sabato 12 marzo 2011

Cronache Arabe - GAS tossici? Questa la nuova arma contro i popoli in rivolta? - Rivolta Saudita: cosa rischia la Casa Reale

Homepage Egeria - N° 11
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Sembrerebbe, a sentire PressTv, che sia il GAS tossico la nuova arma utilizzata nei paesi arabi del Golfo Persico da parte delle forze dell’ordine, che da almeno 3 settimane tentano di reprimere anche con l’uso di armi da fuoco le sommosse nelle strade del Bahrein e del Yemen nel tentativo di scoraggiare ulteriori manifestazioni di rivolta. E invece, con il passare di ogni giorno aumenta il numero di partecipanti alle sommosse e nelle singole città superano anche il milione di presenze.

Alcuni giorni fa i medici a Sana’a, Yemen, denunciavano pubblicamente di avere riscontrato in molti manifestanti, arrivati al pronto soccorso, segni evidenti di avvelenamento da GAS nervino, con sintomi caratteristici di paralisi dovute all’esposizione ad agenti chimici che attaccano il sistema nervoso centrale. Se il fatto trova ulteriori conferme, presso altre fonti, sarebbe di una estrema gravità tale da chiamare in causa tutte le organizzaioni che finora si sono accanite sui presunti crimini di Geddafi contro la popolazione civile. Seguiremo con particolare attenzione tutte le notizie sull’effettivo uso addirittura di gas nervino, giacchè la cosa sarebbe di estrema gravità ed importanza, anche se incredibile conoscendo le caratteristiche di questo gas. La notizia dell’uso di gas si è affacciata anche sui nostri media, ma parlando genericamente di gas lacrimogeni.

Per chi non lo sapesse, è importante ricordare che il GAS nervino è considerato un’arma di distruzione di massa ed è elencato tra gli agenti chimici il cui impiego per scopi bellici è bandito dalle convenzioni internazionali.
Vorrei aggiungere, che la settimana scorsa era stato usato un gas tossico anche da parte delle forze di sicurezza israeliane sui manifestanti palestinesi a Ramallah e in Gerusalemme al-Quds, provocando la morte di un bambino palestinese.
Egeria

GAS tossico impiegato
sui manifestanti in Bahrein e Yemen


Ieri mattina le strade e piazze del Bahrein e Yemen erano più gremite che mai di manifestanti seriamente intenzionati ad ottenere ciò che chiedono con insistenza da settimane: le dimissioni dei rispettivi regimi.

Man mano che passavano le ore, i cortei si facevano più numerosi e le immagini delle manifestazioni venivano commentate durante la lunga diretta su PressTV.

Poi, sia nel Bahrein che nello Yemen, gli eventi sono precipitati e iniziavano gli assalti da parte delle forze dell’ordine. Assalti con armi da fuoco e GAS tossico.

Vorrei aggiungere che mentre scrivo, dopo la mezzanotte, sono tutt’ora in atto manifestazioni in Yemen, che vedo in diretta sullo schermo del televisore.

BAHREIN

Venerdì, 11 marzo. Mentre i giornalisti negli studi di PressTV commentavano come sempre le immagini 'live' in collegamento con gli esperti da Londra e dal Medio Oriente, arrivava in diretta il resoconto telefonico dell’inviato che accompagna la troupe televisiva di PressTV nel Bahrein. Il tono era agitato, i rumori di fondo lasciavano intendere che scontri violenti erano in atto.

Diceva l’inviato, Johnny Miller: “La nostra troupe è stata assaltata e la telecamera è stata distrutta. Non da parte degli agenti in tenuta da sommossa, ma da parte di un gruppo scelto di alcune decine di agenti guidato da due ufficiali che si sono diretti verso la nostra postazione con chiare intenzioni aggressive. Un ufficiale ha fatto segno agli agenti di attaccarci e ha gridato: PressTV è stata bandita dal Bahrein, lo sapevate.“

In un post recente avevo fatto notare che la settimana scorsa, infatti, nel Bahrein era stato oscurato il sito web e il canale Tv di PressTV. Certo, perché a differenza delle emittenti occidentali, specie quelle americane, PressTV non fornisce versioni ritoccate e analisi distorte favorevoli “ai governi nostri alleati”, come lo sono appunto i regimi del Golfo persico.

L’inviato ha poi fatto un resoconto degli avvenimenti a cui aveva assistito. “Un corteo di manifestanti di Manama stava procedendo pacificamente nella direzione del palazzo reale, come progettato e annunciato ieri, ma è stato attaccato da centinaia di uomini delle forze dell’ordine.”

Più tardi in giornata emergeva l’intera verità. Il corteo di circa 50.000 persone, tra cui migliaia di donne, marciava verso il complesso della residenza reale di Riffah, alle porte della capitale Manama. I manifestanti sono stati attaccati sia da agenti in tenuta da sommossa che da parte di uomini in borghese armati di spranghe di ferro, machete, coltelli e mazze di legno tempestate di chiodi. Gli agenti hanno aperto il fuoco e hanno lanciato quello che ai manifestanti era sembrato gas lacrimogeno.

Oltre 800 i feriti soccorsi direttamente nei luoghi della manifestazione, dove decine di ambulanze si erano tenute a disposizione dei manifestanti che avevano ufficialmente annunciato la manifestazione il giorno precedente. Secondo le dichiarazioni delle unità mediche sul luogo, molti manifestanti mostravano segni di ferite da fuoco, mentre altri erano in preda a convulsioni e stati di disorientamento. In seguito le autorità sanitarie confermavano che molti dei ricoverati nelle strutture ospedaliere evidenziavano sintomi di intossicazione da agente chimico, probabilmente GAS nervino. Il “probabilmente” è qui da sottolineare in attesa di ulteriori conferme, data la estrema gravità del fatto, che di per sé, ove indubitabile, dovrebbe far scattare, a maggior ragione, i dispositivi invocati per la Libia. Oltre un centinaio di ricoverati mostrava gravi difficoltà respiratorie. E se non è “gas nervino” si dovrebbe poter sapere che gas è. Di certo, non un comune lacrimogeno.

Il giorno dopo, sabato, un portavoce del governo respingeva le accuse secondo cui gli agenti avessero fatto uso di armi da fuoco e GAS tossici contro i manifestanti. Affermava che era stato usato il gas lacrimogeno per impedire ai manifestanti di raggiungere la grande piazza nei pressi del palazzo reale, dove “erano in attesa centinaia di guardie fedeli al re, pronte a intervenire nei confronti della folla”.

Sabato, 12 marzo, Manama.

A sorpresa la visita del ministro americano alla Difesa Robert Gates, che arrivava dopo la riunione dei ministri alla Difesa della NATO a Bruxelles. Gates si è incontrato con i reali questo sabato per rassicurare il monarca, confermando il pieno appoggio da parte degli Stati Uniti alla casa reale.

Tuttavia dichiarava Gates: “Ho fatto notare al re al-Khalifa e al principe ereditario che sicuramente nell’intera regione le cose non sarebbero mai più tornate alle condizioni precedenti l’inizio delle rivolte e che sono necessarie misure di riforma in risposta alle richieste dei cittadini. E’ questo che gli Stati Uniti desiderano vedere”. (mutare tutto per non cambiare niente)

Due settimane fa anche il capo di Stato Maggiore, l’Ammiraglio Mike Mullen, aveva fatto visita al Bahrein, dove si trova inoltre il quartier generale della flotta militare americana di stanza nel Golfo Persico.

Domenica, 13 marzo, Manama.

Questa mattina, mentre terminavo il mio rapporto, andavano in onda le immagini in diretta dalla capitale Manama. L’inviato di PressTV, munito di handycam, ci mostrava i manifestanti di nuovo caricati dalle forze della sicurezza. I filmati sono in onda tutt’ora in diretta e mostrano gravi violenze e scene di vera e propria guerriglia urbana.

Gli agenti hanno aperto il fuoco sui cittadini inermi e hanno fatto di nuovo uso di GAS nervino. Stando alle dichiarazioni fatte tramite PressTv, sarebbe praticamente sicuro che si tratti di GAS nervino, perché secondo le dichiarazioni del personale medico intervenuto sul luogo, le persone che hanno inalato il gas mostravano segni di paralisi e disorientamento.

Interveniva in diretta Saeed al-Shihabi, un esponente della resistenza del Bahrein, esiliato a Londra perché inserito nella lista dei circa 300 ricercati per presunto “terrorismo politico”, di cui 230 sono stati arrestati nei mesi scorsi, in Manama, in previsione delle ultime elezioni.

La giornalista americana in studio nella sede di PressTV, Marzieh Hashemi, aveva rivolto questa domanda ad al-Shahabi: “Vista la terribile repressione che i manifestanti hanno subìto questo venerdì, cosa spinge anche oggi la folla a scendere di nuovo in piazza, sapendo di correre gravi rischi?”

Rispondeva al-Shahabi: «Per esperienza so che da un certo momento in poi il fattore “paura” scompare. Subentrano la rabbia e la determinazione a combattere fino in fondo. Lo abbiamo potuto constatare alcune settimane fa nel Cairo, durante quella che venne in seguito denominata ‘la battaglia di Piazza Tahrir’».


Ricordo bene la battaglia di Piazza Tahrir. Gli scontri erano durati 15 ore di fila e sono stati terribili. Li abbiamo visti in diretta su PressTV e altri circuiti internazionali. A volte senza commenti, per lasciare allo spettatore la sensazione di trovarsi direttamente in quei luoghi. Anche in quell’occasione i manifestanti, attaccati da uomini in borghese armati, alcuni in sella di cammelli, non erano fuggiti. Avevano opposto una coraggiosa resistenza anche se migliaia sono stati feriti, e molti anche in modo grave. A chi ci volesse obiettare che diamo ampio spazio a ciò che apprendiamo tramite PressTv, la nostra risposta è che nei limiti del possibile cerchiamo di confrontare le stesse notizie con altre fonti e su altre fonti.

Questa mattina, secondo le testimonianze raccolte a Manama, i cittadini si dichiaravano furiosi per la visita di ieri, sabato, del ministro americano alla Difesa, Robert Gates, che aveva confermato l’appoggio degli Stati Uniti al regime del Bahrein. Erano furiosi perché intanto era appunto circolata la notizia, proveniente dallo Yemen (v. di seguito la sezione dedicata allo Yemen), che il GAS impiegato per la repressione della rivolta era stato fornito da parte dei militari americani di stanza nella regione del Golfo Persico. Non dovrebbe stupire nessuno la notizia che gli Usa sono i più grandi produttori e fornitori al mondo di armi di ogni genere: quella degli armamenti è ormai la principale industria americana, che non parrebbe soffrire nessuna crisi economica di sorta.

Aggiornamento: Arriva ora la notizia che le forze armate Saudite stanno per entrare in Bahrein. Sono davvero terribili le immagini che vedo attualmente sullo schermo provenienti da Manama.

YEMEN

Venerdì, 11 marzo, Sana’a, Yemen
. Arrivavano in diretta su PressTV le immagini sconcertanti delle rivolte in atto nelle diverse città dello Yemen.

La manifestazione di oltre 1 milione di persone nella città di Sana’a finiva nella tragedia. 10 morti per ferite da arma da fuoco e oltre 1.500 feriti, di cui almeno un migliaio colpiti da GAS tossico. E se si parla di gas “tossico”, dobbiamo intendere i comuni “lacrimogeni” in uso da parte della polizia dei nostri paesi per disperdere i manifestanti? È mai successo che un migliaio di persone siano state ricoverate in Italia in conseguenza dell’uso di gas lacrimogeno di cui è dotata la nostra polizia?

Le immagini erano terribili. Mostravano centinaia di persone sparse in strada in preda a quelle che sembravano crisi epilettiche, mentre altri boccheggiavano, incapaci di respirare. Altri invece sembravano in stato confusionale, incapaci di muoversi. Infatti i medici in seguito avanzavano l’ipotesi che fossero stati impiegati diversi tipi di GAS tossico. Esperimenti, mi chiedo? Che diavolo è? Si può sapere? Abbiamo il diritto di saperlo?

Le taniche di GAS vuote rinvenute dai manifestanti, sùbito mostrate alle telecamere, portavano la scritta “Made in USA”. Una fonte non specificata confermava che il GAS tossico fosse un “regalo” degli Stati Uniti alla polizia yemenita. Ricordiamo che Yemen è sotto il controllo militare della confinante Arabia Saudita, con forte presenza di basi militari americane.


Sabato, 12 marzo.

Mentre scrivo è notte ed è in onda una discussione con esperti in merito alla questione del GAS tossico fornito da parte degli Stati Uniti.

Le folle in Yemen chiedono da settimane le dimissioni del dittatore Ali Abdullah Saleh, che invece continua a proporre giorno dopo giorno soluzioni alternative, prontamente rigettate dai cittadini.

Oggi la pressione dei cittadini e delle autorità sanitarie del Yemen si è fatta insistente e veniva riportata nei media internazionali. Veniva chiesta a gran voce una spiegazione da parte degli Stati Uniti in merito alle taniche di GAS rinvenute nelle piazze di Sana’a.

Interviene dopo ore l’ambasciatore americano in Yemen, Gerald M. Feierstein, che rilascia questa dichiarazione di fronte alle telecamere, poi riportata nella stampa: “Riteniamo pericolosa questa rivolta. Riteniamo che non sia nell’interesse del popolo yemenita. Ci opponiamo alla semplice richiesta dei cittadini per le dimissioni del presidente Saleh, senza una proposta su cosa dovrebbe succedere in seguito.” (AFP)

L’ambasciatore americano ha poi propinato un parallelo con la Libia, dicendo: “Avete (in Yemen) una popolazione armata, avete una storia di conflitti violenti e avete una quantità di persone che già parlano della possibilità di ricorrere alla violenza per raggiungere gli obiettivi desiderati.” (???)

Commentando i rapporti secondo cui le forze di sicurezza abbiano fatto uso di GAS nervino nei confronti dei manifestanti, Feierstein dichiarava: “Non abbiamo la competenza per determinare che tipo di agente chimico sia stato impiegato.” – Aggiungiamo noi: speriamo che qualcuno abbia la competenza di dirci (non tardivamente, fra un anno!) di cosa si tratta. Di certo, non è possibile che chi ha usato un simile gas non sapesse di cosa si trattasse e di quali effetti avrebbe comportato.

Un top-advisor di Obama, John Brennan, aveva fatto un appello ai manifestanti chiedendo di “rispondere in modo costruttivo” all’offerta del dittatore Saleh per una nuova costituzione, con cui il potere verrebbe trasferito dalla presidenza ad un parlamento eletto.

I manifestanti avevano risposto dicendo che l’offerta non è sufficiente e confermavano l’intenzione di manifestare fino ad ottenere le dimissioni di Saleh.

Rivolta Saudita: cosa rischia la Casa Reale

ARABIA SAUDITA

Venerdì, 11 marzo. Alla fine, dopo i preparativi su vasta scala da parte del governo saudita in previsione dell’annunciato Giorno dell’Ira, la manifestazione non ci è stata, o meglio, è stata soffocata sul nascere – anche se in alcune località si sono viste piccole sacche di rivolta, ma davvero poco efficaci.

Nei giorni scorsi scorrevano le immagini delle lunghe colonne di migliaia di mezzi blindati dell’esercito che si stavano avvicinando alle città in cui le manifestazioni erano previste, compresa la capitale Riyadh.

Come scriveva in un recente articolo l’autore e giornalista britannico Robert Fisk, corrispondente dal Medio Oriente per l’Independent di Londra – e spesso interpellato da PressTV: “La sicurezza di stato era consapevole da molto tempo che la rivolta nella piccola isola del Bahrein si sarebbe propagata in Arabia Saudita.” E ha quindi avuto tutto il tempo necessario per organizzarsi.

Continua Robert Fisk: “L’Arabia Saudita ha dispiegato 10.000 unità delle forze dell’ordine nelle province shiite del nord-est e ha ostruito le autostrade con lunghi cortei di autobus pieni di soldati in previsione del Giorno dell’Ira, che ormai è noto con il nome di “Hunayn Revolution”.

"Il peggiore incubo per l’Arabia Saudita – il nuovo Risveglio arabo di insurrezione e ribellione al regno - si è avverato e sta ora gettando la sua lunga ombra sulla Casa di Saud…”.

Venerdì, 11 marzo, Riyadh. Fin dalle prime ore del mattino, gli agenti di sicurezza hanno blindato la capitale, istituendo posti di blocco e impedendo ai veicoli di entrare in Riyadh e in altre città, e di circolare liberamente.

Nella capitale, inoltre, centinaia di agenti hanno circondato la moschea che doveva essere luogo di partenza del corteo di protesta.

Il giorno precedente, giovedì, gli agenti della sicurezza avevano aperto il fuoco sui manifestanti nella città di Qatif, uccidendo 3 persone. Avevano anche preso di assalto i manifestanti con manganelli.

Sabato, 12 marzo. E’ di poco fa la notizia che alle donne saudite – numerose nelle recenti manifestazioni - è stato revocato il diritto di voto per le prossime elezioni amministrative che si terranno entro l’anno.

Trapela una notizia che ha dell’incredibile ed è prova del totale disprezzo per il denaro e il lavoro altrui da parte dei regnanti sauditi.

Giorni fa, nel tentativo di rendere vane le proteste anti-regime, il re saudita Abdullah ha fatto un’offerta ai proprietari del social network Facebook per comprare la pagina degli attivisti sauditi che organizzavano la manifestazione Giorno dell’Ira. Ma l’offerta è stata respinta.

Allora, secondo News.am, il re saudita ha fatto un’offerta per comprare l’intero social network per 150 miliardi di dollari, che è ufficialmente quotato a 50 miliardi di dollari.

Il fondatore Mark Zuckerberg ha respinto l’offerta.

Domenica, 13 marzo. Anche se il programmato Giorno dell’Ira, previsto per venerdì 11 marzo, non è andato in porto, i cittadini sauditi non si arrendono e tornano in piazza anche oggi, seppure in gruppi ridotti.

Il gruppo di attivisti – decine di migliaia - che si è costituito utilizzando Facebook come mezzo di collegamento, ha già indetto una nuova manifestazione per il 20 marzo, che avrà il nome di Rivoluzione Saudita.

Durante la diretta di oggi su PressTV, si discuteva sul futuro della rivolta in Saudi Arabia. Da Londra interveniva Pat Lancaster, editrice del giornale “Middle East”, che commentava:

“Alla fine sarà impossibile per le autorità saudite continuare ad ignorare le richieste dei cittadini, che sono comunque in rivolta. Non siamo più nel Medio Evo: questo è il 21esimo secolo. Non è possibile dire ai cittadini che non hanno voce in capitolo, che è vietato esprimersi. Non può essere tollerato, e a lungo termine non lo sarà. I cittadini hanno molto di cui essere scontenti, hanno preoccupazioni reali. Hanno richieste legittime. Chiedono intanto la scarcerazione di prigionieri politici in carcere da anni e perfino decenni senza incriminazione formale. E chiedono la libertà di espressione. E queste richieste non possono essere ignorate all’infinito>."

Arabia Saudita: Rapporto Reuters

Il patrimonio sequestrato ai cittadini: Cosa ha da perdere la Casa Reale Saudita

PressTV ha pubblicato sul proprio sito la breve sintesi di un rapporto emesso dall’agenzia Reuters che riguarda il furto sistematico dei proventi del petrolio, sottratti ai cittadini sauditi da parte dei regnanti della Casa Reale dei Saud.

Dai rapporti della Reuters emerge la realtà sull’ingente patrimonio accumulato da parte della casa reale saudita, che si è appropriata indebitamente di centinaia di miliardi di dollari provenienti dalla vendita del petrolio, il cui legittimo proprietario sarebbe in realtà il popolo saudita, escluso dall’accesso ai proventi delle risorse del paese.

Per dare un’idea dell’entità di cui parliamo, è sufficiente menzionare che la casa reale attinge ai fondi nazionali per finanziare le semplici spese personali per un ammontare di circa 10 miliardi di dollari l’anno.

Viene anche rivelato, che i proventi della vendita del petrolio - 1 milione di barili venduti ogni giorno - finiscono direttamente nelle tasche di sole 6 persone: i principi sauditi della casa reale.

Ma anche il migliaio circa di persone imparentate con la casa reale riceve rendite milionarie e conducono una vita sontuosa, sperperando fortune.

Inoltre, il 5% del budget annuale viene per legge destinato a pagare i salari della casa reale.

Questi sono soltanto alcuni dei dati più significativi rivelati da PressTV, raccolti dal Rapporto della Reuters.

Sempre secondo il rapporto della Reuters, i parenti della casa reale riceverebbero rendite fino a 270.000 dollari al mese. Queste cifre non sono comprensive delle ingenti somme allocate separatamente per le spese relative alle sontuose cerimonie nuziali e per la costruzione di residenze reali. Qui sopra viene mostrata la residenza invernale del re saudita in Giordania. (I sovrani della regione del Golfo Persico sono tutti alleati tra loro).

Egeria

… continua …

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