mercoledì 16 gennaio 2008

Un nuovo processo a Galilei

Versione 1.1

Della stampa che si va accumulando sulla “povera” Sapienza ed a carica dei suoi 67 Fisici firmatari dell’atto iniziale di non gradimento si va riaprendo il processo – a quattro secoli di distanza – e si pretende di entrare nel merito. Se la così fosse di oggi, nessun giurista serio si pronuncerebbe senza esaminare il fascicolo processuale. Alcuni che idealmente ritengono di averlo fatto tendono a dare nuovamente torto a Galileo Galilei, che quel processo se lo sarebbe meritato. Ancora non è venuto fuori ciò che era successo appena trent’anni prima, che torto o ragione che avesse, dalla pietosa Santa madre Chiesa fu mandato al rogo. E meno male che in questi si consuma la retorica sulla moratoria, alla quale Santa Madre si associa.

Per quanto mi riguarda, quota parte (1 su 5000) docenti mi considero parte in causa e non attribuisco particolare importanza al fascicolo processuale, ammesso e non concesso che vi fossero sostanziali motivi a carico. Imposto diversamente il problema dicendo che né il passato né per il presente riconosco competenza giurisdizionale a quei giudici. Non già si tratta di stabilire se Galilei se lo sia meritato in fondo quella condanna: quel processo non avrebbe mai dovuto aver inizio e Galilei non avrebbe MAI dovuto difendersi davanti a quei giudici.

Che vi sia un’autorità religiosa, allora ed oggi, che pretenda di pronunciare giudizi ed emettere sentenze, più o meno cruente, è il motivo per cui giudico assolutamente estraneo al mondo della scienza e della filosofia e un papa del XVII secoco e un altro in versione XXI secolo. Quanto poi all’autorità puramente morale di un capo religoso è cosa che riguarda i suoi fedeli in ambito strettamente privato. In quanto docente della Sapienza è cosa che non mi riguarda minimamente. Beninteso, altri miei colleghi – anche in numero ingente – possono ben essere pii cattolici: è un loro diritto che non ho mai contestato e meno che mai intendo farlo adesso. Ma si tratta di una loro faccenda privata che non può vincolarmi in quanto collega di una medesima istituzione, dove il diritto-dovere di esercitare una mia funzione sociale e professionale riguarda i temi propri del mio specifico ambito disciplinare. E su di essi non riconosco nessuna autorità da parte di un capo religioso, che può esplicare al meglio la sua individualità nel suo proprio ambito religioso ed in stretta connessione con i suoi fedeli. Poiché ho scento di lavorare in un’istituziona statale e laica, anziché in una confessionale e dichiaratamente cattolica, ritengo anche io – come i colleghi Fisici – “incongrua” una visita di Bendedetto XVI ed infelice l’invito a lui rivolto. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la libertà di pensiero e di espressione, che è bene supremo ed irrinunciabile di ogni istituzione universitaria. Mi rammarico ed indigno di vedere come il ceto politico – la Casta – non abbia manifestato eguale effervescenza in casi più evidenti di violazione delle libertà accademiche, ma se ne sia resa essa stessa complice. Mi auguro che la mistificazione in atto possa presto diradarsi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

I baroncini superlaici hanno fatto la voce grossa con il Papa, ben sapendo di non rischiare niente.

Come mai invece in epoca fascista in pochissimi rifiutarono il giuramento al fascismo? Per paura di perdere cattedre e privilegi?

Quanti universitari rifiutarono la cattedra persa dai professori ebrei per effetto delle leggi razziali?

Quanti universitari italiani si schierarono apertamente contro le leggi razziali?

Quanti "scienziati" delle università italiane offrirono i loro servigi per dare sostegno scientifico alla legislazione razziale.

Si parla ogni giorno di casta politica.
Quando inizieremo a parlare della casta degli universitari italiani?
Dei concorsi burla, delle cattedre regalate ai figli dei professori universitari, degli intrecci con politica e affari.

Una casta che passano anni e regimi ma rimane sempre uguale a se stessa.
Tranne per il world universities ranking che per le università italiane è tra i più bassi del mondo!
E la Sapienza, l'Università della capitale, non figura neanche tra le prime 200!

Gli scienziati della Sapienza farebbero meglio a migliorare la qualità delle loro lezioni e delle loro pubblicazioni piuttosto che fare la guerra santa al Papa.

Antonio Caracciolo ha detto...

Benissimo! Che venga il papa a far lezione e se proprio non può, che mandi pure qualche sagrestano. Ad insegnar cosa? Ma il catechismo della Fede cattolica: l’Immacolata Concezione, l’Assunzione in Cielo, la Resurrezione dei Morti, il Mistero della Trinità. Se già per queste cose non bastano le infinite parrocchie d’Italia, gli asili d’infanzia, verranno in soccorso con il loro alto insegnamento. Ho pubblicato il suo commento perché sono un liberale, ma lei è assolutamente fuori tema. Quanto a non rischiare nulla non è ben informato. Pare che uno dei firmatari della non congruita dell‘invito ci abbia rimesso la nomina a presidente del CNR. È vero durante il fascismo solo in undici si rifiutarono di prestare giuramento. Adesso sono un poco di più a non volersi genuflettere al papa. Un piccolo progresso quantitativo. Quel papa che del resto disse di Mussolini che era l’uomo mandato dalla Provvidenza. E per la chiesa cattolica fu certamente una Provvidenza. Per gli italiani ahimé una disgrazia che scontano ancora oggi. Non riesco a seguire francamente la sua logica e le sue esemplificazioni. Dove vuole arrivare? Al fatto che io che cattolico non sono e che finora mi sentivo tranquillo lavorando alla Sapienza anziché alla LUMSA, debba convertirmi al cattolicesimo, in modo più o meno surrettizio? Esiste una cappella cattolica dentro l’università ed è il luogo riservato ai cattolici. Lei mena il can per l’aia, ma elude il senso della visità del papa che avrebbe dovuto tenere una Lectio magistralis. Quanto a Galileo è stato processato o no? Ed ancora primo Giordano Bruno è stato arrostito in Campo dei Fiori oppure no? Ed ancora oggi il papa non viene a dirci che la Fede è superiore alla Ragione e che la Ragione deve sottomettersi alla Fede. Se per lei va bene, è affar suo. Ma mi consenta di regolarmi diversamente per ciò che mi riguarda. Quanto al mio lavoro, è cosa di cui Sua Santità non è competente ad occuparsi.