giovedì 10 marzo 2011

“I legami fra il Risorgimento italiano ed ebraico”: Non esistono! - Ci diciamo italiani, ma sappiamo che l’Italia fu fatta male e bisogna ora rifarla.


Mi rendo conto di quanto sia pericoloso entrare in polemica con Certi Signori, ma quel che è troppo è troppo. In un intervento all’Università di Roma La Sapienza, dove presso la Facoltà di Studi Orientali, si è tenuto un dibattito, assai animato, sulla vicenda del colonialismo sionista, ho sostenuto un punto di vista che riporto di seguito e che andrò sviluppando ed articolando, se ve ne sarà bisogno. Chi negli anni Cinquanta ha frequentato le scuole elementari italiane ha ricevuto una certa educazione alla italianità ed al sentimento nazionale. Non vi era in classe il culto della bandiera. Non si iniziava le lezioni cantando l’Inno d’Italia. Il sentimento nazionale non era certo una forma di religione che andasse a sostituire l’educazione cattolica della totalità delle classi che ho frequentato. L’incanto è però finito da quando un Altro Signore ha potuto dire impunemente quale uso Lui intendesse fare della bandiera italiana.

Ed allora, chi ha cultura e memoria storica ha potuto pensare che forse era meglio restare borbonici, papalini, toscani, piemontesi, lombardi, veneti, ecc. Ma era comunque chiaro cosa si intendeva con la parola “Risorgimento”, salvo poi dare i contenuti che più tornano comodo ai fini di ben chiare operazioni di propaganda e di legittimazione di una illegittimità insanabile. Con “Risorgimento” ognuno di noi – scolaro negli anni Cinquanta del Ventesimo Secolo – intendeva e percepiva che laddove prima vi erano borbonici, papalini, toscani, piemontesi, lombardi, veneti, ecc,, vi sarebbero stati dopo innanzitutto “italiani”, se non soltanto ed esclusivamente italiani.

Nessuno pensava che per avere degli “italiani” si sarebbero “ripulite etnicamente” la Calabria, la Toscana, il Piemonte, il Veneto, ecc., ed al loro posto vi avrebbero fatto ingresso trionfale questi “italiani”. Il profondo radicamento territoriale delle popolazioni preunitarie non era neppure lontanamente in discussione. Era semplicemente inconcepibile che si potesse cacciare qualcuno dalla sua casa, dal suo paese, in nome della “italianità” e che questa immonda operazione potesse chiamarsi “Risorgimento”. Sarebbe stata soltanto un “pulizia etnica”, ormai pienamente equiparata al “genocidio”.

È fin troppo evidente l’operazione di una certa pubblicistica “sionista”, dove il termine andrebbe distinto da “ebraico”. La pretesa che taluni, autorevolmente, avanzano è di equiparare “sionismo” con “risorgimento”, facendo di Giuseppe Mazzini il cugino se non il compare di Teodoro Herzl. Ma bastano le poche regole di conto della scuola elementare per capire l’imbroglio. Posto che nessuno di noi si è ficcato in testa di essere discendente degli etruschi e di rivendicarne a questo titolo tutti i diritti territoriali nei luoghi già abitati da questo popolo piuttosto misterioso, piuttosto leggendario, il sentimento nazionale di appartenenza è inscindibile dalla permanenza ininterrotta nei luoghi degli avi.

Se appena andiamo a studiare la storia concreta dell’immigrazione sionista in Palestina dal 1882 in poi, noi osserviamo more geometrico come vi sia stato e vi sia un continuo ininterrotto esproprio delle popolazioni autoctone, degli “indigeni”, presentati come selvaggi meritevoli di sterminio e di un poco di condiscendenza se accettano la sottomissione. Cosa ha a che fare questo processo con il Risorgimento che ci è stato insegnato nelle nostre scuole elementari? Può essere lecito scacciare qualcuno dalla sua casa, dal suo paese, dalla sua patria? E che Risorgimento è?

Quello del Salmo 137? che dietro il salice, così prosegue:

Babilonia, o madre di morte,
sciagurata città,
sia beato

chi ti rende la stessa infamia,
sia beato
chi afferra i tuoi figli

e li stritola contro la roccia.


Durante “Piombo Fuso” ne abbiamo visti tanti di bambini stritolati, con le cervella sbattute sui muri delle case sventrate.

Ancora negli Anni Cinquanta un filosofo tedesco di quegli anni, di nome Karl Jaspers, esternava la sua saggezza parlando di uno “Stato criminale”, riferendendosi al suo paese, la Germania, le cui tragiche vicende non intendiamo qui ripercorrere. Il problema è che se avesse rivolto la sua attenzione a ciò che accadeva nella Palestina storica durante l’anno 1948 poteva osservare l’inveramento di quella dottrina coloniale e razzista, il sionismo, che iniziò la sua opera nel 1882 e si avvalse dei servigi dei potenti di turno, dalla Gran Bretagna agli USA. Nel 1948 d’un colpo solo fu estromesso dai suoi villaggi il 50 % della popolazione palestinese, che ricorda non il suo “Risorgimento” ma la sua “Nakba”. Uno storico sionista, ammettendo il fatto, lamenta che avrebbe dovuto essere espulso il 100% della popolazione autoctona! Altri poi discettano se quel 50% se ne andò o fu espulso: come se facesse molta differenza per chi conservava e conserva le chiavi di una casa che fu demolita, insieme con la metà dei villaggi palestinesi allora esistenti, letteralmente cancellati dalla carta geografica. Commisero loro – questi Gran Signori – quello che imputano ad altri di voler fare.

Non c’è più nessun limite alla decenza. Ma qui ci fermiamo per non dover scendere in incresciosi dettagli. Riassumiamo dicendo non è in alcun possibile collocare sotto una stessa categoria concettuale ciò che è stata l’idea di Risorgimento nella nostra educazione di italiani, prima ancora che in testi abbandonati in polverosi scaffali, con l’idea, la prassi e la realizzazione concreta del sionismo, per il quale vale per noi il giudizio che ne fu dato a larga maggioranza da una commissione ONU, equiparandolo con il razzismo. Basta tuttavia mettere da parte l’insulsa mitologia biblica, che fonda peraltro la Terra Promessa sul genocidio dei Cananei, per osservare giorno per giorno, passo per passo, il processo di insediamento coloniale in Palestina per rendersi conto di come sia stata consumata forse la più grande ingiustizia di tutti in tempi. Ma se anche per davvero fosse questo il “Risorgimento”, allora sarà il caso di andare a stringere la mano a Bossi, ringraziandolo per aver detto una verità rimasta occultata per 150 anni.

* * *

Nella propaganda sionista che in questi giorni si butta sul “Risorgimento”, come si suol dire, per portare acqua al suo mulino, è vano cercare argomenti che parlino alla ragione e non siano – come sempre – un vuoto cicalecchio. Si dice che ci furono “ebrei” nel Risorgimento italiano, ossia in quella combinazione di circostanze, piuttosto opportunistiche, che edificarono così male lo Stato nazionale da doverne ancora riparlare dopo 150 anni. Gli italiani devono ancora essere fatti. Del resto, questo genere di rivendicazione si potrebbe prestare a qualche impietoso commento: forse per questo che l’unificazione è venuta così male. Ma naturalmente non vi è nessun valido argomento. A maggior ed assai più fondata ragione si potrebbe rilevare la presenza ebraica nel bolscevismo russo e in tutti gli orrori che oramai sempre più vengono riconosciuti in quel contesto. Credo che si possa dire che il bolscevismo sia stato ebraico e sionista molto di più di quanto il Risorgimento italiano sia stato ebraico.

In questi giorni, un mensile ebraico (che ce l’ha con noi e non ne vuole sapere di pubblicare le nostre smentite ex legge sulla stampa), suona pur esso la grancassa delle celebrazioni e cerca di tagliarsi una fetta della torta, in realtà poco curandosi dell’Italia vera e propria. A loro interessa molto più Israele, sulla cui fondazione sempre si glissa intorno a una realtà storica tangibile: l’esproprio, il genocidio, la pulizia etnica della popolazione autoctona, considerata alla stregua di rare bande di selvaggi, quando proprio non la si può ignorare. Orbene, di tutto il male che si può dire – senza per questo essere meno italiani o antitaliani – del Risorgimento italiano, che è stato fatto male e che solo il fascismo fece di tutto per nobilitare e rendere popolare, per fortuna non si può dire che sia stato razzista e genocida, salvo poi studiare meglio il cosiddetto “brigantaggio”, per troppo tempo silenziato. Insomma, gli italiani, se tali dovevano essere e se dovevano fare l’Italia, non dovevano espropriare e cacciare nessuno: l’Italia dovevano farla e pensavano di farla solo in Italia, non in Uganda – a spese degli ugandesi, secondo la prima offerta britannica fatta ai sionisti –, non sulla Luna.

Nell’idea scolastica e parascolastica di Risorgimento, che ci siamo potuti fare, e che è l’unica che conti, manca fortunatamente la furbata o lo strozzinaggio dell’acquisto di terra dalla quale poi scacciare i suoi abitanti. In effetti, questa idea che una patria, una nazione la si possa comprare con il danaro, scacciandovi gli inquilini, corrisponde ad una certa raffigurazione dell’usura associata nei secoli all’ebraismo. Ma se così fosse, di una simile prassi nulla ci è mai stato detto a scuola. Certo, si può studiare, si possono fare ricerche. Chissà che non vengano fuori storie di danari e di corruzione. È possibile. Ma tutto ciò non ha nulla a che fare con l’idea di nazione, di patria, di sangue, di fede, di valori unitari, di Italia. Che ci siano personaggi che pensano di mettere sullo stesso piano Italia ed Israele, è cosa che produce la nostra più ferma ripulsa in nome di una italianità millenaria che nessuno ci può sottrarre.

* * *

Prosegue una polemica a distanza, senza fare nomi, su un diverso modo di intendere e coniugare la parola Risorgimento, per il quale rinviamo ad un più elaborato e meno occasionale post da noi edito. Abbiamo parlato di personaggi pericolosi, annidati in posizioni di potere, da dove esercitano le pressioni che sono loro abituali: una qualificata telefonata, negazione di una sala, perfino taglio di finanziamenti, per chi la mattina dice una cosa e la sera intasca... Insomma, conosciamo i metodi di lor signori, che l’Italia l’hanno fatto e vediamo oggi come: senza libertà e senza dignità per quelli che dovrebbero essere italiani, col l’elmo di Scipio e con la testa alquanto vuota.

Post Scriptum.

Oded Yinon, alias Mazzini
Il motore di ricerca mi dice che questo post di cui mi ero dimenticato (ne ho scritto e pubblicato a migliaia) ha una una sua “popolarità” ossia è più letto rispetto ad altri. Essendo passato del tempo dalla sua prima redazione, ho voluto rileggerlo per vedere se la penso allo stesso modo. Confermo quel che ho scritto e la sua idea fondamentale: cosa intendiamo e cosa ci è stato fatto intendere per Risorgimento? Va qui distinta l’effettualità storica che a malapena una storiografia revisionista e non agiografica ci sta restituendo e facendo conoscere nei suoi termini reali, non belli né edificanti. Poiché i valori nazionali hanno bisogno non certo della menzogna ma di una educazione a valori etici, ebbene il senso di quanto sopra suona che il valore etico della nozione di Risorgimento che ci è stata inculcata e che abbiamo condivido e nella quale in un certo senso ci riconosciamo non può avere nulla a che fare con l’idea di pulizia etnica, di genocidio, di esproprio, di manipolazione delle coscienze, di istigazione alla guerra civile interetnica, ossia in una parola con il sionismo, che proprio in questi giorni vediamo all’opera in uno dei suoi ultimi misfatti: la produzione di una sedizione artificiale in Siria. Il loro eroe, presunto moderno cugino di Mazzini – che era pur dedito all’assassinio politico, a quanto pare – è ad esempio un certo Oded Yinon, davvero un bel maestro di eticità. Si legga il recentissimo (di ieri) rapporto di Paolo Sensini, appena tornato dalla Siria.

Ho anche letto ultimamente un interessante libro di Maurizo Blondet, Cronache dell’Anticristo, dove in effetti alcuni capitoli sono dedicati all’apporto degli ebrei italiani al “Risorgimento”. Ma non si tratta di un apporto edificante. Si tratta di sapere se una simile partecipazione toglie ogni valore al cosiddetto “Risorgimento” (che non vi è stato per nulla: il Sud è stato scientemente affossato e depredato! Altro di “risorgimento»!) o se i valori di unità nazionale sono un’altra cosa e ad essa possiamo ancora stare legati, anzi forse lo dobbiamo con più forza e maggior ragione, ma su basi diverse da quelle false e criminali. Lo stesso discorso sulla “fragilità” della costruzione italiana, la si può estendere alla pessima e truffaldina edificazione dell’Europa. Termino con una citazione di Weizmann, ripetuta spesso da Gilad Atzmon: il sionista Weizman, primo presidente dell’«entità sionista» come viene chiamato Israele dai suoi critici, soleva dire che non ci sono ebrei francesi, italiani, tedeschi, ecc., ma solo ebrei che vivono in Francia, Italia, Germania, ecc. Le traggano le dovute conseguenze gli ideologi e propagandisti che vogliono farci credere ad un tempo una cosa ed il suo contrario.

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