lunedì 18 aprile 2011

L’impegno di Vittorio Arrigoni per la causa palestinese: una riflessione politica in tempo reale.

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La salma di Vittorio non è ancora rientrata in Italia e già si fa sempre più aspra intorno al suo cadavere quella vera e propria “guerra” che da oltre un secolo arde in Palestina. Chiamiamo le cose con il loro nome: di “guerra” si tratta. E della peggiore specie: guerra coloniale di conquista a scopo di pulizia etnica. Non ne conosco una peggiore nella storia. Per documentare questa guerra 1882-2011 mi sono messo a fare altrove un lunghissimo ed impegnativo lavoro di ricerca e documentazione. Per quel poco che avevo conosciuto Arrigoni sul piano personale avrei desiderato conservare un pietoso silenzio e raccoglimento senza scrivere oltre lo stretto necessario. Ma il fango che vedo giungere dai suoi “nemici” mi induce a intervenire in difesa della memoria di Vittorio. Il mio discorso tuttavia non può che essere tutto politico e soltanto politico, per la scarsa conoscenza personale che avevo dell’uomo. Resta imprescindibile il significato politico di lui in quanto “italiano” (e solo italiano: una sola nazionalità ed una sola cittadinanza!), che ha speso e concluso la sua vita in Gaza.


Questo video si trova anche sul blog di Gilad Atzmon, che così commenta: «NON CREDO CHE VITTORIO ARRIGONI SIA STATO ASSASSINATO DA UN PALESTINESE. Dobbiamo considerare che Israele è terrorizzata dall'ondata di solidarietà con i Palestinesi. E' ben consapevole della prossima flotta per Gaza con rappresentanza di 40 paesi programmata per salpare prossimamente. Israele è disperata e ci vuole intimorire. Ma noi siamo determinati. Continueremo a lottare. Metteremo a nudo i crimini e gli inganni di israele. Abbatteremo questo stato omicida e razzista».

Ciò che mi ha indotto a scrivere questo post ed a superare la mia riluttanza a rompere il silenzio è stata un’espressione assai ricorrente nei “nemici”, che in pratica lo hanno ucciso e continuano ad ucciderlo, è l’uso di un’espressione ricorrente nella propaganda sionista: “odiatori di Israele”. Ma che vuol dire? Ha un senso logico, politico, etico questa espressione che questi signori che potrei elencare con nome e cognome usano di frequente e ci gettano in faccia come fosse un argomento dirimente e risolutivo. Vittorio ricadrebbe nella categoria degli “odiatori di Israele” e quasi certamente anche io, secondo il modo di pensare di costoro. Il mondo, anzi tutta la storia dell’umanità da che è esistita sulla terra, si divide in chi sta dalla parte di Israele che esiste dagli albori dell’umanità e tutto il resto di noi. Per dirla in breve, salvo poi argomentare, si tratta di un razzismo assoluto. Se non sei con me, con le mie presunte ragioni, perinde ac cadaver, sei contro di me e fuori della stessa umanità che appartiene solo a me. Il resto ha senso solo in funzione di me ed a mio servizio. “Questo è il sionismo, bellezza!” Per usare un’espressione in voga, che a me non è mai piaciuto, e che uso qui in senso sarcastico.

Il video mostra una manifestazione, in Gaza, con una svolgimento simbolico dei funerali simbolici di Vittorio Arrigoni.

Potrei aprire dei link dei testi e degli autori con i quali sto polemizzando, ma preferisco non farlo per non dare esca a battibecchi e soprattutto per concentrarmi al massimo sui concetti filosofici, che sempre si alimentano dalla riflessione sulla realtà e non sono compilazioni di letture mal digerite, che non interessano più nessuno. In pratica, quella guerra che in Palestina si combatte con proiettili reali e diavolerie sempre più sofisticate, come le “freccette”, che mi pare siano quelle che Arrigoni tiene in mano in una foto, da noi si combatte una stessa guerra, ma ancora più aspra e velenosa, sul piano delle idee e sul legislativo, perché questi signori che controllano il nostro parlamento e le nostre istruzioni ci impongono le leggi che vogliono e che rispondono non agli interessi dell’Italia, ma di un’occupazione coloniale e razzista che porta il nome di Israele. La loro forza è non nella loro atomica, quella che possiedono a Dimona, ma nelle pressioni che possono esercitare su chi la bomba e gli armamenti li ha dati loro e continua a darli.

Era questa la ragione profonda per la quale non sono salito con Arrigoni nella nave che salpava da Cipro per Gaza e non ho mai partecipato a convogli umanitari. Credo che non metterò mai piede in Israele. Noi abbiamo una lotta di liberazione tutta da combattere in Italia ed in Europa. Liberando l’Italia e l’Europa dal sionismo noi avremo liberato anche la Palestina ed il Medio Oriente da oltre un secolo di colonialismo che non è mai stato negli interessi della nostra politica estera, di un paese come l’Italia, che è molto più mediterraneo di quanto non sia europeo o “franco-britannico”. I nostri cugini ci hanno appena sferrato una pugnalata alle spalle ed i nostri politici stentano a capirlo ed a farlo capire al popolo che pretendono di rappresentare, ma che in realtà hanno sempre tradito ed asservito ad interessi stranieri. Beninteso, non ho mai mancato di rispetto all’impegno umanitario di chi porta viveri e medicine in Gaza.

Leggendo ier l’altro un articolo infame, apparso su un giornale della carta stampa, da sempre su posizioni sioniste, avevo scritto al Direttore, rispondendogli per le rime, articolando su più piani la lettera. Del pari non ha senso neppure citare per nome quattro o cinque testatine, che fanno da megafono all’Hasbara israeliana e che sono vere e proprio centrali di diffamazione. Sostanzialmente, ribadivo all’indirizzo di chi è meglio ignorare, come si debba – se ancora si è umano – il pieno rispetto per la pietà di una madre che deve essere libera di poter seppellire come meglio crede il proprio figlio, già in vita oltraggiato proprio da Israele. Che la madre volesse dunque proteggere il figlio dall’ennesimo oltraggio non più su un corpo vivo, ma su un cadavere, mi sembra perfettamente comprensibile. Ma evidentemente qualcuno non è capace di comprenderlo. Mi pento quasi di non aver mandato la lettera che avevo scritto e che ormai ho cestinato, ma almeno devo qui rinviare al link di un testo dove una madre difende la salma del figlio e ci pone inquietanti interrogativi sull’essere o non essere noi Italiani. Intendo: l’oltraggio ad Arrigoni vivo ed ad Arrigoni morto è un oltraggio all’Italia, a quell’Italia nella quale noi ci riconosciano e che non si chiama Israele, non ne è un succedaneo, non è un «Israele siamo noi». Assolutamente no! Ce lo dice un Arrigoni che non è morto a caso, senza che Israele c’entri nulla, e ce lo dice il dolore civile e patriottico di una madre, che ci richiama al nostro senso civile e patriottico. È ora di scegliere: o di qua o di là!

Il testo della madre, cui abbiamo dato sopra il link, appare sul Manifesto, seguito da commenti, che troviamo, almeno quei pochi che abbiamo letto, piuttosto oltraggiosi e sacrileghi. Pensiamo perciò di estrarne il testo, separandolo dagli indegni commenti, ai quali abbiamo contrapposto il nostro, che non vedo ancora pubblicato. Ecco il dolore, la forza e la dignità di una madre, Egidia Beretta Arrigoni, che così piane il figlio:
«Bisogna morire per diventare un eroe, per avere la prima pagina dei giornali, per avere le tv fuori di casa, bisogna morire per restare umani? Mi torna alla mente il Vittorio del Natale 2005, imprigionato nel carcere dell'aeroporto Ben Gurion, le cicatrici dei manettoni che gli hanno segato i polsi, i contatti negati con il consolato, il processo farsa. E la Pasqua dello stesso anno quando, alla frontiera giordana subito dopo il ponte di Allenbay, la polizia israeliana lo bloccò per impedirgli di entrare in Israele, lo caricò su un bus e in sette, una era una poliziotta, lo picchiarono «con arte», senza lasciare segni esteriori, da veri professionisti qual sono, scaraventandolo poi a terra e lanciandogli sul viso, come ultimo sfregio, i capelli strappatagli con i loro potenti anfibi.

Vittorio era un indesiderato in Israele. Troppo sovversivo, per aver manifestato con l'amico Gabriele l'anno prima con le donne e gli uomini nel villaggio di Budrus contro il muro della vergogna, insegnando e cantando insieme il nostro più bel canto partigiano: «O bella ciao, ciao...»

Non vidi allora televisioni, nemmeno quando, nell'autunno 2008, un commando assalì il peschereccio al largo di Rafah, in acque palestinesi e Vittorio fu rinchiuso a Ramle e poi rispedito a casa in tuta e ciabatte. Certo, ora non posso che ringraziare la stampa e la tv che ci hanno avvicinato con garbo, che hanno «presidiato» la nostra casa con riguardo, senza eccessi e mi hanno dato l'occasione per parlare di Vittorio e delle sue scelte ideali.

Questo figlio perduto, ma così vivo come forse non lo è stato mai, che come il seme che nella terra marcisce e muore, darà frutti rigogliosi. Lo vedo e lo sento già dalle parole degli amici, soprattutto dei giovani, alcuni vicini, altri lontanissimi che attraverso Vittorio hanno conosciuto e capito, tanto più ora, come si può dare un senso ad «Utopia», come la sete di giustizia e di pace, la fratellanza e la solidarietà abbiano ancora cittadinanza e che, come diceva Vittorio, «la Palestina può anche essere fuori dell'uscio di casa». Eravamo lontani con Vittorio, ma più che mai vicini. Come ora, con la sua presenza viva che ingigantisce di ora in ora, come un vento che da Gaza, dal suo amato mar Mediterraneo, soffiando impetuoso ci consegni le sue speranze e il suo amore per i senza voce, per i deboli, per gli oppressi, passandoci il testimone. Restiamo umani».
Il testo è seguito dal rinvio ad un video, che è stato girato da un amico di Vittorio dopo la notizia della sua morte. Ne incolliamo qui nel blog il codice e facciamo ad esse un commento esplicativo. Decisamente, non apprezziamo alcuni commenti infami che abbiamo letto e non capisco la redazione del Manifesto che ha consentito ciò.


Il video mostra l’ultimo saluto degli amici a Vittorio Arrigoni in Gaza. All’inizio vediamo un portavoce del Ministero degli Interni di Gaza, visibilmente turbato. Subito dopo parla Ashraf Shannon, uno dei corrispondenti di PressTV in Gaza. Spiega Ashraf: «nel suo discorso il portavoce del Ministero degli Interni commentava che la morte di Vittorio Arrigoni è il probabile segnale per quello che aspetta in futuro gli attivisti che vogliono arrivare con le navi per liberare Gaza». Gli spettatori di PressTV conoscono bene Ashraf Shannon – l’Uomo che non sorride mai –. Insieme al collega Youssef El-Helou, Ashraf ci commentava due anni fa le terribili immagini dei bombardamenti di Gaza, in diretta 24 ore su 24, per 22 giorni e 22 notti senza fine in quei terribili mesi dell’inverno di Gaza. I due giornalisti trasmettevano dalle strade e dagli studi di PressTV in Gaza, sotto il fuoco delle bombe israeliane. Nonostante il pericolo, non hanno mai lasciato la postazione, eccetto per poche ore, dopo che anche quell’edificio era stato colpito e Ashraf e Youssef – scampati con ferite minori – si sono organizzati per trasmettere dagli studi di un’emittente locale. Youssef si è nel frattempo sposato. E’ un ragazzo gentile con il sorriso negli occhi. Dopo Ashraf, nel video, interviene Ken O’Keefe, l’ex-marine americano che ha pubblicamente rinnegato la propria nazionalità americana e ha ottenuto la cittadinanza onoraria palestinese; l’uomo che sulla nave Mavi Marmara diretta a Gaza ha opposto resistenza contro i commandos israeliani che scendevano dagli elicotteri, disarmando un militare e togliendo i proiettili dall’arma catturata, in un gesto che significava, come ha poi spiegato Ken, che gli attivisti diretti a Gaza erano venuti con intenzioni non-violente. Come sappiamo, Ken da qualche tempo opera a Gaza come volontario per aiutare le tante famiglie che hanno perso tutto in seguito al feroce bombardamento di due anni fa. Lo vediamo continuamente in diretta su PressTV. Ci racconta il calvario quotidiano dei palestinesi di Gaza che affrontano una lotta disperata per sopravvivere alle condizioni di estrema povertà indotte per mezzo del micidiale assedio imposto da Israele ed dal complice governo egiziano. Dall’inizio delle rivolte arabe Israele ha intensificato gli attacchi via terra e via aria su Gaza e Ken ci racconta ogni volta, in diretta, l’effetto di queste incursioni sulla psiche dei bambini, traumatizzati da una guerra e violenza senza fine. Nel video Ken O’Keefe dice, tra l’altro: «è vero, non è ancora chiara l’identità e affiliazione degli assassini di Vik, e sappiamo che esistono palestinesi traditori che collaborano con Israele, ma sappiamo bene chi è che beneficia di questo vile assassinio – è Israele che agisce nell’ombra. Vik era un grande Uomo che amavo molto, un vero fratello, soprattutto dei Palestinesi». Successivamente nel video, dopo avere visto il corpo senza vita di Vittorio Arrigoni, Ken commenta: «E’ stato torturato e ucciso in modo atroce». Alla fine del video, tante belle immagini di Vittorio con i suoi amici attivisti, palestinesi e non. In una foto si vedono appunto tre fra i volti più noti tra gli attivisti stranieri di Gaza. Insieme a Vittorio e Ken, anche Adie Mormech, britannico, volontario a Gaza dal 2009. Come Vittorio Arrigoni, anche Adie fa parte dell’International Solidarity Movement. Nel giugno del 2009 aveva partecipato alla spedizione del Free Gaza Movement sulla nave ‘Spirit of Humanity’, poi catturata in mare dalle navi da guerra israeliane. Insieme agli altri passeggeri era stato arrestato e incarcerato in Israele, prima di essere rispedito in Inghilterra. Ma non si era arreso e si trova ora in Gaza per fare il possibile aiutando la popolazione locale. Lo vediamo spesso in collegamento su PressTV. (Egeria)

La propaganda sionista sui media e sul web italiano si attarda sulla presunta responsabilità dei Salafiti nell’assassinio del pacifista italiano, la cui memoria si tenta in ogni caso di infangare. E questo tentativo di gettare fango su una figura politicamente luminosa fa il paio con il sottrarsi alla responsabilità diretta dell’assassinio. Basta ricordare il massacro di Sabra e Shatila: mica siamo stati noi? Sono stati i Drusi! E ricordo un episodio minore, dove i clandestini sudanesi che tentavano di entrare in Israele, venivano accolti... a fucilate dai soldati egiziani di Mubarak, che poi li mandavano a seppellire davanti ad un cimitero israeliano. La cronaca di un episodio minimale è stata narrata dal Manifesto e la si può trovare nel suo archivio. I “Corretti Informatori” commentavano: e mica siamo stati noi?! Sono stati i soldati egiziani! Ed anche qui si continua a dire: E mica siamo stati noi ad assassinare Arrigoni? Sono stati i Salafiti! In realtà, Vittorio Arrigoni era già segnato nelle liste dei morti, degli omicidi mirati. Da un punto di vista politico e non formale-processuale, Salafiti o non Salafiti si tratta di un dettaglio del tutto trascurabile.

1 commento:

rino ha detto...

Perfettamente vero: la nostra battaglia per la verità deve essere svolta tra quei paesi che, come l'Italia, sostengono sciaguratamente il sionismo. Esso è la più grande associazione a delinquere del mondo, talmente grande che non ha bisogno di nascondersi per compiere le proprie malefatte, ma ha un bisogno vitale dell'appoggio dei cittadini comuni e degli stati. Molto più di quanto le nostrane associazioni a delinquere necessitano dell'omertà della gente comune per fiorire e prosperare.
Non a caso è chi non si fa i 'cazzi suoi' a lasciarci la pelle e non chi è abile con la lingua...