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Testo in elaborazione ed in progress.
È in assoluto l’ultima copia rimasta in commercio di un libro edito nel 1998, di pagine 551. Quindi in libro non è “fresco di stampa”. Ma non per questo meno interessante del precedente, uscito in aprile di quest’anno 2011. Si può dire che esprime la posizione della “Civiltà Cattolica”, almeno nella persona del suo autore, per gli anni di riferimento, che hanno coinciso in parte con il pontificato di Giovanni Paolo II. Della “Civiltà Cattolica” ho in altro contesto intrapreso la lettura, per verificare in tutto il corso della sua storia la posizione assunta da questa importante rivista sulla “questione ebraica” per un verso, e sulla “questione sionista” per l’altro. Seguendo il metodo di annotazione, che i miei Cinque Lettori ormai conoscono, non voglio indugiare nel fermare le impressioni che già suscitano le prime pagine di un libro, che intendo leggere assai lentamente e con molta attenzione. Non posso perciò aspettare l’ultima pagina per incominciare a dirne qualcosa. Il grande vantaggio di questa scrittura sull’acqua – come chiamo lo scrivere in un blog – è che i giudizi via via espressi, possono essere cancellati e sostituiti con altri che corrispondono meglio all’opinione che nel frattempo si è formata e maturata. Niente e nessuno ci impedisce di cambiare le nostre opinioni e i nostri giudizi. È solo importante essere liberi di poterlo fare.
Intanto ci ha sorpreso, ed anche divertito, la Presentazione del libro affidata a Shmuel Hadas, «già Ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede». E che poteva dire? Se anche il libro del padre gesuita Giovanni Rulli, che andremo a leggere con grande attenzione, e se occorre rileggeremo più volte, se dunque padre Rulli poteva avere qualche accenno critico verso quella che a noi appare una “mostruosità”, lo Stato d’Israele, non ci si poteva aspettare da un “ambasciatore” che non fosse di animo avverso all’Autore del libro. E di questa Presentazione evitiamo di dirne qualcosa: non ci interessa. Se mai è da chiedersi, se è questo un segno della svolta vaticana rispetto ad una posizione che era nettamente contraria alla fondazione di uno stato “ebraico” in Palestina. Sfogliando le annate dell’Osservatore romano o della stessa “Civiltà Cattolica” ed altre testate cattoliche dal 1921 in poi si potrà vedere quanto fosse diversa allora la posizione ufficiale della Santa Sede e quanto oggi si vada adattando sempre più a valutazione di real politik, che però con l’avanzare di una “primavera araba” di cui ancora non si può dire dove andrà a sfociare non si sa bene quanto “realistica”.
Invece, già le prime pagine della Prefazione di padre Rulli ci offrono degli spunti, là dove in premessa per orientare subito il lettore, si mette a definire il senso dei quattro aggettivi che fanno parte del titolo: “democratico”, “intransigente”, “provvidenziale”, “ambiguo”. Sul “democratico” mi sembra che il nostro padre gesuita parta piuttosto male se intende per democrazia nient’altro che una “procedura”, il fatto ciò che i cittadini vengano chiamate alle urne. Il libro è chiuso nel 1998, ma siamo nel 2011 e stiamo sperimentando, anno dopo anno, come il concetto di rappresentanza politica espressa in forma elettoralistica sia entrata profondamente in crisi. Sentiamo tutti che se potessimo liberarci dei nostri rappresentanti eletti, trattandolo in assai malo modo, lo faremmo molto volentieri. Ci appaiono tiranni e responsabili dei nostri mali, quando non veri e propri traditori della patria. Nel caso poi di Israele, trattandosi di “coloni”, che cacciano dalle loro case gli indigeni autoctoni, poco ci importa o ci attrae che poi magari tra di loro si mettano d’accordo per andare a votare. Sarebbe come se, in certi ipotesi di scuola, una società di ladroni pensasse di governarsi “democraticamente”, facendo uso di un sistema elettorale. Parlando poi dell’assenza di una costituzione formale scritta, come se questa fosse necessaria per caratterizzare una democrazia, si parla della “legge del ritorno”, del 1950, come vera e propria legge costituzionale. Terribile! E pensare che un ben altro “diritto al ritorno”, quello dei profughi scacciati appena due anni prima, nel maggio del 1948, non trova il suo pieno riconoscimento giuridico. Strana democrazia!
È tuttavia da dire che anche in una concezione formale, elettoralistica, della democrazia, l’Autore individua non pochi limiti in quello che già nell’anno in cui usciva il libro, nel 1998, veniva definito come «l’unico Stato democratico del Medio Oriente», ma che oggi suona piuttosto come una beffa e un discredito per l’idea stessa di democrazia, se proprio questa dovesse essere una democrazia. Non omette padre Rulli di rilevare una serie di comportamenti «che con maggiore evidenza contrastano con un sistema democratico più completo. Ne citiamo qualcuno: l’esclusione di ogni forma democratica nei territori occupati [non “contesi” o semplicemente “territori” senza aggettivazione, come si legge oggi spesso nei media e nella propaganda israeliana]; la discriminazione contro gli arabi cittadini dello Stato negli uffici pubblici, nel sistema scolastico, nel sindacato, nelle forze armate, ecc. [ma la propaganda ancora oggi, a situazione peggiorata, ci parla di “eguaglianza” di diritti di cui godrebbero i palestinesi che vivono sotto il regime israeliano]; …l’accondiscendenza – quando non pure l’incoraggiamento – all’occupazione da parte di coloni ebrei di territori non definitivamente acquisiti; la requisizione di terreni appartenenti ad arabi con pretesti o con metodi non del tutto rispettosi dei diritti delle persone» (p. XIX). Ma ecco che ritorniamo alla “società dei ladroni” ed alla sua forma “democratica”, che è un’ipotesi di scuola, e tuttavia sembra qui trovare un suo modello attuativo.
Intanto ci ha sorpreso, ed anche divertito, la Presentazione del libro affidata a Shmuel Hadas, «già Ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede». E che poteva dire? Se anche il libro del padre gesuita Giovanni Rulli, che andremo a leggere con grande attenzione, e se occorre rileggeremo più volte, se dunque padre Rulli poteva avere qualche accenno critico verso quella che a noi appare una “mostruosità”, lo Stato d’Israele, non ci si poteva aspettare da un “ambasciatore” che non fosse di animo avverso all’Autore del libro. E di questa Presentazione evitiamo di dirne qualcosa: non ci interessa. Se mai è da chiedersi, se è questo un segno della svolta vaticana rispetto ad una posizione che era nettamente contraria alla fondazione di uno stato “ebraico” in Palestina. Sfogliando le annate dell’Osservatore romano o della stessa “Civiltà Cattolica” ed altre testate cattoliche dal 1921 in poi si potrà vedere quanto fosse diversa allora la posizione ufficiale della Santa Sede e quanto oggi si vada adattando sempre più a valutazione di real politik, che però con l’avanzare di una “primavera araba” di cui ancora non si può dire dove andrà a sfociare non si sa bene quanto “realistica”.
Invece, già le prime pagine della Prefazione di padre Rulli ci offrono degli spunti, là dove in premessa per orientare subito il lettore, si mette a definire il senso dei quattro aggettivi che fanno parte del titolo: “democratico”, “intransigente”, “provvidenziale”, “ambiguo”. Sul “democratico” mi sembra che il nostro padre gesuita parta piuttosto male se intende per democrazia nient’altro che una “procedura”, il fatto ciò che i cittadini vengano chiamate alle urne. Il libro è chiuso nel 1998, ma siamo nel 2011 e stiamo sperimentando, anno dopo anno, come il concetto di rappresentanza politica espressa in forma elettoralistica sia entrata profondamente in crisi. Sentiamo tutti che se potessimo liberarci dei nostri rappresentanti eletti, trattandolo in assai malo modo, lo faremmo molto volentieri. Ci appaiono tiranni e responsabili dei nostri mali, quando non veri e propri traditori della patria. Nel caso poi di Israele, trattandosi di “coloni”, che cacciano dalle loro case gli indigeni autoctoni, poco ci importa o ci attrae che poi magari tra di loro si mettano d’accordo per andare a votare. Sarebbe come se, in certi ipotesi di scuola, una società di ladroni pensasse di governarsi “democraticamente”, facendo uso di un sistema elettorale. Parlando poi dell’assenza di una costituzione formale scritta, come se questa fosse necessaria per caratterizzare una democrazia, si parla della “legge del ritorno”, del 1950, come vera e propria legge costituzionale. Terribile! E pensare che un ben altro “diritto al ritorno”, quello dei profughi scacciati appena due anni prima, nel maggio del 1948, non trova il suo pieno riconoscimento giuridico. Strana democrazia!
È tuttavia da dire che anche in una concezione formale, elettoralistica, della democrazia, l’Autore individua non pochi limiti in quello che già nell’anno in cui usciva il libro, nel 1998, veniva definito come «l’unico Stato democratico del Medio Oriente», ma che oggi suona piuttosto come una beffa e un discredito per l’idea stessa di democrazia, se proprio questa dovesse essere una democrazia. Non omette padre Rulli di rilevare una serie di comportamenti «che con maggiore evidenza contrastano con un sistema democratico più completo. Ne citiamo qualcuno: l’esclusione di ogni forma democratica nei territori occupati [non “contesi” o semplicemente “territori” senza aggettivazione, come si legge oggi spesso nei media e nella propaganda israeliana]; la discriminazione contro gli arabi cittadini dello Stato negli uffici pubblici, nel sistema scolastico, nel sindacato, nelle forze armate, ecc. [ma la propaganda ancora oggi, a situazione peggiorata, ci parla di “eguaglianza” di diritti di cui godrebbero i palestinesi che vivono sotto il regime israeliano]; …l’accondiscendenza – quando non pure l’incoraggiamento – all’occupazione da parte di coloni ebrei di territori non definitivamente acquisiti; la requisizione di terreni appartenenti ad arabi con pretesti o con metodi non del tutto rispettosi dei diritti delle persone» (p. XIX). Ma ecco che ritorniamo alla “società dei ladroni” ed alla sua forma “democratica”, che è un’ipotesi di scuola, e tuttavia sembra qui trovare un suo modello attuativo.
(segue)
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