Post in elaborazione.
Il primo ed unico burga che ho visto in vita mia è stato, nello scorso mese di maggio, nella città di Londra, dove però ho vista tante altre etnie, con i loro costumi. Ho anche visto di passaggio un quartiere, dove mi hanno spiegato sono concentrati gli ebrei, con le loro barbe e le donne con le loro parrucche e una nidiata di bambini, pare allo scopo di incrementare le unità demografiche ebraiche nella guerra demografica in atto contro il mondo islamico. Ho sentito al riguardo tante incredibili stranezze che non riporto in assenza di una verifica diretta, ma che però non trovo né interessanti né urgenti. In Italia, varcato da un bel po’ la soglia del mezzo del cammin di nostra vita, non ho mai visto in vita mia un solo burqa, pur avendone sentito parlare tanto spesso con toni assai accessi. Ma sembra tuttavia che al culmine di una crisi planetaria che minaccia le nostre basi di esistenza materiale, cioè il poter mangiare bere e dormire sotto un tetto, la Commissione Affari Costituzionali della Camera non abbia saputo trovare di meglio di cui occuparsi. Per fare un solo esempio, rimane ancora inattuato l’art. 49 della costituzione che prevede il diritto dei cittadini italiani alla partecipazione politica ed alla formazione della politica nazionale e contestualmente l’obbligo per i partiti di darsi con vincolo di legge un’organizzazione interna democratica. I signori deputati, con tutto quel che sono pagati, uno schiaffo e un insulto al popolo che soffre, non hanno mai saputo trovare il tempo – oberati come sono da più alti impegni – di dare attuazione a questo principio costituzionale, forse messo lì sulla carta tanto per dire al popolo afghano che in Italia esiste quella democrazia che loro non hanno e che noi per il loro bene esportiamo presso di loro con l’uso delle armi e l’impiego dei nostri militari professionisti, il cui stipendio non credo sia tra i più bassi rispetto ad altri lavori che gli italiano fanno in patria, quando hanno un lavoro. Il fatto che il parlamento si occupi di burqa non può che terrorizzarci: in quali mani è riposto il nostro destino!
Non spenderò una sola parola pro o contro un tema – burqa sì, burqa no – che giudico assolutamente futile e pretestuoso per nascondere un anti-islamismo la cui cifra si trova a Oslo e Utoya. Più importante mi sembra, ma senza voler stendere una “lista nera” per la quale venire poi perseguito, individuare le grandi menti, dentro o fuori il parlamento, che si sono occupate di un così importante problema, e magari sentirne le ragioni. Il Borghezio padano ha subito anche lui un momento di “gogna” mediatica per aver detto a bocca, viso e testa aperta che le idee del “folle” norvegese di nome Breivik sono condivisibili al 100 per cento. Mi chiedo se in fondo i crociati del burqa non stiano facendo la stessa cosa, ma senza l’ingenuità di Borghezio nel dire liberamente quel che pensa, condivisibile o meno che sia.
Il probema è: quanto interessa per davvero la libertà delle donne e quanto invece interessa trovare argomenti per alimentare il cosiddetto “scontro di civiltà”, che opporrebbe il “nostro” al “loro” «modo di esistere»? Per mettere in pratica le stesse idee di Breivik, ed in modo anche più efficace, vi sono ben altri modi, capillari e quotidiani. Inoltre, vale per queste “quisquilie” l’insegnamento di Naomi Klein, secondo il quale è proprio nei momenti di shock che si fanno passare leggi e provvedimenti che in tempi normali suscitano reazioni e indignazioni. Inoltre questo parlamento è speciale e sa di doversi affrettare per fare il “colpaccio” che già nel prossimo anno potrebbe non riuscire. È in atto la raccolta delle firme per un referendum abrogativo dell’attuale legge elettorale, che ha consentito a moltissimi uomini e donne delle lobbies di potersi insediare nel parlamento italiano per far passare tante leggi contrarie agli interessi edgli elettori e del popolo italiano. Per questo si affrettano potendo essere forse contati i loro giorni. Si sa per esperienza che mentre è facile produrre cattive leggi, diventa poi estremamente difficile abrogarle. Ci si può difendere solo cercando di eluderle, di trovare l’inganno fatta la legge. Diventa così questo il tipico modo italiano di esistere, grazie ai pessimi e corrotti legislatori che ci tocca avere e subire. Non è così, ad esempio, in Norvegia, dove le leggi vengono fatte per essere rispettate da tutti, non per essere eluse dai furbi e subite dai fessi.
Rispondendo idealmente ad un noto giornalista, che anni addietro, si stupiva per un mio intervento al quale non sapeva né lui né altri dare risposta, uso gli stessi suoi termini per dire che considero «acquisito» il concetto di “Israel lobby” non solo perché anche in Italia è stato tradotto il libro dei due politologi americani (di cui uno dei forse anche ebreo), Maersheimer e Walt sulla “Israel lobby e la politica estera americana”, ma anche perché la stessa controparte riconosce sempre più l’uso di questo concetto di “lobby” e ne rivendica la legittimità: è vero, siamo noi la Lobby. Di fronte ad una malafede conclamata non ci si respingerà mai abbastanza l’accusa di “antisemitismo”. Non si dirà mai abbastanza che nelle condizioni della cultura politica odierna nessuno concepisce l’idea di dare addosso agli “ebrei” più di quanto non quanto si discrimini e motteggi contro zingari, bulgari, rumeni, extracomunitari, terroni, polentoni, marchigiani, genovesi e provenienze regionali macchiettistiche. Ma il vittimismo rende ancora assai bene e non si vuole rinunciare a questo filone d’oro.
Gli autori americani usarono l’espressione “Israel lobby” per evitare quella di “lobby ebraica” che più facilmente avrebbe potuto prestarsi all’accusa di “antisemitismo”, che non è stata comunque loro risparmiata. Proviene da un noto personaggio, che si è distinto in quanto presunto insigne giurista per avere in qualche modo giustificato la tortura, che viene ancora praticata negli Usa e negli stati vassalli dove si nascondono i luoghi di detenzione e di trattamento di persone rapite senza nessun rispetto delle sovranità nazionali. Il controllo mondiale dei media rende tutti costoro sicuri di poter fare ciò che vogliono e di presentarlo addirittura come difesa della libertà, del diritto, della civiltà, quando si tratta esattamente del contrario. La menzogna è ormai diventata una pratica di governo del mondo sempre più sfacciata. I piccoli stati, con classi politiche spesso corrotte ed assoldate, non fanno che adeguarvisi.
Se proprio una discriminazione e persecuzione deve ravvisarvi all’interno delle nostre società la si trova contro gli immigrati musulmani che proprio in ragione delle loro cultura e della loro religione oltre che alla loro condizione di “vittime” non possono essere guadagnate alla causa della crociata anti-islamica. Per quanto l’azione quotidiana e capillare dei media aggredisca i nostri contesti identitari è piuttosto arduo trasformare un islamico in un anti-islamico, operazione per gli altri cittadini necessaria per poterne carpire il consenso in funzione di una guerra contro l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia... la Siria, l’Iran, la Turchia, le popolazioni arabe in rivolta ma non per ottenere che le loro donne mostrino con abbondanza le nudità recondite, come già ormai è costume “acquisito” fin negli più interni villaggi d’Italia.
Il termine “islamofobia”, ampiamente in uso, è quanto mai ipocrita ed improprio. Nessuno in Italia o in Europa ha paura degli islamici, che lavorano in silenzio e pacificamente presso di noi. Almeno in un caso conosco gli ignobili motivi che hanno mosso un politico nostrano a far chiudere una moschea, o meglio un luogo di preghiera, su pressioni ricevute. Ne farò a momento e luogo debito la denuncia, ma non è ciò che qui mi preme. Posso dire su base di esperienza concreta di avere la certezza morale ed intellettuale delle mie convinzioni. In realtà, siamo noi che li aggrediamo nei loro valori e perfino nei loro costumi domestici. Sono loro che hanno paura di noi e vivono presso di noi in timore e soggezione, sempre timidi e rispettosi, sapendo che basta un nonnulla per far chiudere il loro luogo di preghiera (spesso un garage o un sottoscala), il loro esercizio commerciale, la loro bancarella, per essere licenziati dal datore di lavoro. Dobbiamo opprimerli nelle nostre città perché non sconfessino la propaganda, costruita da Mossad ed affini, con la sola vista delle loro mitezza e del loro attaccamento ad una Fede che ancora conservano, mentre al confronto le nostre città cristiane, protestanti o cattoliche, sono ricchissime di chiese ma vuote di fedeli.
Si deve invece usare il termine islamo-cidio ovvero tutte le espressioni linguistiche che servono ad indicare le angherie e le oppressioni verso una minoranza di cui abbiamo bisogno perché altrimenti non starebbe presso di noi. La bottega del mio barbiere, che era prima un italiano, è stata rilevata da un egiziano, che taglia i miei capelli non meno bene di quanto prima sapesse fare l’italiano. Non devo servirmi del barbiere egiziano? O devo pretendere da lui che si converta al cattolicesimo o all’ebraismo? Pago per il taglio dei capelli lo stesso di quanto pagavo prima, se non meno. Il barbiere ed i suoi lavoranti islamici potevano prima andare a pregare in un garage nella stessa strada, trasformato in luogo di culto. Lo hanno fatto chiudere con motivi pretestuosi e diffamatori, per farlo aprire qualche chilometro più in periferia. Sono andato a fare loro una visita ed ho visto volti impauriti. E mi sono vergognato come italiano, ma sono anche politicamente irritato contro chi ha fatto la porcata. E so chi è.
La questione della poligamia? Ne parlavo una volta con un altro musulmano, gestore precedente di una pizzeria, pure sotto casa, che ha cambiato gestione numerose volte, facendo sempre buoni affari. Mi disse, ma non saprei con quanto fondatezza: un uomo normale può benissimo accudire a quattro donne e dunque avere quattro mogli. Come si fa in Italia? Ne riconosco e legalizzo una sola e le altre tre restano, vivendo tutte insieme ed in pace domestica. Considerando la pratica occulta nostrana dei tradimenti coniugali, delle corna e dei cornuti, mi sembra una soluzione mirabile, di grande saggezza, purché fondata sulla libera scelta di ognuno, uomini e donne. Potremmo affrontare anche la questione della conversione all’islam, come è storicamente avvenuta, su base fiscale, ma non è questo il tema odierno del nostro argomento. Chiudiamo la digressione, per tornare al tracciato principale del discorso che abbiamo in mente di fare e che richiede una dose di buona volontà da parte del lettore interessato. Se avrà pazienza, gli sveleremo alcuni arcana della politica parlamentare.
Non spenderò una sola parola pro o contro un tema – burqa sì, burqa no – che giudico assolutamente futile e pretestuoso per nascondere un anti-islamismo la cui cifra si trova a Oslo e Utoya. Più importante mi sembra, ma senza voler stendere una “lista nera” per la quale venire poi perseguito, individuare le grandi menti, dentro o fuori il parlamento, che si sono occupate di un così importante problema, e magari sentirne le ragioni. Il Borghezio padano ha subito anche lui un momento di “gogna” mediatica per aver detto a bocca, viso e testa aperta che le idee del “folle” norvegese di nome Breivik sono condivisibili al 100 per cento. Mi chiedo se in fondo i crociati del burqa non stiano facendo la stessa cosa, ma senza l’ingenuità di Borghezio nel dire liberamente quel che pensa, condivisibile o meno che sia.
Il probema è: quanto interessa per davvero la libertà delle donne e quanto invece interessa trovare argomenti per alimentare il cosiddetto “scontro di civiltà”, che opporrebbe il “nostro” al “loro” «modo di esistere»? Per mettere in pratica le stesse idee di Breivik, ed in modo anche più efficace, vi sono ben altri modi, capillari e quotidiani. Inoltre, vale per queste “quisquilie” l’insegnamento di Naomi Klein, secondo il quale è proprio nei momenti di shock che si fanno passare leggi e provvedimenti che in tempi normali suscitano reazioni e indignazioni. Inoltre questo parlamento è speciale e sa di doversi affrettare per fare il “colpaccio” che già nel prossimo anno potrebbe non riuscire. È in atto la raccolta delle firme per un referendum abrogativo dell’attuale legge elettorale, che ha consentito a moltissimi uomini e donne delle lobbies di potersi insediare nel parlamento italiano per far passare tante leggi contrarie agli interessi edgli elettori e del popolo italiano. Per questo si affrettano potendo essere forse contati i loro giorni. Si sa per esperienza che mentre è facile produrre cattive leggi, diventa poi estremamente difficile abrogarle. Ci si può difendere solo cercando di eluderle, di trovare l’inganno fatta la legge. Diventa così questo il tipico modo italiano di esistere, grazie ai pessimi e corrotti legislatori che ci tocca avere e subire. Non è così, ad esempio, in Norvegia, dove le leggi vengono fatte per essere rispettate da tutti, non per essere eluse dai furbi e subite dai fessi.
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Rispondendo idealmente ad un noto giornalista, che anni addietro, si stupiva per un mio intervento al quale non sapeva né lui né altri dare risposta, uso gli stessi suoi termini per dire che considero «acquisito» il concetto di “Israel lobby” non solo perché anche in Italia è stato tradotto il libro dei due politologi americani (di cui uno dei forse anche ebreo), Maersheimer e Walt sulla “Israel lobby e la politica estera americana”, ma anche perché la stessa controparte riconosce sempre più l’uso di questo concetto di “lobby” e ne rivendica la legittimità: è vero, siamo noi la Lobby. Di fronte ad una malafede conclamata non ci si respingerà mai abbastanza l’accusa di “antisemitismo”. Non si dirà mai abbastanza che nelle condizioni della cultura politica odierna nessuno concepisce l’idea di dare addosso agli “ebrei” più di quanto non quanto si discrimini e motteggi contro zingari, bulgari, rumeni, extracomunitari, terroni, polentoni, marchigiani, genovesi e provenienze regionali macchiettistiche. Ma il vittimismo rende ancora assai bene e non si vuole rinunciare a questo filone d’oro.
Gli autori americani usarono l’espressione “Israel lobby” per evitare quella di “lobby ebraica” che più facilmente avrebbe potuto prestarsi all’accusa di “antisemitismo”, che non è stata comunque loro risparmiata. Proviene da un noto personaggio, che si è distinto in quanto presunto insigne giurista per avere in qualche modo giustificato la tortura, che viene ancora praticata negli Usa e negli stati vassalli dove si nascondono i luoghi di detenzione e di trattamento di persone rapite senza nessun rispetto delle sovranità nazionali. Il controllo mondiale dei media rende tutti costoro sicuri di poter fare ciò che vogliono e di presentarlo addirittura come difesa della libertà, del diritto, della civiltà, quando si tratta esattamente del contrario. La menzogna è ormai diventata una pratica di governo del mondo sempre più sfacciata. I piccoli stati, con classi politiche spesso corrotte ed assoldate, non fanno che adeguarvisi.
Se proprio una discriminazione e persecuzione deve ravvisarvi all’interno delle nostre società la si trova contro gli immigrati musulmani che proprio in ragione delle loro cultura e della loro religione oltre che alla loro condizione di “vittime” non possono essere guadagnate alla causa della crociata anti-islamica. Per quanto l’azione quotidiana e capillare dei media aggredisca i nostri contesti identitari è piuttosto arduo trasformare un islamico in un anti-islamico, operazione per gli altri cittadini necessaria per poterne carpire il consenso in funzione di una guerra contro l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia... la Siria, l’Iran, la Turchia, le popolazioni arabe in rivolta ma non per ottenere che le loro donne mostrino con abbondanza le nudità recondite, come già ormai è costume “acquisito” fin negli più interni villaggi d’Italia.
Il termine “islamofobia”, ampiamente in uso, è quanto mai ipocrita ed improprio. Nessuno in Italia o in Europa ha paura degli islamici, che lavorano in silenzio e pacificamente presso di noi. Almeno in un caso conosco gli ignobili motivi che hanno mosso un politico nostrano a far chiudere una moschea, o meglio un luogo di preghiera, su pressioni ricevute. Ne farò a momento e luogo debito la denuncia, ma non è ciò che qui mi preme. Posso dire su base di esperienza concreta di avere la certezza morale ed intellettuale delle mie convinzioni. In realtà, siamo noi che li aggrediamo nei loro valori e perfino nei loro costumi domestici. Sono loro che hanno paura di noi e vivono presso di noi in timore e soggezione, sempre timidi e rispettosi, sapendo che basta un nonnulla per far chiudere il loro luogo di preghiera (spesso un garage o un sottoscala), il loro esercizio commerciale, la loro bancarella, per essere licenziati dal datore di lavoro. Dobbiamo opprimerli nelle nostre città perché non sconfessino la propaganda, costruita da Mossad ed affini, con la sola vista delle loro mitezza e del loro attaccamento ad una Fede che ancora conservano, mentre al confronto le nostre città cristiane, protestanti o cattoliche, sono ricchissime di chiese ma vuote di fedeli.
Si deve invece usare il termine islamo-cidio ovvero tutte le espressioni linguistiche che servono ad indicare le angherie e le oppressioni verso una minoranza di cui abbiamo bisogno perché altrimenti non starebbe presso di noi. La bottega del mio barbiere, che era prima un italiano, è stata rilevata da un egiziano, che taglia i miei capelli non meno bene di quanto prima sapesse fare l’italiano. Non devo servirmi del barbiere egiziano? O devo pretendere da lui che si converta al cattolicesimo o all’ebraismo? Pago per il taglio dei capelli lo stesso di quanto pagavo prima, se non meno. Il barbiere ed i suoi lavoranti islamici potevano prima andare a pregare in un garage nella stessa strada, trasformato in luogo di culto. Lo hanno fatto chiudere con motivi pretestuosi e diffamatori, per farlo aprire qualche chilometro più in periferia. Sono andato a fare loro una visita ed ho visto volti impauriti. E mi sono vergognato come italiano, ma sono anche politicamente irritato contro chi ha fatto la porcata. E so chi è.
La questione della poligamia? Ne parlavo una volta con un altro musulmano, gestore precedente di una pizzeria, pure sotto casa, che ha cambiato gestione numerose volte, facendo sempre buoni affari. Mi disse, ma non saprei con quanto fondatezza: un uomo normale può benissimo accudire a quattro donne e dunque avere quattro mogli. Come si fa in Italia? Ne riconosco e legalizzo una sola e le altre tre restano, vivendo tutte insieme ed in pace domestica. Considerando la pratica occulta nostrana dei tradimenti coniugali, delle corna e dei cornuti, mi sembra una soluzione mirabile, di grande saggezza, purché fondata sulla libera scelta di ognuno, uomini e donne. Potremmo affrontare anche la questione della conversione all’islam, come è storicamente avvenuta, su base fiscale, ma non è questo il tema odierno del nostro argomento. Chiudiamo la digressione, per tornare al tracciato principale del discorso che abbiamo in mente di fare e che richiede una dose di buona volontà da parte del lettore interessato. Se avrà pazienza, gli sveleremo alcuni arcana della politica parlamentare.
(segue)
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