicasse le leggi religiose dell'ebraismo ortodosso, una costituzione da teocrazia. Ecco perchè non si scrive la costituzione. Al suo posto è in vigore un miscuglio di leggi laiche e religiose ma i religiosi vanno estendendo la loro presa sullo stato. Ariel Levi di Gualdo, un ebreo convertito al cristianesimo ci ricorda che

«l’Italia, è Paese a maggioranza cattolica ma del tutto laico, mentre il divino Stato sionista, che certi laici anticlericali difendono anima e cuore, è un Paese in cui ’'intero diritto di famiglia è gestito dal clero rabbinico. Ai radicali, che in combutta con certi rimasugli del massonico Partito Repubblicano gridano contro il cardinal Ruini che osa richiamare i fedeli cattolici a certi valori cristiani, qualcuno dovrebbe spiegare, che in quel Paese del Medio Oriente l’istituto del matrimonio civile e del divorzio non esistono. Il matrimonio è gestito dai rabbini e, quel che viene chiamato impropriamente divorzio, può essere realizzato solo attraverso il "ghet", vale a dire il formale atto di ripudio della moglie da parte del marito, senza il quale nessun tribunale rabbinico può sancire un divorzio. Gli ebrei che vogliono sposarsi con dei non ebrei; per farlo sono costretti ad andare a contrarre matrimonio nell'isola di Cipro, perché nel divino Stato sionista esiste solo il matrimonio religioso (Leggi qui intervista all’Autore).

Gaza è qualcosa a parte. C’è stato il cosiddetto ritiro che in realtà è stato l’atto di costituzione di un grande campo di concentramento. Come si vede, il problema è molto più complesso del preambolo su cui la discussione si è arenata: inserire o non inserire un richiamo alle radici ebraiche?” This is just one of the questions.

Il modo in cui la Momigliano presenta il problema è pura falsità. Non si tratta di inserire o non inserire un richiamo alle radici ebraiche, ma di decidere se definire Israele uno Stato degli ebrei, uno Stato ebraico o uno stato per tutti i suoi cittadini. In altre parole uno stato etnico-razzista per soli ebrei, uno stato teocratico o uno Stato per tutti i cittadini, siano essi ebrei o palestinesi. Per i primi due tipi di Stato l’ebreo Hobsbawm usa i termini “nuova segregazione di una separata comunità-stato etnico-genetica” e “antica segregazione della religione ultra ortodossa”. Il senso non cambia ma a noi piace chiamare zappa una zappa, ‘Stato etnico-razzista’ uno Stato etnico-razzista e ‘teocratico’ uno Stato teocratico.

Fin dall’inizio i sionisti hanno voluto uno Stato ‘degli ebrei’ come diceva Herzl. Israele è lo Stato degli ebrei: c’è una legge che permette a chiunque sia ritenuto ebreo di emigrare in Israele. La famosa legge del ‘ritorno’. Essa permette a qualsiasi ebreo, ovunque sia nato e qualunque sia il numero delle generazioni per cui la sua famiglia ha vissuto nel paese in cui è nato, di ‘tornare’ in Palestina e occupare terre e case da cui sono stati cacciati i palestinesi nel 1948 e successivamente. Questa legge nega ogni possibilità di ritorno proprio a quei palestinesi espulsi, malgrado ci sia una Risoluzione dell’Onu (194) che stabilisce che i profughi debbano poter tornare. Ma se tornano lo Stato non sarà più ebraico, sarà uno Stato misto, di ebrei e palestinesi. E allora no! La legge del ‘ritorno’ implica pure che gli ebrei di tutto il mondo non appartengono ai paesi in cui vivono perché sono un popolo a parte e la loro terra è la Palestina. Mi chiedo cosa succederebbe se l’Italia per esempio decidesse che effettivamente gli ebrei d’Italia non appartengono all’Italia ma ad Israele e che quindi debbono ‘tornare’ in Israele. L’Italia agli Italiani, gli ebrei in Israele! E via la Momigliano, che dovrebbe fare bagagli e fare l’Aliya. Saremmo definiti subito antisemiti, non c’è dubbio. Ma non diremmo poi una cosa diversa di quello che dicono i sionisti. In realtà questo problema è vecchio di almeno un secolo. Dopo che in Occidente ci fu l’emancipazione degli ebrei, che divennero cittadini con pari diritti, ecco che spuntarono i sionisti a dire che gli ebrei non potevano emanciparsi se non andando a prendersi la Palestina. Infatti, dicevano, se gli ebrei restano nei paesi in cui sono nati, c’è il rischio che siano assimilati, perdano le caratteristiche etniche che il ghetto e lo shtetl avevano preservato. Non sia mai! Insorsero i religiosi che, come il rabbino di Vienna Gudeman, misero in guardia gli ebrei dall’accettare una ideologia nazionalista che dava ragione agli antisemiti. Ma i sionisti si allearono con gli antisemiti e pure con i nazisti perché concordavano con loro che gli ebrei non appartenessero ai paesi in cui vivevano e da questi paesi dovevano emigrare.

In Israele, protetta dalla legge, esiste anche un’Agenzia governativa che preserva l’ebraicità della terra. Il 90 % della terra è ebraica e deve restare in mani ebraiche. Il resto è proprietà di palestinesi (la minoranza di ‘arabi-israeliani’). La terra ebraica non può essere venduta a non ebrei mentre le proprietà di palestinesi d’Israele possono essere acquistate da ebrei. In Israele non valgono le leggi del mercato. Io che non sono ebreo non posso acquistare terra in Israele, che, comprata da me, non sarebbe più ebraica. Posso acquistare terre o proprietà ovunque nel mondo ma non in Israele, perché non sono ebreo. Immaginate cosa succederebbe se in Italia ci fosse una legge analoga? Agli ebrei è proibito acquistare terre di proprietà di italiani perché la terra deve restare in mano di italiani! Saremmo subito chiamati antisemiti, non c’è dubbio.

E poi dicono che Israele è uno Stato democratico. I non ebrei non hanno gli stessi diritti degli ebrei. E i non ebrei (palestinesi, drusi, beduini, circassi) costituiscono il 25% della popolazione. E infatti questo è il problema. Non le radici ebraiche ma la natura ebraica e sionista di Israele. Insomma se Israele è uno Stato ebraico, è uno Stato etnico e quindi non è uno Stato democratico. Così sarebbe l’Italia se si proclamasse Stato degli italiani e poi definisse gli ebrei altro popolo, non appartenente all’Italia, senza diritto di acquistare terre e case appartenenti agli italiani. Gli ebrei italiani quindi rivendicano per sé in Italia (e nel mondo) diritti che negano ai non ebrei in Israele. Evviva la democrazia! E questo sarebbe il richiamo alle radici ebraiche? Questo è razzismo!

La Momigliano, disonestamente, usa le parole radici ebraiche perché ciò le permette di porre sullo stesso piano Israele e la Chiesa Cattolica. La Chiesa Cattolica vuole che l’Europa riconosca le sue radici cristiane, che sono un fatto storico, reale. Per la Momigliano, questo sarebbe la stessa cosa di quanto fa o intende fare Israele. La Chiesa Cattolica quindi vorrebbe, secondo la giornalista, che ogni Stato d’Europa si proclamasse cristiano, escludesse dalla pari cittadinanza i non cristiani e stabilisse magari che le proprietà cristiane non possan essere vendute agli ebrei, per esempio.

Io sono ateo. Non sono però affatto contrario a che l’Europa riconosca le sue radici cristiane. Non ho paura di questo. Perché riconoscere le proprie radici cristiane significa riconoscere la grande forza degli insegnamenti di Cristo. Non mi fanno paura. Anzi. Ama il prossimo tuo! Non usare violenza ai tuoi vicini, ai tuoi nemici! Non fare la guerra! Risolvi con la pace le contraddizioni e i conflitti internazionali! Aiuta i poveri! Aiuta i deboli! Dai una speranza ai bambini! Io vorrei un’Europa così. Non vorrei un’Europa come Israele! Mai! Israele opprime e massacra i vicini, schiaccia i deboli, ricorre alla guerra e all’oppressione, non rispetta la legalità internazionale, permette ai suoi soldati di sparare sui bambini che lanciano pietre, senza mai portarli davanti ad un tribunale, pratica la tortura e infine usa gli altri ebrei nel mondo come suoi agenti spargitori di menzogne e propaganda. Oggi usa la sua lobby in America per portare gli americani a invadere l’Iraq o distruggere l’Iran. Per Aipac e neocons sionisti, gli americani sono i loro shabbat goyim.

Non vorrei nemmeno un’Europa ultraliberista e materialista dove il ricco schiaccia il povero, l’industriale dà un salario di fame ai ‘suoi’ operai e li brucia nelle sue fonderie in sacrificio al dio denaro. Non vorrei un’Europa consumista dove i valori si contano in biglietti di banca o in opportunità di apparire in televisione e di fare il pagliaccio.

Si accusa la Chiesa di volere uno Stato confessionale. È semplicemente ridicolo. Crollerebbe subito, e non perché opprimerebbe i cittadini ma perché porterebbe al parossismo l’ipocrisia religiosa che già la DC ha portato a vette vertiginose. Sarebbero i veri cristiani a battersi per primi contro una tale situazione. Se ci fosse uno Stato confessionale in Italia assisteremmo al triste spettacolo di vedere il sindaco di Roma, Veltroni, ma anche l’ex sindaco di Roma, Rutelli, e tutta la bella compagnia dei politici di professione (la casta insomma) farsi ipocriti baciapile e adoratori di Padre Pio, più di certi preti e bigotti di oggi, pur di ….. conservare qualche poltrona nelle stanze del potere.

Questa è una cosa che la Chiesa Cattolica non vuole assolutamente, per non morire. Sembrerà strano a molti, ma la Chiesa cattolica ha imparato meglio di quanto si creda più di una lezione dal marxismo. Marx diceva “il cosiddetto stato cristiano è semplicemente il non-stato, poiché non il cristianesimo come religione, ma soltanto lo sfondo umano della religione cristiana può attuarsi in creazioni realmente umane” (Marx, La questione ebraica, corsivo di Marx). Questo significa riconoscere le radici cristiane dell’Europa, riconoscere il fondo umano della religione cristiana come fondamento dello stato moderno. Ed è giusto. Marx diceva ancora:
“Il cosiddetto stato cristiano è … per nulla affatto la realizzazione statale del cristianesimo. …. Il cosiddetto stato cristiano è lo stato incompiuto, e la religione cristiana gli serve come integrazione e santificazione della sua incompiutezza. La religione diviene quindi per esso necessariamente un mezzo, ed esso è lo Stato della ipocrisia. È cosa diversa se lo Stato compiuto, a causa del difetto insito nell’essenza universale dello Stato, annovera la religione tra i propri presupposti ovvero se lo Stato incompiuto a causa del difetto insito nella sua esistenza particolare, in quanto stato difettoso, dichiara proprio fondamento la religione” (Ibidem).
Lo spirito religioso, diceva ancora Marx, si deve realizzare nello stato democratico.
“Non il cristianesimo, bensì il fondamento umano del cristianesimo è il fondamento di questo Stato. La religione rimane la coscienza ideale, non mondana, dei suoi membri, perché essa è la forma ideale del grado di sviluppo umano che in esso si attua”(Ibidem).
Vi assicuro che la Chiesa ha capito questa lezione meglio dei marxisti, soprattutto meglio di nostri radicali, laicisti, massoni e … sionisti. È certo che Marx oggi approverebbe il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa e condannerebbe lo stato ebraico o degli ebrei d’Israele. Sorpresi?

Ma ammettiamo, per assurdo, che la Chiesa sia così folle da volere uno stato cristiano: sarebbe comunque meglio di Israele. Mille volte. Perché uno Stato cristiano sarebbe uno Stato confessionale ma non uno Stato etnico o razzista. La religione cristiana è una religione universalistica, non etnica. I cristiani di ogni razza, provenienza, cultura, colore sarebbero considerati pari cittadini. Nelle chiese, scuole, posti di lavoro vedremmo, assieme, bianchi, gialli, bruni, neri, tutti cittadini uguali.

A mio parere, l’ebraismo non ha dato molto all’umanità; ha dato migliori frutti, invece, il suo rifiuto. Cristo ha rigettato l’ebraismo farisaico e questo ha portato alla fondazione di una religione universalistica, la religione cristiana. Marx diceva che
“il Cristianesimo è l’idea sublime del Giudaismo mentre il Giudaismo è la piatta applicazione utilitaristica del Cristianesimo”.
Marx però sapeva fin troppo bene che il capitalismo tende a trasformare il cristianesimo sublime in cristianesimo pratico e utilitarista, cioè in giudaismo e il “cristiano pratico” in “ebreo”. Il nemico del Cristianesimo sublime non è quindi Marx ma proprio il capitalismo e ancor più il consumismo.

A mio modo di vedere, l’economia politica di Marx è il rifiuto e il superamento dell’economia politica anglosassone utilitaristica, derivante dall’assurda applicazione letterale del Vecchio Testamento da parte dei protestanti ed in particolare dei calvinisti. Max Weber diceva che il Vecchio Testamento e lo spirito del protestantesimo avevano dato i natali al capitalismo. L’idea che il Jahvé premiasse il suo popolo eletto con la ricchezza e il successo economico si è subito trasformata nel concetto che la ricchezza e il successo economico, comunque ottenuti, significassero l’appartenenza al popolo eletto di Dio. Questa è la religione del capitalismo e dell’America. Marx come persona rigettò il suo ebraismo, Marx come economista rigettò lo spirito ebraico in economia.

Marxismo e Cristianesimo, proprio perché entrambi universalisti, proprio perché sono centrati sulla giustizia, l’uguaglianza, la difesa degli umili e degli oppressi, proprio perché sono il rifiuto della “piatta applicazione utilitaristica” giudaica possono e devono trovare un punto d’incontro. Ecco la sfida del XXI secolo. Cancellare due secoli di conflitto e intraprendere un cammino parallelo. C’è questa strada e questa speranza oppure altri secoli di ultraliberalismo.

E veniamo al concetto di ‘ebreo’ secondo i sionisti. Cosa vuol dire ‘ebreo’? Significa l’appartenenza ad una religione, l’ebraismo? No, perché gli ebrei che hanno fondato lo Stato ebraico erano atei, laici, ‘socialisti’. Essere ebreo significa dunque, per i sionisti, appartenere ad un'etnia o razza. Fino alla fondazione dello Stato ebraico, gli ebrei religiosi erano contrari alla fondazione di uno Stato ebraico, erano tutt’al più favorevoli ad un centro di cultura e spiritualità ebraica in Palestina (Ahad ha-Am, 1856-1927). Dopo la fondazione dello Stato di Israele, la maggioranza dei religiosi hanno visto l’opportunità di fare dello Stato ‘degli ebrei’ di Herzl, uno ‘Stato ebraico’, cioè uno Stato religioso dove la religione ebraica è l’ideologia dominante, anzi l’unica. Uno Stato teocratico. Solo una sparuta minoranza di ebrei religiosi sono rimasti antisionisti, contrari alla fondazione e all’esistenza di uno Stato ‘degli ebrei’ o ‘ebraico’ che sia. Sono i coraggiosi e sorprendenti aderenti all’organizzazione religiosa ‘Naturei Karta’, i ‘Guardiani della Città’, quelli che sono andati a Teheran per partecipare alla conferenza sull’olocausto promossa dal Presidente Ahmadinejad. Un altro sionista, Leo Pinsker (1821-1891), desiderava che gli ebrei fondassero uno Stato ‘degli ebrei’, ma pur essendo un sionista era comunque più lungimirante di Herzl, di Ben Gurion e di Wladimir Jabotinsky messi insieme. Egli proponeva uno Stato degli ebrei nella Russia meridionale. Un’idea molto più ragionevole di quella che poi ha finito per trionfare: lo Stato in Palestina. E per tre ragioni: 1) Pinsker temeva che uno Stato in Palestina avrebbe esercitato un richiamo messianico e religioso fortissimo ed avrebbe finito per diventare uno ‘Stato ebraico’ cioè religioso e teocratico. Questo sta accadendo effettivamente oggi in Israele. 2) Pinsker sapeva che lo Stato degli ebrei era in realtà lo Stato degli askenaziti, cioè i discendenti dei Kazari, di origine turca e parlanti una lingua non semitica ma appartenente al gruppo turco, convertitisi all’ebraismo nel IX secolo nelle steppe tra il Caspio e il Mar Nero. La loro patria originaria, il Khanato dei Kazari era in Asia Centrale e lì egli voleva che gli ebrei si concentrassero e costituissero un loro Stato. 3) Pinsker capiva perfettamente che la Palestina era dei palestinesi e che uno Stato degli ebrei in quel paese richiedeva la cacciata dei nativi, cioè la pulizia etnica che poi ci fu nel 1948 e che ancora prosegue.

Il problema oggi in Israele è quindi ben diverso di quello che ci vuol far credere la Momigliano. Israele rischia di passare da Stato degli ebrei a Stato confessionale messianico e integralista. Cioè uno Stato ebraico in senso religioso. Chi conosce Israele sa che questo sta avvenendo. La contraddizione interna tra gli israeliani non è sullo Stato ‘degli ebrei’. Tutti gli ebrei d’Israele e della diaspora (eccetto gli antisionisti) sono d’accordo che Israele sia lo Stato ‘degli ebrei’ laici o religiosi. Uno Stato per soli ebrei. Con la sciagurata legge del ‘ritorno’ e la proprietà ebraica della terra. Uno Stato etnico-razzista. Questo non si discute, è l’essenza del sionismo. La divisione invece è se Israele deve essere uno Stato religioso o laico. Uno Stato religioso, cioè teocratico, sarebbe una disgrazia per molti ebrei laici i quali lascerebbero la Palestina per venire a godere del laicismo e della tolleranza in Occidente. Gli israeliani cominciano a rendersene conto. Sarebbe una disgrazia ancora maggiore per i palestinesi perché quello che Dio avrebbe dato agli ebrei, la terra d’Israele dal Nilo all’Eufrate, non si può discutere, non si può dividere con i non-ebrei. Sarebbe una disgrazia per il Medio Oriente e per il mondo, perché uno Stato teocratico ebraico sarebbe uno Stato messianico con la bomba atomica. Si può immaginar di peggio?

Cosa ha dunque da ridire la Momigliano quando Sabbah dichiara che «se uno Stato appartiene a una sola religione, le altre fedi si ritrovano automaticamente discriminate»? Perché non è così? In Italia ella può praticare la sua religione. In Israele le altre religioni sono discriminate, ma con uno stato teocratico sarebbero eliminate completamente. La Momigliano invece di preoccuparsi di uno ‘Stato ebraico’, cioè teocratico, lo difende e attacca Sabbah accusandolo di appoggiare uno Stato cristiano in Europa, il che non è vero, perché nemmeno la Chiesa Cattolica vuole una cosa del genere. Lo accusa inoltre di non volere uno ‘Stato ebraico’, cioè uno stato teocratico ebraico che nemmeno lei dovrebbe volere se ama la libertà e la pace. Ma quando si tratta di religione cattolica l’ebreo diventa furioso e quando si parla di critica allo ‘stato ebraico’ il sionista perde la testa e fa blocco con la tribù. Cosa ha da dire contro Sabbah quando egli afferma che «questa terra non può appartenere in esclusiva a nessuno»? Cosa vuole la Momigliano? Lo dica chiaramente che sarebbe contenta se i palestinesi venissero tutti espulsi e tutta la terra divenisse proprietà esclusiva ebraica, come ha avuto il coraggio di dire Benny Morris.

Io sono d’accordo con il vescovo di Gerusalemme Michel Sabbah
che «Israele dovrebbe abbandonare il proprio carattere ebraico». Lo dico mentre ribadisco che l’Europa deve riconoscere le sue radici cristiane. Non c’è contraddizione tra le due cose, ma forse è troppo per l’ottusa mente di un sionista. È ovvio non si possono accettare Stati teocratici etnicamente puri, cioè Stati razzisti e integralisti, né in Serbia, né in Bosnia, né in Palestina. Io non accetto nemmeno uno Stato ‘degli ebrei’. Voglio che gli ebrei europei e Americani diventino europei e americani a tutti gli effetti e recidano il cordone con Israele. Sarebbe un bene per tutti, compresi gli israeliani i quali potrebbero costituire con i palestinesi un Stato multietnico per ebrei e palestinesi, uno Stato di tutti quelli che vivono in Palestina e che ne sono stati espulsi.

Tornerebbe la pace, quella vera, è non quella di cui si parla ad Annapolis. Ed è vero, anche se la cosa sembra scandalizzare la Momigliano, che dopo Annapolis «la decisione spetta a Israele. Se Israele vuole la pace, ci sarà la pace». È Israele che occupa i territori palestinesi e non l’inverso, è Israele che continua la colonizzazione e non viceversa. Basterebbe che Israele applicasse la Risoluzione Onu 242 e si ritirasse dietro la linea verde oppure si proclamasse Stato di tutti gli abitanti in Palestina e ci sarebbe la pace.

E poi per finire, che gioco sporco quello della Momigliano di far dire ai palestinesi che «la condizione dei cristiani nei Territori palestinesi è peggiore che in Israele». Si tratta di territori occupati da Israele e la responsabilità di quello che vi accade è dell’occupante non degli islamici come vorrebbe far credere la disonesta giornalista. Chi ha messo sotto assedio Betlemme? Gli islamici o Israele, chi espelle da Gerusalemme Est i cristiani palestinesi (e i musulmani anche)? Chi ha reso le condizioni di vita nei territori palestinesi tanto dure da costringere sempre più palestinesi ad affidare il loro futuro ai barconi di emigranti che giungono, quando giungono, sulle nostre coste? Non sono forse gli israeliani? Ci volete far credere che i palestinesi si espellono da soli? Vergogna Momigliano! Vergogna Il Riformista!

Manno Mauro,
24 dicembre 2007

“Gaza Vivrà”: divieto di entrare nella Striscia, divieto di testimoniare il genocidio in atto!

Ricevo da “Comunità Proletarie Resistenti” sulla mia posta privata e divulgo attraverso questo blog per i diritti civili “Civium Libertas” ed il blog di militanza politica “Club Tiberino”. Non ci venga a dire Magdi Allam che abbiamo preso un colpo di sole in pieno inverno. Una parte della guerra a sostegno di un popolo sotto genocidio è la lotta per ribadire la verità dei fatti e per tenere informati i cittadini italiani di quanto succede a Gaza proprio in questi giorni mentre noi celebriamo il Santo Natale, sempre più ridotto ad un’orgia di consumi – un po’ meno quest’anno – che non ad essere un’occasione nella quale tutti, cristiani e non cristiani, possiamo per un momento pensare ai reali fondamenti della nostra umanità.

Antonio Caracciolo

http://cpr.splinder.com/post/15247623/Nessun+diritto+per+gli+abitant

Nessun diritto per gli abitanti della città prigione di Gaza

Divieto di ingresso nella Striscia di Gaza per delegazione ufficiale italiana.
Tra i delegati, senatore della Repubblica italiana Rossi
Domenica 23 dicembre

Come saprete, una delegazione italiana è partita ieri diretta alla Striscia di Gaza, su mandato dell'assemblea del
Comitato che ha promosso l'appello per Gaza. Atterrata all'aeroporto di Tel Aviv, dopo le maniacali attenzioni che la polizia aeroportuale israeliana ha riservato soprattutto a Maria Grazia Ardizzone, è stata bloccata al valico di Erez, al confine tra la Striscia e eIsraele dai soldati israeliani. Il governo israeliano non ha permesso l'ingresso dei delegati nell'immensa prigione a cielo aperto che è la città di Gaza, dove un milione e mezzo di persone stanno morendo sotto l'embargo genocida.

La delegazione, ufficiale e con inviti scritti da parte delle autorità palestinesi e della Resistenza, è composta anche da un senatore della Repubblica italiana, l'on. Fernando Rossi. Nei giorni precedenti alla partenza si erano succeduti incontri e contatti con il ministero degli Esteri italiano, affinché chiedesse al governo israeliano di garantire l'ingresso nella Striscia. Pareva che tutto sarebbe andato liscio. Invece, ieri è giunta la conferma dalla stessa ambasciata del divieto di entrata, sebbene
il viceministro italiano Ugo Intini avesse assicurato (l'11 dicembre, presso la Farnesina) che tutto sarebbe andato liscio.

Il gruppo è formato da Leonardo Mazzei (Comitato Gaza Vivrà), Fernando Rossi (Senatore), Giovanni Franzoni (Comunità Cristiane di Base), Lucio Manisco (Giornalista ed ex parlamentare), Maria Grazia Ardizzone (Campo Antimperialista), Elvio Arancio (Centro studi cultura islamica di Torino
e collaboratore di www.islam-online.it), Davide Casali (Fotoreporter, inviato di www.infopal.it), Giuseppe Pelazza (Avvocato), Vainer Burani (Avvocato, membro «Giuristi Democratici»), Maria Grazia Da Costa (Operatrice sanitaria), Ugo Giannangeli (Avvocato, onlus «Per Gazzella»), Zeno Leoni (Giornalista), Carmela Vaccaro (Docente universitaria, esperta di acqua), Erika Miozzi (Associazione umanitaria di volontariato «Sumud»), Anika Persiani (Associazione umanitaria di volontariato «Sumud»), Margarita Langthaler (Coordinamento antimperialista - Vienna). Si trova al momento fermo al valico.

Come
precisato in un comunicato, il Comitato "Gaza Vivrà" voleva testimoniare la solidarietà di una parte importante e consapevole della società civile italiana e verificare le condizioni in cui versa la popolazione della città e dell'intera Striscia di Gaza. In particolare, avrebbero dovuto avere incontro con il Primo Ministro Ismail Haniyye, con il presidente del Parlamento palestinese, Ahmad Bahar, nelle cui mani avrebbero consegnato l’Appello «GAZA VIVRÀ»; avrebbero visitato le aree danneggiate dagli israeliani nelle zone di confine, i campi profughi, gli ospedali, le scuole e le industrie colpite dall'embargo e dagli attacchi israeliani, nonché il valico di Rafah, dove, come noto, sono bloccate da mesi sul lato egiziano migliaia di persone che non riescono più ad entrare nella Striscia. Erano previsti anche incontri con le organizzazioni umanitarie, gli studenti universitari e i bambini di una scuola elementare. La visita avrebbe dovuto concludersi con una conferenza stampa con tutti i media presenti a Gaza per rendere noti i risultati della visita e annunciare le future iniziative congiunte. Il 27 dicembre la delegazione, di passaggio in Israele, avrebbe avuto una fitta rete di incontri con le diverse organizzazioni che sostengono la causa palestinese e combattono l’embargo contro Gaza.

Ora tutto questo è stato compromesso dai carcerieri di Gaza, l'esercito israeliano che non tollera che testimoni sinceri possano vedere e riferire le reali condizioni della popolazione della Striscia. Al momento sembra che ci sia in programma una manifestazione a Betlemme e una conferenza stampa che ancora non si sa quando e dove si terrà. Terremo informati i nostri lettori, in tempo reale, per quanto ci sarà possibile. Intanto, sacchi con medicinali, giochi ed altro materiale sono stati consegnati ai volontari di due Ong italiane attive da tempo all'interno di Gaza e verranno distribuiti alla popolazione. I delegati stanno monitorando la situazione del piccolo flusso di palestinesi che entra e esce dalla Striscia. Molti sono stati gli spari dell'esercito israeliano avvertiti poco oltre il valico per tutto l'arco della giornata. Un grande pallone aerostatico controlla la Striscia a 300-400 metri di altezza dal suolo.

La Striscia di Gaza è un campo di concentramento.
L'embargo criminale decretato dal governo di Tel Aviv, sostenuto dagli Usa e dall’Unione Europea, non si limita al blocco delle merci, dei medicinali, ecc., ma giunge perfino ad impedire i contatti umani! Con il sopruso di questa mattina l’esercito ed il governo di Israele hanno dato anche un sonoro ceffone alle autorità italiane. Intanto Leonardo Mazzei e Vainer Burani sono stati a lungo intervistati dalla TV araba al Jazeera. Le interviste saranno trasmesse questa sera. Domani mattina (lunedì 24 dicembre) è prevista (grazie al determinante contributo delle organizzazioni della Resistenza palestinese) una conferenza stampa a Ramallah. Subito dopo i delegati si recheranno al consolato italiano di Gerusalemme dove protesteranno con un sit-in, per la situazione che si è determinata.
Domani sera, invece, saranno a Betlemme in occasione della Santa messa di Natale. La delegazione italiana, affiancata dai fratelli palestinesi, musulmani e cristiani, e da decine di militanti antisionisti israeliani, esporrà uno striscione in lingua italiana con su scritto «STOP EMBARGO! GAZA VIVRA’». Tutte queste attività sono finalizzate ad una nuova e piu forte iniziativa al valico di Eretz, al quale ci ripresenteremo, più numerosi, il 26 dicembre.


Massima solidarietà alla popolazione di Gaza!
Denunciamo il comportamento delle autorità israeliane!
Vogliamo la fine dell'embargo-lager!
Pretendiamo che la delegazione documenti i fatti!



Fonti
http://www.infopal.it/testidet.php?id=7108
http://www.islam-online.it/del_gaza.htm
http://www.antiimperialista.org/index.php?option=com_content&task=view&id=5447&Itemid=68

AGGIORNAMENTI

1. Domenica, 23 dicembre 2007, ore 16: All’inferno non si entra.
2. Lunedì, 24 dicembre 2007, ore 16: La porta di Damasco.
3. Mercoledi, 26 dicembre 2007, ore 17.30: nuovo divieto di ingresso nel lager di Gaza.
4. Venerdi, 28 dicembre 2007, ore 12.30: Conferenza stampa in Roma.