Sono fioccati
abbondantemente i commenti all’elezione di Elly Schlein a segretaria del PD.
Molti lieti, altri perplessi, altri ancora (meno) per lo più profetizzanti un
compito in salita per l’esordiente leader.
Qualche mese fa
scrivevo, sull’insuccesso di Letta, che questo, più che alle proposte (ed alla
“immagine”) del medesimo, era causato dal “ciclo” storico-politico. Per cui tra
Repubblica “nata dalla resistenza” (ma con l’utero in affitto a Yalta) e
comunismo (imploso nel 1989-1991) cioè padre e madre del PCI e, in genere,
parenti stretti della sinistra italiana il PD si trovava con il secondo morto,
ma anche la prima stava tutt’altro che bene.
Per cui,
nuotando controcorrente, era molto difficile trovare un capo con le qualità personali volte a invertire un andamento
(generale) consolidato.
E il tutto va
confermato per la Schlein; anzi, l’ “immagine” della stessa può accelerare il
destino del PD. Vediamo perché.
Ne Il suicidio della Rivoluzione, Del Noce
scriveva che “l’esito dell’eurocomunismo non può essere che quello di
trasformare il comunismo in una componente della società borghese ormai
completamente sconsacrata”. Profezia avverata perché oggi il postmarxismo è
quel “partito radicale di massa” che riceve il sostegno della grande finanza
internazionale; la conseguenza è che il vecchio PCI sarebbe finito “nel suo
contrario: voleva affossare la borghesia e ne è divenuto una delle componenti
più salde ed essenziali”.
A distanza di
quasi cinquant’anni occorre riconoscere che la profezia di Del Noce si è
realizzata, e la scelta della segretaria ne è l’ennesima conferma. Anzi l’incarnazione perché riassume in sé tutti i connotati dell’ “ideologia” del PD: si
dice sia LGBT, è sicuramente di buona famiglia borghese, ha tre passaporti, ha
compiuto parte degli studi all’estero. Partecipa quale primo atto alla
manifestazione antifascista. È inutile ricordare quanto scriveva Del Noce
sull’antifascismo, citando Bordiga: che Gramsci “sostituendo” all’opposizione
capitale/proletariato quella fascismo/antifascismo aveva dato “vita storica al velenoso mostro del
grande blocco comprendente tutte le gradazioni dello sfruttamento capitalistico
e dei suoi beneficiari, dai grandi plutocrati giù giù fino alle schiere
ridicole dei mezzi-borghesi, intellettuali e laici”. E questa borghesia che
Gramsci credeva di arruolare (e invece ha arruolato il PD) non è quella di Marx
e neppure di altri pensatori, ma è quella in cui lo spirito borghese si
manifesta finalmente allo stato puro; “in cui realizza pienamente quel che già
aveva fatto per la natura, abolendo il mistero e la qualità, e sostituendoli
con dati misurabili, quantitativi. L’ideologia spontanea della borghesia è il
materialismo puro, il positivismo attento unicamente ai nudi fatti”; e il cui
dominio si esercita in una forma
totalitaria che agisce più col condizionamento/indottrinamento culturale
(l’egemonia) che con la coazione (anche se dissimulata, ma non del tutto
assente).
In secondo luogo
la Schlein, come ogni segretaria che il PD avesse scelto, dovrebbe far
dimenticare il fallimento di tanti anni di potere (e di governo) della Seconda Repubblica,
così deludenti in particolare per i ceti medi e popolari. Ma nulla dell’immagine
della Schlein induce a suggerire un’identificazione dei suddetti ceti con la leader. È così difficile perché – e questo
è il terzo aspetto - negli ultimi 8 anni si è concretizzato in Italia un blocco
sociale tra ceti medi e popolari che è largamente maggioritario e anche coeso. La
coesione dipende prevalentemente dal fatto di percepire come avversari coloro
che costituiscono il blocco “globalista”.
L’unica speranza
è, come normale in politica,
dissolvere il blocco avverso, applicare il divide
et impera (cioè la riduzione del numero e della potenza dell’avversario).
Ma questa è la
manovra più difficile, perché la sostituzione dell’opposizione amico/nemico è
cosa che attiene più al zeitgeist che
alle manovre di palazzo. In queste il PD e il sui personale politico era (ed è)
maestro: in quella non c’è un Principe che la possa fare.
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