giovedì 20 ottobre 2011

Diario delle Rivolte 99% - Pagina 2 - 15-16 ottobre - Da Tahrir Square a Times Square, passando per Trafalgar Square - Intervista al Prof. Shakespeare

 

Questo è un diario delle rivolte che verrà aggiornato regolarmente. Quali rivolte? Semplice: quelle che ormai si stanno contagiando l’un l’altra ed espandendo a macchia d’olio in varie parti del mondo. In ogni nuova pagina forniremo aggiornamenti - anche molto brevi - e racconteremo singoli episodi dalle varie scene di rivolta, in America, Europa, Medio Oriente/Nord Africa, - e con il tempo anche Asia, e speriamo anche Africa. La forma sarà appunto quella del diario quotidiano, con cronache, riflessioni, commenti degli esperti. Non ci dilunghiamo nelle spiegazioni: leggere per capire!

Pagina 2 - 15-16  Ottobre 2011  

DA  TAHRIR  SQUARE ...
 



A  TIMES  SQUARE ...






PASSANDO  PER  ...

... TRAFALGAR  SQUARE 


Londra, 15 ottobre:  il movimento dei 99% ha rinominato TAHRIR  SQUARE una piazza nella “City”, il distretto finanziario di Londra. ...


... Si tratta di un omaggio alle rivolte arabe che hanno ispirato e incoraggiato anche - e finalmente - l'Europa e soprattutto gli USA.

 - foto per gentile concessione del fotografo di Liverpool  David J Colbran -


E pensare che gli eroici cittadini egiziani, all’inizio della loro rivolta in febbraio di quest’anno, dichiaravano: «siamo stati ispirati dalle manifestazioni degli studenti di Londra» - riferendosi alle scene terribili dell’inverno scorso, in cui i londinesi hanno protestato, in manifestazioni successive: contro le misure di austerità, contro i tagli all'istruzione con tasse universitarie triplicate, contro le guerre e le politiche estere di stampo coloniale imperialista. 

A Londra, durante le manifestazioni dell’inverno scorso, le forze dell'ordine avevano messo in atto la tattica chiamata “kettling”, che riproduce la tecnica usata per radunare le mandrie. In altre parole, le forze dell'ordine per proteggere i palazzi del potere accerchiano la folla dei manifestanti formando un cordone impenetrabile intorno ad un'area in cui i manifestanti vengono brutalmente spinti dalla polizia a cavallo. 




I manifestanti rimangono intrappolati senza accesso alla destinazione desiderata e senza via di fuga da nessuna parte. Come fanno i cowboy con le mandrie. Le persone sono costrette a rimanere per ore nel freddo, o sotto il sole, senza accesso ai servizi sanitari, all'acqua, al cibo, al trasporto. Non solo: chiunque voglia uscire da un edificio della zona circoscritta semplicemente per spostarsi nella città, per ore non ha alcuna possibilità di allontanarsi dalla zona di accerchiamento. Manifestanti e abitanti della zona diventano quindi ostaggi della polizia.


 «Ma non è illegale?» chiedeva un manifestante ai microfoni di Press-tv durante una delle manifestazioni, quando anche il cameraman e il reporter di Press-Tv erano rimasti intrappolati.

Sì, è illegale, ma sappiamo che ormai da tempo lo stato paladino per eccellenza del diritto alla libertà - e soprattutto del diritto ad esprimersi - è avviato verso il sistema dello stato di polizia. 

Durante una delle recenti manifestazioni di Londra la polizia aveva impedito ad un semplice lavoratore, uscito dall’ufficio per tornare a casa, di lasciare l'area circondata. Lo avevano picchiato a morte. Ad oggi nessun agente è stato incriminato per l'uccisione brutale di quest'uomo di 45 anni.

Anche questo sabato, 15 ottobre, i manifestanti di Londra del movimento «occupiamo il mondo» sono stati accerchiati e trattenuti con la forza. La loro destinazione doveva essere il Stock Exchange - la Borsa di Londra che si trova nel distretto finanziario della “City” - e cioè l’area ufficialmente prescelta e annunciata dal movimento dei 99% come luogo di occupazione permanente.



Alla fine i manifestanti hanno dovuto ripiegare sul piazzale antecendente la cattedrale di St. Paul come luogo di occupazione. Ma non si sono fatti scoraggiare. Ormai occupano lo spazio in modo permanente e per sabato prossimo è prevista una mega-manifestazione nell'area del distretto finanziario di Londra.




Durante le proteste di sabato 15 ottobre è arrivato in piazza anche Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, che commentava: «Abbiamo molto da imparare dala Piazza Tahrir del Cairo. Gli eroici cittadini egiziani hanno messo in gioco le proprie vite ogni giorno per mesi. Almeno 800 di oro sono stati brutalmente massacrati in un solo giorno, durante la battaglia di Piazza Tahrir. Il nostro è un movimento ancora sul nascere e bisognerà procedere con molta  perseveranza e determinazione.»

Successivamente Assange aveva preso il megafono dicendo: 

«È stato vietato, a me ed ad altri qui nella manifestazione, di portare sul volto le maschere simbolo della rivolta. Siamo costretti a girare le maschere sulla nuca. Volevo mescolarmi alla folla conservando l’anonimato. Ma ci dicono che ora è vietato celare il volto in pubblico. E badate bene che questo significa: non è vietato nasconderci l’uno all'altro: è vietato conservare l’anonimato celando il viso al potere. 



Aggiungeva Assange: «Ebbene ho replicato: accetterò di rinunciare all'anonimato quando anche le banche - soprattutto quelle svizzere - avranno il divieto di conservare l'anonimato dei conti e dei clienti.»


 * * *


Sabato 15 ottobre, 2011 - New York City,

TIMES  SQUARE



Per un mese intero le proteste di New York erano state circoscritte all'area del distretto finanziario di Wall Street e un osservatore meno attento avrebbe creduto di assitere ad una rivolta contro le istituzioni responsabili del disastro finanziario.
Ma il giorno prima, venerdì 14 ottobre, un episodio specifico raccontato nella pagina 1 di questo diario forniva la prova che il movimento dei 99% aveva attirato l'attenzione e le simpatie della popolazione in generale che evidentemente si sentiva rappresentata dal movimento di protesta in ogni frangente della vita sociale. I neworkesi erano venuti in soccorso ai manifestanti in migliaia quando il sindaco aveva mandato le forze dell'ordine con l'intenzione di sgombrare il Zuccotti Park, la base permanente delle proteste di New York.

Poi sabato 15 ottobre è successo l'imprevisto e insperato. I cittadini di New York si sono riversati in decine di migliaia nel punto centrale di Manhattan, la famosa Times Square, chiamata "crocevia del mondo", la piazza iconica di New York immortalata in tanti film di Hollywood.


Ed è stata una battaglia. Le autorità di New York erano impreparate all'improvvisa affluenza di manifestanti nel punto nevralgico di Manhattan. Pensavano di dovere gestire la sola area del distretto finanziario come era stato finora da circa un mese. 


I poliziotti di New York, che dall’inizio delle proteste ricevono generosi contributi finanziari supplementari per garantire la protezione delle sedi del potere finanziario e delle persone fisiche che ne sono in controllo, si sono visti sfuggire la situazione di mano e si sono accaniti con furia sui cittadini che non avevano fatto altro che cantare slogan e mostrare cartelloni eloquenti che lasciavano intendere: è arrivata la resa dei conti.

Ci sono state scene estreme di violenza gratuita contro i manifestanti, tra cui il gesto deliberato di una agente in moto che di proposito è passato sulle gambe di un ragazzo caduto a terra perché spinto da un altro poliziotto. L’agente è rimasto seduto sulla moto, parcheggiando la moto sulle gambe del ragazzo che urlava disperato. Il video ha fatto il giro dei canali di news internazionali.
Il nervosismo della classe finanziaria si era già fatto sentire venerdì, quando alcuni cittadini avevano raccolto l'invito a ribellarsi in massa contro le banche e si erano presentati in gruppetti agli sportelli delle banche per chiudere i conti. In alcuni casi i clienti erano stati malmenati, respinti con la forza e arrestati dagli agenti accorsi per difendere gli interessi delle banche prese di mira. 


Ecco un video che mostra un episodio del genere. Un gruppo di persone riunite per aderire all’iniziativa “contro il terrorismo finanziario, chiudiamo i nostri conti bancari” entra in una filiale della CitiBank, a New York. 25 persone, clienti della banca, arrivate per chiudere il conto vengono trattenute all'interno, mentre gli agenti all’esterno impediscono ad altre persone del gruppo di entrare per chiudere il conto.

Da Venerdì 14 ottobre le proteste hanno cambiato marcia a New York e Washington e si sono trasformate in rivolta aperta con azioni dimostrative molto specifiche, occupando fisicamente i luoghi del potere e opponendo resistenza passiva all'arresto preventivato. 

È successo ad esempio che a Washington il capo del Pentagono e ministro alla Difesa, Leon Panetta, è stato interrotto durante una sessione parlamentare convenuta per discutere il budget militare. I componenti del famoso gruppo “Code Pink” di diffusione nazionale ha disturbato la sessione urlando: basta con le guerre, sono atti criminali. 



Tutti conosciamo i volti delle persone che fanno parte di “Code Pink”, come Medea Benjamin, qui arrestata durante la sessione parlamentare della Difesa. Li vediamo regolarmente negli eventi dell’attivismo internazionale, come la Freedom Flotilla. Questa estate avevano organizzato la manifestazione di protesta anti-sionista “Move over AIPAC” in occasione del Congresso sionista a Washington quando Netanyahu ha tenuto il suo clamoroso discorso di fronte al Parlamento degli Stati Uniti per dimostrare chi sarebbe il vero padrone di Washington.
Commentava il corrispondente di Press-Tv in collegamento dal Zuccotti Park, sede dell’Occupazione di Wall Street: «Da ieri compaiono titoli sui giornali e telegiornali americani che dicono:

«Le autorità e i politici ammettono: la rivolta sfugge al controllo»


Alcuni politici locali hanno provato a dirottare le rivolte verso la propria corrente di partito, ma sono stati respinti al mittente. Altri hanno provato a convincere i promotori dicendo: avete bisogno di una leadership che vi rappresenti, ma i manifestanti non ne vogliono sapere. Respingono l'offerta dicendo: non vogliamo capi, sappiamo benissimo cosa vogliamo e ci stiamo organizzando e consultando e interpellando per decidere come procedere.
Infatti si sono costituite in ogni città teatro di rivolta le cosidette “Assemblee Generali” in cui si discutono strategie per riappropriarsi della sovranità del proprio paese. Ora hanno fondato il quotidiano “Occupied Wall Street Journal” in aperta polemica con il “Wall Street Journal” di Murdoch, simbolo del potere corporativo che il movimento Occupy Wall Street appunto contesta. Nel giro di pochi giorni la tiratura del giornale degli ‘Occupanti’ è cresciuta a livello esponenziale.

 

Sono stati denunciati anche numerosi tentativi di infiltrazione delle Assemblee. Si tratta di individui che vengono notati perché tentano di fomentare discordia e fare propaganda di partito, facendo intendere che esistano comitati dei “democratici” o dei “repubblicani” pronti a prendersi a cuore le richieste dei rivoltosi. 
«Secondo quanto affermano alcuni degli organizzatori, per ora queste strategie non hanno funzionato - commentava il giornalista d'inchiesta di New York, Don De Bar, che era rimasto nel Zuccotti Park per alcune ore - ma temo che prima o poi le Assemblee Generali costituite possano diventare terreno di reclutamento per i partiti. Siamo in periodo elettorale e non immaginate di cosa siano capaci i politici quando sentono che perdono terreno.»

A mettere ulteriormente in allarme i politici e i partiti, è il risultato di un sondaggio condotto in questi giorni sul territorio nazionale e reso noto proprio oggi nei media americani.

Secondo il sondaggio, l'83% dei cittadini che in genere votano per il partito democratico (sinistra) appoggia la rivolta. Mentre tra gli elettori repubblicani (destra) i simpatizzanti delle rivolte costituiscono appena un terzo della corrente politica. 

Ma il dato più inquietante per la classe politica è il fatto che la maggioranza degli intervistati abbia espresso l’intenzione di disertare le urne.

«La nostra classe politica non ci rappresenta - diceva un occupante del Zuccotti Park al corrispondente di Press-Tv, Gary Anthony Ramsay - e quindi non merita il nostro voto. Le nostre Assemblee Generali si stanno organizzando per decidere come costituire movimenti a partecipazione universale che siano l’espressione della volontà e degli interessi dei cittadini. Gli interessi di tutti dovranno essere rappresentati, e nessuno a scapito degli altri.

Questi sono discorsi che fanno tremare chi detiene il potere. 

Ecco di seguito l’analisi di un esperto molto speciale, un accademico britannico che gode di grande stima nelle sfere dell'attivismo umanitario internazionale.


Il commento in diretta del Prof. Rodney Shakespeare:

« ... è la prima fase di un’insurrezione globale 
contro i sistemi politici falliti  ...»


Durante una diretta di Press-tv delle manifestazioni globali dei 99% veniva interpellato il Prof. Rodney Shakespeare, britannico, docente in economie binarie a Londra, e da anni impegnato nell’attivismo internazionale per i diritti umani.

Commentava il Prof. Shakespeare:

«Stiamo assistendo alla prima fase di un’insurrezione globale dei popoli contro i governi e i sistemi politici. Per ora le manifestazioni nel Regno Unito sono pacifiche, e la repressione delle forze dell’ordine è contenuta. Tuttavia si tratta di una sfida diretta ad un sistema che è sull’orlo del collasso e ad un certo punto coloro che controllano il sistema si abbatteranno sui rivoltosi con tutta la brutalità di cui sono capaci.

«È questo il motivo per cui vediamo i poliziotti in pieno assetto da sommossa. Sanno che prima o poi arriverà l’ordine di entrare in azione con forza bruta. Le rivolte sono destinate a prendere una brutta piega perché i governi non hanno alternative e soluzioni da proporre. Il sistema si sente minacciato e risponderà come un animale feroce sotto attacco. Purtroppo vedo all’orizzonte violenza e repressione.

«I governi vorrebbero che questi movimenti sparissero. Preferirebbero che la gente non li vedesse. Per ora hanno un controllo sufficiente sui media per garantire che solo il minimo indispensabile trapeli al pubblico. Il nostro premier Cameron sta facendo pressione per far chiudere Facebook e Twitter. Ma non servirà a niente, perché la gente diventa sempre più consapevole di quanto succede.

«In realtà le strutture dell’economia sono ancora funzionanti. Le industrie, le fabbriche, le infrastrutture ancora esistono. 

«Ma la classe politica non affronta la domanda principale: perché se esistono le strutture e la forza lavoro, la produzione e il consumo sono in declino? Perché non c’è più richiesta di mano d’opera?  Davvero i governi pensano che i cittadini accettino l’idea di essere mandati al macero come forza lavoro, mentre allo stesso tempo devono svolgere il ruolo di consumatore? E che quando non sono più in grado di contribuire come consumatori, diventano per il sistema esseri inutili? E che quando si ribellano li si possa semplicemente respingere con i manganelli perché tornino a casa a marcire in silenzio?

«Stiamo assistendo ad un collasso di proporzioni sismiche del sistema politico ed economico capitalista e i nostri governi non sanno cosa fare. Invece di agire per produrre soluzioni, reagiscono condannando i manifestanti, quando in realtà sono loro la causa di tutto il malessere delle nostre società.

«Ma davvero gli esponenti dei governi pensano di riuscire a farla franca? Loro appartengono a quel simbolico 1% elitario che gode di tutti i privilegi e vorrebbe mantenerli. Ma le masse stanno reagendo e la cosa si fa molto seria.

«Quando i sistemi collassano, i governi vengono rovesciati. Attualmente è questo che temono i governi, sia in Oriente che in Occidente. Sentendosi minacciati ricorrono alla repressione. Tuttavia quando la repressione da sola non funziona, in genere i governi ricorrono alla tattica del diversivo. Giocano la carta delle politiche estere.
«Giocare la carta delle politiche estere come diversivo consiste nell’attacco ad un altro paese, incolpandolo di causare problemi. È una tattica che serve a dirottare l’attenzione dei cittadini verso la necessità di fare la guerra.

«Sono molto preoccupato perché vedo tutti i segni di una escalation verso un conflitto armato. Sappiamo che Israele vuole trascinare l’America in guerra. È in atto una manovra per creare difficoltà diplomatiche all’Iran: un chiaro tentativo di suscitare un casus belli. E certe sfere di Washington vogliono la guerra perché l’economia USA è collassata in modo irreversibile e manca la volontà di correggere la rotta.

«Gli USA hanno esportato i posti di lavoro e sono indebitati fino al collo. In media ogni giorno almeno due banche vanno in fallimento. Le economie delle singole città e dei comuni sono sull’orlo della bancarotta, mentre già la maggioranza dei 50 stati che compongono l’Unione degli Stati Uniti ha dichiarato bancarotta.

«L’economia degli Stati Uniti non è in grado di risollevarsi a causa delle politiche estere molto aggressive e del suo avventurismo militare».

Gli USA devono mantenere gli oltre 2,5 milioni di soldati sparsi nelle regioni di conflitto militare e nelle centinaia di basi militari permanenti distribuite in giro per il mondo.  Insieme, i militari e il personale dei  servizi segreti costituiscono l’ 1% della popolazione. Si tratta in pratica di un impero militare di proporzioni gigantesche i cui costi devono essere sostenuti con i proventi delle tasse dei contribuenti americani. Sono costi enormi che non creano profitti.

Ad ogni soldato americano all’estero corrispondono 2 persone disoccupate su suolo americano. Per non parlare delle attrezzature militari, delle armi e dei rifornimenti che richiede ogni singola base militare permanente. Gli americani sono in Medio Oriente per garantirsi il flusso di petrolio, ma una parte ingente del petrolio viene speso in azioni belliche e continue esercitazioni militari nelle basi permanenti e provvisorie all’estero e in patria. È un cane che si morde la coda.


Ma sappiamo che la guerra crea profitto, e lo crea per gli imprenditori e finanziatori delle guerre.

La popolazione carceraria degli USA ha superato ormai di gran lunga l’ 1% della popolazione. Immaginate: oltre una persona su cento si trova in carcere negli USA: circa 3,5 milioni di detenuti!  Un  primato sconfortante. La popolazione di un’intera metropoli reclusa in un sistema di repressione estrema.  La popolazione carceraria degli USA è ormai da settimane in regime di sciopero della fame, per le condizioni disumane e gli occupatori di Freedom Plaza - la Piazza della Libertà di Washington rinominata Tahrir Square, ogni giorno si uniscono in un coro di solidarietà con i fratelli meno fortunati che stanno pagando un prezzo terribile per i propri  errori.  Il sovraffollamento ha raggiunto proporzioni da lager o campi da lavoro. Se questo non è uno stato di polizia ...

sovraffollamento nelle carceri USA

Continua il Prof. Shakespeare

«Ma l’aspetto più terribile è che l’élite parassitaria controlla il pensiero per mezzo dei media, e quindi i governi hanno finora agito impunemente. Hanno messo i soldi nelle mani dei ricchi e potenti e depauperato i fondi per i servizi pubblici e i progetti che creano posti di lavoro per la popolazione.

«Nel caso degli USA il declino economico è irreversibile. Per questo vediamo ora strategie per deviare l’attenzione della popolazione sui paesi islamici che vengono regolarmente accusati di “supportare il terrorismo” o di altre nefandezze inventate di sana pianta. È per questo che assistiamo ad “operazioni sotto falsa bandiera” come attentati e uccisioni mirate.

«E vorrei qui aggiungere un commento. È importante ricordare che le due nazioni note per le aggressioni ad altri paesi, per le operazioni sotto falsa bandiera, per le uccisioni mirate e per commettere ogni giorno atroci crimini di guerra, sono gli USA e Israele.

«E come osano loro incolpare regolarmente altre nazioni e inventare false accuse ignorando il proprio terrificante record di uccisioni e massacri e assassinii !» 


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