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Testo in elaborazione ed in progress.
Il discorso con questo libello è presto fatto e non è necessario arrivare alla fine del libro che abbiamo comprato giusto ieri, facendolo venire dalla Francia, maggiorato di prezzo per l’enorme distanza. Leggeremo fino in fondo il libro, anche per mantenere in esercizio il nostro francese. Ma si capisce subito, fin dalle prime righe, qual è la pulsione fondamentale dei tre autori, di cui cercheremo di trovare la faccia su internet, per non avere soltanto una sequenza di lettere, laddove dietro un nome vi è sempre una persona reale in carne ed ossa. Forse per questo tanti milioni, che dico miliardi di uomini, vengono sacrificati nell’economia globale, con guerre, epidemie, malnutrizione e morte per fame, quando non dietro un video-gioco, dove un soldatino statunintense con Coca-cola in mano, fa sganciare ad un drone il suo carico mortale di bombe su un villaggio dell’Afghanistan, poco curandosi degli effetti collaterali. Basterà che un mezzobusto dica che il governo si dispiace per effetti non voluti, per errori marginali.
È semplice, dicevamo, il discorso di questi tre signori. Di fronte alla crescente complessità del mondo in cui viviamo, dove magari lavori negli Usa e ti chiudono la fabbrica, perdendo tu il posto, perché il Fato ha calcolato che quello stesso prodotto lo si può produrre in Cina pagando il decimo del salario che si paga negli Usa o in Italia, non è lecito chiedersi del come e del perché di questi meccanismi e se in nome del dio Mercato o meglio Profitto si possano considerare gli uomini alla stregua di frutta e ortaggi in sovrapproduzione, da mandare al macero, per mantenere una certa soglia di prezzi. No, non si possono porre di queste domande. Sarebbe “complottismo” voler cercare la causa di fenomeni complessi ed anche occulti, cioè volutamente tenuti nell’ombra ed ignorata da una stampa dedita per il 90 per cento al gossip ed estranea agli interessi concreti e materiali della gente.
È ormai diventato un metodo di comune esperienza la ricerca delle cause di un dato fenomeno, sia esso naturale o sociale ed economico. Ricercando le cause, si comprende il fenomeno e si può trovare una soluzione se il fenomeno continua a produrre effetti dannosi e indesiderati. La gamma delle possibilità e dei casi è davvero infinita quanto complesso ed infinito è il mondo e l’universo in cui viviamo. Naturalmente, nella ricerca delle cause e nella proposta di soluzioni si può incorrere in errori, ma – come dice il proverbio – sbagliando si impara, ed appena scoperto l’errore, lo si abbandona, per passare all’individuazione di cause e rimedi più plausibili. Ma non si devono toccare una serie di tabù su cui il Potere si adagia. Ad esempio, per principio, non si mettere in dubbio la parola di un presidente degli Stati Uniti d’America. Se egli ci dice che un corpo buttato in mare è quello di Osama bin Laden, gli si deve credere senza bisogno che nessuno veda e riconosca quel corpo. Che diamine! Lo ha detto un presidente degli Stati Uniti! Non è un’esagerazione. L’ho potuto io stesso sentire e vedere stando di qua dello schermo televisivo, passivo ed inerte, durante un talk show, dove a sostenere la tesi del “complotto” vi era da solo il bravo Giulietto Chiesa e dall’altra parte erano tutti coalizzati contro di lui, null’altro opponendo che l’argomento del Ipse dixit. Se poi addirittura si dice che non si crede nulla della versione ufficiale dell’11 settembre e si dice che Osama bin Laden non ha nulla a che fare con questo Evento, apriti cielo! Si è subito scaraventati nel mondo basso dei reprobi.
Ma veniamo al libro, che ho acquistato in ragione di una nota, dove nel mucchio, nella “massa damnationis” sono inclusi alcuni nomi di italiani, alquanto risentiti per essere stati messi in una quanto mai arbitraria “galassia” di nomi ed eventi, da null’altro uniti che da termini come “antisionismo” che significa secondo costoro “antisemitismo”, già sanzionato penalmente, e dunque polo attrattivo verso cui far convergere tutti quelli che stanno antipatici e che si vogliono togliere di mezzo, quindi il “negazionismo”, la cui sanzione penale in Francia (Faurisson), Germania (Mahler), ed ancora, ha mandato a farsi friggere almeno due secoli di chiacchiere sulla libertà di pensiero, di espressione, di stampa. Che “antisemitismo” e “antisionismo” siano concetti totalmente distinti e la cui connessione è solo strumentale lo abbiamo discusso a più riprese. Il fatto che il libercolo insista su questa equiparazione serve non a documentare un’identificazione che non esiste, ma la natura stessa e la funzione del libello. In pratica, se partiamo da eventi ultimi come “Piombo Fuso” o “Mavi Marmara” o ultimissimo il “tiro al tacchino”, dove tranquillamente soldati israeliani (“sionisti”?) sparavano sui profughi che volevano ritornare alle case da dove erano scacciati, dagli “eredi delle Vittime”, costoro rivendicano una licenza di uccidere, una licenza al genocidio, su null’altro fondato che su Dogmi e Tabù che a noi europei vengono imposti con pene fino a 12 anni di carcere, come in Germania il caso Mahler, per il quale i cittadini tedeschi prendono il coraggio di manifestare per le strade, con cartelli, chiedendo la liberazione dello scrittore e l’abolizione del § 130 del codice penale tedesco, che si chiede – udite! udite! – di introdurre anche in Italia. E sappiamo chi vuole questo e di quali mezzi si serve.
Il libello dunque non fa che passare in rassegna nomi e movimenti, per poi ingabbiarli dentro gli arbitrari e quanto mai opinabili totem mentali dei tre autori, peraltro attivi in associazioni ed enti costituiti a questo scopo. Devono dunque scovare “complottisti”, “antisemiti”, “antisionisti”, “negazionisti”. Siamo usciti da qualche millennio di persecuzioni religiose fondate su astrusi teologismi, che oggi fatichiamo a ricostruire e comprendere, per ritrovarci con categorie secolarizzate dell’esclusione sociale e della riduzione al silenzio dell’avversario, o meglio ancora dell’ignaro ed ingenuo diversamente pensante.
È però da dire che in Francia e in Italia la partita grossa si sta giocando su un’equiparazione per la quale sempre più si chiede il riconoscimento legislativo. Ossia che essere “antisionisti” e lo stesso che essere “antisemiti”. Per cui se in Libano il governo israeliano, dichiaratamente “sionista”, semina bombe a grappolo in Libano o colora i cieli di Gaza con bombe al fosforo bianco, allora manifestando contro Israele, si diventa ipso facto “anti-sionisti” e dunque “antisemiti” e quindi i gendarmi possono andare ad acciuffare tutti quelli che per le strade si sono messi a manifestare contro la barbarie e l’uccisione di donne, bambini, vecchio, giovani, anziani ed animali domestici. Questà è l’Europa dei “diritti umani”, la cui civiltà viene esportata a forza in paesi come la Libia, l’Iraq, l’Afghanistan, per non parlare della Palestina, dove il racconto incomincia nel 1882.
Dimenticavo il mondo della finanza e della speculazione in borsa. Ormai, si va facendo sempre più strada il pregiudizio “complottista” per il quale un pugno di persone ricchissime, che si arricchiscono sempre più quanto più tutti gli altri si impoveriscono, è in grado di far cadere gli stati come fossero birilli. Di nient’altro si servono che di meccanismi finanziari, di indebitamenti forzati, di base monetaria, di tassi di interesse, di pagelle con buoni e cattivi. La gente incomincia a mettersi che in testa che se ha delle buone e belle braccia per lavorare, o meglio ancora una buona testa e competenze acquisite in decenni e decenni di studio, non vi è fondato motivo per le quali non debba metterle a frutto e poter lavorare, avendo diritto ad un lavoro, senza doverlo andare ad implorare come una grazia concessa dal Cielo. Se questo non avviene, si mette in testa che si debbano cercare dei responsabili e che la Finanza c’entri qualcosa con i guai della gente, che si trova senza lavoro e disperata. Se poi magari nel mondo della finanza, ai suoi vertici dei vertici, si trova qualche ebreo, eccoti dunque la prova risolutiva che sta risorgendo l’antisemitismo, di cui sempre meno si sa cosa sia quanto più se ne parla e lo si vede ovunque.
Insomma, questo grosso modo il contenuto del libercolo, che leggeremo fino alla fine, prestando attenzione ai nomi delle persone che si vogliono colpire e diffamare, ma non dando ovviamente nessun credito a connessioni del tutto arbitrarie. Curiosamente, il libro stesso offre un argomento ai cosiddetti “complottisti”, perché il libello stesso non sarebbe nato se non come prodotto del reticolo di associazioni, veramente assai fitto, il cui unico scopo, sembrerebbe assai bene finanziato, è quello di dare la caccia a “complottisti”, “antisionisti”, “antisemiti”, “negazionisti”, “odiatori”, nemici di Israele. Stavamo appunto parlando di “collegamenti”. Eccone, uno. E mi chiedo se non sia venuta da qui l’indicazione di inserire, come cavoli a merenda, in una nota i nomi di ignari italiani, che poco o nulla sanno della galassia francese. È da dire che i collegamenti internazionale fra i cacciatori professionisti di “complottisti” ed altro sono molto più organici e stretti di quelli fra i “complottisti” stessi che non si conoscono per nulla l’un l’altro, o che appena sanno il nome l’uno degli altri.
La cosa si spiega con le immense risorse finanziarie di cui dispongono i “cacciatori” e l’assenza di qualsiasi collegamento e risorsa finanziaria di cui non dispongono i “cacciati”. Se anche io sono fra gli “indemoniati”, il libro mi sarà utile per conoscere i nomi dei miei compagni. Chissà! può darsi che i miei “compagni” siano diavoli simpatici, con i quali potrebbe essere utile fare conoscenza. Ed in questo caso dobbiamo ringraziare gli autori del libro ed i suoi referenti italiani, per averci fatti conoscere noi poveri diavoli, dico “poveri” non in senso metaforico, per magari stabilire un’associazione di mutuo soccorso. Sto leggendo in lingua italiana il referente. Devo dirne qualcosa ed aspettare un nuovo attacco? Non voglio attizzare la polemica, ma colgo occasione per una riflessione di carattere generale, prendendo spunto da questa frase:
• Di Michel Briganti, primo in ordine alfabetico fra gli autori del Libello, troviamo nel web traccia di una sua presenza in Italia, nel 2000, dove viene indicato come «Michel Briganti del C.R.I.D.A. di Parigi (centro di ricerca e documentazione antirazzista)» (Fonte). Sono passati 11 anni, la crisi economica e sociale falcia nuove vittime e disoccupati, ma ancora si ode il bla bla su antifascismo e corbellerie di cui poco sanno e comprendono le persone comuni. Vogliono toglierci anche la possibilità di aprire bocca, evocando fantasmi e miti del passato sui quali soltanto hanno costruito la loro legittimazione. Ma si sta verificando un fenomeno assai curioso. Siccome il ceto politico del dopoguerra, «I professionisti del potere» – altro libri appena comprato e in lettura, di cui forse diremo in altra scheda –, non si sono preoccupati di costruire una loro propria ed autonoma legittimazione al potere, che esercitano come “privilegio” e per nulla come “servizio”, ma l’hanno tutta fondata sulla “delegittimazione” dei fantasmi di un passato sempre più remoto, succede che assistiamo ad una caduta verticale di legittimità di tutta la classe politica, che vanamente tenta di attirarci all’interno della tifoseria di regime, di un “Sarcasmo da Rotterdam” (D’Alema) che dà addosso all’«energumeno tascabile» (Brunetta), di cui viene trasmesso un brano audio-visivo, invero staccato dal contesto, dove ad una povera madre che cerca lavoro per il figlio bravissimo ed intelligentissimo, si consiglia di far alzare il figlio alle cinque di mattina e di mandarlo a scaricare cassette ai mercati generali. Avendo sempre meno legittimazione propria ed insistendo sulla delegittimazione di una classe politica, cessata manu militari nel 1945, la gente si chiede spontaneamente: «ma non sarà mai che quelli erano migliori di questi?» Per saperlo, ci dovrebbero consentire di poter studiare liberato la storia dei nostri padri, nonni e bisavoli, ma la comprensione critica del passato è sbarrata con 12 anni di carcere, per chi si volesse prendere la briga di indagare. Ma se ti impediscono di sapere e pretendono che giuriamo sul verbo di uno di questi “Briganti” francesi, vuol dire che qualcosa non quadra.
• Neppure di André Déchot, secondo libellista in ordine alfabetico, riusciamo a trovare notizie significative, per null’altro che riuscire a capire la sua formazione culturale. Troviamo il suo nome associato ad una delle infinite sigle, la RAS, che andrebbe svolta come: «Recerche Action…» e sarebbe: «Le Collectif R.A.S. est une fédération d'artistes de Dijon qui privilégie les créations scéniques pluridisciplinaires dans le domaine des arts vivants et des musiques actuelles. Constitué en association de loi 1901, le collectif a pour objectif de soutenir et développer les initiatives novatrices des formations théâtrales ou musicales dites "émergentes"». Al momento no siamo in grado di dire altro, ma sembra il solito calderone, la solita solfa, dell’antifascismo e dell’antirazzismo, dove in ultimo non si capisce bene chi sarebbero i “fascisti” e i “razzisti”. Di Benedetto Croce, liberale e antifascista, vissuto in Italia durante il fascismo, non abbiamo mai saputo che abbia mai fatto un solo giorno di carcere per i numerosissimi libri ed articoli scritti. Del suo collega e amico Giovanni Gentile, fascista, sappiamo che è stato “pugnalato”, appena l’Italia è stat “liberata”, vivendo ancora oggi in quel regime di libertà, di cui troviamo traccia nel libercolo francese.
• Del terzo autore, Jean-Paul Gautier, leggiamo in quarta di copertina che è un “historien”, di quelli evidentemente che non corrono il rischio di finire in carcere per i loro “libri di storia”, ed in particolare uno “spécialiste de l’éxtreme droite”. E questo mi fa pensare a ciò che leggevo in un libro, se non erro, dell’anno 1970, dove già allora un grande sociologo francese, Julien Freund, scriveva all’incirca: i concetti di “destra” e di “sinistra” non mi aiutano a pensare politicamente ed era forse, Freund, uno dei primi scrittori che abbandonava questi concetti, la cui inutilità ed inconsistenza è divenuta sempre più evidente nel progredire degli anni, al punto che oggi si serve di queste parole chi non capisce nulla di politica o non vuol far capire nulla. Ed è ciò tanto vero che i tre libellisti si devono servire del concetto di “galassia” per racchiudere una gamma assai vasta di persone e movimenti, diversi fra loro e che non dispongono neppure di quei collegamenti che sono indispensabili per avere un partito politico o un gruppo organizzato, lo si chiami poi di destra, di centro, di sinistra e gradazioni intermedie, che fanno la gioia dei politologi e dei giornalisti.
Proseguendo nella lettura, voglio subito annotare un concetto che mi pare essenziale, prima che lo dimentichi. Mentre si tenta di screditare Dieudonné, più come figura tipica che come concreto personaggio, si risale al momento in cui nella sua biografia si interessava di neri, di tratta dei neri, di liberazione dei neri e di rivisitazione storica delle vergogne della nostra radiosa civiltà occidentale e coloniale. Naturalmente, i tre libellisti sfottono Dieudonné per il suo “autoproclamarsi difensore del continente africano”, cosa che evidentemente dispiace ai tre libellisti, che di liberazione del continente africano non sembrano interessarsi particolarmente. Ma se afferriamo bene i caratteri francesi impressi su carta, a p. 30, il concetto che costoro forse neppure comprendono è un’altro, che io trovo appropriato per altri ambiti, ad esempio il Medio Oriente e la Palestina.
Se è vero che la Francia conduce da sempre una politica africana che non ha per scopo la liberazione dell’Africa, allora se io voglio aiutare l’Africa, devo lottare in Francia, non in Africa. In Francia, dove vengono pianificate le peggiori politiche africane, in Francia, dove è stata pianificata l’attacco alla Libia e di riflesso l’attacco all’Italia, con i nostri governanti che ci sono cascati come autentici coglioni, beati e contenti, che tanto rischiano con le vite e i destini altrui. Lo stesso si può dire per la Palestina e il sionismo. Ed ecco che ci avviciniamo alla sostanza del libro ed alle pulsioni che spingono i tre libellisti. In Francia esistono gruppi di appoggio alla politica israeliana non solo a partire da anni a noi recenti. Non si dimentiche che è stata la Francia a fornire dell’atomica Israele. Non si dimentichi l’attacco all’Egitto nel 1956, progettato dal trio Francia-Inghilterra-Israele. Non si dimentichi il ruolo del signor Picot negli accordi segreti per la spartizione dell’ex Impero ottomano nel 1916, proprio mentre agli arabi si prometteva il contrario di ciò che veniva scritto in accordi segreti.
È probabilmente qui la causa del livore dei tre libellisti contro un comico, la cui arma più terribile di cui dispone è la capacità di far ridere, rivelando verità che invano uscirebbero da libercoli come quelli che prendiamo in oggetto, e di cui al momento si trova in rete un intenso battage pubblicitario senza nessun serio esame del contenuto. Si riportano soltanto le prime pagine e poi si crea un’aurea di importanza su un libretto che ne ha invero assai poco. Questo genere di associazionismo, di cui il libercolo è espressione, teme non poco che possa diffondersi oltre la soglia critica una diversa visione della politica estera francese ed europea. E dunque se vogliamo lottare per la Palestina – dice Diuedonné, ma non è per nulla il solo a dirlo –, va bene qualsiasi iniziativa di solidarietà, ad esempio la Flotilla I, II, III..., ma è soprattutto in Francia che dobbiamo combattere il “sionismo”, che non è certo un movimento di liberazione del popolo... palestinese!
Lo sanno bene i tre libellisti che questo è per loro il vero pericolo. Ed eccoli dare giù a più non posso contro il comico e uomo di spettacolo: siete “complottisti”, “antisemiti”, “anti-sionisti” ergo “antisemiti”, “negazionisti”, “razzisti” ed a più non posso. Visto che si trovano infilano in quanche nota nomi e gruppi italiani, che poco o nulla sanno di Dieudonné e della “galassia” che graviterebbe intorno al suo nome. In realtà, una “galassia” che esprime soltanto il disordine mentale dei Libellisti ed il loro bisogno di fare di ogni erba un fascio, unita soltanto da una comune opposizione, vera o supposta, al nome di Israele, che costoro associano senz’altro all’ebraismo, ignorando quella parte della galassia, che pone ad esempio in opposizione il “giudaismo” religioso (leggi Rabkin) con il “sionismo”, ritenuto addirittura il principale “nemico” dell’essenza religiosa del giudaismo, anche se sappiamo che in Israele si è formato un rabbinato che ha abbracciato pienamente il sionismo.
Un altro esempio del contenuto del libello e dei suoi proposito lo si coglie poco più avanti. Ne accenniamo e poi proseguiremo fino al termine del libro, ma senza qui annotare altro, se non troviamo elementi nuovi. Ché rischieremmo di scrivere un Anti-libello senza averne né il tempo né la voglia. Pochi sapranno che nel 1685 fu redatto in Francia un codice dove si regolava la tratta dei neri. Da questo codice vennero esclusi gli ebrei, non in quanto oggetto del traffico, ma in quanto trafficanti di neri. Il commercio veniva riservato ai soli “cristiani”. Dieudonné lascia intendere – se non andiamo troppo di fretta nella lettura, in effetti ingrata – che tanto gli “ebrei” questo traffico lo esercitavano già ed ora i cristiani intendevano solo soppiantarli in questa attività allora assai lucrosa. Ebbene, il fatto di aver menzionato l’esistenza di “ebrei” in questo traffico oltre quattro secoli fa, procura a Dieudonné una nuova accusa di “antisemitismo”, che io credo di aver definito felicemente come una moderna “lettre de cachet” che viene consegnata ad un certo associazionismo con facoltà di inserirvi i nomi di chiunque loro aggrada, o meglio non aggrada, potendo in tal modo per moderno privilegio post-rivoluzione francese sbarazzarsi di ogni avversario politico. Ed in effetti si può notare facilmente come in una qualsiasi faccenda poco pulita (commercio di droga, truffe finanziarei, prostituzione, traffico d’organi, etc.), si può dire che le persone implicate sono italiani, bulgari, romeni, calabresi, siciliani, zingari, etc., ma se scappa di dire che sono “ebrei”, ecco che scatta l’accusa di “antisemitismo”. È buffo, ma pare proprio così. E noi non ritorneremo ancora sulle parti del libro che seguono questo schema.
Sono giunto a quasi la metà del libro ed annoto adesso le mie risultanza di lettura del testo, prima di sospendere la sessione di lettura, rinviandola ad altro giorno. Le osservazioni immediate ed a caldo, salvo possibili errori e non impossibile revisioni e rettifiche di quanto ora scrivo, dico che il libro è totalmente inutile se il lettore volesse davvero conoscere i gruppi, gruppuscoli, e quanto altro si parla nel libercolo. In questi casi, il Lettore che volesse conoscere il travaglio politico che fuoriesce dal meccanismo della democrazia parlamentare-rappresentativo non dovrebbe per nulla affidarsi al libello di cui ci occupiamo, le cui finalità sono ben altro che quelle di far conoscere un dibattito politico interno alla cultura francese. Lo scopo del libro è quello di tracciare una linea netta di demarcazione, dove da una parte c’è lo stato di Israele con l’associazionismo francese che ne è l’emanazione e la quinta colonna, e dall’altra ci sono tutti quanti non sono “amici” di Israele, ovvero suoi soggetti e succubi. Invano, si cercherebbe una definizione concettuale di cosa sarebbe l’«antisemitismo». Gli autori lasciano trasparire un’autentica goduria quando riferiscono di procedimenti penali che colpiscono i detestati avversari, verso i quali non vi è contumelia che venga loro risparmiata. Quindi, questo libro non serve certo per comprendere la “galassia”, ma offre un documento di quale sia oggi la condizione della libertà di pensiero, di espressione e di critica politica in Francia.
Qualche volta vengono fatti nomi italiani ed il lettore italiano colto ne può rilevare a pieno tutta la superficialità e l’ignoranza dei Tre Autori, che in tre non riescono su cose italiane a saperne di più di un discreto studente di liceo. Ad esempio, non significa nulla fare il nome di Evola, pensando di esaurire tutta la complessità del fascismo, a comprendere il quale non pochi studiosi hanno rinunciato. Il fascismo inoltre è meno ideologia, abbastanza variegata nelle sue correnti, che non realizzazione concrete, come bonifiche, case popolari, colonie estive, lettere al Duce, architettura, salvataggi industriali, stato sociale, ecc., cose che spesso si guardano con rimpianto. E soprattutto il fascismo era ancora sovranità ed indipendenza. Ma anche sul piano della libertà di pensiero e di espressione, tema che ci sta particolarmente a cuore, sorge in me forte il dubbio che allora ve ne fosse più di quanto non ne abbiamo oggi. Lo testimonia la figura di Benedetto Croce, padre del liberalismo italiano, che non ha avuto nessun bisogno di emigrare all’estero, per lo più in Francia, da dove si tramava contro l’odiato Regime. Ma un libretto stesso come quello di cui ci occupiamo a quale altro scopo, per quale altro motivo è stato redatto se non per stilare una lista di coloro cui si deve tappare la bocca? Ai Tre Autori neppure passa per l’anticamera del cervello che quando si parla di politica e ci si confronta su temi politici la base dalla quale non si può prescindere è la piena libertà di chi la pensa diversamente da te, senza che questo sia una colpa, un crimine.
Avendo noi un’idea della Francia modellata sulle sue costituzioni dell’ottocento, su tutta la teorica dello Stato di diritto che sulla rivoluzione francese è stato modellato, facciamo fatica a riconoscere quella Francia con questa Francia tanto illiberale e sanguinaria. Certo, dobbiamo integrare ed aggiornale le nostre conoscenze, ma siamo sicuri che il Libello non serve a questo scopo se non come documentazione di ciò che non vorremmo la Francia fosse. Compare una volta il nome di Giulietto Chiesa, che ci onoriamo di conoscere anche di persona, ma proprio non riconosciamo il nostro Giulietto nella scarna nota dove si dice, quasi fosse un crimine, che ha curato l’ottimo libro, da noi letto, sull’11 settembre, che consiste di numerosi saggi, tutti assai bene argomentati. Naturalmente, se ne possono discutere le tesi, ed anche non accettarle, ma il i tre libellisti ne parlano come se Loro Tre fossero i detentori, divinamente ispirati, di una Verità assoluta, di cui non è minimamente lecito dubitare. Certamente, un Giuletto Chiesa sempre accorto e ragionevole nel porre le sue tesi, da renderci assolutamente non accettabile l’immagine da casellario giudiziario che ce ne viene offerta dai tre autori francesi, parrebbe unicamente preoccupati di redigere liste di proscrizione, entro le quali includere anche nomi italiani.
Il discorso con questo libello è presto fatto e non è necessario arrivare alla fine del libro che abbiamo comprato giusto ieri, facendolo venire dalla Francia, maggiorato di prezzo per l’enorme distanza. Leggeremo fino in fondo il libro, anche per mantenere in esercizio il nostro francese. Ma si capisce subito, fin dalle prime righe, qual è la pulsione fondamentale dei tre autori, di cui cercheremo di trovare la faccia su internet, per non avere soltanto una sequenza di lettere, laddove dietro un nome vi è sempre una persona reale in carne ed ossa. Forse per questo tanti milioni, che dico miliardi di uomini, vengono sacrificati nell’economia globale, con guerre, epidemie, malnutrizione e morte per fame, quando non dietro un video-gioco, dove un soldatino statunintense con Coca-cola in mano, fa sganciare ad un drone il suo carico mortale di bombe su un villaggio dell’Afghanistan, poco curandosi degli effetti collaterali. Basterà che un mezzobusto dica che il governo si dispiace per effetti non voluti, per errori marginali.
È semplice, dicevamo, il discorso di questi tre signori. Di fronte alla crescente complessità del mondo in cui viviamo, dove magari lavori negli Usa e ti chiudono la fabbrica, perdendo tu il posto, perché il Fato ha calcolato che quello stesso prodotto lo si può produrre in Cina pagando il decimo del salario che si paga negli Usa o in Italia, non è lecito chiedersi del come e del perché di questi meccanismi e se in nome del dio Mercato o meglio Profitto si possano considerare gli uomini alla stregua di frutta e ortaggi in sovrapproduzione, da mandare al macero, per mantenere una certa soglia di prezzi. No, non si possono porre di queste domande. Sarebbe “complottismo” voler cercare la causa di fenomeni complessi ed anche occulti, cioè volutamente tenuti nell’ombra ed ignorata da una stampa dedita per il 90 per cento al gossip ed estranea agli interessi concreti e materiali della gente.
È ormai diventato un metodo di comune esperienza la ricerca delle cause di un dato fenomeno, sia esso naturale o sociale ed economico. Ricercando le cause, si comprende il fenomeno e si può trovare una soluzione se il fenomeno continua a produrre effetti dannosi e indesiderati. La gamma delle possibilità e dei casi è davvero infinita quanto complesso ed infinito è il mondo e l’universo in cui viviamo. Naturalmente, nella ricerca delle cause e nella proposta di soluzioni si può incorrere in errori, ma – come dice il proverbio – sbagliando si impara, ed appena scoperto l’errore, lo si abbandona, per passare all’individuazione di cause e rimedi più plausibili. Ma non si devono toccare una serie di tabù su cui il Potere si adagia. Ad esempio, per principio, non si mettere in dubbio la parola di un presidente degli Stati Uniti d’America. Se egli ci dice che un corpo buttato in mare è quello di Osama bin Laden, gli si deve credere senza bisogno che nessuno veda e riconosca quel corpo. Che diamine! Lo ha detto un presidente degli Stati Uniti! Non è un’esagerazione. L’ho potuto io stesso sentire e vedere stando di qua dello schermo televisivo, passivo ed inerte, durante un talk show, dove a sostenere la tesi del “complotto” vi era da solo il bravo Giulietto Chiesa e dall’altra parte erano tutti coalizzati contro di lui, null’altro opponendo che l’argomento del Ipse dixit. Se poi addirittura si dice che non si crede nulla della versione ufficiale dell’11 settembre e si dice che Osama bin Laden non ha nulla a che fare con questo Evento, apriti cielo! Si è subito scaraventati nel mondo basso dei reprobi.
Ma veniamo al libro, che ho acquistato in ragione di una nota, dove nel mucchio, nella “massa damnationis” sono inclusi alcuni nomi di italiani, alquanto risentiti per essere stati messi in una quanto mai arbitraria “galassia” di nomi ed eventi, da null’altro uniti che da termini come “antisionismo” che significa secondo costoro “antisemitismo”, già sanzionato penalmente, e dunque polo attrattivo verso cui far convergere tutti quelli che stanno antipatici e che si vogliono togliere di mezzo, quindi il “negazionismo”, la cui sanzione penale in Francia (Faurisson), Germania (Mahler), ed ancora, ha mandato a farsi friggere almeno due secoli di chiacchiere sulla libertà di pensiero, di espressione, di stampa. Che “antisemitismo” e “antisionismo” siano concetti totalmente distinti e la cui connessione è solo strumentale lo abbiamo discusso a più riprese. Il fatto che il libercolo insista su questa equiparazione serve non a documentare un’identificazione che non esiste, ma la natura stessa e la funzione del libello. In pratica, se partiamo da eventi ultimi come “Piombo Fuso” o “Mavi Marmara” o ultimissimo il “tiro al tacchino”, dove tranquillamente soldati israeliani (“sionisti”?) sparavano sui profughi che volevano ritornare alle case da dove erano scacciati, dagli “eredi delle Vittime”, costoro rivendicano una licenza di uccidere, una licenza al genocidio, su null’altro fondato che su Dogmi e Tabù che a noi europei vengono imposti con pene fino a 12 anni di carcere, come in Germania il caso Mahler, per il quale i cittadini tedeschi prendono il coraggio di manifestare per le strade, con cartelli, chiedendo la liberazione dello scrittore e l’abolizione del § 130 del codice penale tedesco, che si chiede – udite! udite! – di introdurre anche in Italia. E sappiamo chi vuole questo e di quali mezzi si serve.
Il libello dunque non fa che passare in rassegna nomi e movimenti, per poi ingabbiarli dentro gli arbitrari e quanto mai opinabili totem mentali dei tre autori, peraltro attivi in associazioni ed enti costituiti a questo scopo. Devono dunque scovare “complottisti”, “antisemiti”, “antisionisti”, “negazionisti”. Siamo usciti da qualche millennio di persecuzioni religiose fondate su astrusi teologismi, che oggi fatichiamo a ricostruire e comprendere, per ritrovarci con categorie secolarizzate dell’esclusione sociale e della riduzione al silenzio dell’avversario, o meglio ancora dell’ignaro ed ingenuo diversamente pensante.
È però da dire che in Francia e in Italia la partita grossa si sta giocando su un’equiparazione per la quale sempre più si chiede il riconoscimento legislativo. Ossia che essere “antisionisti” e lo stesso che essere “antisemiti”. Per cui se in Libano il governo israeliano, dichiaratamente “sionista”, semina bombe a grappolo in Libano o colora i cieli di Gaza con bombe al fosforo bianco, allora manifestando contro Israele, si diventa ipso facto “anti-sionisti” e dunque “antisemiti” e quindi i gendarmi possono andare ad acciuffare tutti quelli che per le strade si sono messi a manifestare contro la barbarie e l’uccisione di donne, bambini, vecchio, giovani, anziani ed animali domestici. Questà è l’Europa dei “diritti umani”, la cui civiltà viene esportata a forza in paesi come la Libia, l’Iraq, l’Afghanistan, per non parlare della Palestina, dove il racconto incomincia nel 1882.
Dimenticavo il mondo della finanza e della speculazione in borsa. Ormai, si va facendo sempre più strada il pregiudizio “complottista” per il quale un pugno di persone ricchissime, che si arricchiscono sempre più quanto più tutti gli altri si impoveriscono, è in grado di far cadere gli stati come fossero birilli. Di nient’altro si servono che di meccanismi finanziari, di indebitamenti forzati, di base monetaria, di tassi di interesse, di pagelle con buoni e cattivi. La gente incomincia a mettersi che in testa che se ha delle buone e belle braccia per lavorare, o meglio ancora una buona testa e competenze acquisite in decenni e decenni di studio, non vi è fondato motivo per le quali non debba metterle a frutto e poter lavorare, avendo diritto ad un lavoro, senza doverlo andare ad implorare come una grazia concessa dal Cielo. Se questo non avviene, si mette in testa che si debbano cercare dei responsabili e che la Finanza c’entri qualcosa con i guai della gente, che si trova senza lavoro e disperata. Se poi magari nel mondo della finanza, ai suoi vertici dei vertici, si trova qualche ebreo, eccoti dunque la prova risolutiva che sta risorgendo l’antisemitismo, di cui sempre meno si sa cosa sia quanto più se ne parla e lo si vede ovunque.
Insomma, questo grosso modo il contenuto del libercolo, che leggeremo fino alla fine, prestando attenzione ai nomi delle persone che si vogliono colpire e diffamare, ma non dando ovviamente nessun credito a connessioni del tutto arbitrarie. Curiosamente, il libro stesso offre un argomento ai cosiddetti “complottisti”, perché il libello stesso non sarebbe nato se non come prodotto del reticolo di associazioni, veramente assai fitto, il cui unico scopo, sembrerebbe assai bene finanziato, è quello di dare la caccia a “complottisti”, “antisionisti”, “antisemiti”, “negazionisti”, “odiatori”, nemici di Israele. Stavamo appunto parlando di “collegamenti”. Eccone, uno. E mi chiedo se non sia venuta da qui l’indicazione di inserire, come cavoli a merenda, in una nota i nomi di ignari italiani, che poco o nulla sanno della galassia francese. È da dire che i collegamenti internazionale fra i cacciatori professionisti di “complottisti” ed altro sono molto più organici e stretti di quelli fra i “complottisti” stessi che non si conoscono per nulla l’un l’altro, o che appena sanno il nome l’uno degli altri.
La cosa si spiega con le immense risorse finanziarie di cui dispongono i “cacciatori” e l’assenza di qualsiasi collegamento e risorsa finanziaria di cui non dispongono i “cacciati”. Se anche io sono fra gli “indemoniati”, il libro mi sarà utile per conoscere i nomi dei miei compagni. Chissà! può darsi che i miei “compagni” siano diavoli simpatici, con i quali potrebbe essere utile fare conoscenza. Ed in questo caso dobbiamo ringraziare gli autori del libro ed i suoi referenti italiani, per averci fatti conoscere noi poveri diavoli, dico “poveri” non in senso metaforico, per magari stabilire un’associazione di mutuo soccorso. Sto leggendo in lingua italiana il referente. Devo dirne qualcosa ed aspettare un nuovo attacco? Non voglio attizzare la polemica, ma colgo occasione per una riflessione di carattere generale, prendendo spunto da questa frase:
“Riparandosi dietro il vessillo della libertà di satira e del diritto all’umorismo, continua da anni a irridere e negare la Shoah, malgrado denunce e condanne in Tribunale: due anni fa invitò sul palco di un suo spettacolo il negazionista Robert Faurisson a cui fece consegnare un premio da un finto deportato ebreo.”Ma, signori, se prendiamo un qualsiasi argomento di carattere storico (morte di Giulio Cesare, incendio di Roma, la sorte dei Templari, a scendere giù fino al Proibito), come possiamo saperne realmente qualcosa se non si concede gli uni agli altri la piena libertà di espressione e di contraddittorio? Il “vero” e il “falso”, ovvero qualcosa che vi rassomigli e si avvicini, noi lo possiamo conoscere sono con il contraddittorio. Ma se tu stabilisci per legge che hai ragione tu, e che io devo andare in galera, se appena oso contraddirti, allora noi non sappiamo e non possiamo sapere nulla sul Proibito Discuterne. Io me ne posso anche infischiare ed occuparmi di farfalle, per il legittimo interesse di non trovarmi in galera senza colpo dare e ferire. E tu stattene pure con i tuoi Tabù. Ma lo stesso spazio civile diventa poi infernale e impossibile se il tuo passo successivo sarà poi quello di prelevarmi a casa o nel luogo di lavoro (scuola, università, ricerca, insegnamento), pretendendo che io debba fare pubbliche professioni di fede sui tuoi Tabù, quando ormai non è più imposto a nessuno, per legge, il Credo cattolico. No, proprio non si più andare avanti così. E di altro che di comici alla Dieudonnè vi è bisogno. Qui è giunto il momento di incazzarsi tutti e di rivendicare l’elementare diritto alla libertà di pensiero e di parola, beninteso senza torcere un capello a nessuno, o frugare sotto le lenzuola di nessuno, che a casa sua ha il diritto di regolarsi come meglio crede.
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• Di Michel Briganti, primo in ordine alfabetico fra gli autori del Libello, troviamo nel web traccia di una sua presenza in Italia, nel 2000, dove viene indicato come «Michel Briganti del C.R.I.D.A. di Parigi (centro di ricerca e documentazione antirazzista)» (Fonte). Sono passati 11 anni, la crisi economica e sociale falcia nuove vittime e disoccupati, ma ancora si ode il bla bla su antifascismo e corbellerie di cui poco sanno e comprendono le persone comuni. Vogliono toglierci anche la possibilità di aprire bocca, evocando fantasmi e miti del passato sui quali soltanto hanno costruito la loro legittimazione. Ma si sta verificando un fenomeno assai curioso. Siccome il ceto politico del dopoguerra, «I professionisti del potere» – altro libri appena comprato e in lettura, di cui forse diremo in altra scheda –, non si sono preoccupati di costruire una loro propria ed autonoma legittimazione al potere, che esercitano come “privilegio” e per nulla come “servizio”, ma l’hanno tutta fondata sulla “delegittimazione” dei fantasmi di un passato sempre più remoto, succede che assistiamo ad una caduta verticale di legittimità di tutta la classe politica, che vanamente tenta di attirarci all’interno della tifoseria di regime, di un “Sarcasmo da Rotterdam” (D’Alema) che dà addosso all’«energumeno tascabile» (Brunetta), di cui viene trasmesso un brano audio-visivo, invero staccato dal contesto, dove ad una povera madre che cerca lavoro per il figlio bravissimo ed intelligentissimo, si consiglia di far alzare il figlio alle cinque di mattina e di mandarlo a scaricare cassette ai mercati generali. Avendo sempre meno legittimazione propria ed insistendo sulla delegittimazione di una classe politica, cessata manu militari nel 1945, la gente si chiede spontaneamente: «ma non sarà mai che quelli erano migliori di questi?» Per saperlo, ci dovrebbero consentire di poter studiare liberato la storia dei nostri padri, nonni e bisavoli, ma la comprensione critica del passato è sbarrata con 12 anni di carcere, per chi si volesse prendere la briga di indagare. Ma se ti impediscono di sapere e pretendono che giuriamo sul verbo di uno di questi “Briganti” francesi, vuol dire che qualcosa non quadra.
• Neppure di André Déchot, secondo libellista in ordine alfabetico, riusciamo a trovare notizie significative, per null’altro che riuscire a capire la sua formazione culturale. Troviamo il suo nome associato ad una delle infinite sigle, la RAS, che andrebbe svolta come: «Recerche Action…» e sarebbe: «Le Collectif R.A.S. est une fédération d'artistes de Dijon qui privilégie les créations scéniques pluridisciplinaires dans le domaine des arts vivants et des musiques actuelles. Constitué en association de loi 1901, le collectif a pour objectif de soutenir et développer les initiatives novatrices des formations théâtrales ou musicales dites "émergentes"». Al momento no siamo in grado di dire altro, ma sembra il solito calderone, la solita solfa, dell’antifascismo e dell’antirazzismo, dove in ultimo non si capisce bene chi sarebbero i “fascisti” e i “razzisti”. Di Benedetto Croce, liberale e antifascista, vissuto in Italia durante il fascismo, non abbiamo mai saputo che abbia mai fatto un solo giorno di carcere per i numerosissimi libri ed articoli scritti. Del suo collega e amico Giovanni Gentile, fascista, sappiamo che è stato “pugnalato”, appena l’Italia è stat “liberata”, vivendo ancora oggi in quel regime di libertà, di cui troviamo traccia nel libercolo francese.
• Del terzo autore, Jean-Paul Gautier, leggiamo in quarta di copertina che è un “historien”, di quelli evidentemente che non corrono il rischio di finire in carcere per i loro “libri di storia”, ed in particolare uno “spécialiste de l’éxtreme droite”. E questo mi fa pensare a ciò che leggevo in un libro, se non erro, dell’anno 1970, dove già allora un grande sociologo francese, Julien Freund, scriveva all’incirca: i concetti di “destra” e di “sinistra” non mi aiutano a pensare politicamente ed era forse, Freund, uno dei primi scrittori che abbandonava questi concetti, la cui inutilità ed inconsistenza è divenuta sempre più evidente nel progredire degli anni, al punto che oggi si serve di queste parole chi non capisce nulla di politica o non vuol far capire nulla. Ed è ciò tanto vero che i tre libellisti si devono servire del concetto di “galassia” per racchiudere una gamma assai vasta di persone e movimenti, diversi fra loro e che non dispongono neppure di quei collegamenti che sono indispensabili per avere un partito politico o un gruppo organizzato, lo si chiami poi di destra, di centro, di sinistra e gradazioni intermedie, che fanno la gioia dei politologi e dei giornalisti.
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Proseguendo nella lettura, voglio subito annotare un concetto che mi pare essenziale, prima che lo dimentichi. Mentre si tenta di screditare Dieudonné, più come figura tipica che come concreto personaggio, si risale al momento in cui nella sua biografia si interessava di neri, di tratta dei neri, di liberazione dei neri e di rivisitazione storica delle vergogne della nostra radiosa civiltà occidentale e coloniale. Naturalmente, i tre libellisti sfottono Dieudonné per il suo “autoproclamarsi difensore del continente africano”, cosa che evidentemente dispiace ai tre libellisti, che di liberazione del continente africano non sembrano interessarsi particolarmente. Ma se afferriamo bene i caratteri francesi impressi su carta, a p. 30, il concetto che costoro forse neppure comprendono è un’altro, che io trovo appropriato per altri ambiti, ad esempio il Medio Oriente e la Palestina.
Se è vero che la Francia conduce da sempre una politica africana che non ha per scopo la liberazione dell’Africa, allora se io voglio aiutare l’Africa, devo lottare in Francia, non in Africa. In Francia, dove vengono pianificate le peggiori politiche africane, in Francia, dove è stata pianificata l’attacco alla Libia e di riflesso l’attacco all’Italia, con i nostri governanti che ci sono cascati come autentici coglioni, beati e contenti, che tanto rischiano con le vite e i destini altrui. Lo stesso si può dire per la Palestina e il sionismo. Ed ecco che ci avviciniamo alla sostanza del libro ed alle pulsioni che spingono i tre libellisti. In Francia esistono gruppi di appoggio alla politica israeliana non solo a partire da anni a noi recenti. Non si dimentiche che è stata la Francia a fornire dell’atomica Israele. Non si dimentichi l’attacco all’Egitto nel 1956, progettato dal trio Francia-Inghilterra-Israele. Non si dimentichi il ruolo del signor Picot negli accordi segreti per la spartizione dell’ex Impero ottomano nel 1916, proprio mentre agli arabi si prometteva il contrario di ciò che veniva scritto in accordi segreti.
È probabilmente qui la causa del livore dei tre libellisti contro un comico, la cui arma più terribile di cui dispone è la capacità di far ridere, rivelando verità che invano uscirebbero da libercoli come quelli che prendiamo in oggetto, e di cui al momento si trova in rete un intenso battage pubblicitario senza nessun serio esame del contenuto. Si riportano soltanto le prime pagine e poi si crea un’aurea di importanza su un libretto che ne ha invero assai poco. Questo genere di associazionismo, di cui il libercolo è espressione, teme non poco che possa diffondersi oltre la soglia critica una diversa visione della politica estera francese ed europea. E dunque se vogliamo lottare per la Palestina – dice Diuedonné, ma non è per nulla il solo a dirlo –, va bene qualsiasi iniziativa di solidarietà, ad esempio la Flotilla I, II, III..., ma è soprattutto in Francia che dobbiamo combattere il “sionismo”, che non è certo un movimento di liberazione del popolo... palestinese!
Lo sanno bene i tre libellisti che questo è per loro il vero pericolo. Ed eccoli dare giù a più non posso contro il comico e uomo di spettacolo: siete “complottisti”, “antisemiti”, “anti-sionisti” ergo “antisemiti”, “negazionisti”, “razzisti” ed a più non posso. Visto che si trovano infilano in quanche nota nomi e gruppi italiani, che poco o nulla sanno di Dieudonné e della “galassia” che graviterebbe intorno al suo nome. In realtà, una “galassia” che esprime soltanto il disordine mentale dei Libellisti ed il loro bisogno di fare di ogni erba un fascio, unita soltanto da una comune opposizione, vera o supposta, al nome di Israele, che costoro associano senz’altro all’ebraismo, ignorando quella parte della galassia, che pone ad esempio in opposizione il “giudaismo” religioso (leggi Rabkin) con il “sionismo”, ritenuto addirittura il principale “nemico” dell’essenza religiosa del giudaismo, anche se sappiamo che in Israele si è formato un rabbinato che ha abbracciato pienamente il sionismo.
Un altro esempio del contenuto del libello e dei suoi proposito lo si coglie poco più avanti. Ne accenniamo e poi proseguiremo fino al termine del libro, ma senza qui annotare altro, se non troviamo elementi nuovi. Ché rischieremmo di scrivere un Anti-libello senza averne né il tempo né la voglia. Pochi sapranno che nel 1685 fu redatto in Francia un codice dove si regolava la tratta dei neri. Da questo codice vennero esclusi gli ebrei, non in quanto oggetto del traffico, ma in quanto trafficanti di neri. Il commercio veniva riservato ai soli “cristiani”. Dieudonné lascia intendere – se non andiamo troppo di fretta nella lettura, in effetti ingrata – che tanto gli “ebrei” questo traffico lo esercitavano già ed ora i cristiani intendevano solo soppiantarli in questa attività allora assai lucrosa. Ebbene, il fatto di aver menzionato l’esistenza di “ebrei” in questo traffico oltre quattro secoli fa, procura a Dieudonné una nuova accusa di “antisemitismo”, che io credo di aver definito felicemente come una moderna “lettre de cachet” che viene consegnata ad un certo associazionismo con facoltà di inserirvi i nomi di chiunque loro aggrada, o meglio non aggrada, potendo in tal modo per moderno privilegio post-rivoluzione francese sbarazzarsi di ogni avversario politico. Ed in effetti si può notare facilmente come in una qualsiasi faccenda poco pulita (commercio di droga, truffe finanziarei, prostituzione, traffico d’organi, etc.), si può dire che le persone implicate sono italiani, bulgari, romeni, calabresi, siciliani, zingari, etc., ma se scappa di dire che sono “ebrei”, ecco che scatta l’accusa di “antisemitismo”. È buffo, ma pare proprio così. E noi non ritorneremo ancora sulle parti del libro che seguono questo schema.
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Sono giunto a quasi la metà del libro ed annoto adesso le mie risultanza di lettura del testo, prima di sospendere la sessione di lettura, rinviandola ad altro giorno. Le osservazioni immediate ed a caldo, salvo possibili errori e non impossibile revisioni e rettifiche di quanto ora scrivo, dico che il libro è totalmente inutile se il lettore volesse davvero conoscere i gruppi, gruppuscoli, e quanto altro si parla nel libercolo. In questi casi, il Lettore che volesse conoscere il travaglio politico che fuoriesce dal meccanismo della democrazia parlamentare-rappresentativo non dovrebbe per nulla affidarsi al libello di cui ci occupiamo, le cui finalità sono ben altro che quelle di far conoscere un dibattito politico interno alla cultura francese. Lo scopo del libro è quello di tracciare una linea netta di demarcazione, dove da una parte c’è lo stato di Israele con l’associazionismo francese che ne è l’emanazione e la quinta colonna, e dall’altra ci sono tutti quanti non sono “amici” di Israele, ovvero suoi soggetti e succubi. Invano, si cercherebbe una definizione concettuale di cosa sarebbe l’«antisemitismo». Gli autori lasciano trasparire un’autentica goduria quando riferiscono di procedimenti penali che colpiscono i detestati avversari, verso i quali non vi è contumelia che venga loro risparmiata. Quindi, questo libro non serve certo per comprendere la “galassia”, ma offre un documento di quale sia oggi la condizione della libertà di pensiero, di espressione e di critica politica in Francia.
Qualche volta vengono fatti nomi italiani ed il lettore italiano colto ne può rilevare a pieno tutta la superficialità e l’ignoranza dei Tre Autori, che in tre non riescono su cose italiane a saperne di più di un discreto studente di liceo. Ad esempio, non significa nulla fare il nome di Evola, pensando di esaurire tutta la complessità del fascismo, a comprendere il quale non pochi studiosi hanno rinunciato. Il fascismo inoltre è meno ideologia, abbastanza variegata nelle sue correnti, che non realizzazione concrete, come bonifiche, case popolari, colonie estive, lettere al Duce, architettura, salvataggi industriali, stato sociale, ecc., cose che spesso si guardano con rimpianto. E soprattutto il fascismo era ancora sovranità ed indipendenza. Ma anche sul piano della libertà di pensiero e di espressione, tema che ci sta particolarmente a cuore, sorge in me forte il dubbio che allora ve ne fosse più di quanto non ne abbiamo oggi. Lo testimonia la figura di Benedetto Croce, padre del liberalismo italiano, che non ha avuto nessun bisogno di emigrare all’estero, per lo più in Francia, da dove si tramava contro l’odiato Regime. Ma un libretto stesso come quello di cui ci occupiamo a quale altro scopo, per quale altro motivo è stato redatto se non per stilare una lista di coloro cui si deve tappare la bocca? Ai Tre Autori neppure passa per l’anticamera del cervello che quando si parla di politica e ci si confronta su temi politici la base dalla quale non si può prescindere è la piena libertà di chi la pensa diversamente da te, senza che questo sia una colpa, un crimine.
Avendo noi un’idea della Francia modellata sulle sue costituzioni dell’ottocento, su tutta la teorica dello Stato di diritto che sulla rivoluzione francese è stato modellato, facciamo fatica a riconoscere quella Francia con questa Francia tanto illiberale e sanguinaria. Certo, dobbiamo integrare ed aggiornale le nostre conoscenze, ma siamo sicuri che il Libello non serve a questo scopo se non come documentazione di ciò che non vorremmo la Francia fosse. Compare una volta il nome di Giulietto Chiesa, che ci onoriamo di conoscere anche di persona, ma proprio non riconosciamo il nostro Giulietto nella scarna nota dove si dice, quasi fosse un crimine, che ha curato l’ottimo libro, da noi letto, sull’11 settembre, che consiste di numerosi saggi, tutti assai bene argomentati. Naturalmente, se ne possono discutere le tesi, ed anche non accettarle, ma il i tre libellisti ne parlano come se Loro Tre fossero i detentori, divinamente ispirati, di una Verità assoluta, di cui non è minimamente lecito dubitare. Certamente, un Giuletto Chiesa sempre accorto e ragionevole nel porre le sue tesi, da renderci assolutamente non accettabile l’immagine da casellario giudiziario che ce ne viene offerta dai tre autori francesi, parrebbe unicamente preoccupati di redigere liste di proscrizione, entro le quali includere anche nomi italiani.
(segue)
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