lunedì 24 dicembre 2007

Il sionismo la fa da padrone ne “Il Riformista”

‘Informazione Corretta’ (IC), il 20 dicembre scorso, riportava con grande evidenza un articolo di Anna Momigliano, originariamente apparso su Il Riformista. Anche il sito dei Radicali italiani metteva in risalto lo stesso articolo. IC è una delle tante organizzazioni della lobby sionista e israeliana in Italia. Il suo compito è quello di difendere a spada tratta Israele, a causa della pessima reputazione di questo stato all’ONU e nel mondo. Suo compito è anche quello di attaccare nel modo più subdolo e vergognoso chiunque si opponga alla politica di Israele, alla sua perniciosa influenza sugli Stati Uniti e sull’Europa. Io che da IC sono stato attaccato con una deformazione ad arte di alcune frasi tratte da un mio articolo (vedi qui oppure in questo nostro blog) non ho difficoltà a dichiararmi d’accordo con il filosofo e matematico Giorgio Odifreddi, anch’egli vittima dei corretti informatori, che ha definito ‘parafascista’ quest’organizzazione di calunniatori al servizio peraltro di un paese straniero.

Il partito radicale è anch’esso ben noto per le sue posizioni sfacciatamente pro-israeliane. È un partito legato a doppio spago a Israele. Sospetto che questo stare in mezzo (tra ‘destra’ e ‘sinistra’) del partito del sionista Pannella non ha altro senso che di voler entrare in qualsiasi governo italiano, sempre rivendicando, chissà perché, con Berlusconi o con Prodi non fa differenza, qualche poltrona ministeriale immancabilmente legata alla politica estera: il Ministero degli Esteri (sempre richiesto e sempre sfuggito all’arrogante Pannella) o, in alternativa, il Commercio Estero, i rapporti con il Parlamento Europeo o addirittura la Difesa. Sempre qualcosa che possa servire Israele insomma, mai il Ministero dell’Educazione Pubblica, della Sanità, o qualche posizione governativa importante per lottare contro la corruzione, la mafia, lo spaccio delle droghe (non sia mai!).

Anna Momigliano, credo, dal suo nome, sia un’ebrea e abbiamo imparato (dai suoi articoli per carità!) a classificarla come sionista e filo-israeliana. La giornalista è una sionista di ‘sinistra’ cioè una ‘sionistra’ e scrive sul giornale di Polito. Naturale! Non è un mistero per nessuno infatti che il PD ex PDS e tutti i suoi annessi e connessi, tra cui spicca il D’alemiano Riformista, abbia da lunga data fatto una scelta sionista e pro-israeliana. Si va dove c’è da servire il potere. Il suo articolo che ora esaminiamo è un altro esempio del suo sionismo. Non è strano, ovviamente, che trovi ampio spazio e lodi sperticate anche su IC e sul sito dei radicali. Assurdo, invece, è che altri, che pure si dicono antisionisti, si spertichino in lodi per il vergognoso articoletto e si diano da fare per diffondere le sue idiozie, magari traducendole in altre lingue.

Detto questo, veniamo all’articolo il cui titolo è «Quando è un vescovo a chiedere più laicità (agli altri)», e giudichi il lettore. In 30 righe, la Momigliano riesce a spargere il suo veleno attaccando sia la chiesa cattolica sia i palestinesi. Due piccioni con una fava. Lo fa però ricorrendo alla menzogna e alla deformazione, proprio come i «corretti informatori», e non poteva essere diversamente visto che i fatti le darebbero torto marcio. Allora bisogna deformarli questi benedetti fatti. Scrive la Momigliano:
“Il dibattito sulla costituzione israeliana era già abbastanza acceso di per sé, ancora prima che parlasse un alto rappresentante del Vaticano. Per più di mezzo secolo Israele ha tirato avanti senza una costituzione, ma l'obiettivo (ormai wishful thinking) sarebbe avere un documento scritto per il sessantesimo anniversario dell'Indipendenza, il prossimo maggio. Solo che la Knesset, il parlamento unicamerale di Gerusalemme che ora ha assunto anche le funzioni di assemblea costituente, si è arenata da mesi sul preambolo: inserire o non inserire un richiamo alle radici ebraiche?”
Non è strano che un paese non abbia una costituzione? Da 60 anni! Che serve dire che “il dibattito era già abbastanza acceso di per sé” se poi questo dibattito non porta frutti da 60 anni. È come il processo di pace: se ne parla da tanto tempo e la pace non arriva, perché bisogna colonizzare, colonizzare, colonizzare. Che vuol dire la Momigliano? Che il Vaticano disturba l’acceso dibattito? Forse non si vuole ammettere che Israele una costituzione non la vuole (come non vuole un vero processo di pace). A noi sembra che sia proprio così. Una costituzione richiede confini stabili. Bisogna sapere infatti dove inizia (e lo sappiamo) e dove finisce (non lo sappiamo ancora) lo Stato israeliano, quali sono i confini entro i quali la costituzione deve valere. Bisogna anche sapere quanti palestinesi dei territori occupati rientreranno nello Stato israeliano e con che status e nazionalità. La questione della nazionalità in Israele è uno scandalo. In Israele non esiste la nazionalità israeliana. Si è classificati come ebrei, cristiani, druzi, musulmani. Solo gli ebrei (laici o religiosi) godono della piena nazionalità dello stato degli ebrei. Gli altri sono cittadini di secondo rango. Una costituzione presentabile dovrebbe stabilire la nazionalità israeliana di tutti i cittadini, senza discriminazioni. Ma questo non si vuole fare nello stato degli ebrei. Infine la costituzione non si scrive perchè ebrei laici e religiosi non si mettono d'accordo. I primi vorrebbero una costituzione laica per soli ebrei (s'intende), i secondi vorrebbero che la costituzione applicasse le leggi religiose dell'ebraismo ortodosso, una costituzione da teocrazia. Ecco perchè non si scrive la costituzione. Al suo posto è in vigore un miscuglio di leggi laiche e religiose ma i religiosi vanno estendendo la loro presa sullo stato. Ariel Levi di Gualdo, un ebreo convertito al cristianesimo ci ricorda che

«l’Italia, è Paese a maggioranza cattolica ma del tutto laico, mentre il divino Stato sionista, che certi laici anticlericali difendono anima e cuore, è un Paese in cui ’'intero diritto di famiglia è gestito dal clero rabbinico. Ai radicali, che in combutta con certi rimasugli del massonico Partito Repubblicano gridano contro il cardinal Ruini che osa richiamare i fedeli cattolici a certi valori cristiani, qualcuno dovrebbe spiegare, che in quel Paese del Medio Oriente l’istituto del matrimonio civile e del divorzio non esistono. Il matrimonio è gestito dai rabbini e, quel che viene chiamato impropriamente divorzio, può essere realizzato solo attraverso il "ghet", vale a dire il formale atto di ripudio della moglie da parte del marito, senza il quale nessun tribunale rabbinico può sancire un divorzio. Gli ebrei che vogliono sposarsi con dei non ebrei; per farlo sono costretti ad andare a contrarre matrimonio nell'isola di Cipro, perché nel divino Stato sionista esiste solo il matrimonio religioso (Leggi qui intervista all’Autore).

Gaza è qualcosa a parte. C’è stato il cosiddetto ritiro che in realtà è stato l’atto di costituzione di un grande campo di concentramento. Come si vede, il problema è molto più complesso del preambolo su cui la discussione si è arenata: inserire o non inserire un richiamo alle radici ebraiche?” This is just one of the questions.

Il modo in cui la Momigliano presenta il problema è pura falsità. Non si tratta di inserire o non inserire un richiamo alle radici ebraiche, ma di decidere se definire Israele uno Stato degli ebrei, uno Stato ebraico o uno stato per tutti i suoi cittadini. In altre parole uno stato etnico-razzista per soli ebrei, uno stato teocratico o uno Stato per tutti i cittadini, siano essi ebrei o palestinesi. Per i primi due tipi di Stato l’ebreo Hobsbawm usa i termini “nuova segregazione di una separata comunità-stato etnico-genetica” e “antica segregazione della religione ultra ortodossa”. Il senso non cambia ma a noi piace chiamare zappa una zappa, ‘Stato etnico-razzista’ uno Stato etnico-razzista e ‘teocratico’ uno Stato teocratico.

Fin dall’inizio i sionisti hanno voluto uno Stato ‘degli ebrei’ come diceva Herzl. Israele è lo Stato degli ebrei: c’è una legge che permette a chiunque sia ritenuto ebreo di emigrare in Israele. La famosa legge del ‘ritorno’. Essa permette a qualsiasi ebreo, ovunque sia nato e qualunque sia il numero delle generazioni per cui la sua famiglia ha vissuto nel paese in cui è nato, di ‘tornare’ in Palestina e occupare terre e case da cui sono stati cacciati i palestinesi nel 1948 e successivamente. Questa legge nega ogni possibilità di ritorno proprio a quei palestinesi espulsi, malgrado ci sia una Risoluzione dell’Onu (194) che stabilisce che i profughi debbano poter tornare. Ma se tornano lo Stato non sarà più ebraico, sarà uno Stato misto, di ebrei e palestinesi. E allora no! La legge del ‘ritorno’ implica pure che gli ebrei di tutto il mondo non appartengono ai paesi in cui vivono perché sono un popolo a parte e la loro terra è la Palestina. Mi chiedo cosa succederebbe se l’Italia per esempio decidesse che effettivamente gli ebrei d’Italia non appartengono all’Italia ma ad Israele e che quindi debbono ‘tornare’ in Israele. L’Italia agli Italiani, gli ebrei in Israele! E via la Momigliano, che dovrebbe fare bagagli e fare l’Aliya. Saremmo definiti subito antisemiti, non c’è dubbio. Ma non diremmo poi una cosa diversa di quello che dicono i sionisti. In realtà questo problema è vecchio di almeno un secolo. Dopo che in Occidente ci fu l’emancipazione degli ebrei, che divennero cittadini con pari diritti, ecco che spuntarono i sionisti a dire che gli ebrei non potevano emanciparsi se non andando a prendersi la Palestina. Infatti, dicevano, se gli ebrei restano nei paesi in cui sono nati, c’è il rischio che siano assimilati, perdano le caratteristiche etniche che il ghetto e lo shtetl avevano preservato. Non sia mai! Insorsero i religiosi che, come il rabbino di Vienna Gudeman, misero in guardia gli ebrei dall’accettare una ideologia nazionalista che dava ragione agli antisemiti. Ma i sionisti si allearono con gli antisemiti e pure con i nazisti perché concordavano con loro che gli ebrei non appartenessero ai paesi in cui vivevano e da questi paesi dovevano emigrare.

In Israele, protetta dalla legge, esiste anche un’Agenzia governativa che preserva l’ebraicità della terra. Il 90 % della terra è ebraica e deve restare in mani ebraiche. Il resto è proprietà di palestinesi (la minoranza di ‘arabi-israeliani’). La terra ebraica non può essere venduta a non ebrei mentre le proprietà di palestinesi d’Israele possono essere acquistate da ebrei. In Israele non valgono le leggi del mercato. Io che non sono ebreo non posso acquistare terra in Israele, che, comprata da me, non sarebbe più ebraica. Posso acquistare terre o proprietà ovunque nel mondo ma non in Israele, perché non sono ebreo. Immaginate cosa succederebbe se in Italia ci fosse una legge analoga? Agli ebrei è proibito acquistare terre di proprietà di italiani perché la terra deve restare in mano di italiani! Saremmo subito chiamati antisemiti, non c’è dubbio.

E poi dicono che Israele è uno Stato democratico. I non ebrei non hanno gli stessi diritti degli ebrei. E i non ebrei (palestinesi, drusi, beduini, circassi) costituiscono il 25% della popolazione. E infatti questo è il problema. Non le radici ebraiche ma la natura ebraica e sionista di Israele. Insomma se Israele è uno Stato ebraico, è uno Stato etnico e quindi non è uno Stato democratico. Così sarebbe l’Italia se si proclamasse Stato degli italiani e poi definisse gli ebrei altro popolo, non appartenente all’Italia, senza diritto di acquistare terre e case appartenenti agli italiani. Gli ebrei italiani quindi rivendicano per sé in Italia (e nel mondo) diritti che negano ai non ebrei in Israele. Evviva la democrazia! E questo sarebbe il richiamo alle radici ebraiche? Questo è razzismo!

La Momigliano, disonestamente, usa le parole radici ebraiche perché ciò le permette di porre sullo stesso piano Israele e la Chiesa Cattolica. La Chiesa Cattolica vuole che l’Europa riconosca le sue radici cristiane, che sono un fatto storico, reale. Per la Momigliano, questo sarebbe la stessa cosa di quanto fa o intende fare Israele. La Chiesa Cattolica quindi vorrebbe, secondo la giornalista, che ogni Stato d’Europa si proclamasse cristiano, escludesse dalla pari cittadinanza i non cristiani e stabilisse magari che le proprietà cristiane non possan essere vendute agli ebrei, per esempio.

Io sono ateo. Non sono però affatto contrario a che l’Europa riconosca le sue radici cristiane. Non ho paura di questo. Perché riconoscere le proprie radici cristiane significa riconoscere la grande forza degli insegnamenti di Cristo. Non mi fanno paura. Anzi. Ama il prossimo tuo! Non usare violenza ai tuoi vicini, ai tuoi nemici! Non fare la guerra! Risolvi con la pace le contraddizioni e i conflitti internazionali! Aiuta i poveri! Aiuta i deboli! Dai una speranza ai bambini! Io vorrei un’Europa così. Non vorrei un’Europa come Israele! Mai! Israele opprime e massacra i vicini, schiaccia i deboli, ricorre alla guerra e all’oppressione, non rispetta la legalità internazionale, permette ai suoi soldati di sparare sui bambini che lanciano pietre, senza mai portarli davanti ad un tribunale, pratica la tortura e infine usa gli altri ebrei nel mondo come suoi agenti spargitori di menzogne e propaganda. Oggi usa la sua lobby in America per portare gli americani a invadere l’Iraq o distruggere l’Iran. Per Aipac e neocons sionisti, gli americani sono i loro shabbat goyim.

Non vorrei nemmeno un’Europa ultraliberista e materialista dove il ricco schiaccia il povero, l’industriale dà un salario di fame ai ‘suoi’ operai e li brucia nelle sue fonderie in sacrificio al dio denaro. Non vorrei un’Europa consumista dove i valori si contano in biglietti di banca o in opportunità di apparire in televisione e di fare il pagliaccio.

Si accusa la Chiesa di volere uno Stato confessionale. È semplicemente ridicolo. Crollerebbe subito, e non perché opprimerebbe i cittadini ma perché porterebbe al parossismo l’ipocrisia religiosa che già la DC ha portato a vette vertiginose. Sarebbero i veri cristiani a battersi per primi contro una tale situazione. Se ci fosse uno Stato confessionale in Italia assisteremmo al triste spettacolo di vedere il sindaco di Roma, Veltroni, ma anche l’ex sindaco di Roma, Rutelli, e tutta la bella compagnia dei politici di professione (la casta insomma) farsi ipocriti baciapile e adoratori di Padre Pio, più di certi preti e bigotti di oggi, pur di ….. conservare qualche poltrona nelle stanze del potere.

Questa è una cosa che la Chiesa Cattolica non vuole assolutamente, per non morire. Sembrerà strano a molti, ma la Chiesa cattolica ha imparato meglio di quanto si creda più di una lezione dal marxismo. Marx diceva “il cosiddetto stato cristiano è semplicemente il non-stato, poiché non il cristianesimo come religione, ma soltanto lo sfondo umano della religione cristiana può attuarsi in creazioni realmente umane” (Marx, La questione ebraica, corsivo di Marx). Questo significa riconoscere le radici cristiane dell’Europa, riconoscere il fondo umano della religione cristiana come fondamento dello stato moderno. Ed è giusto. Marx diceva ancora:
“Il cosiddetto stato cristiano è … per nulla affatto la realizzazione statale del cristianesimo. …. Il cosiddetto stato cristiano è lo stato incompiuto, e la religione cristiana gli serve come integrazione e santificazione della sua incompiutezza. La religione diviene quindi per esso necessariamente un mezzo, ed esso è lo Stato della ipocrisia. È cosa diversa se lo Stato compiuto, a causa del difetto insito nell’essenza universale dello Stato, annovera la religione tra i propri presupposti ovvero se lo Stato incompiuto a causa del difetto insito nella sua esistenza particolare, in quanto stato difettoso, dichiara proprio fondamento la religione” (Ibidem).
Lo spirito religioso, diceva ancora Marx, si deve realizzare nello stato democratico.
“Non il cristianesimo, bensì il fondamento umano del cristianesimo è il fondamento di questo Stato. La religione rimane la coscienza ideale, non mondana, dei suoi membri, perché essa è la forma ideale del grado di sviluppo umano che in esso si attua”(Ibidem).
Vi assicuro che la Chiesa ha capito questa lezione meglio dei marxisti, soprattutto meglio di nostri radicali, laicisti, massoni e … sionisti. È certo che Marx oggi approverebbe il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa e condannerebbe lo stato ebraico o degli ebrei d’Israele. Sorpresi?

Ma ammettiamo, per assurdo, che la Chiesa sia così folle da volere uno stato cristiano: sarebbe comunque meglio di Israele. Mille volte. Perché uno Stato cristiano sarebbe uno Stato confessionale ma non uno Stato etnico o razzista. La religione cristiana è una religione universalistica, non etnica. I cristiani di ogni razza, provenienza, cultura, colore sarebbero considerati pari cittadini. Nelle chiese, scuole, posti di lavoro vedremmo, assieme, bianchi, gialli, bruni, neri, tutti cittadini uguali.

A mio parere, l’ebraismo non ha dato molto all’umanità; ha dato migliori frutti, invece, il suo rifiuto. Cristo ha rigettato l’ebraismo farisaico e questo ha portato alla fondazione di una religione universalistica, la religione cristiana. Marx diceva che
“il Cristianesimo è l’idea sublime del Giudaismo mentre il Giudaismo è la piatta applicazione utilitaristica del Cristianesimo”.
Marx però sapeva fin troppo bene che il capitalismo tende a trasformare il cristianesimo sublime in cristianesimo pratico e utilitarista, cioè in giudaismo e il “cristiano pratico” in “ebreo”. Il nemico del Cristianesimo sublime non è quindi Marx ma proprio il capitalismo e ancor più il consumismo.

A mio modo di vedere, l’economia politica di Marx è il rifiuto e il superamento dell’economia politica anglosassone utilitaristica, derivante dall’assurda applicazione letterale del Vecchio Testamento da parte dei protestanti ed in particolare dei calvinisti. Max Weber diceva che il Vecchio Testamento e lo spirito del protestantesimo avevano dato i natali al capitalismo. L’idea che il Jahvé premiasse il suo popolo eletto con la ricchezza e il successo economico si è subito trasformata nel concetto che la ricchezza e il successo economico, comunque ottenuti, significassero l’appartenenza al popolo eletto di Dio. Questa è la religione del capitalismo e dell’America. Marx come persona rigettò il suo ebraismo, Marx come economista rigettò lo spirito ebraico in economia.

Marxismo e Cristianesimo, proprio perché entrambi universalisti, proprio perché sono centrati sulla giustizia, l’uguaglianza, la difesa degli umili e degli oppressi, proprio perché sono il rifiuto della “piatta applicazione utilitaristica” giudaica possono e devono trovare un punto d’incontro. Ecco la sfida del XXI secolo. Cancellare due secoli di conflitto e intraprendere un cammino parallelo. C’è questa strada e questa speranza oppure altri secoli di ultraliberalismo.

E veniamo al concetto di ‘ebreo’ secondo i sionisti. Cosa vuol dire ‘ebreo’? Significa l’appartenenza ad una religione, l’ebraismo? No, perché gli ebrei che hanno fondato lo Stato ebraico erano atei, laici, ‘socialisti’. Essere ebreo significa dunque, per i sionisti, appartenere ad un'etnia o razza. Fino alla fondazione dello Stato ebraico, gli ebrei religiosi erano contrari alla fondazione di uno Stato ebraico, erano tutt’al più favorevoli ad un centro di cultura e spiritualità ebraica in Palestina (Ahad ha-Am, 1856-1927). Dopo la fondazione dello Stato di Israele, la maggioranza dei religiosi hanno visto l’opportunità di fare dello Stato ‘degli ebrei’ di Herzl, uno ‘Stato ebraico’, cioè uno Stato religioso dove la religione ebraica è l’ideologia dominante, anzi l’unica. Uno Stato teocratico. Solo una sparuta minoranza di ebrei religiosi sono rimasti antisionisti, contrari alla fondazione e all’esistenza di uno Stato ‘degli ebrei’ o ‘ebraico’ che sia. Sono i coraggiosi e sorprendenti aderenti all’organizzazione religiosa ‘Naturei Karta’, i ‘Guardiani della Città’, quelli che sono andati a Teheran per partecipare alla conferenza sull’olocausto promossa dal Presidente Ahmadinejad. Un altro sionista, Leo Pinsker (1821-1891), desiderava che gli ebrei fondassero uno Stato ‘degli ebrei’, ma pur essendo un sionista era comunque più lungimirante di Herzl, di Ben Gurion e di Wladimir Jabotinsky messi insieme. Egli proponeva uno Stato degli ebrei nella Russia meridionale. Un’idea molto più ragionevole di quella che poi ha finito per trionfare: lo Stato in Palestina. E per tre ragioni: 1) Pinsker temeva che uno Stato in Palestina avrebbe esercitato un richiamo messianico e religioso fortissimo ed avrebbe finito per diventare uno ‘Stato ebraico’ cioè religioso e teocratico. Questo sta accadendo effettivamente oggi in Israele. 2) Pinsker sapeva che lo Stato degli ebrei era in realtà lo Stato degli askenaziti, cioè i discendenti dei Kazari, di origine turca e parlanti una lingua non semitica ma appartenente al gruppo turco, convertitisi all’ebraismo nel IX secolo nelle steppe tra il Caspio e il Mar Nero. La loro patria originaria, il Khanato dei Kazari era in Asia Centrale e lì egli voleva che gli ebrei si concentrassero e costituissero un loro Stato. 3) Pinsker capiva perfettamente che la Palestina era dei palestinesi e che uno Stato degli ebrei in quel paese richiedeva la cacciata dei nativi, cioè la pulizia etnica che poi ci fu nel 1948 e che ancora prosegue.

Il problema oggi in Israele è quindi ben diverso di quello che ci vuol far credere la Momigliano. Israele rischia di passare da Stato degli ebrei a Stato confessionale messianico e integralista. Cioè uno Stato ebraico in senso religioso. Chi conosce Israele sa che questo sta avvenendo. La contraddizione interna tra gli israeliani non è sullo Stato ‘degli ebrei’. Tutti gli ebrei d’Israele e della diaspora (eccetto gli antisionisti) sono d’accordo che Israele sia lo Stato ‘degli ebrei’ laici o religiosi. Uno Stato per soli ebrei. Con la sciagurata legge del ‘ritorno’ e la proprietà ebraica della terra. Uno Stato etnico-razzista. Questo non si discute, è l’essenza del sionismo. La divisione invece è se Israele deve essere uno Stato religioso o laico. Uno Stato religioso, cioè teocratico, sarebbe una disgrazia per molti ebrei laici i quali lascerebbero la Palestina per venire a godere del laicismo e della tolleranza in Occidente. Gli israeliani cominciano a rendersene conto. Sarebbe una disgrazia ancora maggiore per i palestinesi perché quello che Dio avrebbe dato agli ebrei, la terra d’Israele dal Nilo all’Eufrate, non si può discutere, non si può dividere con i non-ebrei. Sarebbe una disgrazia per il Medio Oriente e per il mondo, perché uno Stato teocratico ebraico sarebbe uno Stato messianico con la bomba atomica. Si può immaginar di peggio?

Cosa ha dunque da ridire la Momigliano quando Sabbah dichiara che «se uno Stato appartiene a una sola religione, le altre fedi si ritrovano automaticamente discriminate»? Perché non è così? In Italia ella può praticare la sua religione. In Israele le altre religioni sono discriminate, ma con uno stato teocratico sarebbero eliminate completamente. La Momigliano invece di preoccuparsi di uno ‘Stato ebraico’, cioè teocratico, lo difende e attacca Sabbah accusandolo di appoggiare uno Stato cristiano in Europa, il che non è vero, perché nemmeno la Chiesa Cattolica vuole una cosa del genere. Lo accusa inoltre di non volere uno ‘Stato ebraico’, cioè uno stato teocratico ebraico che nemmeno lei dovrebbe volere se ama la libertà e la pace. Ma quando si tratta di religione cattolica l’ebreo diventa furioso e quando si parla di critica allo ‘stato ebraico’ il sionista perde la testa e fa blocco con la tribù. Cosa ha da dire contro Sabbah quando egli afferma che «questa terra non può appartenere in esclusiva a nessuno»? Cosa vuole la Momigliano? Lo dica chiaramente che sarebbe contenta se i palestinesi venissero tutti espulsi e tutta la terra divenisse proprietà esclusiva ebraica, come ha avuto il coraggio di dire Benny Morris.

Io sono d’accordo con il vescovo di Gerusalemme Michel Sabbah
che «Israele dovrebbe abbandonare il proprio carattere ebraico». Lo dico mentre ribadisco che l’Europa deve riconoscere le sue radici cristiane. Non c’è contraddizione tra le due cose, ma forse è troppo per l’ottusa mente di un sionista. È ovvio non si possono accettare Stati teocratici etnicamente puri, cioè Stati razzisti e integralisti, né in Serbia, né in Bosnia, né in Palestina. Io non accetto nemmeno uno Stato ‘degli ebrei’. Voglio che gli ebrei europei e Americani diventino europei e americani a tutti gli effetti e recidano il cordone con Israele. Sarebbe un bene per tutti, compresi gli israeliani i quali potrebbero costituire con i palestinesi un Stato multietnico per ebrei e palestinesi, uno Stato di tutti quelli che vivono in Palestina e che ne sono stati espulsi.

Tornerebbe la pace, quella vera, è non quella di cui si parla ad Annapolis. Ed è vero, anche se la cosa sembra scandalizzare la Momigliano, che dopo Annapolis «la decisione spetta a Israele. Se Israele vuole la pace, ci sarà la pace». È Israele che occupa i territori palestinesi e non l’inverso, è Israele che continua la colonizzazione e non viceversa. Basterebbe che Israele applicasse la Risoluzione Onu 242 e si ritirasse dietro la linea verde oppure si proclamasse Stato di tutti gli abitanti in Palestina e ci sarebbe la pace.

E poi per finire, che gioco sporco quello della Momigliano di far dire ai palestinesi che «la condizione dei cristiani nei Territori palestinesi è peggiore che in Israele». Si tratta di territori occupati da Israele e la responsabilità di quello che vi accade è dell’occupante non degli islamici come vorrebbe far credere la disonesta giornalista. Chi ha messo sotto assedio Betlemme? Gli islamici o Israele, chi espelle da Gerusalemme Est i cristiani palestinesi (e i musulmani anche)? Chi ha reso le condizioni di vita nei territori palestinesi tanto dure da costringere sempre più palestinesi ad affidare il loro futuro ai barconi di emigranti che giungono, quando giungono, sulle nostre coste? Non sono forse gli israeliani? Ci volete far credere che i palestinesi si espellono da soli? Vergogna Momigliano! Vergogna Il Riformista!

Manno Mauro,
24 dicembre 2007

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