Il nome di
Hjalmar Schacht dice poco al lettore italiano contemporaneo (a meno che non sia
uno storico dell’economia): banchiere, finanziere, commissario per la moneta (1923),
Presidente della Reichsbank, Ministro delle Finanze e dell’Economia nazionale
di Hitler. Dimessosi da Ministro, nel 1944 fu incarcerato perché sospetto di
aver avuto contatti con i congiurati del 20 luglio e, poco tempo dopo –
giudicato per crimini di guerra (e assolto) dal Tribunale di Norimberga.
Il suo prestigio
era tale che continuava, nel secondo dopo guerra ad ispirare le riforme economiche
e finanziarie nella Germania occidentale, e fare il consulente di altri Stati.
Quale “tecnico” dell’economia, operò e collaborò con governi di quattro
“formule politiche” (scriverebbe Gaetano Mosca): l’Impero guglielmino, la
repubblica di Weimar, il regime nazista e la repubblica federale. Il fatto che
abbia goduto di fiducia e considerazione pluripartizan
è la conferma delle sue capacità fuori dal comune; e dei risultati conseguiti.
Pertanto, in un periodo storico come l’attuale, turbato da crisi la cui
soluzioni e – almeno in Italia – e secondo la comunicazione mainstream – dovrebb’essere “tutto il
potere ai tecnici”, è quanto mai opportuna la ri-pubblicazione di questo libro.
Non foss’altro per rendersi conto della differenza tra Schacht e qualche
insegnante promosso a governare in Italia “per fare i compiti a casa”.
In effetti
Schacht appare come risolutore di crisi economiche. Tante ne dovette affrontare nella
sua carriera di banchiere pubblico, e fu decisivo per superarle.
Dall’inflazione del marco all’inizio degli anni ’20 al
pagamento delle riparazioni imposte a Versailles, dal pagamento del debito estero
alla grande crisi del ’29.
Scrive Schacht
“problemi, come quelli che il periodo 1920-1940 ha sollevato, non sono
apparizione sporadica ma che, invece, di tempo in tempo, tornano a presentarsi
nella medesima forma o in un ‘altra simile”. In effetti problemi non troppo
dissimili si sono presentati in questo secolo, anche in forma diversa e spesso
attenuata dallo sviluppo del Welfare
State dopo la crisi del ’29. Quello che il grande banchiere non ha mai
dimenticato è che la moneta e la banca si reggono sulla fiducia e quindi sulla
responsabilità del banchiere nell’erogare il credito “Alle false strade della
politica monetaria appartiene l’assunzione di crediti quando sulla possibilità
della loro restituzione non ci si dà, con eccessiva leggerezza e
irresponsabilità, alcun pensiero”.
Emerge così dal
libro quella che si può definire l’etica
di ruolo del banchiere, soprattutto del banchiere centrale. Non bisogna
dimenticare come Schacht, il quale con la sua genialità aveva contribuito a
finanziarie la ripresa degli anni ’30 e il riarmo della Germania, si dimise nel
1937 da Ministro quando si accorse che la politica hitleriana avrebbe portato
la Germania alla distruzione (e quindi all’insolvenza). Nelle ultime righe
Schacht scrive “È sempre la magia del denaro a porre problemi. Problemi che
cambiano sempre e per i quali, dobbiamo rendercene conto, non esiste un sistema
risolutivo valido genericamente. Ogni nuova situazione richiede nuovi metodi,
nuove intuizioni, nuove idee. Alla base di tutto, comunque, deve esserci sempre
e soltanto questa considerazione: mantenere in buona salute la moneta tedesca”.
Un libro da non
perdere anche per capire e valutare l’oggi.
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