sabato 2 aprile 2011

Un dossier radicale contro la Lega, presentato nella facoltà di Scienze Politiche della Sapienza: di Michele De Lucia.


Le indicazioni sommarie del titolo dipendono dal fatto che non voglio dedicare all’argomento più di un quarto d’ora e voglio fermare, ora o mai più, alcuni pensieri, che mi sono passati per la mente, mentre ieri, steso sul divano, per regolare il telecomando difettoso del mio televisore, mi sono imbattuto nel canale televisivo di Radio radicale, che ormai non ascolto più da qualche anno: prima ne ero un assiduo ascoltatore, ma poi il suo direttore mi ha dato troppo sui nervi e non ho voluto diventare una di quelle loro macchiette che telefonano ripetutamente per reclamare. Se fossi stato presente in Facoltà avrei detto a Pannella, parecchio invecchiato, che ormai non ascolto più i suoi lunghi discorsi pieni di cose vissute e di testimonianza, e per questo sempre istruttivi. Mi ricordo perfino di lui, quando assai più giovane, girava nei pressi dell’aula XIII, dove si riuniva il movimento studentesco della Facoltà. E lo avrei salutato con rispetto, affetto e immutata ammirazione: per lui solo e non per la sua bottega o la sua numerosa figliolanza. La nostra facoltà è ricca di eventi, cui non sempre si riesce a partecipare. Ma in questo caso sono lieto di non essere stato presente, perché, se un intervento mi fosse stato concesso, sarebbe stato piuttosto critico e imbarazzante.

L’impressione che ho ricavato dalla videoregistrazione è riassumibile in una frase: un processo in assenza dell’imputato. Nella documentazione raccolta e racchiusa in un dossier di 500 pagine manca forse la notizia che era esistita per qualche tempo anche una “lega romana”, che guardava con attenzione e interesse a ciò che succedeva in Lombardia e lo si voleva emulare per Roma e per il Lazio. Io non sono mai stato a Pontida, ma nelle riunioni a cui partecipavo si era anche accennato al fatto di andarci in delegazione. Non so se qualcuno ci sia poi stato. Di quella esperienza restano parecchi numeri di una pubblicazione, che ricevevo ma che non ho conservato.

È stata, comunque, un’esperienza breve e marginale, per quello che mi riguarda, ma che testimonia l’interesse che il fenomeno Lega e la sua proposta politica suscitava anche fuori dalla Lombardia. Che poi a conti fatti, nella sua strutturazione e ricerca del potere, la Lega non si distingua dai restanti partiti – mi pare sia qui il succo di tutto il pamphlet – è cosa di assai scarso interesse, per me. Mi sovviene la favola di La Fontaine, da me citata nella presentazione al “Custode della Costituzione” (1981) di Carl Schmitt: un cane, messo a far la guardia all’arrosto del padrone, non seppe resistere alla tentazione, quando vide gli altri cani che avevano ormai aggredito l’arrosto e si unì quindi al pasto comune. La questione non mi interessa, anche se il libello mi sembra tutto intenzionato a suscitare lo scandalo e non si sa bene quale indignazione, da quale punto di vista, da quale pulpito, o meglio da un opinabile punto di vista “liberale e radicale” (?), che il curatore del pamphlet sbandiera come suo titolo di nobiltà.

Come meridionale, anzi calabrese, il fenomeno “lega”, cioè un regionalismo anti-unitario, antinazionale, antipatriottico, antirisorgimentale, mi ha sempre interessato e si è imposto alla mia attenzione sul piano dei valori politici. Signori Lumbard-piemontesi, mi dicevo, se voi oggi sputate sul sentimento nazionale, nel quale io sono stato educato in una scalcinata scuola elementare dell’estremo sud, perché mai durante la guerra al cosiddetto brigantaggio i vostri avi hanno ammazzato e torturato e incarcerato i miei probabili bisavoli, di cui mi avete cancellato perfino la memoria? Noi, “malandrini” calabresi, non la volevamo questa Italia. Ci è stata imposta con la violenza e l’inganno. Ma qui il discorso si fa lungo. Rinvio ad altro post già edito. Aggiungo che la prospettiva a me offerta da Bossi – e lo ringrazio – è di poter pensare in chiave eroica quello che è stato spregiativamente chiamato e diffamato come “brigantaggio”. In realtà, veri briganti, satrapi insaziabili e rotti ad ogni inganno, sono quanti si sono succeduti per 150 anni sugli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama. E la Lega ha per lo meno il merito di averlo detto e ammesso da quegli stessi scranni!

Per chiudere con i radicali, di cui per anni ho pagato la tessera, vorrei dire loro: ma il vostro “sionismo” pensate che sia cosa più commendevole di tutte le presunte nefandezze della Lega? Del buon Pannella, anzi dell’ottimo Pannella, ricordo con autentico orrore e raccapriccio alcune sue frasi sugli “Stati Uniti d’America e d’Europa”. E lì, in fondo, punta. Questo è l’Alfa e l’Omega del suo magistero politico. Mi sbaglio? No, caro Pannella, se leggi queste righe, ti mando a dire: per me il tuo programma “liberale”, “libertario”, “amerikano” è il compimento della morte politica, iniziata nel 1945, quando l’Italia e l’Europa, non fu “liberata”, come il regime al potere pretende, ma “distrutta” e ridotta ad un servaggio di cui proprio in questi giorni ne abbiamo prova lampante. Beninteso, per chi ha occhi per vedere ed un residuo amor di patria e anelito di libertà, indipendenza, sovranità. Non posso pensare alla tua America se non lorda del sangue degli indigeni d’America. E lo stesso vedo per la sorte riservata al popolo palestinese, già in data 3o giugno 1882 (primo insediamento coloniale dei Biluim) ben prima che Hitler nascesse e i campi di concentramento nazisti fossero istituiti.

Quanto poi alla “liberalità” del servizio pubblico di Radio radicale e delle sua faziosissima rassegna stampa, fatti raccontare dal tuo direttore Bordin – se ancora in servizio – la vicenda del quotidiano “Rinascita”, se questo nome gli ricorda qualcosa, se gli risulta che per un mese gli fosse stato recapitato per corriere alla redazione di Radio radicale, ma non riusciva dalla portineria a salire ai piani alti di Bordin, troppo occupato in una corrispondenza settimanale di “amorosi sensi” sionisti con certa Signora, “nominata” al parlamento italiano per non occuparsi mai d’altro che della sua Israele: non l’ho mai sentita parlare di altri argomenti! Mi sbaglio? E radio radicale, che fa le pulci alla Lega, quando mai si è occupata dei “diritti umani” dei palestinesi? Prevengo possibili obiezioni: non sono né l’editore né il direttore del menzionato quotidiano, e non ho un rapporto organico con questa testata, ma il piccolo episodio in se stesso è stato per me rivelatore della natura “ideologica” di tutta la baracca radicale, la cui mancanza di “oggettività” mi fu confermata con una punta di saccenza, dalla stessa viva voce del menzionato Bordin, all’uscita di un’altra presentazione radicale, in un albergo di via Veneto, questa volta di un libro di Massimo Teodori, altro campione radicale. I piccoli, insignificanti episodi a volte gettano luce sul tutto. Ed è per questo che ne ho voluto qui narrare alcuni, nella mia memoria associati alla parola “radicali”.

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