giovedì 23 settembre 2010

Freschi di stampa: 48. Joe Sacco, «Gaza 1956. Nota ai margini della storia» (Mondadori, 1956). - Quando la storia diventa fumetto

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Questa, come le altre, non è una recensione in senso tecnico. Sono annotazioni in corso di lettura, o a inizio lettura, di libri da me effettivamente acquistati nella libreria sotto casa e giudicati meritevoli del prezzo pagato. Qualche volta resto deluso. Altre volte compro libri spregevoli al solo scopo di criticarli. Che diamine! Non si deve leggere solo ciò che si condivide, ma direi in primo luogo libri per apprendere, ma anche libri che devono essere criticati per il danno che possono arrecare ad una pubblica opinione poco accorta. Naturalmente, ognuno di noi resta poi giudice ultimo e supremo intorno a ciò che è da ritenersi vero o falso, giusto o ingiusto, buono o cattivo.

Il libro-fumetto di Sacco esce in lingua italiana in questo mese di settembre 2010. Ne ho avuto la prima notizia dal tentativo di stroncatura fatto da una testata di propaganda sionista, specializzata nella promozione di quell’«odio» che ai propri nemici e avversari al pravo scopo di farli cadere nelle maglie di una legge, la Mancino, appositamente prodotta dalla Lobby che non esiste per spegnere sul nascere ogni voce diversa e ogni dissenso. Ne parlavano male ed ho subito capito che doveva essere un buon libro, quello di Sacco. Se ne avessero parlato bene, ciò avrebbe significato che si trattava della millesima opera di propaganda sionista.

Giungiamo qui ad una riflessione che mi sembra degna di essere proposta all’attenzione del miei Cinque fedeli lettori, escludendo detrattori e osservatori maligni che so avere gli occhi puntati su ogni parola che scrivo. Non vedono l’ora di potermi inchiodare su qualche frase estrapolata. Ebbene, la riflessione è la seguente. Se prendiamo tutto l’arco storico dell’insediamento sionista in Palestina dal 1882 ad oggi esistono una quantità innumerevole di episodi di cui è assai difficile conservare memoria, anche se eventi remoti riescono ad illuminare meglio il presente di tanta pubblicistica odierna. Non è difficile cogliere il disegno di una “pulizia etnica” della Palestina ancora prima del breve arco storico di fascismo e comunismo, che ha poi fornito il pretesto ideologico nell’impennata del processo di pulizia etnica della Palestina, dal 1948 ad oggi, un processo che negli ultimi anni è stato ribattezzato come “processo di pace”.

Voglio dilungarmi sul concetto con qualche esempio concreto. Se ci spostiamo all’anno 1921 troviamo alcuni dati che ci fanno riflettere. A fronte, già allora, di una capillarità della stampa sionista “ufficiale” (in lingua inglese, francese, tedesca, italiana...) troviamo solo pochi organi di stampa in lingua araba, in Palestina. Troviamo, cioè, già allora una propaganda martellante in favore della dichiarazione Balfour, sulla cui nascita e retroscena andrebbe appronfito il discorso. Non è che i palestinesi del tempo non si fossero accorti della fossa che si stava loro scavando. Avevano perfino pensato di organizzare loro prorie delegazioni che andassero all’estero per spiegare alla cosiddetta opinione “pubblica” (ma in realtà: “pubblicata”) inglese ed europea il loro punto di vista. Si legge però che questa delegazione palestinese, faticasomente messa in piedi, non aveva poi i soldi per affrontare le spese del viaggio e del soggiorno. Se adesso ci mettiamo a parlare di “denaro” e della sua importanza, ci becchiamo le consute diffamazioni strumentali. Chi vuole capire ha certamente capito. Per altri numerosi esempi, piccoli, ma significativi, rinvio nel mio blog “Geopolitica” alla ricostruzione degli eventi su base documentaria, partendo dal 1921 e risalendo a ritroso prima di quella data e proseguendo fin dove possibile fino ai tempi nostri. Un progetto assai oneroso e impegnativo per il quale mi auguro di trovare una squadra di ricercatori che si lasci da me guidare.

Tornando a bomba, sto dicendo che per quanto riguarda la questione la questione palestinese noi ci troviamo bombardati massicciamente da una propaganda sionista, con risorse finanziarie, tecnologiche e politiche illimitate, che tenta di cancellare (e spesso ci riesce) o travisare l’effettiva portata dei suoi crimini. In ultimo, l’attacco criminale e violento ai pacifisti (dileggiati come “pacifinti” e “terroristi”) della Mavi Marmara, dove persone disarmate vengono presentate da detta propaganda come “aggressore” di soldati scelti armati fino ai denti, i quali poverini essendo stati aggrediti si sono trovati costretti a sparare crivellando di colpi 9 persone disarmate e ferendone altre, oltre ad averle derubato di ogni avere (soldi e macchine fotografice) che portavano con se. La propaganda per sua natura crede che qualsiasi menzogna possa passare, se appena si riesce a far tacere l’altra campana o la si supera in clamore.

Per non parlare poi di una “Memoria” artificiosamente prodotta (con leggi, targhe, cerimonie ufficiali, programmi didattici imposti a docenti che diventano “ripetitori” e potrebbe essere sostituiti da macchine parlanti...), e di un’altra Memoria con eguale disegno cancellatto. Per fare un esempio: la richiesta fatta al sindaco Alemanno di togliere nel quartiere di San Lorenzo una targa commemorativa di Arafat, allo stesso sindaco cioè che su richiesta ha data una strana ed incomprensibile cittadinanza onoraria ad un soldato israeliano catturato, mentre ignorando un altro israeliano che avrebbe certamente avuto maggior titolo ad una cittadinanza onoraria: Mordechai Vanunu, rapito in Roma dal Mossa in assoluto disprezzo della città di Roma e della leggi italiane. La colpa del tecnico Vanunu è stata quella di aver rivelato al mondo l’esistenza dell’atomica israeliana, il cui legittimo pare si basi su un diritto divino. Sono certo che se chiedo ad Alemanno, da me disgraziatamente votato come sindaco, chi fosse Mordechai Vanunu non saprebbe rispondermi. Passiamo oltre.

Libri come quello di Sacco mi paiono utili per contrastare le tecniche dominanti di cancellazione e obnubilamento di una memoria altra e diversa rispetto a quella comprensione della nostra quotidianità, di cui abbiamo assoluto bisogno se vogliamo essere liberi e non manipolati come marionette. Che i governi si servono abitualmente della Menzogna è cosa che sappiamo fin da Platone, che ne aveva data una teorizzazione, sia pure in un determinato contesto. Se poi consideriamo come il nostro paese sia popolato di oltre 100 basi americani, che paghiamo noi per giunta, si comprende anche come certe verità non possano essere dette e come i nostri governanti rispondano in primo luogo a chi ha dato loro o consente il mandato per governarci e tenerci a bada. Ad un giornalista iraniano che sputa a più non posso su quello che dovrebbe essere il suo paese e che ha il dente avvelenato per suoi motivi, ho chiesto quanti basi americane vuole in Iran, se malauguratamente verrà mossa contro il governo di Ahmadinejad quella stessa guerra criminale che ancora arde in Iraq e in Afghanistan...

Non abbiamo ancora iniziata la lettura del libro-fumetto di Sacco che ha per titolo “Gaza 1956” e narra di episodi di quell’anno oggi dimenticati: trovi a fianco la prima pagina. Qui mi fermo per il momento, ma ritornerò – se ne avrò il tempo – in corso di lettura del libro fumetto, annotando eventuali riflessioni che nascono dal testo e dalle immagini. Per la qualità della mia scrittura, rispondo a taluni nemici e detrattori, dicendo che non mi sto preparando per concorrere all’assegnazione del premio Nobel per la letteratura. Ritengo che ognuno di noi, anche un analfabeta, faccia in ogni momento riflessioni sulla sua esperienza di vita, sul suo vissuto. Nella maggior parte dei casi la gente comune non mette per iscritto ciò che pensa: si tratta di un lavoro a se stante, di cui nella società divisa in classi e caste, si sono appropriati alcuni strati (ad esempio, i giornalisti) che ritengono di essere la mente pensante dell’umanità, l’opinione pubblica per antonomasia. Avendo spesso poco tempo ed essendo ognuno libero di leggere o non leggere ciò che scrivo, ritengo che sia preferibile annotare per iscritto i pensieri che mi passano per la mente, riservandomi di lavorare poi per la migliore forma letteraria della mia scrittura. Internet, una scrittura sull’acqua, consente ciò e ci liberà dalla fissita e rigidità della scrittura su carta stampata, una rigidità che fa pensare alla rigidità cadaverica.

(segue)

Nota a margine:
- Ho quasi finito di leggere il testo e ne riparlerò con maggiore accuratezza, cancellando e riscrivendo quanto sopra. Intanto, per quel che serve, vorrei subito respingere la solita denigrazione ad opera di una centrale di propaganda sionista, meritoria per avermi dato la prima notizia di Sacco, ma totalmente falsa per quello che riguarda il contenuto: non si tratta di un “fumetto” come Topolino o Asterix. È una rigorosa ricerca storica, trasmessa nei contenuti attraverso i disegni per poter raggiungere un pubblico diverso da quello abituato a leggere farraginosi saggi storici. Per chi non ha letto il libro o vuole qualche input per leggerlo, provi a pensare quello che sappiamo tutti sulle “Fosse ardeatine”, dove le fiction e la memorialistica si sprecano, e vada a leggersi tutto quello che trova su ciò che avvenne nel novembre del 1953 in una località dell’odierna Striscia di Gaza. Constaterà facilmente che Gaza subissa in orrore e in nefandezze tutto quello che ci hanno fatto sentire sulle Fosse Ardeatine. Certo, per dei propagandisti che quelli del link, suona strano che proprio sul “Giornale” sia potuto passare una “notizia” del libro fumetto di Sacco, senza che si sia subito scagliata ogni sorta di contumelia. Ma sul “Giornale” era anche apparsa una recensione dell’ultimo libro italiano di Robert Fisk, Il martirio di una nazione, dove si parla in oltre 800 pagine di cose terribili che normalmente il grande pubblico non conosce. Certo, il Giornale è il Giornale, ma non sempre i filtri della censura e della disinformazione funzionano. Del resto, la notizia sul libro di Sacco dà solo una pallida idea del suo contenuto.

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