domenica 9 dicembre 2007

Lettera aperta a Rainer Muenzel

Versione 1.1
Bozza di lettera da spedire
Testo in progress

Ringrazio Andrea Carancini per la traduzione dell'articolo di Curt Maynard del 13 marzo scorso. Ne vengo solo ora a conoscenza, grazie alla sua traduzione. Ne sono rimasto scosso e non ho avuto esitazione ad accogliere l'invito di scrivere una lettera a Rainer Münzel. Per averlo fatto in passato in circostanze simili e su materie sensibili sono giunte lettere contestative alla mia università, il cui tenore mi è stato tenuto nascosto. Ritengo che un ricercatore di filosofia del diritto, cioè non un ingegnere o un agronomo, debba e possa prendere posizione pubblica in una materia così attinente al suo ambito disciplinare come può essere la sfera dei cosiddetti diritti umani. Un docente universitario rende normalmente il suo servizio nelle aule universitarie ma anche nella società, come cittadino, quando ritiene che siano a rischio i diritti essenziali dei suoi concittadini. A maggior ragione deve farlo se proprio in ragione della sua peculiare sensibilità presume di avere maggiore consapevolezza del pericolo che incombe sulla testa dei suoi concittadini. Non mi piace il protagonismo, ma la coscienza impone i suoi obblighi interiori. I miei lettori troveranno perciò qui di seguito la bozza di lettera che spedirò al Console tedesco appena mi sarò deciso per la forma definitiva, alla quale se lo desiderano essi possono partecipare dandomi il conforto del loro parere e della loro sensibilità.

Antonio Caracciolo

BOZZA
(cioè testo non definitivo)
Caro Signor Muenzel,

vengo adesso a conoscenza in seguito ad una traduzione eseguito per il mio blog e relativa ad un articolo di Curt Maynard del 13 marzo 2007. Accolgo l’invito pubblico del Signor Maynard a scriverle una pubblica lettera di commento e di risposta in merito alla questione Zündel. Non dubito che in molti possano riconoscersi nei termini estremamente semplicistici della sua lettera, qui riportata integralmente:

Caro Curt Maynard,

Mr. Zündel nega lo sterminio commesso da Hitler e dai suoi accoliti.
La negazione di tale sterminio preparerà il prossimo sterminio.
Per questo, le persone irresponsabili come Mr. Zündel non possono reclamare la libertà di parola.

Distinti saluti,
Rainer Muenzel


alla quale proprio per questo è un po’ difficile dare una esauriente risposta in questo scorcio di giornata a me disponibile. Ci provo, comunque.

Devo intanto premettere che non avrei mai sentito il nome di Ernst Zündel se non gli fosse stata inflitta la condanna cui la sua lettera si riferisce. Zündel non è il solo caso, ma sembra addirittura che di condanne simili in Germania ne vengano ogni anno emesse circa 17.000, stando a quando si apprende in un editoriale della FAZ del marzo di quest’anno. Essendo la libertà di pensiero e di sua manifestazione il principale diritto fra quelli elencati in tutte le “Dichiarazioni universali dei diritti umani”, mi sono chiesto perché mai un così essenziale diritto venga sempre più negato non solo a decine di migliaia di cittadini tedeschi, ma anche a cittadini francesi, austriaci, belgi, svizzeri, canadesi, australiani. In Italia siamo ancora forse al riparo da ciò, ma non possiamo stare per nulla tranquilli perché la minaccia è già in atto ed il diritto è di fatto conclulcato. Nel gennaio di quest’anno il vostro ministro di Giustizia, una donna di cui ora non mi sovviene il nome, ha sollecitato il nostro ministro di giustizia Clemente Mastella a voler introdurre in Italia un’analoga normativa. Ci siamo allarmati ed è stata pronta la reazione degli storici. Il pericolo però non è scongiurato e siamo consapevoli che non serve una lotta di resistenza se le leggi liberticide non vengono abolite innanzitutto in paesi come la Germania.

Per prima cosa ho dovuto chiedermi a titolo di semplice curiosità cosa mai avessero di tanto pericoloso le opinioni del signor Zündel ed altri detti normalmente “storici revisionisti” ed con termine diffamatorio, denigratorio, delatorio “negazionisti”. Mi sono cosi messo a leggere i testi “proibiti”, che proprio per il fatto di essere proibiti hanno sempre esercitato in me fin dalla giovinezza un particolare fascino. È così che in giovinezza ho potuto leggere un autore come Friedrich Nietzsche e persino tradurre in italiano un autore non poco ostracizzato in Germania come Carl Schmitt. Di Jürgen Graf, autore svizzero che vive esule in Russia per la sola colpa di aver scritto il libro che io vado traducendo in italiano e dove assolutamente non trovo nulla che giustifichi tanto inaudita barbarie nei suoi giudici. In italiano il titole è da me reso: Il gigante dai piedi d’argilla. Il gigante è lo storico Raul Hilberg la cui opera si trova dietrom un giudizio così semplificato come quello contenuto nella sua lettera resa pubblica da Curt ..., con l’invito rivolto alla comunità di internet di scrivere direttamente al suo autore, come io sto ora facendo.

Dalle letture finora fatte – e che non avrei mai fatto se non vi fossero in Europa tante condanne con migliaia di anni di carcere inflitte a cittadini di un’Europa che ha la pretesa di esportare (con la guerra) la sua democrazia blaterando di diritti umani, quando gli stessi diritti vengono violati in patria – emerge una triplice distinzione di cui nella sua semplificara e semplicistica lettera non vi è minima traccia: discriminazione, persecuzione e sterminio propriamente detto. Negli autori che ho finora letto non vi è nessun disconoscimento della discriminazione e della persecuzione inflitta durante gli anni del nazismo innanzitutto a cittadini tedeschi e poi anche a cittadini dei paesi occupati nel corso della tragica guerra, le cui conseguenze vanno ben oltre di quelle che lei possa immaginare. Diversa è la questione dello “sterminio” che presuppone un piano sistematico e premeditato sul quale vi è perfino discussione fra quanti lo danno già per presupposto. Costoro divisi in storici detti funzionalisti e storici intenzionalisti non riescono a mettersi d’accordo su una spiegazione unitaria. Vi è poi chi mette in discussione l’esistenza stessa dello sterminio.

Cosa vi è di strano in ciò? Se anziché dello «sterminio degli Ebrei d’Europa» la discussione cadesse sull’incendio di Roma ad opera di Nerone cambierebbe qualcosa? Il voler negare – come taluni storici sembra facciano – che Nerone abbia effettivamente fatto bruciare Roma sarebbe preparare un nuovo incendio di Roma? Lei pensa seriamente ciò? È semplicemente folle e non giustifica una funzione di responsabilità quale lei certamente riveste nell’amministrazione tedesca. Quindi è totalmente arbitraria ed infondata la motivazione con la quale lei pretende si possa giustificare la privazione della libertà di pensiero a chicchessia. Non credo di dover spendere altre parole per illustrare la totale mancanza di logicità in questa sua pubblica spiegazione di un’evidente violazione del “diritto umano” a manifestare il proprio pensiero o la propria opinione, per erronea e discutibile che possa essere.

Quanto poi allo scongiurare nuovi stermini non sarà sfuggito a lei diplomatico di carriera che di stermini ve ne sono stati e continuino ad esserci in Europa e nel mondo ben oltre il 1945, quando la Germania perse la guerra e fu sterminata l’intelligenza dei tedeschi, nella cui testa possono oggi albergare assurdità come quella che ahimé leggo nella sua lettera e che a me riesce di spiegare non come a lei personalmente imputabile, ma come conseguenza di una dittatura pedagogica che ha investito in primo luogo la Germania e da qui si è poi estesa ad Est e ad Ovest in tutti i paesi occupati. Per fortuna si è sottratto a questo triste destino la Spagna, la cui corte costituzionale in una recente sentenza riesce oggi in effetti ad avere il senso giuridico della libertà di pensiero.

Leggo che la sua carriera si è svolta anche con soggiorni in Israele. Non le è certamente ignoto che persone autorevoli come Avraham Burg siano giunti a sostenere che l’odierno Stato d’Israele riveste oggi gli stessi caratteri dello stato che fu di “Hitler e dei suoi accoliti”. Se fossi al suo posto avrei dimostrato maggior rispetto per la sua patria e per le tragedie del suo passato. Sono anche certo che se ad ogni tedesco venisse assicurata una ovvia ed elementare libertà di pensiero, di ricerca e di insegnamento la storia tedesca della prima metà del XX secolo sarebbe giudicata con maggiore equanimità ed equilibrio di quanto non traspaia dalla sua lettera.

Termino qui perché con chi come lei non si riconosce pienamente nel principio della libertà di pensiero può essere perfino pericoloso esprimere onestamente e sinceramente le proprie opininioni. Vi è sempre il rischio che una mente ottenebrata da pregiudizi possa giungere un’inaspettata denuncia. Sto appunto iniziando a leggere un libro di un autore tedesco appena tradotto in italiano (Nikolaus Wachsmann, Le prigioni di Hitler. Il sistema carcerario del Terzo Reich), dove citando citando Gellately si dice che:
«I tedeschi, in generale, si mostrarono fieri e compiaciuti del fatto che Hitler ed i suoi accoliti facessero piazza pulita di certi tipi di persone che non si inserivano nel quadro o erano considerati “estranei”, “asociali”, “mangiaufo” o “criminali”. Wachsmann si appoggia ancora a Gellately riassumendone «un’osservazione fondamentale: molti tedeschi “comuni” non si limitavano ad appoggiare in modo passivo il terrore nazista ma contribuivano in concreto a renderlo possibile con un “marea di denunce” alla polizia. Così “molte persone normali fungevano da occhi e orecchie della polizia”, che tendeva ad operare come forza reattiva…» (op. cit., 8-9).
Mutatis mutandis, il quadro che ne viene fuori da questi lavori pioneristici sul sistema repressivo nazista è che in fondo l’odierna organizzazione tedesca del potere e del consenso non si distingua granché dal periodo precedente e dal cui fantasma si cerca invano di liberarsi. L’illiberalità è la stessa e con riguardo alla libertà di pensiero la repressione è più efficacemte e capillarmente esercitata, anche grazie ai più raffinati mezzi tecnici oggi disponibili.

Come cittadino europeo di un’Europa che vorrei fosse Una e non divisa in tedeschi, italiani, spangoli, francesi e cosi via con problemi e destini dstinti Le esprimo la mia ferma protesta ed il mio netto dissenso per il contenuto illiberale della sua lettera e per la sua insensibilità per la libertà dei suoi concittadini tedeschi.

Sperando che la mia lettera pensa in lei produrre un qualche ripensamento critico voglia gradire i più distinti saluti.

Nessun commento: