giovedì 10 marzo 2011

Nostra Corrispondenza: 9. «La Rivolta dell’Egitto entra nella Fase 2»

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Le notizie si susseguono terribili e tutto lascia presagire che siamo entrati in una nuova fase storica di quelle che lasceranno il segno. L’insipienza dei nostri governanti regna tuttavia sovrana e ciene spontaneo chiedersi se sapremo fare come in Egitto e altrove. Per troppo tempo abbiamo dovuto sentirci dire che i nostri paesi, felicemente governati in alternarnanza e condominio da una stessa identita congrega di profittatori di regime, sono un modello da esportare, anche con la guerra, beninteso animata da spirito di ingerenza umanitaria e per meri compiti di polizia e di tutela dell’ordine e della stabilità. Si dovrebbe essere proprio stupidi a bersi tutte le bufale che ogni giorni ci vengono ammannite dalle tv di stato e dalla carta stampata. Ma leggiamo le notizie che la nostra Corrispondente ha riassunto per noi seguendo con attenzione i canali esteri, quelli da noi messi all’indice. È questa la nona ed ultima corrispondenza di Egeria, che entra a far parte di “Civium Libertas” come collaboratrice con il nome di Egeria.
AC

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La Rivolta dell’Egitto entra nella Fase 2

Un breve accenno alle ultime notizie, poi un rapporto su cosa succede in Egitto, a cui PressTV dedicava negli ultimi giorni molto spazio di informazione.

KUWAIT
Si aggiunge il Kuwait alle proteste arabe, iniziate ieri, martedì 8 marzo. Gruppi di giovani hanno annunciato proteste organizzate per i prossimi giorni. Il piccolo stato è strettamente legato all’Arabia Saudita e il Bahrein.

BAHREIN
Oggi in tutto il mondo arabo è stato indetto un giorno di manifestazioni da parte delle donne, per chiedere l’abolizione delle misure discriminatorie nei confronti delle donne e la scarcerazione delle migliaia di uomini detenuti senza accuse formali. La manifestazione delle donne del Bahrein è stata la più massiccia. Ma molto importante e numerosa anche la partecipazione delle donne palestinesi a questo giorno di protesta femminile.

Intanto aumentano i segnali per un imminente intervento militare saudita nel Bahrein.

YEMEN
Molte le notizie dal Yemen, dove le proteste si fanno più massicce con il passare dei giorni. Ieri l’esercito si è unito ai manifestanti, dichiarando l’ufficiale supporto ai rivoltosi: e questo è un segno di grande speranza.

Sempre ieri è scoppiata la rivolta in un carcere in cui i sauditi e gli americani – con forte presenza militare in Yemen da anni – tengono prigionieri i combattenti per la libertà catturati durante le recenti operazioni militari contro l’opposizione yemenita. Sono oltre 2.000 i detenuti nel carcere militare.

ISRAELE
Il primo ministro israeliano Netanyau ha formalmente chiesto a Obama (e sicuramente otterrà) 20 miliardi di dollari “per fare fronte alle minacce arabe, che mettono a rischio la sicurezza di Israele”. E’ una menzogna, nessun popolo arabo si sogna di attaccare Israele, sapendo che è protetta dagli USA.


GRAN BRETAGNA
William Hague sotto pubblica accusa per il “colpo” fallito in Libia. E’ scoppiato lo scandalo per il tentativo maldestro e subdolo da parte dei Commandos britannici SAS in Libia, una missione autorizzata appunto da parte del ministro degli esteri britannico. Approfondirò questa notizia appena possibile

EGITTO
E’ estremamente importante ciò che succede in Egitto negli ultimi giorni. E’ l’unico tra i paesi arabi in rivolta in cui si è già passati alla fase 2, per così dire, dopo la vittoria conseguita nell’ottenere le dimissioni del dittatore Mubarak, al potere da decenni.

L’Egitto entra ora in una fase critica e delicata: i cittadini sono consapevoli che è importante non allentare la pressione sull’attuale gruppo di potere che resiste ad un cambio di regime decisivo e mette in atto tentativi di ingannevole “ristrutturazione cosmetica” da una parte, e azioni di brutale repressione dall’altra, allo scopo di sequestrare la rivoluzione per la quale i cittadini sono determinati a combattere fino alla fine. E’ importante notare, che questa è una rivoluzione senza capi e senza una vera leadership che ufficialmente si faccia portavoce delle aspirazioni dei cittadini.

Marc Glenn, autore americano che scrive per il giornale “American Free Press”, e fondatore insieme a Hesham Tillawi (vedi post precedente) del “Crescent and Cross Solidarity Movement”, dichiarava qualche giorno fa in collegamento con PressTV:
“A questo punto esiste il pericolo che questa rivoluzione non abbia l’esito sperato. Le rivoluzioni si compiono intorno a un’idea incarnata in un leader o in un movimento rivoluzionario ben organizzato, che per ora sono assenti.”

I cittadini egiziani stanno agendo, ma le singole iniziative sono prive di coordinamento e nascono principalmente dalla frustrazione per l’assenza di risposte concrete alle loro richieste espresse con molta chiarezza fin dall’inizio della rivolta. Le due richieste principali, intorno alle quali si articolano tutte le altre, sono:
  • La cessazione dello “Stato di Emergenza” che permette arresti senza incriminazione ufficiale e in alcuni casi la sparizione nel nulla degli arrestati. E la richiesta per la scarcerazione dei detenuti politici, tra cui molti leader dell’opposizione.
  • L’invalidazione del Trattato di Pace con Israele, che rende l’Egitto complice nell’oppressione dei palestinesi e nel Blocco di Gaza. E di conseguenza la riapertura della frontiera Egitto/Gaza.
Negli ultimi giorni sono state molte le iniziative dei cittadini per forzare una reazione da parte dei gruppi di potere (i colonnelli dell’esercito e il partito di Mubarak, la NDP), che non avevano finora dato alcun segno concreto di volersi occupare seriamente delle richieste che arrivavano dalle piazze.

Ecco dunque di seguito un resoconto cronologico degli ultimi eventi significativi in merito ai tentativi di provocare l’abolizione dello Stato di Emergenza e di forzare il Blocco di Gaza.

Venerdì, 4 marzo - Egitto
Milioni di manifestanti in piazza nelle città dell’Egitto per il “Giorno di Collera”. Nella sola Piazza Tahrir i manifestanti superavano il milione. I loro slogan dicevano questo: “Non ci fermeremo fino a quando le nostre richieste non saranno accolte”.
I cartelloni elencavano le richieste specifiche ormai avanzate per settimane di fila: la messa al bando del partito al potere, la NDP, e la restituzione dei fondi di cui il partito si è appropriato illegalmente. La cessazione del Governo Militare e la consegna del potere al Consiglio Civile formato dai Giudici indicati dai cittadini, a cui anche il compito di riformulare la Costituzione. La scarcerazione dei prigionieri politici e l’istituzione di una Commissione per indagare i funzionari della “Sicurezza”, la terribile polizia segreta che ha torturato e fatto sparire tanti prigionieri politici. E vale la pena menzionare che il termine di “prigioniero politico” viene applicato a chiunque venga arrestato per avere espresso critiche nei confronti del regime.

Finora, una sola delle richieste avanzate da settimane era stata accolta: il primo ministro Ahmed Shafiq si era dovuto dimettere, ma altrimenti il governo era sempre formato da esponenti fedeli a Mubarak e al regime.

“In Egitto e Tunisia gli americani, che operano dietro le quinte, hanno tentato di ‘minimizzare I danni’ con operazioni chirurgiche, sostituendo i dittatori con figure che avrebbero garantito la continuazione dello status quo - come Suleiman e Shafiq al posto di Mubarak e Gannouchi al posto di Ben Ali in Tunisia – e ora i cittadini stanno lottando centimetro per centimetro per rimuovere i singoli tasselli che compongono il quadro del potere militare dei due regimi, appoggiati dall’Impero occidentale fortemente preoccupato che i successi dei due paesi possano contagiare le folle degli altri paesi arabi nella determinazione di liberarsi dal giogo dei loro dittatori fantocci di USA e Israele”, commentava su PressTV l’esperto in affari mediorientali Zayd al-Isa, a capo dell’istituzione IGA a Washington.

Venerdì, 4 marzo -Cairo.
Si presenta in Piazza Tahrir, più gremita che mai, il neo-nominato primo ministro Essam Sharaf, altro esponente dell’ex-governo Mubarak e, comunque, la nuova scelta dei colonnelli dell’esercito per la guida del governo. Nel suo discorso alla folla Essam Sharaf fa questa dichiarazione alquanto contraddittoria: “Sono uno di voi, un uomo dell’esercito ” e promette “un vero cambio di regime, che rispetterà tutte le richieste dei manifestanti”, aggiungendo che “qualora i cittadini egiziani non saranno soddisfatti della mia leadership, mi dimetterò senza esitazione.” Questa applicazione della formula “soddisfatti o rimborsati” alla questione politica non è piaciuta agli osservatori più critici, che vedono l’inganno dietro l’angolo.

I manifestanti in Piazza Tharir sono più agitati che mai e si riversano in massa verso il punto in cui si trova il neo-premier Sharaf, che deve essere scortato dalla sicurezza per lasciare la piazza. I commenti sull’accaduto sono contrastanti: alcuni affermano che la folla volesse dare il benvenuto al neo-premier, un tecnocrate noto per essere un “moderato” (un mostro moderato?), ad altri sembrava che la folla fosse furiosa.

Tuttavia, qualche ora dopo arriva l’annuncio da parte del Consiglio Militare che entro la fine del mese si terrà il referendum sulla nuova Costituzione. Nessun accenno alla richiesta insistente dei cittadini per la fine dello Stato di Emergenza e la scarcerazione dei detenuti politici, nessun segno che sia prossima la fine della complicità con Israele e del regno di terrore da parte della “Sicurezza”. Nel suo discorso alla folla, Sharaf aveva evitato una presa di posizione diretta, dichiarando che “l’apparato di sicurezza deve operare in favore dei cittadini”, nonostante la richiesta specifica dei cittadini per lo smantellamento dell’istituzione, chiamata Amn al-Dowla, e l’incriminazione dei suoi capi.

Verso sera arrivano le prime notizie sulle reazioni dei cittadini. Come guidati da una mano invisibile, in molte città dell’Egitto la folla manifestava sotto gli edifici della Sicurezza, in cui vengono custoditi i documenti e le pratiche che riguardano i prigionieri politici. E’ qui che finiscono gli arrestati, ed è da qui che spesso spariscono nel nulla.

Venerdì, 4 marzo – Alessandria.
Da Alessandria arrivano le immagini di manifestanti che circondano l’enorme edificio della Sicurezza, centro di tortura e detenzione, quartier generale della polizia segreta locale. Si vede un’ala del complesso in fiamme e la carica sui cittadini da parte di uomini in divisa e altri in borghese. In un primo momento si specula che la folla abbia preso d’assalto il centro per liberare i prigionieri arrestati nei giorni precedenti, dopo scontri violenti con la polizia. Poi emerge la verità. I manifestanti avevano assediato l’edificio, chiedendo a voce alta il rilascio dei prigionieri. Ad un certo punto i manifestanti si erano accorti del fumo che usciva da un’ala del centro e si erano insospettiti, prendendo d’assalto l’edificio.

Nel vedersi circondati e senza via di fuga, gli agenti si erano riversati verso l’esterno, aprendo il fuoco sui manifestanti e fuggendo attraverso il varco che erano riusciti ad aprirsi. In seguito, alcuni manifestanti e giornalisti con telecamere si precipitavano verso l’interno: il timore era di trovare detenuti in pericolo. Arrivati nell’ala da cui usciva il fumo, constatavano un principio di incendio nelle stanze in cui vengono custoditi i documenti. Alcune delle carte non ancora distrutte rappresentavano prove compromettenti per gli abusi da parte del regime. Arrivavano intanto i vigli del fuoco, anche se l’incendio era molto contenuto. Il giorno dopo emergeva la notizia, accompagnata da filmati, che nell’edificio erano state inoltre rinvenute tombe di detenuti e venivano mostrati alle telecamere alcuni dei documenti compromettenti.

Sabato, 5 marzo. – Cairo.
I manifestanti tentano di entrare nel quartier generale della Sicurezza per prendere i documenti che forniscono prove degli abusi da parte del regime di Mubarak, responsabile di migliaia di arresti e torture.

Vengono assaliti dagli agenti della polizia, alcuni in borghese armati di coltelli e manganelli. Interviene l’esercito con carri armati e i soldati sparano in aria per disperdere la folla. Alcuni si lanciano sui manifestanti colpendoli con manganelli. Vogliono evitare che la folla possa impadronirsi dei documenti segreti all’interno dell’edificio. La folla fugge, ma alcuni manifestanti si sottraggono al controllo dell’esercito e riescono a forzare l’entrata della Sicurezza. Anche in questo caso la perquisizione porta alla scoperta di documenti incriminanti, subito sequestrati.

Sabato, 5 marzo. - Cairo.
Intanto viene annunciato che Mubarak e l’ex ministro del petrolio Sameh Fahmy sono formalmente inquisiti per la vendita di gas e petrolio a Israele per una tariffa molto inferiore rispetto al prezzo di mercato che, secondo il quotidiano egiziano Al-Masry Al-Youm ha causato la perdita di almeno 500.000 dollari negli ultimi due anni.

L’Egitto ha fornito per decenni a Israele il 40% del fabbisogno di energia fossile. Tuttavia il gas-dotto che collegava Egitto con Israele è stato fatto esplodere durante le fasi iniziali della rivolta egiziana.

Intanto, allarmato dalla determinazione dei cittadini di ottenere un cambio di regime decisivo, il Consiglio Militare ha dovuto agire per fare almeno alcune “concessioni” che tuttavia somigliano a manovre per temporeggiare.

Domenica, 6 marzo – Cairo
Arriva la notizia che è stato nominato il nuovo Ministro per gli Interni, il Generale Mansour el-Essawy (non un civile, dunque!), che sostituisce Mahmoud Wagdy, nominato da Mubarak prima di dimettersi. Intanto viene messo sotto processo l’ex-ministro degli Interni Habib al-Adly.

Il Consiglio Militare dichiara inoltre l’intenzione di indagare a fondo nelle vicende della polizia segreta. Ancora nessun accenno ad una eventuale chiusura dell’istituzione. I colonnelli sperano con queste manovre di calmare gli animi. Forse non leggono bene i segni dei tempi, oppure sperano di guadagnare tempo, nella speranza di interventi esterni, come molti esperti sembrano suggerire. Ricordiamo che i Colonnelli dell’esercito egiziano sono anche in controllo del 90% del sistema economico, con accesso illimitato ai profitti.

Domenica, 6 marzo – Cairo
Arriva la notizia di un rimpasto di alcuni ministri, per rispondere alle richieste della piazza che chiede con insistenza l’epurazione di tutte le figure politiche esponenti dell’ex—regime di Mubarak.

I nuovi ministri prestano giuramento in presenza del Capo del Consiglio Supremo delle Forze Armate, il feld-maresciallo Mohammed Hussein Tantawi (tanto per ribadire chi è veramente al comando della nazione).

Le nuove nomine riguardano: il Ministero per gli Esteri, degli Interni, del Lavoro, dell’Immigrazione, della Cultura e del Petrolio.

Lunedì, 7 marzo – Cairo
Lunedì sera Ahmed al-Dowma, esponente di un movimento di resistenza egiziano, dichiara nei media di lingua araba che verranno resi pubblici i documenti rinvenuti durante le prolungate perquisizioni (2 giorni) degli edifici della Sicurezza, che contengono informazioni sui gravi crimini commessi, compresi i nomi dei funzionari responsabili. Alcuni dei documenti sarebbero già in pubblicazione, secondo il portavoce del gruppo rivoluzionario. Dowma dichiara inoltre che durante il raid alla Sicurezza sono stati rinvenuti strumenti di tortura e tombe di detenuti scomparsi.

Martedì, 8 marzo – Cairo
Arriva la notizia che il governo egiziano ha eseguito l’arresto di 47 agenti della polizia segreta coinvolti nella distruzione di documenti all’interno degli edifici della Sicurezza di Stato. Subito la reazione del movimento rivoluzionario che ricorda la volontà espressa dai cittadini: chiedono la chiusura della Amn al-Dowla, lo smantellamento dell’attuale Sicurezza di Stato e l’abolizione della Polizia Segreta.

Sempre durante lo stesso fine settimana arriva la notizia che è in atto un’iniziativa da parte di un gruppo di attivisti egiziani per forzare il Blocco di Gaza. Il racconto di questa iniziativa seguirà a breve.

… continua …




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