venerdì 22 aprile 2011

Freschi di stampa: 53. Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite: Missione di inchiesta sul conflitto di Gaza: Il Rapporto Goldstone

Homepage
Precedente/Successivo

Finalmente esce la traduzione italiana del rapporto Goldstone. Sapevo che da qualche mese che era imminente e proprio ieri l’altro, in occasione del rientro della salma di Vittorio Arrigoni mi è stato detto che il libro era uscito dalla tipografia per i tipi di Zambon Editore. Il libro non è ancora nel circuito delle librerie e sono andato a prenderlo di persona in una casa privata che ne ha un centinaio di copie mandate per la distribuzione militante. Io stesso in uno dei miei blogs ne avevo inziata la traduzione, ma ora non sarà più necessario sobbarcarsi tutta la fatica. Quando lessi per la prima volta che Richard Goldstone era “ebreo” e per giunta “sionista”, ne conclusi che il rapporto avrebbe documentato il meno possibile, quello che non si poteva non dire e non rilevare. Tanto più che Golstone non lavorava da solo, ma in commissione con altri membri nominati dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

La propaganda sionista ha dato fiato alle trombe annunciando una presunta “ritrattazione” di Goldstone, per i cui esatti termini rinvio all’analisi di Gilad Atzmon nonché alle dichiarazioni degli altri Commissari che a pari titolo sono coautori e corresponsabili del rapporto che porta il nome di Goldstone, ma che propriamente appartiene al “Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite” che lo ha fatto proprio. Nel frattempo si è diffusa anche una conoscenza nuova dei retroscena, emersa da Wikileaks, dove si apprende delle enormi pressioni americane (quale novità?) perchè il rapporto venisse affossato sul nascere. Ed è quello che ancora pretende il governo israeliano sulla base della presunta “ritrattazione” del “sionista” Goldstone, il quale dichiara che “se avesse saputo che...” il suo rapporto sarebbe stato “diverso”. Ma in cosa diverso e quanto diverso?

Vogliamo sviluppare un nostro autonomo discorso. Se si vanno a vedere le argomentazioni di parte israeliana, esse più ho meno corrispondo a questo schema: loro hanno un temperino che brandiscono riuscendo per lo meno a far intendere concettualmente una volontà di non arrendersi e di voler resistere. Ed ecco che noi con pieno diritto rispondiamo con cannonate, bombardamenti e gli ultimi e più avanzati strumenti di morte, che magari stavano aspettando un’occasione per essere sperimentare in corpore vili, magari non nel rapporto di uno a dieci, ma di uno a mille: un morto israeliano ne vale almeno mille di morti palestinesi. Anche la presunta “ritrattazione” di Goldstone si baserebbe su una relazione di “dualità” all’interno di un “conflitto”, che dura da oltre cento anni.

No! Non è cosi. Se accogliamo una distinzione introdotta da Ilan Pappe, non si deve parlare di “conflitto” e di “dualità” del conflitto, ma in realtà vi è soltanto un’aggressione “unilaterale” che dura almeno dai tempi della Dichiarazione Balfour, con la quale si consegnava una parte, quella più debole e del tutto indifesa, nelle grinfie della parte “protetta” e “favorita” e quindi nelle grinfie del carnefice, cui la cosiddetta comunità internazionale avrebbe riconosciuto piena libertà. In realtà vi è soltanto una sola aggressione da parte di Israele ed una resistenza praticamente simbolica oltre che eroica da parte di un popolo, quello palestinese, al quale è stato sottratto ogni cosa: villaggi, territorio, diritti, vita, dignità. Il loro diritto alla resistenza davanti alla più brutale aggressione che la storia ricordi è sacrosanto. E Richard Goldstone, se non fosse stato “ebreo” e per giunta “sionista”, avrebbe potuto facilmente riconoscere ciò. La sua qualificazione soggettiva avrebbe se mai dovuto essere motivo di ricusazione perché non ci si sarebbe potuto da lui aspettare equanimità. Deve quindi ritenersi che quanto è riportato nel rapporto che reca il suo nome è veritiero, ma solo per difetto.

In questa pagina seguiremo la recezione italiana della traduzione italiana del rapporto Goldstone nonché i dibattiti intorno alla presunta “ritrattazione” che Goldstone avrebbe fatto del suo rapporto e della ancora più assurda ed arrogante pretesa del governo di Israele di far ritirare il rapporto dall’ONU stesso. Mi viene da pensare ad una vicenda analoga. Nel settembre 2001, pochi giorni prima della Caduta delle Torri Gemelle, vi fu la famosa dichiarazione che equiparava sionismo e razzismo. Una dichiarazione che resta negli annali della storia e che conserva intatto tutto il suo valore e significato. Ebbene, dopo di allora vi furono i soliti maneggi, di cui non riesco a ricostruire i passaggi formali, non riuscendo in conferenze pubbliche neppure ad ottenere risposte dagli esperti. A seguito di questi maneggi pare che il valore giuridico-formale di quella dichiarazione sia stato abrogato. Adesso, chiaramente, tentano di ottenere lo stesso risultato. Non va dimenticato cosa poi in fondo sia l’ONU: come nasce, da chi è costituito, il suo status di ricattato permanente, dipendendo da finanziamenti che il governo USA non paga, e simili. L’ONU non è l’Assise dei popoli, ma un punto di incontro di diplomatici. I vecchi rapporti hobbesiani insiti nella visione delle relazioni internazionali come il regno dello stato di natura non è per nulla superato. Anzi l’ONU ne offre una clamorosa conferma. In ultimo, come esempio di una esilarante attività propagandistica dell’Hasbara, il cui monitoraggio ci riesce sempre più frustrante e avvilente, essendo troppo vile la materia, rinvio ad un link, dove Sergio Romano risponde ad un Lettore, che è anche nostro Lettore. Si ha un esempio di come i sionisti nostrani sono mobilitati in una campagna denigratoria contro il rapporto Goldstone. Giustamente, Sergio Romano conclude con una osservazione:
«Resta comunque il fatto, caro Fadda, che la guerra di Gaza fece più di 1.400 vittime nel campo palestinese e 13 in quello israeliano: una disparità che è più eloquente di qualsiasi rapporto»
che taglia la testa al toro, anche se il toro non si accorge neppure di avere la testa tagliata. Ed infatti l’incredibile chiosa a Romano della propaganda sionista così recita:
«Il fatto che Israele disponga di un esercito meglio organizzato e con mezzi più efficaci di Hamas non significa che non gli sia consentito difendersi».
Costoro attaccano, uccidono, massacrano, espropriano e dicono che “si difendono” dalle loro vittime disarmate, cui tolgono vita, dignità, possibilità perfino di esprimersi e di lamentarsi. Una delle lagnanze più costanti di Israele è che Hamas non debba possedere armi: così possono essere più facilmente massacrate. In Libia, stiamo assistendo ad un vergognoso armamento di ribelli imbelli quanto fantocci delle potenze straniere alle quali hanno consegnato e venduto il loro paese, al quale Geddafi aveva dato indipendenza e sovranità. Ad Hamas ed ai palestinesi devono essere rigosamente tolte tutte armi che possono servire alla loro difesa. Di una “eguaglianza” negli armamenti non è neppure pensabile che si possa parlare. Di una “no fly zone” sopra Gaza il duetto franco-britannico neppure si sogna. Le vittime dei governi “democratici” di Israele sono colpevoli di voler resistere e di voler conservare la loro dignità di essere umani: il loro voler “restare umani” è una colpa imperdonabile, un crimine da punire con tutto l’armamentario del diritto positivo in mano ai parlamenti europei, dove abbondano le associazioni parlamentari bipartisan tipo Italia-Israele. Davvero una gran porcheria che ha annichilito la comune capacità di indignarsi, sotto l’impero della stampa embedded, volta a produrre consapevole disinformazione e persuasione subliminale.

Il fatto che Goldstone sia stato “raggiunto” e persuaso non invalida il rapporto su una missione il cui preciso ambito ex § 1 era di
«indagare su tutte le violazioni del diritto internazionale sui diritti umani e del diritto internazionale umanitario che possano essere state commesse in qualunque momento nel contesto delle operazioni militari concotte a Gaza tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009, siano esse avvenute prima, durante o dopo».
Di Hamas qui non si parla affatto ed è inutile quanto assurdo immaginare che esista un esercito palestinese costituito secondo le regole stantie del diritto bellico dei secoli passati. La storia del “prima” incomincia nel giugno del 1882, quando sbarcano in Palestina i primi sionisti con i testa l’ideologia che quella terra fosse loro e che i selvaggi indigeni dovessero sloggiare, con le buone o le cattive. Quella storia continua con tanti episodi ignoti ai più, dove si impiega la corruzione, l’inganno, la frode, fino a momenti noti come la Dichiarazioni Balfour, praticamente dettata dai sionisti, passa per tutto il Mandato britannico, arriva al piano Dalet ed alla Nakba, e giu giu fino alle pressioni esercitate sull’«ebreo» e «sionista» Goldstone che inspiegabilmente era stato posto a capo di un Missione che avrebbe dovuto indagare sui “crimini” non presunti ma visibili sul terreno di gaza e sui corpi dei cadaveri, compiuti da un aggressore che definisce se stesso “ebraico” e “sionista”. In qualsiasi altra situazione un simile giudice sarebbe stato “ricusato”. Ma ormai si è smarrito ogni senso del diritto e della giustizia e si sprofonda sempre più nella barbarie e nel regno delle tenebre.

(segue)

Nessun commento: