La pandemia (ma
non solo) ci ha riempito di bonus:
per le facciate, l’energia alternativa, i monopattini, le bici elettriche, ecc.
ecc. Con gli italiani in gran parte contenti nel vedere come dai funebri
ritornelli – dei governi Monti e post-Monti – con cui s’accompagnavano tasse
nuove e innovative (nel senso dell’aumento), si fosse passati al carnevale, con
lo Stato che, invece di ripartire carichi, distribuisce sovvenzioni.
Da qualche settimana
tuttavia lo spartito è cambiato: i bonus,
questa risorsa di sollecitudine paterna dello Stato-provvidenza sono stati
pervertiti dai soliti italiani profittatori: risulterebbe che una consistente
quota dei bonus finanziati da
Pantalone sarebbe stata percepita da chi non ne ha diritto. Per cui sarebbe
opportuno fare marcia indietro. Ci permettiamo però, al riguardo, di prendere
esempio da quanto sosteneva Lenin: fare si un passo avanti ma per farne due
indietro. Vediamo come.
Cos’è che hanno
in comune la funzione predatoria-parassitaria di appropriazione/controllo delle
risorse private da parte del settore pubblico e quella distributiva
dell’erogazione di sovvenzioni pubbliche ai privati? La risposta è semplice: è
lo stesso potere incaricato di fare l’uno e l’altro, in particolare quello amministrativo.
Il quale (sempre) giustifica la prima attraverso la seconda: devo togliere dei
quattrini (e non solo) ma per darli a voi. Anzi ai meno fortunati di voi come i
migranti, gli indigenti, ecc. ecc.
Dato che a “dare
le carte” è sempre lo stesso croupier,
tuttavia manifesta in ambedue le attività le stesse tendenze (e difetti). Ossia
sarà tardigrado; spesso parziale, non poco corrotto e così via, Tutto l’insieme
di mende legate alle pubbliche amministrazioni italiane saranno tali, sia che
prendano, sia che spendano. Quando poi si cerca di rimediare alla tardività
(spesso indotta dagli stessi uffici), riducendo pareri, visti, concertazioni,
passaggi (ed altro) il risultato può essere che anche qualche suddito furbo ci guadagna.
Per cui, anche
se la politica dei bonus è
sicuramente migliore di quella della tassazione a gogò con tanto di miserere
e tua culpa cui ci hanno abituato i
governi italiani eurodemomontidipendenti non è il percorso preferibile.
Meglio
dell’erogazione dei bonus è evitare
il malum, come una saggezza
millenaria suggerisce dal Pater noster:
il malum è il pubblico funzionario,
onorario o burocrate che sia.
Del quale non
occorre ricordare quanto sia stato scritto dai teorici (e pratici) dello Stato borghese, quello che normalmente
chiamiamo liberal-democratico. E quanto fosse temuta la continua espansione
della burocrazia, naturale nello Stato moderno. Basti, per tutti ricordare quel
che scriveva Giustino Fortunato: “la tendenza al dominio universale della
burocrazia, il cui trionfo sarebbe la resurrezione, sott’altra forma, dell’antico
assolutismo, o, meglio, della peggiore delle tirannie, quella della servilità uniforme e meccanica”. Perché
per un liberale l’espansione della burocrazia è, in primo luogo, una questione
di potere e di libertà. Una burocrazia
pervasiva e dotata di poteri crescenti significa meno spazio e libertà per i
governati. Lo stesso principio della tutela dei diritti fondamentali – che è
uno dei due dello Stato borghese, l’altro essendo quello della distinzione dei
poteri (à la Montesquieu) - è stato
considerato da Schmitt come “significa il riconoscimento del fondamentale principio di divisione dello Stato borghese
di diritto: una sfera di libertà del singolo in linea di principio illimitata ed una possibilità d’intervento
dello Stato in linea di principio limitata,
misurabile e controllabile” ossia la divisione degli ambiti tra Stato (governanti)
e società civile (governati).
Ma la
possibilità d’intervento dei poteri pubblici può essere duplice, sia nel
togliere che nel dare.
Dato che, in
particolare nell’ultimo trentennio (ma non solo) il potere dello Stato è
ulteriormente accresciuto – e le statistiche del PNL e del PIL mostrano quanto inutilmente
– ci permettiamo di suggerire che meglio dei bonus, e assai più economicamente per le finanze statali, cioè per
tutti noi, si proceda ad una radicale sfrondatura
di gran parte di quei poteri di impedire, autorizzare, controllare attività
private che più che finalizzati a tutelare interessi pubblici (asseriti) lo
sono a salvaguardare i privatissimi interessi di coloro i quali – burocrati e
non – traggono benefici (e redditi) dalla loro vigenza.
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