venerdì 15 aprile 2011

Verso Gaza 21: In memoria di Vittorio Arrigoni.

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Questo post era stato scritto in tempo reale, poco dopo la notizia dell’assassinio di Vittorio Arrigoni. Resta ancora da correggere e ad esso hanno fatto seguito altri post che verranno ora unificati nella serie “Verso Gaza”, seguendo ora un ordine non rigorosamente cronologico, ma concettuale. Vittorio Arrigoni, che era da anni in Gaza, certamente come pacifista e non violento, ma come combattente per l’«umanità» e la dignità delle vittime palestinesi, ma emblematicamente Vittime della massima ingiustizia della nostra epoca. Curiosamente, ad infliggere il martirio alle Vittime del Lager di Gaza sono i presunti Eredi di altre Vittime, che hanno dato vita ad un regime di autentico Terrore, per precludere ad ognuno di noi anche la semplice esternazione di dubbi su una Narrazione intorno alla quale vige il più assoluto divieto di ricerca e analisi indipendente. Sono queste contraddizioni ed ambiguità che affliggono il campo della Sinistra Anti-imperialista, che paradossalmente finisce per trovarsi oggettivamente alleata e complici di quegli Imperialisti che dice di voler combattere. Ma questa è un’altra storia, che meglio tratteremo altrove. Qui basti averla accennata: pauca intelligentibus!

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Non sono ancora passate 24 ore da quando ieri sera, mentre ascoltavo il tg di Mentana, ho avuto la notizia del rapimento, con la stranissima rivendicazione e ancor più strane ed assurde richieste, e da quando questa mattina mi è stata gridata dall’altra stanza la notizia della sua morte, del suo assassinio. Mai rapimento fu così rapido nel suo epilogo. Ho vissuto, forse con eguale emozione, il rapimento e la morte di Aldo Moro, che era stato mio professore all’università e con il quale avevo per questo una certa familiarità. Ma i tempi di attesa e di trepidazione per la sua morte furono allora infiniti in confronto alla rapidità con cui è stato tolto di mezzo Vittorio Arrigoni. Viene normale pensare che in realtà lo si volesse uccidere, avendolo da tempo premeditato, e che la rivendicazione e la richiesta fosse solamente un’assai malferma copertura. Tanti altri confronti si potrebbero fare e ne lascio il compito a chi si vuole esercitare.

Conoscevo personalmente Arrigoni? Non ricordo se ci eravamo intrattenuti insieme per alcuni minuti in occasione di una presentazione del suo libro-testimonianza in Roma. Mi sembra che, essendoci del pubblico, io stesso avessi deciso di non intrattenerlo oltre il tempo per presentarmi io stesso e per una stretta di mano: avevamo avuto non poche conversazioni telefoniche, ma non ci eravamo mai visti di persona. Ho ritrovato in questo stesso blog un Appello da me promosso in occasione del suo primo rapimento ad opera degli... israeliani! Altro che salafiti! Questi signori uccidono e colpiscono alle spalle. Sono capaci di ogni nefandezza e di ogni inganno. Per la maggior parte di noi, abituati al confronto, anche aspro, delle idee, è insopprimibile una certa dose di ingenuità, che ci fa credere che è sempre possibile parlare con l’altro e trovare un punto di intesa sulla base della comune “umanità”. Ma costoro... non sono umani! Forse, vittima di questa stessa ingenuità, Vittorio aveva intitolato il suo libro: Restiamo umani! ed era la sua forma abituale di saluto, in luogo del classico “shalom”, “addio”, e simili.

Non faccio ormai in tempo per recarmi alla manifestazione che era stata indetta per le 16, davanti al Colosseo. Ne ho appreso da pochi minuti la notizia. Spero passi una mia proposta, che formulo qui adesso: la nave italiana, o meglio italo-olandese che dovrà partire per Gaza, dovrebbe portare il nome di “Vittorio Arrigoni”, anziché quello di “Stefano Chiarini”, di cui non ho mai inteso sminuire la memoria. Già avevo espresso qualche riserva su questa decisione, non so come nata. Ma adesso mi sembra che si possa riproporre su diverse basi il problema del nome della nave. Non so a quali livelli debba essere posta questa istanza, ma prego chi legge queste mie righe, di farlo lui, se sa a chi rivolgersi. Non facendo dunque in tempo ad andare alla manifestazione romana scorro le notizie in rete per capire cosa rimane in noi di Vittorio Arrigoni, cosa la sua tragica morte riesce a smuovere.

L’ultima notizia data da Arrigoni, per averla sentita alla radio israeliana, era che Berlusconi avrebbe assicurato ad Israele che nessuna nave sarebbe partita dall’Italia. Mi auguro che ciò non sia vero. Altrimenti, sarà questo un decisivo mio passo di allontanamento da un Leader che avevo finora pubblicamente sostenuto, pur con sempre più frequenti distinguo. Del resto, non ho mai pensato che il PdL potesse continuare ad esistere senza Berlusconi e la capacità attrattiva del suo denaro, che tiene unite intorno a sé tanti uomini di nessun valore, così come le mosche con il miele. La ricchezza – diceva Hobbes – è una delle forme del potere. Ed a giudicare dalle ultime vicende dubito che Berlusconi abbia saputo usarla al meglio. Mi auguro che il “dopo Berlusconi” veda all’interno della società italiana un processo molecolare di aggregazione di nuove forze e nuovi soggetti politici. Dall’attuale opposizione, fortemente omologata al sistema, non può venire nulla di buono. Un’eventuale alternanza sarà ancora peggio della politica che pretende di sostituire. L’attuale politica estera, condivisa da maggioranza e opposizione, offre la prova provata del totale asservimento di tutta quanta la classe politica, quell’asservimento che già uomini come Vittorio Emanuele Orlando e Benedetto Croce avevano previsto nell’immediato dopoguerra. Dunque, mi auguro che la nave parta e porti il nome di “Vittorio Arrigoni”.

«Io so tutto» – diceva Pasolini – «ma non posso dimostrare nulla». Quindi, posso certamente credere che dietro alla morte di Arrigoni ci sia Israele, ma non voglio qui polemizzare con i gruppi della propaganda sionista in Italia, che ormai conosco bene, dopo anni di monitoraggio quotidiano. Polemizzare con loro, in questo momento, sarebbe profanare la memoria di Arrigoni, che – apprendo – stava per rientrare in Italia, per partecipare attivamente all’organizzazione della nave che dovrà partire per Gaza. Mi auguro che questa mia proposta di intitolare la nave ad Arrigoni giunga a destinazione: ne farò esplicita richiesta se mi capiterà di partecipare a qualche riunione. Insomma, i conti tornano. Sembra che la morte di un italiano, diverso da Quattrocchi, abbia per un momento attirato l’attenzione di tutta l’Italia e dei leaders politici che pretendono di rappresentare questo disgraziato paese. Esprimo l’augurio che la morte di Arrigoni sia un fermento nella maturazione del senso politico del popolo italiano e lo desti dal lungo torpore e dall’inganno in cui lo tiene prigioniero una classe politica che mai ha avuto a cuore l’indipendenza e la sovranità del paese che pretende di rappresentare.

Mi avvio alla conclusione di questo post, dicendo ancora due cose, una riguardo al passato e l’altro riguardo al futuro in quella che è stata la mia frequentazione con Vittorio Arrigoni. Non so quanti sono adesso quelli che leggono o leggeranno queste mie righe. All’inizio, quando decisi di usare come forma espressiva il sistema dei blog, pensavo che nessuno avrebbe letto ciò che scrivo in rete e che era in pratica il passaggio dal sistema chiuso dei miei appunti personali, di studio, ad un sistema pubblico. Invece, non era così e qualcuno leggeva, per simpatia e condivisione o interesse, ciò che andavo e vado scrivendo. Purtroppo legge anche il nemico e la polizia postale e devo stare sempre in campana, ormai, perché dalla tastiera non mi sfugga un “cretino”, “stronzo", “infame” e simili, ossia quelle espressioni che possono essere querelabili. Mi sto allargando troppo su un tema che offrirebbe spunti ad episodi comici ma reali che potrebbero essere raccontati. Ma non adesso. Torniamo a Vittorio!

Evidentemente, anche lui leggeva o sapeva del mio blog, di questo blog, che è solo uno di trentina, da aggiornare costantemente. Mi fu quindi rivolto da parte di Vittorio l’invito a salire su una di quelle navi che in tutta la loro fragilità partivano alla volta di Gaza, per rompere il blocco israeliano. Tutto questo prima di “Piombo Fuso”. La proposta mi colse assai di sorpresa. Avrei dovuto prepararmi a partire il giorno dopo o quasi. Premetto che non sono un coetaneo di Vittorio. E per differenza di età Vittorio potrebbe essere mio figlio, se mi fossi sposato a 25 anni. Risposi con una battuta, che però si rivelò tragicamente azzeccata. Dissi che avrei perlomeno dovuto avere il tempo di fare testamento. Chi stava al telefono sorrise insieme con me, dicendo che assolutamente non vi era pericolo. E dopo fu la volta di “Piombo Fuso”, dove Vittorio rimase imprigionato. Io seguii quegli eventi con partecipazione tutta particolare perché fu per puro caso che non mi trovai nella stessa posizione di partecipe di uno degli eventi più tragici della storia di questo inizio millennio.

I dettagli qui sarebbero tanti da raccontare, ma non la faccio lunga e cerco di avviarmi alla conclusione. Dico soltanto che l’interesse ad avere la mia persona sulla nave che sarebbe partita per Gaza da Cipro discendeva dal fatto che io ero professionalmente considerato un professore, un docente della Sapienza, «la più grande università d’Europa», come allarmato ebbe a recitato un certo signor Qualcuno Innominabile e Innominato. Risposi che sì era vero che lavorava alla Sapienza, dove non “facevo le pulizie”, come tentò di offendermi un Direttore di giornale, che io rimbeccai, dicendogli che un addetto alle pulizia ha senza ombra di dubbio maggiore dignità e utilità sociale di un direttore di giornale. Non ero e non sono certamente un Barone, pur avendo trascorso alla Sapienza tutta la mia esistenza professionale da studente a studioso e docente.

Non rifiutai però l’invito. E mi preparai ad una successiva spedizione che avrebbe dovuto esserci, di maggiori dimensioni. Perché la mia presenza non fosse in incognito avrei dovuto formalmente avvisare la mia Università ed averne una sorta di delega da poter portare in Gaza, dove esisteva una Università Islamica, bombardata e distrutta durante “Piombo Fuso”. Sarebbe stata quella la mia naturale destinazione in quanto docente della Sapienza. Avevo presentato regolare e formale richiesta, ma l’iter non andò mai avanti ed io più tardi dovetti ringraziare il rettore, Gigi, per avermi egli forse involontariamente salvato la vita: ci sarei rimasto in Gaza, all’Università Islamica, sotto le bombe, magari al fosforo bianco. Non so se ho fatto bene, ma queste cose sento che dovevano essere dette, per un minimo di informazione oggettiva e tagliando al massimo quello che può esserci di personale.

Fu così che mi sentii particolarmente legato a tutto ciò che Vik faceva e seguivo a distanza i suoi spostamenti, le sue attività. Ogni tanto gli telefonavo anche sul suo cellulare, che avevo e conservavo gelosamente. Ricordo qui che fu forse tramite il suo cellulare che durante “Piombo Fuso”, qualche criminale assassino sionista aveva architettato di fornire la sua posizione all’esercito perché dirigesse su quelle coordinate un missile. Adesso lo hanno finalmente ucciso, con altri sistemi. La propaganda potrà parlare di salafiti o di compari Turiddu quanto vuole, ma io so chi sono gli assassini di Vik. E nessuno potrà togliermelo dal cervello, iniziando quella sarabanda processual-giudiziaria che neppure dopo secoli di indagini ci forniscono dettagli inutili su ciò che tutti sanno e che ha la sua naturale origine e conclusione in una vicenda di odio e di morte, di cololianismo e razzismo, che dura da oltre un secolo, esattamente: 1882-2011. Lo dico in altra forma perché non vuol capire non abbia alibi di sorta: la morte di Vik non è un affare giudiziario, di cui si debba interessare un qualche PM in trasferta dai suoi colleghi israeliani, ma è una vicenda tutta politica, che ha una logica tutta politica. Se anche la storiella dei salamiti fosse come pretendono di raccontarcela, non avrebbero potuto agire meglio, avendo a cuore i desiderata dell’unico committente possibile: Israele. Non perderò altro tempo con la telenovela giudiziaria che qualcuno tenterà di sfruttare e portare avanti. Vik era a Gaza in solidarietà con un popolo oppresso da oltre un secolo ed in contrasto con il suo oppressore che di “omicidi mirati” o “coperti” ovvero rapimenti di ogni sorta e in ogni luogo ne ha così tanto che non basterebbe un’Enciclopedia ad enumerarli tutti quelli noti: di quelli ignoti non si saprà mai.. ma se i PM con un senza tonaca vogliono lavorare, facciano pure! Noi non abbiamo il tempo e l’interesse ad aspettare la conclusione delle loro indagini e non siamo tenuti alla sospensione del giudizio fino a quando non abbiano terminato la loro inchiesta. La vita e la storia non è una telenovela, un talk o reality show ovvero un’indagine giudiziaria con giudici di carriera e magari in sciopero di tanto in tanto. E ancor meno una mozione parlamentare, lambiccata, idiota e ipocrita. Concludo dunque con un accenno al suo blog, Guerrilla Radio, che adesso non avrà lui a tenerlo aggiornato.

Se i miei quatto o cinque o trenta Lettori vanno su di un altro mio blog, dedicato alla Geopolitica, troveranno un’amplissima ricerca, che mi tiene e mi terrà parecchio occupato, dal titolo “La Questione sionista ed il Vicino Oriente”, che è nella forma degli Annali con inizio dal 1882, quando vi fu il primo consapevole insediamento sionista, con il proposito di fare “pulizia etnica”, per arrivare all’anno corrente del 2011. Di questa ricerca ne avevo informato direttamente Vittorio che ne aveva dimostrato subito interesse, comprendendone appieno l’importanza, e riservandosi il non poco tempo necessario per seguirlo e studiarlo. Il problema di questa ricerca è tutto nel reperimento di fonti accessibili e pubblicabili. Per l’anno più recente avevo pensato di servirmi delle Notizie che Vittorio pubblicava sul suo blog, ma non saccheggiandolo e copiandolo pari pari, bensì aprendo dei links. Adesso, purtroppo, ahimé, sorge il problema della “eredità”, del patrimonio di informazioni che si trovano su quel blog.

Non conosco di persona quella dignitosissima signora che è la madre di Vittorio e che ho visto solo in televisione, mentre rilasciava compostissime dichiarazioni sulla barbara morte del figlio. Ma se condivide questo mio progetto io riutilizzerò integralmente i contenuti editi di Vittorio per riversarli nella mia suddetta ricerca. Spero che queste mie righe giungano alla sua attenzione, riservandomi più in là nel tempo di contattarla per darle le mie private condoglianze e per chiederle se approva questo mio progetto, che vuole essere una forma di omaggio verso la memoria perpetua del figlio. Infatti, Vittorio restano una pagina luminosa di storia in questa generazione, che di pagine luminose ne ha ben poche da mostrare.

Questo testo è scritto con il cuore, di getto. Mi riservo di rivederlo per emendarlo di tutte le imperfezioni formali. Prego chi legge e può farlo, avendone i recapiti, di inoltrarlo alla madre ed ai congiunti di Vittorio Arrigoni. Sono lieto di apprendere che ciò che io avevo pensato spontaneamente, cioè di rinominare la nave a Vittorio Arrigoni, è stato pensato spontaneamente ed autonomamente (e contemporaneamente) da chi ha il potere di decisione a riguardo. Ho dato anche una rapida scorsa alla stampa abbondante che ha coperto la morte di Vittorio. Non ho nessuna intenzione in questo post di polemizzare con una siffatta stampa. Non mi mancherà l’occasione ed il luogo per difendere la figura e la memoria di Vittorio.




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