mercoledì 1 maggio 2013

Il punto con il Movimento Cinque Stelle e tutto il resto

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Sono queste riflessioni in tempo reale, scritte sull’acqua del cyberspazio, ossia modificabili in ogni istante. Mai come in questi giorni ho assistito ai talk show, che detesto profondamente e che ritengo uno dei principali canali del controllo e dell’instupidimento sociale. Vi si vedono uomini e donne con lo scilinguaiolo pronto e che nel loro sciorinare parole vuote di senso logico, etico e morale fanno consistere la loro bravura politica, la loro arte di governo, la loro preparazione: buffoni che non fanno ridere, ma mettono in pericolo i televisori dentro i quali appaiono le loro facce. Quanto mai provvido è il codice di Cinque Stelle che fa divieto ai suoi parlamentari di parteciparvi.

Ed è perfettamente vero che è “disonorevole” comparirvi ed il “cretino” proprio in questo momento, in una trasmissione mattutina, ha fatto nuovamente ridere di sé e fatto gettare fango sul Movimento. Esemplare è stata perciò l’espulsione del senatore Mastrangeli, che assai impropriamente invoca la libertà di pensiero sancita nell’art. 21 della costituzione: non vede le minacce a questo diritto (e non è il solo!), dove esse si trovano, e se ne inventa dove non ne esistono affatto: dentro il Movimento Cinque Stelle dove esiste la più piena libertà di pensiero. Il suo programma ha tuttavia una gravissima carenza: la specifica menzione della difesa, tutela e ristabilimento della libertà di pensiero, di espressione, di ricerca, di insegnamento. Un punto di programma che non costa nulla e che è il fondamento stesso della democrazia, di quella democrazia che è stata soppressa da un vero e proprio “colpo di stato”, la cui natura è mistificata proprio da una informazione asservita a chi il “colpo di stato” lo ha fatto e lo sta portando avanti.

Non fu un “colpo di stato” quello consumato nella rielezione del presidente della Repubblica? Si tratta di intendersi sulle parole, per loro natura convenzionali. Abbiamo argomentato altrove, nel Forum del Movimento, perché a nostro avviso di “colpo di stato” si è trattato. Abbiamo tutti potuto vedere un chiarissimo sovvertimento della volontà popolare e della volontà degli elettori in particolare. Più sfacciato non poteva essere, ben certi i suoi attori di una piena impunità, a far data almeno dal 1993, quanto un referendum popolare plebiscitario stabilì la soppressione del finanziamento pubblico dei partiti.

Non vogliamo allungare un’analisi che in ragione della sua lunghezza sarebbe poi difficile da leggere, ma il criterio di lettura può essere quello di confrontare le ultime battute con i momenti iniziali del gioco. L’intento di Bersani – ormai lo si ammette apertamente – non era quello di fare un governo con Cinque Stelle, adottandone il programma, ma invece quello di ottenere agratis la fiducia, frantumando il neonato gruppo parlamentare. Una strategia perseguita con determinazione. È invece successo che a spaccarsi è stato proprio il PD, mentre il Movimento ha perso per strada solo un Mastrangeli, che nessuno vuole e di cui è meglio liberarsi. Il PD è stato infine costretto a gettare la maschera. E quale il quadro che oggi si presenta?

Un governo PD-PDL dopo che per venti anni, nei talk show, i parlamentari dell’uno e dell’altro partito hanno giocato a cane e gatti, dando ai loro elettori la falsa impressione di una “diversità” e di una “opposizione” irriducibile gli uni davanti agli altri. In realtà, si sono spartiti il bottino in tutti questi venti anni, quello che hanno perfino chiamato il “bene comune”, interpretato come bene loro, ad esclusione di tutti gli altri. In questo momento il “governissimo” appare “fortissimo” e l’irrisione verso il Movimento Cinque Stelle – che per un attimo aveva fatto paura – cresce di giorno in giorno. Scampato il pericolo, tutti (stampa e televisioni comprese) gettano la maschera.

Ma sono davvero “fortissimi”? È bene, per il Movimento, prepararsi al peggiore di tutti i regime nella storia dei 150 dell’Unificazione. Ad esempio, si parla – dopo Preiti – di “strumentalizzazione del disagio sociale” ovvero di “strategia del disagio sociale”, per fare intendere che non si deve neppure dire che in Italia ci sono i disoccupati e che i disoccupati sono esasperati e disperati, scegliendo chi di suicidarsi chi di ammazzare qualche politico prima di suicidarsi. Si deve dire – questo vuole il regime – che in Italia si sta bene e che il “governissimo” sta facendo benissimo e che presto prestissimo tutti saranno di nuovo felici e contenti. Questo vuole il regime e questo intendo dire quando dico che in Italia non vi è libertà di pensiero, ossia di critica politica, il cui linguaggio non può essere altro che il linguaggio popolare, non quello dei salotti o delle stesse stanze del potere. Mi auguro che Beppe legga queste righe e che nella prossima redazione del Programma venga aggiunto al primo posto la libertà di pensiero, ossia tutta una normativa per abrogare le leggi che di fatto impediscono l’esercizio della libertà di pensiero ed altri che invece la promuovano. Il tema è più complesso di quanto non sembri.

Al momento due paiono le mine pronte ad esplodere:

a) le contraddizioni interne ed oggettive ad un programma di governo che un vecchio marpione della politica come Bossi ha definito il classico “libro dei sogni”. Non ci sono le risorse per attuarlo, se si resta nella vecchia logica di regime. Letta, da autentico “servo”, è andato dalla Merkel ed all’estero per farsi autorizzare dai “padroni” a fare qualche marchingegno di tipo finanziario: ad aumentare un debito pubblico, i cui titoli io non comprerei. In realtà, l’unico modo per uscirne sarebbe non pagare gli interessi del debito pubblico esistente, ma questo lo potrebbe fare solo un “governo rivoluzionario” come Cinque Stelle: una “rivoluzione francese senza ghigliottina”, a fronte di chi la “ghigliottina” invece la vorrebbe.

b) Che farà il tradizionale elettorato del PD dopo essere stato così apertamente e platealmente preso per i fondelli? Che succederà appena quel milione di persone che da Berlusconi si sono visti promettere la restituzione dell’IMU si sentiranno pure loro presi per i fondelli? O se a Berlusconi dovesse andare male qualcuno dei suoi processi o se per qualsiasi ragione dovesse uscire fuori di scena? Anche per ragioni anagrafiche, non essendo egli abbastanza ricco da potersi comprare l’immortalità?

Sembra piuttosto fragile e illusoria la forza del governissimo. Ma ciò non deve spingere il Movimento al trionfalismo. Occorre prepararsi, assai velocemente, per raccogliere i cocci di un paese che avranno finito di distruggere. E su queste macerie bisognerà ricostruire il paese. È questa una grandissima sfida che richiede elevatissime capacità di governo e soprattutto la costruzione dell’unità politica del paese che deve consentire al Movimento il simbolico 100% dei consensi.

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