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Il volumetto di 120 pagine nasce, direi, dall’esperienza diretta, dalla prassi, dalla militanza di un “attivista certificato” del Movimento Cinque Stelle, come ce ne sono tanti, secondo gli ultimi numeri forniti da Casaleggio a Imola, sono oltre 100.000, se ben ricordo. Un numero doppio rispetto agli iscritti del PD, sempre se ben ricordo. E se non ho sentito male, in un passaggio televisivo, addirittura fra i grandi successi dell’Expo si sarebbe stata nella vendita dei biglietti addirittura l’abbinamento ad una tessera al PD. Ma non è del PD che voglio qui parlare. Il senso è invece quello di fare un raffronto con la natura, la struttura, l’organizzazione dei vecchi partiti, specialmente quelli di matrice leninista-staliniana, come dal PCI al PD, e forme di partecipazione politica del tutto nuove – orizzontali a fronte di quelle verticali e apicali – come il Movimento Cinque Stelle, la cui scommessa è – direi – non tanto nella sua capacità e probabilità di andare al governo nazionale e amministrativo alle prossime scadenze elettorali quanto nella sua capacità di durare nel tempo, dimostrandosi non non una forma effimera di neo-qualunquismo – come molti sperano –, ma una nuova opportunità per i cittadini di riappropriarsi della democrazia che viene sempre gestita in loro nome ma di cui sono stati di fatto espropriati. È una sfida che i vecchi partiti hanno lanciato contro - dicono - l’antipolitica, l’antisistema, la “pancia”, rappresentanta - dicono - proprio dal Movimento Cinque Stelle, oggetto di una campagna diffamatoria che stranamente sembra essersi quietata in questi ultimi tempi.
Qual è l’immagine del “nuovo” che dai vecchi partiti viene schierata contro il Movimento? Il “nuovo” che avanza lo chiamano Matteo (Renzi), mentre l’altro Matteo (Salvini) si adatta - sembrerebbe - al ruolo di una opposizione “sistemica”. Il modello al quale ci si ispira a me sembra quella anglosassone, americano, dei due partiti, sostanzialmente eguali, con esclusione di ogni terzo intruso e soprattutto con l’esclusione della stragrande maggioranza dei cittadini dalla vita politica, interamente determinata dalle multinazionali e da quell’1% contro il quale sembrerebbe senza successo ha tentato di opporsi il 99 %. La legge elettorale, l’Italicum, è stata espressamente concepita per una spartizione del potere fra due poli personalistici: da una parte Matteo Renzi e dall’altra Silvio Berlusconi. L’hanno concepita e partorita insieme nel chiuso del Nazareno con Verdini in funzione di levatrice... Ma le cose pare stiano loro sfuggite di mano e vi è il fondato rischio che ciò che aveva escogitato per escludere il Terzo possa rivelarsi un boomerang e vada a favorire proprio quel terzo. Ripeto: a mio modesto modo di vedere, non è importante che il Movimento vinca le prossime elezioni quanto che quell’aggregazione di un buon 25 % di elettorato si consolidi, permanga nel tempo e dia vita a nuove forme di esperienza politica, a nuove istituzioni.
A chi mi chiede cosa sia il Movimento io rispondo con una formula che poi cerco di chiarire: «Il Movimento è una forma embrionale di democrazia diretta». Spiego poi l’aggettivo “embrionale” dicendo che se l’attuale democrazia rappresentativa – giunta al capolinea – ha avuto oltre due secoli di tempo, a partire dalla Rivoluzione francese, per evolversi e perfezionarsi al massimo possibile, agli istituto della democrazia “diretta” si deve concedere almeno qualche decennio, per vedere se è per davvero un «idiozia» – come dice il filosofo Cacciari – o è invece la forma necessaria per salvare l’umanità dal suicidio e dalla catastrofe nucleare e ambientale cui è stata condotta proprio dalla democrazia “rappresentativa”. Spiace che il filosofo Cacciari - le cui opinioni ascoltiamo sempre con interesse – non abbia riconosciuta alla democrazia diretta neppure la nobiltà dell’Utopia, ma addirittura sia stata da lui degradata e bollata come “idiozia”. Su questo punto sono ritornato più volte nella mia “scrittura sull’acqua”, cioè nei miei blog. Non so, non credo, che Beppe Grillo abbia seguito questa problematica che a me sta molto a cuore. Mi ha però sorpreso assai piacevolmente vedere come ad Imola sia proprio ritornato sul tema della “Utopia”, definendo il Movimento stesso come utopico... Si rinvia alla registrazione del discorso e se riesco ad estrarne la parte qui citata la inserisco come video... So che è tecnicamente possibile, ma non lo so fare... Se qualcuno mi aiuta, lo ringrazio.
Vengo invece al volumetto di Alessandro di cui inizio la lettura a tappe, pagina dopo pagina. Ha forma dialogica ed è preceduto da una prefazione di due pagine a firma Gianluca Ferrara: con tutto il rispetto, non lo conosco e non so chi sia. Si parla però di «sogno di un mondo diverso». L’uso del termine “sogno” in genere mi indispone perché è tipico del mondo alienato statunitenense, dove tutti coltivano un “sogno”. Io parlo invece di bisogni, di esigenze che hanno bisogno di affermarsi e di esprimersi per rendere possibile la vita, che non è tale se ha “successo” (altro termine americano) ma lo è già e subito se sa essere volontà consapevole rivolta allo scopo: ci penseranno i figli a completare ciò che i padri hanno iniziato. Non sono... “sogni”, ma “solide realtà”, fatte di sforzi, muscoli, sacrifici, intelligenza, oltre che di “onestà” ossia di quell’«eticità» hegeliana senza la quale non è possibile nessuna vita comunitaria. Gianluca concorda con quanto da me sopra detto, constatando che i cittadini «che la politica della rappresentanza era defunta…». E dunque, caro Massimo (Cacciari), non di “idiozia” si tratta, ma se mai dell’ultima speranza che ci è rimasta dopo che questo mondo politico di cui tu hai fatto (e sei) pienamente parte, ci ha condotto... Non possiamo confidare nelle sorti magnifiche e progressive del Partito, della Storia, ma solo nel nostro impegno e nella decisione (Carl Schmitt) la cui natura implica il rischio: non sappiamo come andrà finire se non ci decidiamo a giocare la partita. A cosa punta la nostra decisione? Ad una scelta per l’uomo e per l’umanità, dove nessuno resta indietro, nessuno è abbandonato e gettato nella macchina tritatrice come le mele che non possono essere assorbite dal Dio Mercato, che deve mantenere il suo Regime dei Prezzi.
Qual è l’immagine del “nuovo” che dai vecchi partiti viene schierata contro il Movimento? Il “nuovo” che avanza lo chiamano Matteo (Renzi), mentre l’altro Matteo (Salvini) si adatta - sembrerebbe - al ruolo di una opposizione “sistemica”. Il modello al quale ci si ispira a me sembra quella anglosassone, americano, dei due partiti, sostanzialmente eguali, con esclusione di ogni terzo intruso e soprattutto con l’esclusione della stragrande maggioranza dei cittadini dalla vita politica, interamente determinata dalle multinazionali e da quell’1% contro il quale sembrerebbe senza successo ha tentato di opporsi il 99 %. La legge elettorale, l’Italicum, è stata espressamente concepita per una spartizione del potere fra due poli personalistici: da una parte Matteo Renzi e dall’altra Silvio Berlusconi. L’hanno concepita e partorita insieme nel chiuso del Nazareno con Verdini in funzione di levatrice... Ma le cose pare stiano loro sfuggite di mano e vi è il fondato rischio che ciò che aveva escogitato per escludere il Terzo possa rivelarsi un boomerang e vada a favorire proprio quel terzo. Ripeto: a mio modesto modo di vedere, non è importante che il Movimento vinca le prossime elezioni quanto che quell’aggregazione di un buon 25 % di elettorato si consolidi, permanga nel tempo e dia vita a nuove forme di esperienza politica, a nuove istituzioni.
A chi mi chiede cosa sia il Movimento io rispondo con una formula che poi cerco di chiarire: «Il Movimento è una forma embrionale di democrazia diretta». Spiego poi l’aggettivo “embrionale” dicendo che se l’attuale democrazia rappresentativa – giunta al capolinea – ha avuto oltre due secoli di tempo, a partire dalla Rivoluzione francese, per evolversi e perfezionarsi al massimo possibile, agli istituto della democrazia “diretta” si deve concedere almeno qualche decennio, per vedere se è per davvero un «idiozia» – come dice il filosofo Cacciari – o è invece la forma necessaria per salvare l’umanità dal suicidio e dalla catastrofe nucleare e ambientale cui è stata condotta proprio dalla democrazia “rappresentativa”. Spiace che il filosofo Cacciari - le cui opinioni ascoltiamo sempre con interesse – non abbia riconosciuta alla democrazia diretta neppure la nobiltà dell’Utopia, ma addirittura sia stata da lui degradata e bollata come “idiozia”. Su questo punto sono ritornato più volte nella mia “scrittura sull’acqua”, cioè nei miei blog. Non so, non credo, che Beppe Grillo abbia seguito questa problematica che a me sta molto a cuore. Mi ha però sorpreso assai piacevolmente vedere come ad Imola sia proprio ritornato sul tema della “Utopia”, definendo il Movimento stesso come utopico... Si rinvia alla registrazione del discorso e se riesco ad estrarne la parte qui citata la inserisco come video... So che è tecnicamente possibile, ma non lo so fare... Se qualcuno mi aiuta, lo ringrazio.
Vengo invece al volumetto di Alessandro di cui inizio la lettura a tappe, pagina dopo pagina. Ha forma dialogica ed è preceduto da una prefazione di due pagine a firma Gianluca Ferrara: con tutto il rispetto, non lo conosco e non so chi sia. Si parla però di «sogno di un mondo diverso». L’uso del termine “sogno” in genere mi indispone perché è tipico del mondo alienato statunitenense, dove tutti coltivano un “sogno”. Io parlo invece di bisogni, di esigenze che hanno bisogno di affermarsi e di esprimersi per rendere possibile la vita, che non è tale se ha “successo” (altro termine americano) ma lo è già e subito se sa essere volontà consapevole rivolta allo scopo: ci penseranno i figli a completare ciò che i padri hanno iniziato. Non sono... “sogni”, ma “solide realtà”, fatte di sforzi, muscoli, sacrifici, intelligenza, oltre che di “onestà” ossia di quell’«eticità» hegeliana senza la quale non è possibile nessuna vita comunitaria. Gianluca concorda con quanto da me sopra detto, constatando che i cittadini «che la politica della rappresentanza era defunta…». E dunque, caro Massimo (Cacciari), non di “idiozia” si tratta, ma se mai dell’ultima speranza che ci è rimasta dopo che questo mondo politico di cui tu hai fatto (e sei) pienamente parte, ci ha condotto... Non possiamo confidare nelle sorti magnifiche e progressive del Partito, della Storia, ma solo nel nostro impegno e nella decisione (Carl Schmitt) la cui natura implica il rischio: non sappiamo come andrà finire se non ci decidiamo a giocare la partita. A cosa punta la nostra decisione? Ad una scelta per l’uomo e per l’umanità, dove nessuno resta indietro, nessuno è abbandonato e gettato nella macchina tritatrice come le mele che non possono essere assorbite dal Dio Mercato, che deve mantenere il suo Regime dei Prezzi.
(segue)
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