Un nuovo personaggio entra nel nostro osservatorio dalla parte di quelli che sono denigrati e diffamati dal sionismo dentro e fuori d’Israele. L’incredibile è che Richard Falk, relatore dell’ONU per i crimini israeliani, sarebbe stato espulso da Israele per “falso” e “propaganda”. Il fatto di falsità e di propaganda nessuno è superiore a Israele che dispone di appositi uffici per la produzione di falsità e propaganda. Un dato di certo non gradevole per l’interessato, ma indicativo del grado di civiltà dell’«unica democrazia» del Medio Oriente (e meno male che è unica!) è il fatto che sia stato rinchiuso in un cesso o qualcosa di simile, dove era forte l’odore di urina. Una tecnica di tortura di cui ho appreso in una fiction televisiva, ispirata alle pratiche della CIA. Anche l’italiano Vittorio Arrigoni, di cui non pare essersi accorto il presidente Giorgio Napolitano in visita in Israele, era stato pure rinchiuso in un cesso israeliano, tutto sommato più sicuro del cielo di Gaza dove in questo si trova e dove piovono razzi e bombe israeliane.
Versione 1.0/st. 3.10.09
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Sommario: 1. Perché israele mi ha aggredito: violazione dei diritti umani a Gaza. – 2. Gli infortuni di Panebianco. –
1. Perché Israele mi ha aggredito: violazione dei diritti umani a Gaza. – Ho ritoccato il titolo originale dell’Intervista concessa da Richard Falk ad un giornalista della “Stampa” per dare maggiore immediatezza alla questione in gioco. In un secolo e più la propaganda israliana ho completamente falsificato la realtà e la verità della guerra di conquista coloniale della Palestina. L’esito di questo processo secolare è ora sotto gli occhi di tutti: in un campo recintato di 360 kmq è ammassata una popolazione di un milione e mezzo di persone che vengono bombardate da raid aerei. Queste persone non possono uscire dal recinto in cui sono rinchiuse: una vera e propria mattanza questa non di balene, ma di esseri umani. Chi può autorevolmente di un Commisario Onu potrebbe mai svelare al mondo questa tragica ed inaudità realtà? Appunto per questo Richard Falk è stato imprigionato in Israele e quindi espulso: il mondo non deve sapere e la propaganda dell’Hasbara deve poter continuare indisturbata il suo lavoro. Gli “infami” di IC fanno parte del gioco. Non riporto per troppo disgusto il loro infame commento, ma chi vuole può leggerlo cliccando sul link del titolo.
2. Gli infortuni di Panebianco. – L’articolo è importante perché ci fa capire da quale parte sta Angelo Panebianco, che scrive molto sui giornali su argomenti assai diversi. Non mi è mai capitato di condividerne le opinioni, nemmeno questa volta. L’unica osservazione da fare è che nel frattempo è uscito il rapporto Goldstone, certamente più autorevole delle opinabili opinioni di Panebianco.
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Sommario: 1. Perché israele mi ha aggredito: violazione dei diritti umani a Gaza. – 2. Gli infortuni di Panebianco. –
1. Perché Israele mi ha aggredito: violazione dei diritti umani a Gaza. – Ho ritoccato il titolo originale dell’Intervista concessa da Richard Falk ad un giornalista della “Stampa” per dare maggiore immediatezza alla questione in gioco. In un secolo e più la propaganda israliana ho completamente falsificato la realtà e la verità della guerra di conquista coloniale della Palestina. L’esito di questo processo secolare è ora sotto gli occhi di tutti: in un campo recintato di 360 kmq è ammassata una popolazione di un milione e mezzo di persone che vengono bombardate da raid aerei. Queste persone non possono uscire dal recinto in cui sono rinchiuse: una vera e propria mattanza questa non di balene, ma di esseri umani. Chi può autorevolmente di un Commisario Onu potrebbe mai svelare al mondo questa tragica ed inaudità realtà? Appunto per questo Richard Falk è stato imprigionato in Israele e quindi espulso: il mondo non deve sapere e la propaganda dell’Hasbara deve poter continuare indisturbata il suo lavoro. Gli “infami” di IC fanno parte del gioco. Non riporto per troppo disgusto il loro infame commento, ma chi vuole può leggerlo cliccando sul link del titolo.
Ci pare alquanto moderato il discorso di Richard Falk, ma evidentemente non lo è abbastanza per Israele. Nel testo dell’intervista si trova fra le righe il concetto che un genocidio consiste anche nel privare un popolo della sua legittima dirigenza. Di Hamas non si può certo dire che non sia un governo indipendente da Israele. Di Abu Mazen si può invece dire l’opposto. Dovrebbe essere ormai chiaro agli osservatori attenti che il fino di Israele è il genocidio dei palestinesi, iniziato da primo giorno in cui una colonia sionista si insediò in Terra Santa: era ed è un disegno insito nella concezione sionista, che non ha nulla a che fare con Mazzini e con il nostro Risorgimento, malgrado il diverso parere dei consulenti sionisti del Presidente Napolitano. Nell’intervista emerge non solo la sproporzione fra le vittime, cose ovvie per tutti eccetto che per madonna Fiammetta Nirenstein, una colona israeliana dislocata nel parlamento, allo stesso modo in cui agenti sionisti georgiana hanno avviato un conflitto che avrebbe dovuto estendersi dalla Georgia all’Iran. La sproporzione, che i media non vedono, è fra la disparità delle armi: se Hamas disponesse delle stesse armi di Israele i morti si equivarrebbe. L’ipocrisia della comunità internazionale consiste nel non valutare la differenza fra una freccia da una parte e cannoni e fucili dall’altra: fu così che sterminarono gli indiani d’America. Erano 5 milioni. Ne sopravvisserò 300.000 ed oggi non esistono più come popoli indipendenti. I “sopravvissuti” lavorano nei circhi o a Hollywood per lo spasso dei bambini dei genocidi yankies, grandi democratici e liberatori di popoli. Infatti, liberano l’anima e la mente dalla sua prigione che è il corpo umano, come spiegava Platone.Una brutale violazione dei diritti umani nella StrisciaIntervista di Francesco Semprini
La Stampa, 2 gennaio 2009, p. 2
«L’aggressività di Israele nei miei confronti dimostra la volontà dello Stato ebraico di impedire alla comunità internazionale di sapere che cosa sta succedendo a Gaza». Il relatore speciale per i diritti umani dell’Onu, Richard Falk,
fermato e cacciato qualche settimana fa da Israele, nonostante le credenziali del Palazzo di Vetro, dice: «Mi hanno impedito di denunciare la grave violazione dei diritti umani nei territori occupati. E le conseguenze le paga la popolazione civile palestinese».
•Ma Israele non si sta difendendo?
• «La risposta di Israele ai presunti attacchi di Hamas non è giustificabile. Il rapporto tra le vittime israeliane e quelle palestinesi è assolutamente sproporzionato. Da parte di Gerusalemme c’è stata un’aggressione che ha portato a una serie sconvolgente di atrocità compiute con armi moderne contro una popolazione inerme, che già sopporta da mesi un duro embargo».
• Perché, parlando degli attacchi, usa la parola «presunti»?
• «Perché non si capisce quale sia il legame tra la Jihad e il movimento palestinese».
• Vuol dire che ci sono infiltrazioni terroristiche che Hamas non controlla?
• «Hamas era pronto a rinnovare il cessate il fuoco. Israele ha ignorato questa ipotesi e ha continuato l’opera di taglieggiamento degli aiuti umanitari, provocando una risposta con i lanci di razzi. Sospetto che la responsabilità di questi tiri non sia di Hamas ma di elementi fuori controllo della Jihad. Il problema è capire che legame c’è tra la Jihad islamica e Hamas. Di fatto Israele ne ha approfittato per condurre un attacco che rappresenta una violazione degli accordi di Ginevra, e il bilancio delle vittime civili lo dimostra».
• Crede che ci sia un legame tra ciò che è successo a lei due settimane fa e la guerra in atto?
• «Non penso che ci sia un legame diretto. Ma sicuramente il fatto che mi sia stato impedito di entrare a Gaza e l’essere stato trattenuto all’aeroporto Ben Gurion per venti ore e poi rispedito a casa fa parte di una strategia di Israele volta a impedire alla comunità internazionale di conoscere cosa sta succedendo a Gaza».
• Che cosa è successo quel pomeriggio di metà dicembre?
• «Arrivato alla dogana di Tel Aviv, un funzionario del ministero degli Interni israeliano mi ha detto che la mia visita non era gradita, nonostante avessi un mandato dell’Onu. Era una direttiva del ministro degli Esteri, sono stato portato in un ufficio dove vengono radunate le persone da deportare. Ero con altri cinque uomini. La mattina seguente sono stato imbarcato su un aereo per gli Stati Uniti».
• Lei ritiene che Israele stia nascondendo qualcosa?
• «Vuole evitare che la comunità internazionale conosca le violazioni dei diritti umani e teme le ripercussioni che queste rivelazioni potrebbero avere dal punto di vista mediatico».
• Qual è la situazione a Gaza adesso?
• «Disperata. Il 46 per cento dei bambini soffre di polmonite dovuta alle polveri dei bombardamenti e l’80 per cento della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno».
• Quello che le è successo era mirato?
• «Direi che mi hanno riservato un trattamento speciale, probabilmente per il mio passato. Ma di fatto è la prima volta che hanno adottato una misura di questo genere con un inviato in possesso di un mandato conferito dall’Onu».
• Qual è l’obiettivo di Israele?
• «Demolire l’ambizione di Hamas di rappresentare il popolo palestinese e impedire la lotta contro l’occupazione dei territori. In secondo luogo Israele vuole indebolire le ambizioni dei movimenti integralisti a Gaza e in Cisgiordania. Di fatto è un comportamento inaccettabile dal punto di vista dei diritti umani e delle leggi internazionali».
• La nuova Amministrazione americana potrà cambiare le cose?
• «Non sono ottimista. L’orientamento in questo Paese, e soprattutto di Washington, è così incondizionatamente a favore di Israele da rendere difficile anche per un governo più liberal come quello di Obama di mettere in discussione la politica di Israele».
• Si sente di mandare un messaggio allo Stato ebraico?
• «Vorrei che il governo israeliano riconoscesse che la sua politica a Gaza non ha nulla a che fare con la sicurezza e che sarebbe giusto cambiare l’approccio sull’occupazione della Palestina. Trovare una soluzione a un conflitto che per sei decenni ha visto Israele invadere e ha devastato la popolazione palestinese. E’ questo il mito che infiamma i fondamentalismi e alimenta il terrorismo».
• Proverà a tornare a Gaza?
• «Il problema non è se io torno a Gaza, ma è come convincere Israele a cooperare».
2. Gli infortuni di Panebianco. – L’articolo è importante perché ci fa capire da quale parte sta Angelo Panebianco, che scrive molto sui giornali su argomenti assai diversi. Non mi è mai capitato di condividerne le opinioni, nemmeno questa volta. L’unica osservazione da fare è che nel frattempo è uscito il rapporto Goldstone, certamente più autorevole delle opinabili opinioni di Panebianco.
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