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Non era stato facile trovare questo libro, ma dopo averlo alla fine acquistato è rimasto nello scaffale, sepolto da altri impegni e letture. L’interesse non è però mai venuto meno. Di cosa si tratta? Normalmente, la propaganda israeliana indica il noto muro, sul quale papa Francesco ha poggiato la sua fronte in segno di preghiera, come una... “barriera difensiva”. Si dice: i palestinesi, come tanti kamikaze, si scagliano contro di noi, che per questo ci difendiamo erigendo un muro “di separazione” fra noi e loro, ed in questo modo ci “difendiamo”, esercitando un nostro legittimo diritto alla “difesa”. Veramente, è piuttosto grottesco anche soltanto immaginare un uomo che voglia uccidere un altro uomo, ma per poterlo fare deve uccidere innanzitutto se stesso, trasformandosi in quello che con terminologia giapponese è chiamato “kamikaze”, per indicare i piloti giapponesi che trasformavano durante la guerra il loro aereo nell’ultima bomba a loro disposizione. Il termine è quanto mai improprio e i palestinesi, o i musulmani, che per disperazioni giungono a questo gesto estremo chiamano se stessi “martiri”, a difendersi dai quali gli israeliani dicono di aver appunto eretto un... Muro. La spiegazione di Ménargue è ben altra. Riconduce all’ideologia religiosa ebraica, o almeno di un certo ebraismo religioso, l’edificazione di un Muro che andrebbe a separare i “puri”, cioè gli ebrei stessi, dagli “impuri”, che sarebbero appunto gli arabi palestinesi. Alain Ménargue ha avuto non pochi problemi nel sostenere le sue tesi. Finalmente, il libro è venuto fuori dagli scaffali e lo terremo adesso d’occhio redigendo un’apposita scheda di lettura, che - ripetiamolo - non è la classica recensione, ma una serie di appunti nel corso di una lettura sequenziale che si può protrarre a lungo nel tempo. Il libro è di 274 pagine ed è scritto in francese, che posso leggere senza grande difficoltà. Anzi questa lettura sarà una buona occasione per rinfrescare la lingua, insieme ad altre analoghe schede che redigerò per il tedesco, l’inglese, lo spagnolo.
Il libro si apre con una citazione di Sharon, dell’aprile 2001, su Haaretz, che suona così: «La guerra d”indipendenza non è terminata, il 1948 non fu altro che il primo capitolo. Ogni metro guadagnato è un metro in più per Israele». Accanto, nel libro, una cartina che riportiamo. In questi giorni che seguono agli attentanti al Bataplan parigino, il tema Israele viene lasciato sullo sfondo e si tenta da parte di ben noti soggetti di far passare il messaggio subliminale che la difesa dell’Occidente è la difesa di Israele, che è invece all’origine (si veda Mariantoni, Gli occhi bendati sul Golfo) di tutti i conflitti mediorientali non solo da Saddam in poi, ma già da Balfour in poi, se non addirittura prima. Tutti i retroscena che portarono alla Dichiarazione Balfour sono ora chiaramente e diffusamente spiegati da Alan Hart, nella sua trilogia sul sionismo, di cui è uscito in traduzione italiana il primo volume, contro il quale si sta tentando l’oscuramento: nessuna recensione sui giornali, negazione delle sedi chieste per fare presentazioni del libro, dichiarazioni indignate contro un libro che a priori non si deve leggere e discutere, giacché basta il solo titolo: Sionismo il vero nemico degli Ebrei. Vol. 1°: Il falso Messia, che sarebbe appunto lo stato di Israele, che per “difendersi” erige il Muro di cui Menargue parla...
Ecco come il “muro di separazione” o la “barriera difensiva” - termini ai quali i media influenzati dalla propraganda israeliana ci hanno abituati - viene definito da Menargues, nel testo francese che tradurrò in seguito: «Le mur? Une largeur d’autoroute à six voies, renforcé de haies d’acier de huit mètres de haut, surmontées de fils électriques. Aucun réalisateur n’aurait pu imaginer pour son film un tel périnètre pour un camp de prisonniers. Plus loin, des paysans regardent leurs leurs oliviers, à travers le grillage. Les arbres sont en fleur. Entfermés derrière le mur, leurs champes leurs pâturages, leurs puits sont condamnés. Un portail s’ouvre ou se ferme, au gré de l’humeur du soldat israélien de garde qui prélève, en sus, une taxe de péage: deux dollars par personne et par franchissement. Taxe officiellement “illégale”, mais prélevée classiquement par le détenteur de la force armée. Le murs nous renvoient aux régimes totalitaires, à l’apartheid, à la honte. Sauf qu’aujourd’hui, cela ce passe en Israël, pays que nous avons pris l’habitude de considerér comme démocratique. “Ce mur couple le monde en deux”, affirme Jean Baudrillard. Il a raison. Depuis plusieurs décennies, il y a d’un côté Israël et son allié stratégique américain et, de l’autre, le reste du monde. Comme si, pour les deux premiers, le peuple palestinien était une bande de “loqueteux” juste bonne à être parquées dans des réserves» (p. 10)
(Segue)
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