Sul super bonus
si è scatenato un dibattito, che non tiene conto tuttavia di una circostanza di
rilievo decisivo, applicata ad una fattispecie per certi aspetti nuova, o
almeno non abituale.
Andiamo per
ordine.
Milton (e Rose) Friedman
scrivevano sull’errore dello Stato assistenziale (in Liberi di scegliere), che consisteva in un fatto fondamentale, ovvero
che “Quando si spende, si può spendere il proprio denaro o quello altrui; e si
può spendere per se stessi o a favore di qualcun altro. Combinando queste due
coppie di alternative si ottengono quattro possibilità”. Se si spende denaro
proprio a proprio favore la scelta è la migliore possibile perché “si ha un forte
incentivo sia a economizzare sia a ottenere tutto il valore possibile da ogni
dollaro che si spende”. Quando si spende a favore di qualcuno denaro proprio “si ha lo
stesso incentivo a economizzare della I categoria, ma non lo stesso incentivo a
ottenere il pieno valore del proprio denaro, almeno secondo il giudizio del
destinatario” anche perché non si hanno tutte le relative informazioni. Se si
spende a proprio favore denaro altrui, non si ha alcun incentivo ad abbassare
il costo, ma solo quello ad ottenere il valore.
Quando poi si
spende per altri denaro di altri “si ha
poco incentivo sia a economizzare sia a cercare di dare al proprio ospite ciò
al quale egli può attribuire il massimo valore”.
Normalmente le
ultime due categorie di spese sono quelle praticate dalle pubbliche
amministrazioni, secondo il modello usuale che l’amministratore (ma anche il
legislatore) spende denaro di altri (i governati-contribuenti).
Nel super bonus
invece il modello è invertito. È il contribuente-committente che decide la
spesa, attribuita poi (come sempre) alle pubbliche finanze, cioè ai
contribuenti. Il che ha, come si legge sui giornali, portato a ristrutturare il
4% degli immobili, la cui spesa è stata pagata dal 100% dei contribuenti.
Il meccanismo è perciò inusuale ma presenta lo stesso inconveniente di quello generalmente
praticato, e che sta a “monte” della distinzione tra pubblico e privato,
governanti e governati: che chi spende quattrini degli altri è portato a spenderli
male.
Perché per fare
un calcolo corretto costi/benefici occorre che ambedue siano sopportati dalla
stessa persona. Anche quando si finanzia, con vari sistemi un’impresa privata,
con quattrini pubblici – che è il caso più vicino a quello del super bonus e spesso praticato – il risultato
può (e spesso è) lo stesso: a un profitto privato corrisponde un esborso
pubblico, di guisa che, a valutarli entrambi, risulta un cattivo affare.
Questo al di là
delle considerazioni, spesso fatte dai politici: ritorni fiscali (ma sono solo
parte delle spese pubbliche), inefficienza della p.a. (verissimo, ma da curare altrimenti),
corruzioni (non manca mai), “giustizia contributiva” e così via.
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