giovedì 10 marzo 2011

Rivolta Araba: Come reagiscono USA e Israele?

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Le vicende nel Mondo Arabo si susseguono ad un ritmo tale, da richiedere un aggiornamento costante delle notizie. Se ne avessi la possibilità, dedicherei tutto il tempo a mia disposizione per relazionare costantemente in merito alle vicende presenti e passate in Palestina, perché è la sorte del Popolo Palestinese la mia preoccupazione primaria. E anche perché sembra che Israele si stia avvantaggiando del fatto che gli occhi del mondo sono puntati sulle piazze arabe, per intensificare gli attacchi, quotidiani, sull'inerme popolazione di Gaza.
Egeria

Come reagiscono USA e Israele?


E' di due giorni fa la notizia del bombardamento di tre pozzi di acqua in Gaza, che già soffre di forte carenza di approvvigionamento di acqua, in quanto i continui nuovi insediamenti israeliani vengono scelti proprio in base all’accesso agevole a fonti di acqua, restringendo man mano i territori e pascoli ricchi di acqua a disposizione dei palestinesi.


Mi chiedo come fare per riuscire a smascherare l'intero castello della menzogna sionista mediante poche righe scritte in un blog, opposte alla sistematica campagna di disinformazione e propaganda pro-Israele da parte dei media nazionali e internazionali.

Tuttavia, l'intero mondo islamico, ingiustamente discriminato e allo stesso tempo sfruttato dall'occidente per scopi politici ed economici, merita al momento la nostra più completa attenzione.

Sono leoni, gli uomini che combattono nelle piazze arabe e nelle zone desertiche della Libia in cui si trovano le centrali di estrazione e lavorazione del petrolio.

Sono disposti a dare la vita per la causa della liberazione dal giogo dei tiranni appoggiati dall’occidentale, i combattenti coraggiosi della Libia e degli altri paesi della regione.


Perché sia ben chiaro: sono regimi corrotti e repressivi, quelli arabi, perché noi, in occidente, abbiamo permesso questo stato di cose, sacrificando i diritti umani dei popoli del vicino e medio oriente sull’altare della “stabilità”, del petrolio, e della “sicurezza” di Israele, la cui esistenza non è mai stata a rischio, in nessun momento, contrariamente a quanto vorrebbe la falsa propaganda creata ad arte e promulgata per mezzo dei nostri media, i tg, il cinema e i telefilm americani che dipingono gli israeliani come vittime ed eroi e i musulmani come fanatici fondamentalisti neanche tanto intelligenti.

Noi, cittadini occidentali, pensiamo che in fondo Israele sia una società con valori simili ai nostri e vediamo con favore uno stato, con caratteristiche che pensiamo democratiche, insediato tra quella popolazione di cultura musulmana, islamica, coranica, che reputiamo così distante dalla nostra e che guardiamo con sospetto. Accettiamo ciecamente il pregiudizio, senza indagare per conoscere. Sia quello favorevole a Israele che quello di diffidenza nei confronti dei musulmani.

Faccio un esempio importante: la maggioranza dei cittadini occidentali pensa che i governi arabi riflettano l’ideologia islamica: niente è più lontano dalla verità. Non promulgano alcuna ideologia, non difendono alcun credo, non professano alcuna fede. I tiranni arabi non hanno certo il Corano in mente, quando opprimono, reprimono, schiavizzano, torturano il popolo. Si servono delle false ideologie oscurantiste chiamate Wahabismo e Salafismo per mantenere il popolo in sudditanza psicologica, specie le donne.

Commentava così, alcuni giorni fa, in collegamento con PressTV, l’autore e giornalista americano Marc Glenn, fondatore del movimento di solidarietà “Crescent and Cross” ed esperto in questioni mediorientali:

“Le cause della rivolta araba sono profondamente radicate nella questione della colonizzazione della Palestina da parte degli ebrei sionisti.” Una colonizzazione iniziata oltre un secolo fa e culminata nella fondazione dello stato sionista di Israele alla fine della 2ª Guerra Mondiale. Da allora i popoli arabi non hanno più avuto pace. La persecuzione e oppressione degli arabi e in particolare dei palestinesi dura ormai da quasi un secolo – da molto prima della persecuzione degli ebrei in Europa.

Visto che i media italiani, e non solo quelli italiani, sono avari di informazioni sulle vicende dei massicci movimenti di rivolta nel mondo arabo, credo sia importante fornire brevi riepiloghi delle notizie del giorno, per aggiungere alcuni approfondimenti delle singole situazioni più significative.

USA
Dopo avere compilato ieri sera una lista delle notizie più rilevanti (vedi in basso), assistevo questa mattina alla lunga diretta del Venerdì delle proteste nel mondo arabo. Per gran parte, le immagini in onda su PressTV venivano commentate in collegamento dall’esperto in Diritto Internazionale, avvocato americano Dr. Franklin Lamb, che relazionava su ciò che attualmente succede nelle sfere governative degli Stati Uniti come reazione alle vicende arabe.

Come ho potuto personalmente constare seguendo le notizie dei media americani di diffusione internazionale, è in atto da alcune settimane un’iniziativa mediatica massiccia da parte di Washington, mirata a screditare le rivolte arabe mediante azioni persecutorie che ricordano tanto il periodo del “maccartismo”, quando era in atto la caccia alle streghe per "stanare" quelli che venivano chiamati “nemici dello stato”, ovvero i simpatizzanti della filosofia comunista.

Oggi il nuovo “spauracchio” è l’Islam. Si vuole suscitare nei cittadini americani il sospetto che dietro le sommosse si celi in realtà il pericolo della radicalizzazione islamica, che quindi rappresenterebbe un pericolo per l’occidente e farebbe presagire futuri attacchi mirati al territorio statunitense.

E’ stata infatti di recente istituita una “Commissione Parlamentare di Inchiesta” da parte del Comitato per la Sicurezza Nazionale, dal tema “I cittadini musulmani costituiscono un pericolo per la Sicurezza dello Stato?” La Commissione, capeggiata dal sionista Peter King, ha lo scopo ufficiale di indagare sui presunti crimini dei musulmani americani nei confronti della società statunitense, e lascia intendere che esistono prove evidenti per un tentativo organizzato di instaurare la Legge Islamica della Sharia nella società americana”.

Veniva messo in evidenza che i musulmani americani, pur rappresentando appena il 6% della popolazione complessiva, costituissero tuttavia l’80% dei detenuti per crimini connessi al “terrorismo”.

All’iniziativa della Commissione i media americani, compresi quelli a diffusione internazionale, stanno dedicando in questi giorni un’attenzione quasi maniacale, con dibattiti in studio e commenti da parte di figure istituzionali. E dato che nei media è iniziata la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2012, in maggioranza gli “esperti” invitati a commentare o dibattere sono candidati repubblicani che si presenteranno per le prossime elezioni.

Per tornare all’intervento dell’avvocato Franklin Lamb, durante la diretta di oggi su PressTV dedicata alle rivolte arabe, commentava come segue, l’esperto in Diritto Internazionale:

“Si è tenuta ieri la prima udienza della Commissione e ha scatenato forti reazioni sia nei media convenzionali, schierati ovviamente dalla parte della Commissione, sia da parte della comunità islamica, che in questi giorni è scesa in piazza con forti contestazioni e slogan che denunciano la discriminazione di stampo razzista islamofobico. Erano accompagnati da gruppi di solidarietà che pubblicamente sottolineavano la natura pacifica che caratterizza la cultura islamica e quindi la comunità musulmana in America.

Aggiungo personalmente, che ho potuto assistere ieri sera nei media americani alla testimonianza dell’unico parlamentare musulmano eletto in USA, il Democratico del Minnesota Keith Ellison, presente ieri all’Udienza in qualità di relatore/difensore. E’ scoppiato in lacrime mentre leggeva i nomi dei vigili del fuoco musulmani periti durante i tentativi di soccorso ai cittadini americani intrappolati nelle Torri Gemelle dopo l’attacco dell’11 Settembre 2001.

Commentava Franklin Lamb: “Washington teme che le violenze nei confronti dei manifestanti nelle piazze arabe possano provocare in USA manifestazioni di solidarietà con il mondo arabo oppresso – e quindi con l’Islam – e quindi esercitare forte pressione pubblica per la cessazione dell’intervento militare americano in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Yemen, e l’interruzione dei finanziamenti a Israele che servono ad armare l’esercito contro i palestinesi”. Già sono in atto da settimane le manifestazioni anti-governative ovunque in USA, e in particolare nell’area industriale del Nord-Est, iniziate nel Wisconsin un mese fa e mai interrotte un solo giorno, una sola notte, da allora.

“E tutto questo avviene mentre ferve dietro le quinte l’attività frenetica da parte della Lobby americana pro-Israele AIPAC, che al momento è molto impegnata a venire incontro alle richieste che in segreto provengono dalle sfere governative di Israele, che dall’inizio delle rivolte arabe hanno evitato commenti pubblici.

Spiega Franklin Lamb: “Dai miei contatti in Israele sono venuto a sapere che molti cittadini israeliani hanno espresso l’intenzione di espatriare, ma non per tornare ai paesi di origine in Europa e Russia. Vogliono trasferirsi negli Stati Uniti. Diventa sempre più chiaro alla popolazione israeliana, che il regime sionista non ha più futuro e che l’occupazione e colonizzazione della Palestina dovranno cessare.

Continua il Dr. Lamb: “E’ evidente ormai, e in particolare per i cittadini israeliani, che le popolazioni arabe in rivolta sono determinate a continuare con le sommosse finché la rivoluzione si sia compiuta fino in fondo. E una delle conseguenze inevitabili sarà la resa dei conti con Israele, che inoltre ha perso il supporto da parte della comunità internazionale meglio informata. Per cui diventa importante per Israele prendere decisioni politiche determinanti prima che le rivoluzioni si compiano definitivamente.


(e faccio una breve parentesi per confermare che anche oggi, venerdì, tutte le piazze arabe sono colme di manifestanti, più numerosi che mai – in alcune ci sono violenti scontri con le forze dell’ordine, specie in Bahrein, con alcuni morti e molti feriti - e in particolare nel Cairo i cittadini, dopo l’ennesima carica di ieri da parte degli agenti della polizia, riempiono oggi ogni piazza, ogni strada, per denunciare le recenti manovre dei colonnelli, che temporeggiano evitando di affrontare le richieste esplicite della popolazione sempre più determinata ad ottenere ciò che chiede, e cioè un rovesciamento a 180 gradi delle politiche e delle istituzioni, come descritto in dettaglio nel mio post precedente)

Continua il Dr. Lamb: “La Lobby Sionista AIPAC è riuscita ad ottenere l’emissione di decine di migliaia di passaporti americani (al momento già 30.000) destinati ai cittadini israeliani che vogliono emigrare in America. L’ufficio per l’emissione dei passaporti sta facendo letteralmente gli straordinari per venire incontro alle richieste della AIPAC, che detta legge in tutte le sfere del potere americano”.

Ricordiamo che è la Israel Lobby a finanziare le campagne elettorali dei candidati più promettenti nel difendere gli interessi israeliani, e questo vale sia per i candidati al Parlamento (Camera e Senato), che per i candidati alla Presidenza. Ed è comunque sempre la AIPAC che alla fine decreta chi dovrà diventare parlamentare, senatore, presidente, o funzionario delle istituzioni amministrative. Obama era stato la scelta della AIPAC per le ultime elezioni presidenziali.

Era promettente, Barack Obama, perché sapeva incantare le folle e sarebbe sicuramente riuscito a fare ingoiare agli americani alcuni rospi difficili come la continuazione delle guerre in Iraq e Afghanistan e l’appoggio incondizionato ad Israele, con massicci finanziamenti provenienti dai fondi dei contribuenti americani.

Infatti Obama era riuscito a “raccogliere” per la sua campagna elettorale quasi un miliardo di dollari (ufficialmente, ma molto più secondo gli informati), mentre McCain, nonostante sia un irriducibile difensore di Israele (come lo è stata storicamente l’intera dinastia dei McCain), non avrebbe saputo garantitire l’appoggio dell’opinione pubblica per le spregiudicate politiche estere americane.

Detto ciò, ecco gli ultimi aggiornamenti - a ieri – delle vicende arabe. Quelle riguardo ad oggi, venerdì, seguiranno a breve.

BRUXELLES - NATO:
Durante una riunione dei ministri alla Difesa dei paesi NATO, il Segretario Generale Anders Rasmussen dichiarava che la NATO sta vagliando la possibilità di un intervento militare in Libia e sta quindi intensificando la sorveglianza dello spazio aereo libico. "Se avremo un mandato chiaro da parte dell'ONU e un forte supporto regionale, saremo pronti ad intervenire", dichiara Rasmussen.

Ciò che Rasmussen omette di menzionare, è che il "supporto regionale" non meglio specificato sarebbe rappresentato dal Consiglio Rivoluzionario, che attualmente agisce da governo ad interim e che ha ripetutamente ed espressamente dichiarato di opporsi a qualsiasi intervento militare dall'esterno.

Si tratta dello stesso Rasmussen che ai tempi in cui era primo ministro danese, ha fortemente appoggiato l'intervento militare della Danimarca in Iraq e Afghanistan. E pochi sono informati sullo scempio compiuto dai militari danesi nel carcere della base militare di Bagram, in Afghanistan.

KUWAIT
Primi segni di rivolta anche in Kuwait, dove un gruppo di giovani kuwaitiani hanno programmato una manifestazione per domani, venerdì, allo scopo di chiedere le dimissioni del primo ministro e riforme importanti. Le proteste arrivano anche in aperta sfida alle leggi repressive del regime che inoltre vieta ufficialmente qualsiasi forma di protesta organizzata.

Il premier del Kuwait è un nipote dello Sceicco al-Sabah ed è stato nominato nel 2006. E' da sempre fortemente osteggiato nel parlamento e durante gli anni del suo governo ci sono stati già 3 rinnovi completi del parlamento e 5 rimpasti del consiglio dei ministri.

ARABIA SAUDITA
Alcuni giorni fa, tutti ricordiamo, Obama aveva fatto richiesta "confidenziale" al re saudita Abdullah di inviare armi in Libia, compresi carri armati e missili. Tuttavia non è arrivata alcuna risposta affermativa da Riyadh ed è di oggi la notizia che "gli Stati Uniti fanno appello al governo saudita di rispettare il diritto dei cittadini a manifestare pubblicamente.", secondo quanto dichiarato dal portavoce del ministero degli esteri, Philip Crowley di fronte alle telecamere durante il briefing giornaliero alla stampa.

Il messaggio al governo saudita ultra-conservatore è forte e chiaro: se voi non venite incontro alle nostre richieste, noi vi biasimeremo pubblicamente per le vostre azioni repressive nei confronti dei manifestanti. Il messaggio arriva alla vigilia della manifestazione "Giorno dell'Ira" programmata nelle piazze saudite per domani, venerdì 11 marzo.

E solo due ore fa George Galloway (fondatore del Movimento pro-Gaza "Viva Palestina") diceva durante la sua trasmissione in diretta su PressTV London: "La redazione mi informa che si sono verificati scontri in Arabia Saudita. Le forze dell'ordine hanno aperto il fuoco contro i manifestanti e hanno deliberatamente abbattuto 3 persone."

La notizia viene confermata nel notiziario alla fine della trasmissione di Galloway. A Qatif la folla di manifestanti, uomini e donne, era rimasta in piazza fino alla sera a chiedere la scarcerazione dei prigionieri politici. La settimana scorsa il governo saudita, in previsione del programmato Giorno dell'Ira, aveva messo pubblicamente al bando ogni tipo di manifestazione pubblica, annunciando lo spiegamento di 10.000 unità delle forze dell'ordine nelle maggiori città.

Mentre scrivo - quasi mezzanotte di Giovedì - è in onda uno speciale da Londra sulle rivolte in Arabia Saudita, con l'esperto in affari mediorientali Christopher Walker che commenta le immagini in diretta da Qatif e si dichiara "molto preoccupato" per ciò che succederà domani, venerdì 11 marzo. Le immagini mostrano il massiccio corteo di veicoli dell'esercito che si stanno spostando per raggiungere le destinazioni delle città in cui si prevedono le manifestazioni. Uno spettacolo davvero terrificante. Vedrò se riesco a trovare qualche immagine del filmato andato in onda.

Intanto, migliaia di agenti dei Servizi Segreti sauditi si stanno preparando ad entrare nel vicino Bahrein, come annunciato dal re saudita Abdullah al collega del Bahrein Al Khalifa.

Ieri arrivava pubblicamente "l'invito al dialogo" da parte del ministro degli esteri saudita. Ma in un filmato andato in onda su PressTV il portavoce di un partito di opposizione rispondeva dicendo che "non rimane più nessuno con cui voi del governo possiate dialogare, perché i leader dell'opposizione, tra cui intellettuali e accademici, sono tutti in carcere, oppure in esilio, oppure costretti a nascondersi per evitare la cattura.”

Per domani, come per ogni venerdì dall'inizio della rivolta araba, si prevedono manifestazioni massicce in tutte le piazze arabe. In Arabia Saudita il confronto nelle strade si preannuncia focoso.

EGITTO
El-Baradei, ex-Segretario Generale dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica annuncia oggi di volere proporre la propria candidatura alla Presidenza per l'Egitto. El-Baradei si era presentato in Piazza Tahrir all'inizio della rivolta, ma la folla lo aveva rispedito al mittente dopo le pubbliche dichiarazioni che "fosse necessario mantenere fede al Trattato di Pace con Israele”. Non so cosa lo incoraggi ora a riproporsi ai cittadini egiziani, ma lui sa che può contare sull'appoggio - e quindi sul finanziamento - da parte dell'Impero USA-Israele-EU. Nel tentativo di ingraziarsi l'elettorato egiziano, El Baradei dichiara "di essere in favore di un sistema democratico in luogo delle riforme che i leader militari stanno attualmente proponendo", aggiungendo che si opporrà agli emendamenti proposti dai colonnelli egiziani.

Qualche giorno fa anche Amr Moussa, Segretario Generale della Lega Araba che ha sede in Cairo, vicino a Piaza Tahrir, dichiarava l'intenzione di candidarsi alla Presidenza del Paese. La Lega Araba è tuttavia molto screditata e criticata per la latitanza nella questione palestinese. Anche Moussa si era presentato in Piazza Tahrir nella fase iniziale della rivolta, ma la reazione dei cittadini non era stata affatto entusiasta. Sotto la guida di Moussa, la Lega è stata continuamente presa di mira per le politiche poco efficaci nel contrastare l'aggressività del regime sionista israeliano.

YEMEN
Da settimane non hanno mai smesso di manifestare i cittadini di questo paese martoriato dai continui attacchi delle forze militari congiunte USA-SaudiArabia. In milioni in piazza anche ieri per chiedere, come sempre dall'inizio della rivolta, le dimissioni del dittatore Saleh e la scarcerazione dei detenuti politici. E a Sana'a abbiamo assistito ad uno spettacolo terribile. Le forze dell'ordine, vedendo vano ogni sforzo di disperdere le folle, ieri hanno gettato sui manifestanti un sospetto gas nervino o qualcosa che parrebbe produrre effetti diversi dai comuni lacrimogeni.

Molti i ricoverati in ospedale: 1 morto, centinaia di feriti. Dichiarava il Dr. Sami Zaid dell'Ospedale della Scienza e Tecnologia di Sana'a: "Abbiamo constato in molti lo stato di paralisi temporanea caratteristico dei gas nervini", il cui impiego è peraltro vietato secondo le convenzioni internazionali. Il fatto, ove accertato e confermato ulteriormente, da fonti diverse, sarebbe di una gravità inaudita.

Intanto arriva la notizia che centinaia di soldati dell'esercito regolare sono passati dalla parte dei manifestanti e si sono uniti alle proteste. Scoppia una sommossa in un carcere di 2.000 detenuti politici. E' noto che molti tra i detenuti sono "prigionieri di guerra" catturati dalle forze saudite-americane, da tempo presenti nel territorio come vere e proprie forze di occupazione, ufficialmente "per combattere Al Qaeda", ma in realtà per reprimere i gruppi di rivoltosi che da anni combattono per la liberazione del paese dal giogo saudita-americano.

I detenuti in rivolta riescono a prendere in ostaggio una decina di guardie. Vengono inviate le forze dell'ordine, che fanno uso di gas lacrimogeni e si scagliano sui detenuti raccolti nel cortile del carcere. Nella lotta vengono feriti 60 detenuti e 20 agenti. In giornata la folla prende anche d'assedio l'ambasciata saudita chiedendo la liberazione dei prigionieri yemeniti detenuti in Arabia Saudita.

LIBIA
Nuova dichiarazione di fonte alle telecamere da parte di Saif al-Islam Gheddafi, che promette “Guerra senza quartiere”, aggiungendo che la famiglia Gheddafi non cederà mai e poi mai alle richieste dei rivoltosi di rinunciare al potere. “La Libia è nostra e uccideremo i rivoltosi complici di Al Qaeda uno per uno”.

… continua …

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