lunedì 7 marzo 2011

Nostra Corrispondenza: 8. «Presidente Obama, sarò io il prossimo leader arabo a doversi dimettere?»

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Dopo il notevole articolo di Alberto B. Mariantoni sulla «crisi libica» ovvero probabile attacco all’Italia, articolo ripreso dall’aggregatore “Come don Chisciotte”, dove ha raggiunto in meno di una giornata le 3000 letture, riprendiamo qui la pubblicazione delle corrispondenze di Egeria che segue con molta attenzione i canali esteri. I nostri telegiornali fanno pena e servono malamente a far capire gli orientamenti, che dico i disorientamenti del nostro governo ovvero non governo ed i bollori impotenti ed imbelli dell’opposizione, che non vede l’ora di sostituire gli attuale detentori del potere nel cambio della guardia di quella “cupidigia di servilismo”, denunciata da Vittorio Emanuele Orlando, e costante di tutta la politica italiana dalla sconfitta bellica ad oggi. Inutile aspettarsi dai nostri media uno straccio di informazione, pur pagando il canone televisivo e i giornali della carta stampati, tutti assistiti a spese del contribuente. Più interessanti ci appaiono i reportages della nostra Corrispondente, che ormai va specializzandosi nella caccia e nel vaglio delle notizie rilevanti che filtrano dai canali esteri, in particolare Press-tv, le tv arabe ma anche quelle angloamericane. La nostra lettura viene fatta in corso di editing. Ed anche gli eventuali commenti delle notizie stesse.
AC
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“Presidente Obama, sarò io il prossimo leader arabo a doversi dimettere?”


E’ stato un fine settimana di proteste di massa in tutti i paesi arabi in cui le rivolte sono in atto. L’affluenza era più massiccia che mai. La manifestazione collettiva pan-araba è stata denominata “Giorno di Collera”.

Farò un brevissimo accenno alle situazioni più rappresentative in alcuni paesi, ma poi l’attenzione sarà tutta per l’Egitto in un capitolo a sé stante. La rivolta sta entrando in una fase critica e delicata: è in atto il tentativo di sottrarre ai cittadini la rivoluzione con manovre politiche ingannevoli, ma gli egiziani sono vigili e si ribellano con determinazione. Gli eventi precipitano, anche in queste ore.

Tutti i rivoltosi nelle piazze arabe, oltre ad avanzare richieste specifiche in merito ad un cambiamento radicale dei governi, chiedono quasi unanimemente le dimissioni dei loro capi di stato. Ma in proposito è importante specificare un aspetto fondamentale.

Molti esperti che vedo su PressTV e leggo sul web anglosassone nutrono forti sospetti in merito a chi stia manipolando le rivolte arabe dietro le quinte. Ci mettono in guardia sul fatto che le dittature arabe sono in realtà regimi fantocci dell’Impero USA & Company. I dittatori arabi sono consapevoli che non è la loro volontà che conta, ma quella della Casa Bianca, a sua volta ostaggio delle forze neo-con/sioniste nel Pentagono, nelle maggiori istituzioni americane compreso il Parlamento, e nelle sfere corporative delle maggiori multinazionali (petrolio, banche, assicurazioni, ecc.).

L’esperto in questioni mediorientali Hesham Tillawi, un palestinese emigrato in USA che informa nei media alternativi in merito alla questione palestinese, commentava così qualche giorno fa su PressTV:

“Non sono i capi di stato arabi a decidere se cedere o no alle richieste del popolo di dimettersi. E’ dagli Stati Uniti che arrivano gli ordini su chi deve rimanere, e su chi se ne deve andare perché un successore è già pronto ad impersonare un presunto “cambio di guardia”. Faccio un esempio emblematico: quando è “caduto” Mubarak, il re Abdullah II di Giordania ha chiamato Obama al telefono chiedendo “Signor Presidente, avrei bisogno di sapere se sarò io il prossimo leader arabo a doversi dimettere.”
Appena avrò il tempo, tradurrò uno degli interventi davvero interessanti di Tillawi registrato sul sito di PressTV.

YEMEN
E’ importante ricordare che nel corso dell’anno 2010 le forze di opposizione in Yemen sono state continuamente attaccate dai carri armati e dai droni delle forze armate congiunte Saudite e Statunitensi che hanno basi militari in Yemen, ufficialmente “per combattere Al-Qaeda”. In pratica è da anni in atto un vero e proprio genocidio, di cui l’occidente non sente mai parlare.

Da settimane si combatte incessantemente in tutte le città yemenite contro le brutali forze dell’ordine fedeli al regime di Ali Abdullah Sahleh, al potere da 33 anni. 6 Morti e decine di feriti il bilancio degli ultimi 2 giorni. A differenza di altri paesi arabi in rivolta, i cittadini non avanzano richieste specifiche: chiedono semplicemente e con insistenza le dimissioni del dittatore.

BAHREIN
Nel Bahrein si è vista la manifestazione più massiccia dall’inizio della rivolta. Venerdì le forze dell’ordine non sono intervenute, ma questa domenica si è combattuto nelle strade di altre città del Bahrein: le immagini mostravano scene di vera e propria guerriglia urbana. Arrivano le minacce da parte del re Abdullah della vicina Arabia Saudita, che manda al governo del Bahrein un messaggio forte e chiaro: “Se non vi decidete a reprimere in modo decisivo le vostre rivolte, lo faremo noi” (Daily Telegraph).

Commentava ieri il britannico George Galloway (il famoso fondatore di “Viva Palestina” e conduttore di due programmi su PressTV):
“Ecco l’ipocrisia delle potenze occidentali: “In Libia arrivano con navi da guerra, sottomarini e elicotteri a minacciare un intervento militare. In Bahrein e in Yemen, invece, le forze armate americane sono già presenti con basi militari, comprese la 5a e 6a Flotta della Marina Militare, ma qui evidentemente l’appoggio ai dittatori è più importante del sangue versato dalle popolazioni, e le forze dell’Impero non accennano a intervenire in favore dei rivoltosi.“
Per i prossimi giorni sono previste appunto manifestazioni di fronte all’imponente ambasciata americana e quella dell’Onu.

GIORDANIA
Tutti in piazza per chiedere la fine dei rapporti diplomatici con Israele e la liberazione dei detenuti politici, che secondo quanto dichiarato da un portavoce della protesta “sono stati incarcerati e torturati per compiacere USA e Israele”. Sono scesi in piazza esponenti del mondo accademico, avvocati e magistrati. “E’ importante sottolineare che siamo un popolo di palestinesi e che non possiamo più tollerare la complicità del nostro monarca (re Abdullah II) con il regime israeliano che occupa la Palestina illegalmente e sta sistematicamente divorando pezzo per pezzo tutti i piccoli territori che rimangono ai palestinesi in Cisgiordania.” I cittadini giordani si lamentano anche del fatto che il loro re sia in realtà un esponente del pensiero imperialista americano, lontano dalla cultura araba. Chiedono l’abolizione della monarchia assoluta, con instaurazione di monarchia parlamentare.

ARABIA SAUDITA
La situazione si fa seria. Era stata progettata per il prossimo 11 marzo la manifestazione dal nome “Giorno dell’Ira”. Invece le cose stanno precipitando. Arriva la notizia che, secondo gli attivisti che organizzano la manifestazione, le forze di sicurezza avrebbero ucciso il leader del movimento, Faisal Ahmed Abdul-Ahadwas, 27, che gestiva su Facebook la coordinazione per la protesta progettata. Gli attivisti affermano che le autorità, allo scopo di “nascondere le prove del crimine”, avrebbero confiscato il corpo di Abdul-Ahadwas, ucciso “a causa del suo impegno per un futuro migliore del suo paese.” Subito si sono scatenate le folle in molte città, e per la prima volta anche nella capitale Riyadh: e questa è una notizia importante. La partecipazione era molto più massiccia delle precedenti. Ci sono stati scontri con le forze dell’ordine e molti arresti in Dammam e Qatif.

Come già negli ultimi giorni, gruppi di donne saudite hanno manifestato di fronte agli uffici delle forze dell’ordine per richiedere la scarcerazione dei prigionieri politici, detenuti senza accusa da anni (15 in alcuni casi). Un gruppo di donne è stato brutalmente assaltato dalle forze dell’ordine, che hanno malmenato e arrestato almeno 40 delle manifestanti. “Un grave errore”, dice un portavoce delle proteste – “le donne in Arabia Saudita sono intoccabili - le violenze e gli arresti provocheranno forti rappresaglie”.

Subito il regime, fortemente allarmato per l’improvviso scoppio di rivolte ha annunciato che sarà vietata ogni manifestazione pubblica (comunque bandite in Arabia Saudita) e sta dispiegando 10.000 unità delle forze dell’ordine da distribuire nei centri urbani. Gli attivisti politici tuttavia non intendono farsi intimidire e confermano l’intenzione di manifestare il prossimo fine settimana in modo massiccio in varie parti del paese.

LIBIA
La situazione nella Libia è grave e seria, e meriterebbe un capitolo a parte. Ma in questo momento le notizie sulla Libia abbondano nei media. Mi limiterò a fornire alcuni dati significativi. Non sembra per ora imminente un attacco massiccio da parte della Nato o degli USA individualmente, nonostante la presenza di navi da guerra e portaerei nei pressi delle coste libiche. Sono in atto invece manovre segrete per un intervento “proxy” delle forze occidentali. Spiegherò di seguito.

Questa mattina durante un intervento su PressTV, l’esperto statunitense in Diritto Internazionale, Dr. Franklin Lamb, che opera in Beirut, commentava un articolo appena pubblicato nella testata britannica “Independent”, scritto dall’autore britannico Robert Fisk (anche lui spesso interpellato su PressTV). Ho subito consultato l’articolo di Fisk che dice quanto segue:

“Nel tentativo disperato di evitare un coinvolgimento militare degli USA in Libia (anche a causa del forte impegno militare in altre parti del mondo, commenta altro articolo) qualora i combattimenti tra il regime di Gheddafi e si suoi oppositori si dovessero prolungare, l’America ha chiesto all’Arabia Saudita di fornire armi ai ribelli in Bengasi. Il regno Saudita, già impegnato a fare fronte al “Giorno dell’Ira” indetto dalla comunità shiita per il prossimo venerdì, con la messa al bando di tutte le manifestazioni pubbliche, non ha per ora risposto alla richiesta altamente confidenziale (!!!) di Washington, nonostante il re Saudita segretamente detesti il leader Libico, che ha tentato di assassinarlo circa un anno fa.

“… I sauditi rimangono l’unico alleato arabo degli Stati Uniti in posizione strategica a essere in grado di fornire armi ai guerriglieri della Libia. L’assistenza saudita permetterebbe a Washington di smentire ogni coinvolgimento militare americano nella catena di approvvigionamento – anche se le armi sarebbero americane e pagate dai sauditi. (ricordiamo il recente contratto di vendita di armi americane al regno saudita per la cifra record di 60 miliardi di dollari, n.d.t.) –

“… Da diversi giorni ormai, gli aerei da sorveglianza americani Awacs stanno volando sopra la Libia, in contatto costante con il controllo del traffico aereo di Malta … ricevendo dettagli sui viaggi effettuati nelle ultime 48 ore dal jet privato di Gheddafi, che ha effettuato un volo andata/ritorno in Giordania prima del fine settimana.

“… Gli organizzatori delle proteste saudite prevedono una manifestazione di 20.000 persone con donne in prima fila. … Se il governo saudita acconsente alle richieste di Washington per l’invio di armi e missili, diventerà impossibile per Obama condannare il re Saudita per eventuali violenze contro i manifestanti shiiti …

“E’ così che in poche ore la Rivolta Araba, la lotta per la democrazia in Nord Africa, la protesta shiita e l’insurrezione contro Gheddafi si trovano a dover fare i conti diretti con le priorità militari americane nella regione”.
Aggiungo un’osservazione personale. Quando le cose si fanno serie, cadono tutte le maschere. Il tentativo di armare i ribelli libici è la prova dell’inganno che si cela dietro l’ufficiale preoccupazione dell’Impero per eventuali “gruppi islamici armati” che le potenze occidentali e Israele ostentano pubblicamente di temere.

Altra prova delle manovre per interventi segreti in Libia, in atto da parte delle potenze occidentali, è un episodio degli ultimi giorni.

Sono stati catturati otto militari britannici delle forze speciali SAS (Special Air Service) nella regione orientale della Libia. Scortavano un diplomatico inglese all’interno del territorio che è attualmente sotto il controllo delle forze rivoluzionarie.

Secondo un articolo del Sunday Times l’inattesa presenza delle SAS e del diplomatico britannico “ha mandato su tutte le furie l’opposizione libica, che ha rinchiuso i soldati in una base militare” a Bengasi. Sembra che il diplomatico volesse conferire con le forze anti-governative.

I rivoltosi libici hanno dichiarato che i militari inglesi portavano armi e mappe geografiche, e passaporti di 4 diverse nazionalità: il motivo principale per cui sono stati arrestati è l’incognita delle nazionalità.

Comunque il Consiglio Nazionale Rivoluzionario, da poco istituito ufficialmente come governo attuale di transizione, ha rifiutato trattative con la delegazione britannica che si è infiltrata di nascosto nel territorio senza prendere accordi per un incontro. Il Consiglio aggiunge che la delegazione sarà rispedita al mittente a Londra.

In risposta alla dichiarazione di Hillary Clinton di supportare le forze di opposizione in Libia, il Consiglio inoltre dichiarava di rifiutare qualsiasi intervento militare esterno nel paese.

Intanto il governo britannico ha messo in “stand by” l’esercito per un eventuale intervento militare da effettuarsi a richiesta nel giro di 24 ore.

Arriva oggi la notizia che Gheddafi si sarebbe dichiarato disponibile a lasciare la Libia, a patto che i suoi assetti personali in USA e Europa (complessivamente oltre 100 miliardi di dollari) non vengano confiscati.

Mentre è di ieri la notizia che è stata catturata in acque britanniche una nave diretta in Libia che trasportava 160 milioni di dollari in valuta libica da consegnare al leader libico, riferiscono le autorità britanniche.

Invio questo “post” e seguirà a breve la relazione sulle ultime vicende dell’Egitto, che attualmente sono di interesse prioritario per molti aspetti.

AGGIORNAMENTO

A proposito dei militari britannici catturati in Libia e spediti al mittente:

Arrivano in questo momento le immagini con il Ministro degli Esteri Britannico William Hague che, messo sotto pressione dalla stampa e dal Parlamento evidentemente ignaro, ha dovuto ammettere di fronte alla Camera che la spedizione era stata da lui personalmente autorizzata. (v. foto in allegato).

… continua …


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