martedì 17 novembre 2015

I «sopravvissuti» del «Bataplan», “nostro” modello di «civiltà».

Bacia il diavolo
Devo al blog di Maurizio Blondet, che ha pubblicato un articolo di Siro Mazza, le riflessioni aggiuntive che seguono e che cercherò di contenere in breve spazio. Non siamo più in grado di osservare ciò che sta davanti ai nostri occhi, giacché ciò che nella realtà si guarda per essere visto deve essere interpretato, e noi, ormai, non sappiamo interpretare se non con gli occhi dei media e possiamo ragionare solo con la testa dei suoi opinionisti, spesso al servizio di CIA, Mossad e affini, come ha infine rivelato il giornalista della FAZ Udo Ulfkotte, dopo anni di “onorato” servizio e dopo che perfino noi, poco convinti dei suoi “servizi”, ci eravamo scontrati, prima che lui si ravvedesse senza aver tuttavia fugato i nostri sospetti. Basta però stropicciarsi le immagini televisive attaccate ai nostri occhi, o scrollarsi dalla testa le parole vuote degli opinionisti, per riuscire a vedere con occhi nuovi e con la nostra mente ciò che ci sta davanti in tutta la sua evidenza.

La lingua italiana, come ogni lingua, ha le sue proprie locuzioni standardizzate. Il linguaggio è un fatto convenzionale: se ognuno avesse un linguaggio tutto e soltanto suo, non sarebbe possibile la comunicazione. Pertanto, quando si è sfiorato un pericolo, si dice che si è ad esso scampati e si parla di “scampato pericolo”; se poi si è trattato di un naufragio in mare, dove molti muoiono, allora si è superstiti di quel naufragio. Ed invece per l’attentato terroristica al “Bataplan”*, un luogo di spettacoli moderni, i media televisivi hanno ripetutamente indicato come «sopravvissuti» quanti - per fortuna la quasi totalità - non sono rimasti vittime dei proiettili sparati alla cieca dagli attentatori. L’Italia, ha avuto una sua «vittima» e parecchi «sopravvissuti», che sono già diventati oggetto di culto televisivo (ma anche di dibattito parlamentare), con tanto di intervista rituale ai genitori dell’«unica» vittima italiana ed a quelli dei «sopravvissuti», unite tutte in una nuova “religio” mediatica che si aggiunge a quella ufficiale, il cristianesimo, che resta assai lontano sullo sfondo, adibita a modello di «scontro» con la religione degli «islamici bastardi», giusto per meglio chiarire tutti i termini del “dialogo interreligioso”, con tutti gli attori sulla scena: ebrei, cristiani, musulmani.

* Andando al link del fatto quotidiano si apprende qualcosa su questo locale parigino per chi - come il sottoscritto - non lo avesse prima mai sentito nominare. Quanto ai musicisti questa la loro immediata reazione: «Al primo sparo i bandisti, nel senso di appartenenti a una band, si sono cacati sotto e sono precipitosamente fuggiti da un’uscita secondaria posta dietro le quinte del Bataclan, dopodiché se sono tornati negli Usa, annullando la tournee europea» (Fonte).

Devo procedere per allusioni, giacché mi sono già scontrato con i poteri qui evocati e non sono un aspirante al “martirio”, non sono un “islamico”, ma pur sempre un cattolico, battezzato e cresimato. Se la libertà di pensiero, di espressione, di ricerca e di insegnamento, dovrebbe essere uno di quei “valori” fondanti della «nostra civiltà», opposta alla loro, quella dell’Islam, posso assicurare con la mia esperienza personale e professionale i miei Cinque Lettori che questa presunta libertà non esiste né in Italia e ancor meno in Francia. Ciò che esiste è l’obbligo di conformarsi a ciò che dallo Stato è dichiarato esser vero e che i media divulgano. La Verità Principale, che sovrasta lo stesso cristianesimo, degradato dopo il Concilio Vaticano II a religione sussidiaria e servente, è quella evocata dalla terminologia dei nuovi «sopravvissuti», subito entrati nel circuito mediatico.

(Segue)

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