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Dopo il notevole articolo di Alberto B. Mariantoni sulla «crisi libica» ovvero probabile attacco all’Italia, articolo ripreso dall’aggregatore “Come don Chisciotte”, dove ha raggiunto in meno di una giornata le 3000 letture, riprendiamo qui la pubblicazione delle corrispondenze di Egeria che segue con molta attenzione i canali esteri. I nostri telegiornali fanno pena e servono malamente a far capire gli orientamenti, che dico i disorientamenti del nostro governo ovvero non governo ed i bollori impotenti ed imbelli dell’opposizione, che non vede l’ora di sostituire gli attuale detentori del potere nel cambio della guardia di quella “cupidigia di servilismo”, denunciata da Vittorio Emanuele Orlando, e costante di tutta la politica italiana dalla sconfitta bellica ad oggi. Inutile aspettarsi dai nostri media uno straccio di informazione, pur pagando il canone televisivo e i giornali della carta stampati, tutti assistiti a spese del contribuente. Più interessanti ci appaiono i reportages della nostra Corrispondente, che ormai va specializzandosi nella caccia e nel vaglio delle notizie rilevanti che filtrano dai canali esteri, in particolare Press-tv, le tv arabe ma anche quelle angloamericane. La nostra lettura viene fatta in corso di editing. Ed anche gli eventuali commenti delle notizie stesse.
AC
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“Presidente Obama, sarò io il prossimo leader arabo a doversi dimettere?”
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Farò un brevissimo accenno alle situazioni più rappresentative in alcuni paesi, ma poi l’attenzione sarà tutta per l’Egitto in un capitolo a sé stante. La rivolta sta entrando in una fase critica e delicata: è in atto il tentativo di sottrarre ai cittadini la rivoluzione con manovre politiche ingannevoli, ma gli egiziani sono vigili e si ribellano con determinazione. Gli eventi precipitano, anche in queste ore.
Tutti i rivoltosi nelle piazze arabe, oltre ad avanzare richieste specifiche in merito ad un cambiamento radicale dei governi, chiedono quasi unanimemente le dimissioni dei loro capi di stato. Ma in proposito è importante specificare un aspetto fondamentale.
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L’esperto in questioni mediorientali Hesham Tillawi, un palestinese emigrato in USA che informa nei media alternativi in merito alla questione palestinese, commentava così qualche giorno fa su PressTV:
Appena avrò il tempo, tradurrò uno degli interventi davvero interessanti di Tillawi registrato sul sito di PressTV.“Non sono i capi di stato arabi a decidere se cedere o no alle richieste del popolo di dimettersi. E’ dagli Stati Uniti che arrivano gli ordini su chi deve rimanere, e su chi se ne deve andare perché un successore è già pronto ad impersonare un presunto “cambio di guardia”. Faccio un esempio emblematico: quando è “caduto” Mubarak, il re Abdullah II di Giordania ha chiamato Obama al telefono chiedendo “Signor Presidente, avrei bisogno di sapere se sarò io il prossimo leader arabo a doversi dimettere.”
YEMEN
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Da settimane si combatte incessantemente in tutte le città yemenite contro le brutali forze dell’ordine fedeli al regime di Ali Abdullah Sahleh, al potere da 33 anni. 6 Morti e decine di feriti il bilancio degli ultimi 2 giorni. A differenza di altri paesi arabi in rivolta, i cittadini non avanzano richieste specifiche: chiedono semplicemente e con insistenza le dimissioni del dittatore.
BAHREIN
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Commentava ieri il britannico George Galloway (il famoso fondatore di “Viva Palestina” e conduttore di due programmi su PressTV):
Per i prossimi giorni sono previste appunto manifestazioni di fronte all’imponente ambasciata americana e quella dell’Onu.“Ecco l’ipocrisia delle potenze occidentali: “In Libia arrivano con navi da guerra, sottomarini e elicotteri a minacciare un intervento militare. In Bahrein e in Yemen, invece, le forze armate americane sono già presenti con basi militari, comprese la 5a e 6a Flotta della Marina Militare, ma qui evidentemente l’appoggio ai dittatori è più importante del sangue versato dalle popolazioni, e le forze dell’Impero non accennano a intervenire in favore dei rivoltosi.“
GIORDANIA
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ARABIA SAUDITA
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LIBIA
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“Nel tentativo disperato di evitare un coinvolgimento militare degli USA in Libia (anche a causa del forte impegno militare in altre parti del mondo, commenta altro articolo) qualora i combattimenti tra il regime di Gheddafi e si suoi oppositori si dovessero prolungare, l’America ha chiesto all’Arabia Saudita di fornire armi ai ribelli in Bengasi. Il regno Saudita, già impegnato a fare fronte al “Giorno dell’Ira” indetto dalla comunità shiita per il prossimo venerdì, con la messa al bando di tutte le manifestazioni pubbliche, non ha per ora risposto alla richiesta altamente confidenziale (!!!) di Washington, nonostante il re Saudita segretamente detesti il leader Libico, che ha tentato di assassinarlo circa un anno fa.
“… I sauditi rimangono l’unico alleato arabo degli Stati Uniti in posizione strategica a essere in grado di fornire armi ai guerriglieri della Libia. L’assistenza saudita permetterebbe a Washington di smentire ogni coinvolgimento militare americano nella catena di approvvigionamento – anche se le armi sarebbero americane e pagate dai sauditi. (ricordiamo il recente contratto di vendita di armi americane al regno saudita per la cifra record di 60 miliardi di dollari, n.d.t.) –
“… Da diversi giorni ormai, gli aerei da sorveglianza americani Awacs stanno volando sopra la Libia, in contatto costante con il controllo del traffico aereo di Malta … ricevendo dettagli sui viaggi effettuati nelle ultime 48 ore dal jet privato di Gheddafi, che ha effettuato un volo andata/ritorno in Giordania prima del fine settimana.
“… Gli organizzatori delle proteste saudite prevedono una manifestazione di 20.000 persone con donne in prima fila. … Se il governo saudita acconsente alle richieste di Washington per l’invio di armi e missili, diventerà impossibile per Obama condannare il re Saudita per eventuali violenze contro i manifestanti shiiti …
“E’ così che in poche ore la Rivolta Araba, la lotta per la democrazia in Nord Africa, la protesta shiita e l’insurrezione contro Gheddafi si trovano a dover fare i conti diretti con le priorità militari americane nella regione”.
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Altra prova delle manovre per interventi segreti in Libia, in atto da parte delle potenze occidentali, è un episodio degli ultimi giorni.
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Secondo un articolo del Sunday Times l’inattesa presenza delle SAS e del diplomatico britannico “ha mandato su tutte le furie l’opposizione libica, che ha rinchiuso i soldati in una base militare” a Bengasi. Sembra che il diplomatico volesse conferire con le forze anti-governative.
I rivoltosi libici hanno dichiarato che i militari inglesi portavano armi e mappe geografiche,
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Comunque il Consiglio Nazionale Rivoluzionario, da poco istituito ufficialmente come governo attuale di transizione, ha rifiutato trattative con la delegazione britannica che si è infiltrata di nascosto nel territorio senza prendere accordi per un incontro. Il Consiglio aggiunge che la delegazione sarà rispedita al mittente a Londra.
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Intanto il governo britannico ha messo in “stand by” l’esercito per un eventuale intervento militare da effettuarsi a richiesta nel giro di 24 ore.
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Mentre è di ieri la notizia che è stata catturata in acque britanniche una nave diretta in Libia che trasportava 160 milioni di dollari in valuta libica da consegnare al leader libico, riferiscono le autorità britanniche.
Invio questo “post” e seguirà a breve la relazione sulle ultime vicende dell’Egitto, che attualmente sono di interesse prioritario per molti aspetti.
AGGIORNAMENTO
A proposito dei militari britannici catturati in Libia e spediti al mittente:
… continua …
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