giovedì 4 agosto 2011

Dalla strage di Oslo e Utoya ai “territori occupati” in Cisgiordania: lo spirito della Frontiera in Eretz Israel.

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Post in elaborazione.

Era esattamente il 28 febbraio 2007, quando pubblicavo su “Club Tiberino” un articolo del mio compianto amico Giano Accame su Israele e il sionismo. Allora non mi interessavo quasi per nulla di questo argomento ed avrei pubblicato qualsiasi cosa Giano mi avesse dato per arricchire il mio blog. Di certo non potevo discutere con lui su un tema che conoscevo assai poco e che mi interessava ancor meno. Con Giano ci incontravamo periodicamente a cena in un ristorante dietro l’angolo di casa sua. Parlavamo di altre cose ed assai raramente degli argomenti di cui nell’articolo. Ricordo fra altre cose come una volta lui accennasse al fatto che aveva preceduto Gianfranco Fini e tanti altri nel suo avvicinamento ad Israele. La morte, sopraggiunta nell’aprile 2009, ha crudelmente precluso qualsiasi possibilità di discussione sul tema, soprattutto alla luce degli eventi più recenti. Di certo, nulla avrebbe potuto incrinare un’amicizia trentennale, qualunque fossero state le nostre eventuali divergenze e non intendo adesso fare con l’amico morto quella discussione che non abbiamo mai avuto in vita. La citazione è per me importante solo per poter datare le mie vedute al riguardo, sollecitate anche da attacchi che ho ricevuto gratuitamente e che mi offendono soprattutto per quel disconoscimento della libertà di pensiero altrui nel rispetto reciproco e perfino in una rapporto di stima ed affetto che ha contrassegnato la mia amicizia trentennale con Giano. Anzi ricordo a questo riguardo come la sua posizione in fatto di libertà di pensiero fosse stata tempestiva e ferma, benché in opposizione alla parte sionista da cui l’attacco proveniva. Questo ricordo mi dà la certezza che sul tema Israele e dei profughi palestinesi avremmo potuto essere in disaccordo, ma non certo sul tema della libertà di pensiero piena e senza sotterfugi escludenti questa o quella materia dall’ambito costituzione della garanzia ed esercizio del diritto.

Il tema che ora mi accingo ad affrontare è piuttosto complesso e richiederà più sedute di lavoro, nonché continue revisioni ed aggiornamento, secondo il mio metodo di “scrittura sull’acqua”, al quale ho più volte accennato ai miei quattro o cinque o trentacinque lettori dichiarati. E che dunque ormai dovrebbero essere abituati. È di questi giorni la notizia di intense manifestazioni interne fra i “cittadini” israeliani, per proteste anti-governative causate da insoddisfazione delle condizioni di vita in quello che dalla propaganda nostrana viene definito un “Stato di successo”, una “economia di successo”, mentre il mondo intero sprofonda nella crisi. È incredibile ma l’ottusità della propaganda si spinge fino a tanto, senza neppure chiedersi quanto di questa “prosperità” israeliana non sia sempre dipesa dalla volontà coloniale di trasformare la Palestina in un avamposto dell’Impero: prima quello britannico, ora quello statunitense. Non ho una contabilità dei flussi di denaro e di risorse che piovono continuamente verso Israele, che insaziabile chiede e pretende sempre di più: gli è dovuto!

Evidentemente tutta questa ricchezza che è piovuta in Israele non è stata ripartita equamente fra i cittadini coloni che se sempre più numerosi, sotto la copertura del Mandato britannico e poi Alleati, sono affluiti in una terra di conquista, i cui cittadini autoctoni non potevano opporre nessuna resistenza ed erano alla mercé degli invasori. La differenza dai tempi e dai metodi della conquista dell’Ovest americano è che noi oggi non ci divertiamo affatto a veder massacrare gli indigeni e siamo piuttosto refrattari a lasciarci manipolare dall’ideologia dei coloni, salvo a non essere in qualche modo parte in causa e quindi non equanimi nel giudizio politico, morale e storico su periodo di insediamento coloniale sionista dal 1882 ad oggi, con buona pace di tutte le frottole e gli ideologismi sul “diritto storico” all’occupazione della Palestina.

(segue)

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