Per le 18 di questa sera martedi 4 dicembre 2007, alla Libreria Mondadori all’EUR, era in corso una presentazione del libro di Vincenzo Maria De Luca sulle Foibe ovvero sulla “Memoria” condivisa o meno, ormai l’ennesimo della serie, direi. La presentazione ha avuto un successo di pubblico notevole, e me ne compiaccio, tanto che non vi era più posto a sedere ed io ho potuto ascoltare le diverse relazioni a spezzoni. Per la verità, ero andato alla presentazione, dopo essere stato alla posta di via Beethoven, per recuperare il mio berretto che avevo dimenticato a casa di Giovanna Canzano, sabato sera. Per recuperare il berretto ho dovuto aspettare proprio alla fine ed essendosi diradato il pubblico ho potuto ascoltare le conclusioni dell’Autore. Poiché dagli organizzatori era stato chiesto se vi erano altre domande, io mi sono lasciato tentare. Non già domande e domandine volevo fare, ma un sia pur breve intervento su un paio di spunti che l’Autore stesso mi aveva fornito nella sua chiusa. Non vi era e non vi è nessuna intenzione polemica verso l’Autore, di cui apprezzo lo sforzo. I libri però servono in quanto sono occasioni di approfondimenti che gli autori spesso neppure sospettano. Né il pubblico né l’Autore mi sono tuttavia parsi preparati alla mia impostazione dei problemi ed ho notato subito segni di scompiglio nella sala, appena ho incominciato ad introdurre temi forti. Io stesso mi sono un poco spazientito vedendo che era difficile tenere la sala proprio nel momento conclusivo e magari per ricominciare tutto di nuovo. Per fortuna, esiste questa possibilità offerta dal blog, ossia una forma di comunicazione orizzontale anziché quella verticale dei mezzi tradizionali, fra cui sono da includere anche le ordinarie presentazioni di un libro. Ma veniamo ai due punti, alle due “provocazioni” intellettuali che volevo fornire ad un pubblico capace di pensare, di trarre le conseguenze di un pensiero e di non averne paura e che invece propongo ora ai miei Lettori.
La questione dell’«Olocausto». Nella sua discorso finale l’Autore – un medico che si diletta di storia – ha parlato a lungo sul revisionismo storico e sulla sua importanza. Ha citato De Felice, da lui casualmente incontrato in qualche pubblica manifestazione, e ne ha riportato il giudizio che la storia è un revisionismo continuo. Ha pure citato il giudizio di Croce sulla storia come perenne storia contemporanea, ma senza che però l’Autore medico si sia mostrato consapevole sull’ambiguità di questo metodologia crociana. Ha perfino citato le nuove tendenze storiografiche intorno alla figura di Nerone. E fin qui va bene. Nulla da obiettare. Ho però notato come una specie di arretramento timoroso appena si è parlato di «Olocausto»: non è il mio campo, non so, non c’ero e se c’ero non ho né visto né sentito. Naturalmente, pur non essendo un medico ed avendo una maggiore consuetudine con la storiografia di quanto non possa averne in genere un medico, neppure io sono uno specialista della storiografica holocaustica, anche se la mia traduzione di Graf mi fa guadagnare un bagaglio informativo che molti altri non hanno. L’osservazione critica che avrei voluto fare al medico-storico De Luca ed al suo pubblico verte sul fatto che a mio sommesso avviso la questione dell’«Olocausto» è al centro di tutto il revisionismo storico dal 1945 in poi ed è tale da condizionare tutti gli altri revisionismi. Anche nell'ultimo libro di Pansa, I gendarmi della memoria, ho notato la stessa esitazione: va bene a rivedere la storia come finora ci è stata insegnata, ma appena si tocca l’«Olocausto», scatta il non plus ultra. Se però si vuol affrontare il problema posto dal revisionismo storico contemporaneo occorre prendere il toro dalle corna e non girare intorno: occorre partire proprio da lì, lasciamdo per lo meno pieno libertà di ricerca e di discussione. Altrimenti si falsifica la storia in modo migliore di quanto non si sia fatto finora: una mezza verità è anche una mezza falsità. O si ha il coraggio di pensare e di trarre le estreme conseguenze di un pensiero o è meglio non diseducare il pubblico edulcorando verità tragiche. Conosco non pochi medici che si occupano delle cose più disparate, mentre non conosco nessun letterato, storico, ingegnere che faccia anche il medico. Non sono un razzista e non rivendico l’esclusività delle competenze, ma per i medici (che mi auguro in quanto tali siano ottimi medici) non mi è capitato mai di conoscerne personalmente uno che fuori del campo medico abbia suscitato la mia incondizionata approvazione ed ammirazione.
La questione del comunismo. Qui il medico ha detto qualche sciocchezza sulla quale non ho avuto il tempo di intervenire. Mi sono laureato con una tesi sul problema dello Stato e della politica in Marx e del marxismo mi sono occupato intensamente negli anni giovanili. Devo dire che non sono per nulla scosso dagli insuccessi, anzi dal vero e proprio fallimento del comunismo sovietico e di tutti i regimi dell’Est. Per me non hanno mai avuto molto a che fare con la filosofia marziana, che resta una forma di liberalismo radicale. Benché Augusto Del Noce abbia dedicato molto del suo insegnamento a criticarne i contenuti dal punto di vista della trascendenza e della fede cattolica, la costruzione rigorosamente immanentista di Marx conserva tutta la sua coerenza logica. Eticamente funziona pure. Tutt’altra cosa – abbiamo detto – è stato il regime sovietico: il suo crollo non apre la strada al magistero cattolico. O meglio, per essere più preciso, può benissimo darsi che dopo la fine del comunismo in paesi come la Polonia venga introdotto il crocefisso nelle scuole e posto il cristianesimo come base dell'educazione pubblica, ma per chi ha intimamente assimilato la filosofia immanentisca di Marx cambia assai poco. Anzi è addirittura positivo che ad un regime di costrizione educativa succeda, se è davvero così, un regime di educazione liberale. Per chi ha un minimo di conoscenza dei testi marxiani è cosa nota che il processo di emancipazione radicale dell’umanità segue (non precede) lo sviluppo di tutte le potenzialità produttive. Un simile sviluppo non dovrebbe essere cieco ed anarchico, ma governato dall’intelligenza umana. Ed è qui che incominciano i problemi e le aporie del marxismo. Ed è pure qui che io mi fermo in questa mia estemporanea scrittura compensativa di un mancato intervento pubblico in margine al libro di storia del dentista De Luca.
La questione dell’«Olocausto». Nella sua discorso finale l’Autore – un medico che si diletta di storia – ha parlato a lungo sul revisionismo storico e sulla sua importanza. Ha citato De Felice, da lui casualmente incontrato in qualche pubblica manifestazione, e ne ha riportato il giudizio che la storia è un revisionismo continuo. Ha pure citato il giudizio di Croce sulla storia come perenne storia contemporanea, ma senza che però l’Autore medico si sia mostrato consapevole sull’ambiguità di questo metodologia crociana. Ha perfino citato le nuove tendenze storiografiche intorno alla figura di Nerone. E fin qui va bene. Nulla da obiettare. Ho però notato come una specie di arretramento timoroso appena si è parlato di «Olocausto»: non è il mio campo, non so, non c’ero e se c’ero non ho né visto né sentito. Naturalmente, pur non essendo un medico ed avendo una maggiore consuetudine con la storiografia di quanto non possa averne in genere un medico, neppure io sono uno specialista della storiografica holocaustica, anche se la mia traduzione di Graf mi fa guadagnare un bagaglio informativo che molti altri non hanno. L’osservazione critica che avrei voluto fare al medico-storico De Luca ed al suo pubblico verte sul fatto che a mio sommesso avviso la questione dell’«Olocausto» è al centro di tutto il revisionismo storico dal 1945 in poi ed è tale da condizionare tutti gli altri revisionismi. Anche nell'ultimo libro di Pansa, I gendarmi della memoria, ho notato la stessa esitazione: va bene a rivedere la storia come finora ci è stata insegnata, ma appena si tocca l’«Olocausto», scatta il non plus ultra. Se però si vuol affrontare il problema posto dal revisionismo storico contemporaneo occorre prendere il toro dalle corna e non girare intorno: occorre partire proprio da lì, lasciamdo per lo meno pieno libertà di ricerca e di discussione. Altrimenti si falsifica la storia in modo migliore di quanto non si sia fatto finora: una mezza verità è anche una mezza falsità. O si ha il coraggio di pensare e di trarre le estreme conseguenze di un pensiero o è meglio non diseducare il pubblico edulcorando verità tragiche. Conosco non pochi medici che si occupano delle cose più disparate, mentre non conosco nessun letterato, storico, ingegnere che faccia anche il medico. Non sono un razzista e non rivendico l’esclusività delle competenze, ma per i medici (che mi auguro in quanto tali siano ottimi medici) non mi è capitato mai di conoscerne personalmente uno che fuori del campo medico abbia suscitato la mia incondizionata approvazione ed ammirazione.
La questione del comunismo. Qui il medico ha detto qualche sciocchezza sulla quale non ho avuto il tempo di intervenire. Mi sono laureato con una tesi sul problema dello Stato e della politica in Marx e del marxismo mi sono occupato intensamente negli anni giovanili. Devo dire che non sono per nulla scosso dagli insuccessi, anzi dal vero e proprio fallimento del comunismo sovietico e di tutti i regimi dell’Est. Per me non hanno mai avuto molto a che fare con la filosofia marziana, che resta una forma di liberalismo radicale. Benché Augusto Del Noce abbia dedicato molto del suo insegnamento a criticarne i contenuti dal punto di vista della trascendenza e della fede cattolica, la costruzione rigorosamente immanentista di Marx conserva tutta la sua coerenza logica. Eticamente funziona pure. Tutt’altra cosa – abbiamo detto – è stato il regime sovietico: il suo crollo non apre la strada al magistero cattolico. O meglio, per essere più preciso, può benissimo darsi che dopo la fine del comunismo in paesi come la Polonia venga introdotto il crocefisso nelle scuole e posto il cristianesimo come base dell'educazione pubblica, ma per chi ha intimamente assimilato la filosofia immanentisca di Marx cambia assai poco. Anzi è addirittura positivo che ad un regime di costrizione educativa succeda, se è davvero così, un regime di educazione liberale. Per chi ha un minimo di conoscenza dei testi marxiani è cosa nota che il processo di emancipazione radicale dell’umanità segue (non precede) lo sviluppo di tutte le potenzialità produttive. Un simile sviluppo non dovrebbe essere cieco ed anarchico, ma governato dall’intelligenza umana. Ed è qui che incominciano i problemi e le aporie del marxismo. Ed è pure qui che io mi fermo in questa mia estemporanea scrittura compensativa di un mancato intervento pubblico in margine al libro di storia del dentista De Luca.
2 commenti:
Ho ricevuto un commento insultante dall’Esimio Autore. Come tale impubblicabile. Vi fosse stato per lo meno un minimo di argomentazione avrei pubblicato il commento insieme agli insulti. Ma essendovi solo insulti, fra cui una diffida a presentarmi ad altre presentazioni di suoi libri, posso rassicurarlo. Non ne ho nessuna voglia e avrei fatto volentieri a meno di perdere il mio tempo se non avessi avuto un berretto da recuperare dalla sua intervistatrice. Quanto alle cose stantie mangiate al buffet, se mi manda il conto posso pagargliele con lauto guadagno da parte sua.
Qualche precisazione aggiuntiva. Mi dicono che la normale professione dell’Esimio Autore è quella di dentista. Infatti, lo si è ben capito dalle sue “conclusioni”. Io mi sono basato sul "parlato” (non sullo "scritto") con il quale l‘Esimio Autore si è offerto ai presenti. Per fare un esame sulla preparazione di uno studente sono sufficienti pochi minuti. Io il libro non l’ho letto e non credo che mai lo leggerò. Non è stato tuttavia metodologicamente illecito un intervento SULLE conclusioni ORALI dell'autore. Il locale era poi "pubblico" ed "aperto al pubblico”, cioè la libreria Mondadori, che ha voluto offrire un servizio ai suoi clienti. La sciocca "diffida" a partecipare ad altre presentazioni del suo libro (quasi non avessi meglio da fare) dimostra poi anche una ignoranza in fatto di diritto del nostro Esimio... La storia richiede anche un minimo di conoscenza del diritto. Forse è meglio se ognuno fa il suo proprio mestiere: gli storici facciano gli storici ed i dentisti facciano i dentisti. Sono certo che l’esimio Autore è un eccellente dentista quando non presenta in pubblico i suoi lavori di storia!
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